Segue dall’udienza preliminare del 3 giugno 2009.

Il 17 Giugno 2009 c’è la seconda udienza preliminare rispetto al procedimento 2782/05/21.

Il procedimento 2782/05/21 è un procedimento per omicidio e associazione per delinquere in quanto vi convergono all’interno il procedimento 17869/01/04 e 8970/02/21 rispettivamente procedimento sulla morte di Francesco Narducci e procedimento per associazione per delinquere delle persone presenti sul pontile e familiari.

Il GUP che presiede l’udienza preliminare è Paolo Micheli ed il Procuratore che vuol chiedere il rinvio a giudizio è il Sostituto procuratore Giuliano Mignini.

Nel corso della lunga udienza preliminare, sono stati esaminati i CC.TT. Pierucci, Carlesi e Garofano.

All’udienza del 17 giugno, il Col. Garofano, unitamente all’App. SAVERIO PAOLINO e la D.ssa Carlesi (coadiuvata dall’esperto GAVAZZENI), da parte loro, hanno integralmente confermato gli accertamenti di natura antropometrica e, nel corso dell’esame di quest’ultima, la stessa ha precisato che la misurazione effettiva della lunghezza del cadavere era pari a m. 1,61, perfettamente coincidente quindi con quella individuata dal RIS di Parma e allungata di qualche cm. di tolleranza dalla D.ssa CARLESI solo per esigenze di maggiore garanzia nella misurazione. La lunghezza del cadavere è pertanto identica, in entrambi gli accertamenti e ciò costituisce un ulteriore, decisivo elemento a conforto dell’assoluta incompatibilità del cadavere del lago con quello del NARDUCCI che, in vita, misurava un’altezza superiore di circa 20 cm. a quella dell’uomo del lago. A ciò si aggiunga che la circonferenza addominale di 99 cm. si riferisce ad un momento di poco successivo al recupero del cadavere dal lago, cioè al momento in cui fu scattata la foto utilizzata per la misurazione.
Ma quel cadavere è rimasto per molto tempo ancora esposto all’azione dell’aria e del sole e, poi, di un ambiente chiuso e durante tutto quel tempo i processi putrefattivi intestinali hanno continuato a “galoppare”, come si è espresso il Prof. PIERUCCI e sicuramente nel momento in cui il cadavere fu vestito dal Morarelli, la circonferenza addominale era cresciuta e, verosimilmente, di molto rispetto ai 99 cm. iniziali.
Di fronte alle illazioni circa la possibilità di rottura del corno tiroideo durante le operazioni del 5.09.02, la D.ssa CARLESI ha invece pienamente confermato l’estrema correttezza dell’operato del Prof. PIERUCCI ed ha aggiunto che non solo la difesa di parte NARDUCCI e i suoi C.T. non hanno sollevato la minima eccezione sulle operazioni stesse né hanno concretamente evidenziato la pretesa manovra lesiva, mai intervenuta, ma la stessa C.T. del PM ha potuto percepire la frase: “D’ora in avanti dobbiamo negare l’evidenza”, provenire dal gruppo comprendente l’Avv. ALFREDO BRIZIOLI e i suoi CC.TT. e lo stesso difensore del BRIZIOLI, Avv. GHIRGA, ha confermato che trattavasi del suo cliente (vds. annotazione dell’Ass. MION, della Squadra Mobile di Perugia). Fatto questo di inusitata gravità, che comprova come l’ipotesi formulata di rottura accidentale del corno in questione in fase post mortale abbia carattere del tutto strumentale e sia consapevolmente destinata ad occultare un omicidio che avrebbe imposto indagini che la famiglia del NARDUCCI non avrebbe potuto tollerare. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 460/461

La deposizione del prof. BACCI, consulente della parte civile:
GIUDICE – (..) Allora, mi pare di aver letto un passo in cui, salvo errore, lei e il dottor RAMADORI nel vostro elaborato ipotizzate che lo stato del cadavere ripescato, per come viene descritto naturalmente dalle indicazioni che vengono offerte dai testimoni, addirittura lascia pensare a una permanenza in acqua per un tempo superiore addirittura ai cinque giorni che invece sarebbero stati quelli della permanenza in acqua dal momento della scomparsa del professor NARDUCCI. C’è un passo che adesso, se vuole, glielo ritrovo.
PROF. BACCI – Sì, ma io l’ho chiaro.
GIUDICE – Ecco, mi può dire come mai lei addirittura reputa che la permanenza in acqua fosse stata così significativamente prolungata?
PROF. BACCI – E’ naturalmente un dato anche questo non certo, diciamolo, parliamo in termini di ipotesi.  Dunque, io e il collega MASSIMO RAMADORI prima di tutto abbiamo cercato di delineare lo stato putrefattivo del cadavere ripescato. Quando abbiamo fatto una delle prime memorie peraltro non vi erano foto a disposizione, né di buona e né di cattiva qualità, eravamo senza foto. Quindi ci siamo basati su alcuni elementi descrittivi, sulla descrizione della dottoressa Seppoloni che era una descrizione sicuramente un pochino sommaria in cui però si dicevano delle cose… si faceva riferimento a un cadavere ad esempio edematoso e si faceva riferimento a una emodiluizione in relazione probabilmente al deflusso di liquami, rosati, dagli orifici esterni, dalla bocca e dal naso. Poi abbiamo invece ritenuto di buon peso una descrizione che era stata fatta da un impresario funebre, perché era una descrizione molto precisa, si parlava di un soggetto di colore scuro, “sembrava un negro”, con delle labbra molto grosse, molto gonfio. Questo dato ci ha fatto ritenere che probabilmente ci si trovasse nello stadio, come dire, cromatico enfisematoso della putrefazione.
Quindi questo come connotazione generale. Poi questa nostra ipotesi, secondo noi, è stata supportata come dato da quelle immagini fotografiche, seppure tra virgolette rubate, perché poi erano delle foto giornalistiche, in cui in effetti si vede un cadavere abbastanza gonfio, si vede un volto completamente scuro, molto lucido, fatta da poco dall’acqua, che a mio modo di vedere ben si sposa con la descrizione che l’impresario funebre aveva fatto. Quindi abbiamo confermato questo stadio cromatico enfisematoso. Su questo stadio noi abbiamo lavorato in due modi. Prima di tutto, in relazione alla ipotesi di una sostituzione, di un doppio cadavere, il lago e il professor NARDUCCI che era stato riesumato, valutare la compatibilità eventualmente dello stato di rinvenimento dopo estumulazione con lo stadio cromatico enfisematoso iniziale e dall’altro in relazione alla ipotesi appunto del soggiorno in acqua. Ora, mi pare che il soggiorno stimato in cinque giorni, quattro-cinque, cinque giorni forse, in genere questo stadio cromatico enfisematosoin un periodo autunnale, quello mi pare che si trattasse di ottobre, richiede probabilmente qualche giorno di più. Anche in questo caso gli autori dicono tutto e il contrario di tutto, come in ambito di crono-tanato-diagnosi. Però insomma si va dai dieci giorni, qualcuno addirittura arriva a dire quindici, diciotto, venti (..). Quindi abbiamo prospettato anche l’ipotesi che quella modificazione cromatica enfisematosa avesse richiesto in realtà un intervallo di tempo più lungo di quello attribuibile alla scomparsa del professor NARDUCCI.
(..)
Qualche autore anche ha indicato ventuno giorni. Questo per dire che c’è una variabilità sulla quale…
GIUDICE – Comunque, al di là di questo dato, mi pare che poi dopo gli spunti più importanti siano venuti fuori dallo stato di conservazione di alcuni organi.
PROF. BACCI – Certo.
GIUDICE – Ecco, allora, su questo aspetto, il problema dell’encefalo.
PROF. BACCI – Ma non solo, io direi anche della ispezione esterna. Voglio dire, uno stadio cromatico enfisematoso sicuramente perde molti peli, perde i capelli perché i lembi dermoepidermici si sfaldano, cominciano a sfaldarsi. Nel cadavere che noi abbiamo esaminato a Pavia questi elementi non sono stati rilevati. Quindi questo era un primo dato, a mio modo di vedere, a modo di vedere mio e del dottor RAMADORI, che induceva a qualche perplessità: questo capillizio pressoché integro, poco in armonia con una fase avanzata della putrefazione come quella. Per quanto poi riguarda l’encefalo, noi ci siamo trovati di fronte a un encefalo sicuramente abbastanza disidratato, che conservava la sua forma, che è stato sezionato, che consentiva anche una distinzione ancora della sostanza bianca e della sostanza grigia. Qualche cosa che mi riesce difficile ipotizzare se la fase di partenza, se lo stadio di partenza è lo stadio cromatico enfisematoso, quando insomma già il cervello è abbastanza… ha già una putrefazione abbastanza avanzata e quando poi tende nel tempo a colliquare. Già qualche processo colliquativo è probabilmente iniziato, quindi la ricomposizione di questa struttura l’ho trovata e la trovo ancora oggi abbastanza improbabile.
GIUDICE – E’ stato sostenuto la scorsa volta dai consulenti della difesa degli imputati, fra l’altro, che semmai un’osservazione di questo genere sulla consistenza, sullo stato di conservazione di alcuni organi potrebbe essere più pertinente magari al cuore, magari ai polmoni, magari ai reni, ma meno all’encefalo in quanto protetto dalla scatola cranica, in relazione soprattutto alla possibilità che a incidere sul fenomeno colliquativo possa essere proprio la permanenza in acqua. Cioè, se tu rimani in acqua per un periodo prolungato, questo incide in maggior misura, per come l’ho capita io, sul fenomeno putrefattivo e sulle conseguenze macroscopiche di questo fenomeno, semmai un organo che può essere più difeso degli altri è proprio il cervello. Lei cosa ne pensa?
PROF. BACCI – Dunque, volevo dire una cosa. La permanenza in acqua del cadavere rallenta i fenomeni trasformativi, che poi diventano floridi una volta che il cadavere è stato tirato fuori.
GIUDICE – Sì, questo era il discorso.
PROF. BACCI – Questo è il primo dato. Sull’encefalo questa protezione io non la vedo, anche perché l’encefalo è uno dei tessuti che colliqua più rapidamente. Quindi casomai, voglio dire, la protezione della calotta viene annullata da questa più facile tendenza alla colliquazione che ha…
GIUDICE – Questo in generale.
PROF. BACCI – Perché non ha struttura fibrosa, una struttura muscolare, è un tessuto di consistenza molto ridotta rispetto agli altri. Mentre è più resistente sicuramente il muscolo, è un tessuto sostanzialmente parenchimatoso, parenchima cerebrale, quindi colliqua molto facilmente. Chi ha esperienza settoria lo vede.
GIUDICE – Quindi è quasi normale pensare che, dopo un po’ di tempo, uno dei primi organi che perde consistenza è proprio quello.
PROF. BACCI – Sicuramente sì.
GIUDICE – Ho capito. Per quello che riguarda, nei limiti di quello che lei poi ha potuto constatare, visto che ha partecipato alle operazioni di riesumazione, lo stato di dimensione della salma era compatibile o meno, secondo lei, con la descrizione che aveva letto, ha detto, delle pompe funebri, eccetera? Considerando naturalmente il deperimento che nel frattempo era intervenuto.
PROF. BACCI – Come carattere generale sicuramente sì. Perché poi, dopo una fase cromatica enfisematosa, c’è la fase colliquativa, quindi è chiaro che c’è una riduzione delle dimensioni di questo… non era un elemento di contrasto, casomai l’elemento di contrasto era legato agli abiti.
Noi abbiamo discusso molto su questo problema degli abiti, sul fatto che un cadavere enfisematoso è un cadavere con un addome molto rigonfio, che quindi insomma avrebbe richiesto, a nostro modo di vedere, abiti di taglia superiore a quelli che sono stati utilizzati. D’altro canto, ho visto che anche questa mattina si è parlato di circonferenza, di cintura, perché è un dato… Noi abbiamo trovato questi abiti, questi pantaloni regolarmente allacciati. Io non ricordo che fossero…
Ho letto qualche consulenza in cui si parla di allacciatura parziale, ma io ricordo… (..) Io devo dire ricordo che uno degli elementi che ha colpito è che erano allacciati, erano regolarmente allacciati. Un pantalone di taglia 48S mi pare molto difficile poterlo allacciare intorno a un cadavere con addome gonfio come è quello di uno stadio cromatico enfisematoso. Peraltro, i pantaloni non erano neppure a contatto con la parete addominale, perché c’era l’interposizione di un asciugamano non assolutamente sottile, come è descritto in qualche consulenza. E’ un asciugamano molto spesso, sembrava un asciugamano tessuto a mano, con ordito molto spesso, che aveva lasciato la sua impronta anche sul cadavere.
GIUDICE – La dottoressa CARLESI aveva calcolato in 3 centimetri lo spessore di questo asciugamano. Più o meno corrisponde al suo ricordo?
PROF. BACCI – Io non l’ho calcolato, ma corrisponde al mio ricordo. Quindi non è sottilissimo, perché l’ho sentito descrivere come sottilissimo, ma in realtà 3 centimetri per un tessuto non sono sottili. Trovo difficile che, con l’aggiunta di questo, si potesse poi arrivare ad allacciare perfettamente i pantaloni. Questo era un altro elemento che ci faceva sospettare che vi potesse essere un doppio cadavere, cosiddetto.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Senta, lei ha avuto modo di consultare le dichiarazioni delle persone informate sui fatti successive alla sua consulenza, successivamente alla consulenza?
PROF. BACCI – Forse no.
PUBBLICO MINISTERO – C’è una dichiarazione, possiamo dirlo, della signora Maria Teresa Miriano che descrive il cadavere perfettamente corrispondente a quello… in condizioni, diciamo, assolutamente perfette, cioè bianco, con colorito normale, roseo, con le dimensioni che il cadavere aveva in vita.
GIUDICE – Tranne un po’ di pancetta.
PUBBLICO MINISTERO – Ecco, tranne una leggerissima pancetta. Nel periodo, adesso giorno più, giorno meno, successivo al rinvenimento. Lei può spiegare questo? Questi fenomeni di trasformazione cadaverica possono regredire?
PROF. BACCI – No, assolutamente no e non posso spiegarlo se non pensando che la signora abbia visto qualche altra cosa.
PUBBLICO MINISTERO – Senta, un altro punto prima di andare avanti. La fotografia che lei ha visto sul pontile si riferisce al momento in cui… o un momento di poco successivo al prelevamento del cadavere dall’acqua.
PROF. BACCI – Sì.
PUBBLICO MINISTERO – Ecco, quindi le dimensioni della circonferenza addominale sono relative alla… adesso non so che orario potesse essere, ma insomma grossomodo verso le nove e mezza potrebbe essere. Questo cadavere rimane poi all’aperto, sul pontile, per qualche altra ora e viene poi portato nella casa e viene chiuso praticamente verso le due, le tre del pomeriggio. Dal momento in cui viene fotografato sul pontile questo cadavere al momento in cui… alle quattordici circa di quel giorno, il processo di putrefazione, di rigonfiamento addominale è continuato?
PROF. BACCI – Certo, è continuato, e continua in modo abbastanza veloce.
PUBBLICO MINISTERO – In modo abbastanza veloce, quindi con un aumento, con una dilatazione ulteriore dell’addome.
PROF. BACCI – Io credo che nel giro di qualche ora sicuramente sì.
PUBBLICO MINISTERO – Dilatazione molto sensibile?
PROF. BACCI – Sì.
PUBBLICO MINISTERO – Senta, volevo tornare… ecco, il cadavere di Pavia presentava il capillizio integro?
PROF. BACCI – Sì.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Senta, lo stato degli altri organi interni, per esempio polmoni, per esempio…
PROF. BACCI – Lo stato era uno stato trasformativo molto avanzato.
PUBBLICO MINISTERO – …il cuore.
PROF. BACCI – Erano dei residui, c’erano organi acquattatissimi, insomma come ci si poteva attendere in una condizione così. Non c’era nulla di anomalo, direi.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Ecco, si ricorda se era presente, al momento in cui i pantaloni furono misurati, questi pantaloni rinvenuti addosso al cadavere di Pavia siano stati…
PROF. BACCI – Fu fatto tutto, fu misurato tutto. Diciamo, si lavorava in gruppo e quindi fu…
PUBBLICO MINISTERO – Si ricorda che misurazione dette questa…
GIUDICE – C’è la foto.
PROF. BACCI – No, la misurazione adesso non la ricordo con esattezza, ma era insomma una taglia… era in armonia con la taglia, perché c’era scritto, 48S.
PUBBLICO MINISTERO – Erano pantaloni elasticizzati?
PROF. BACCI – No, no, mi pare che fossero foderati, che fossero pantaloni foderati.
PUBBLICO MINISTERO – Erano chiusi con dei bottoni?
PROF. BACCI – Erano chiusi, io ricordo che fossero chiusi.
PUBBLICO MINISTERO – Avevano anche un gancio metallico che chiudeva?
PROF. BACCI – Mi pare di sì.
PUBBLICO MINISTERO – Ed era chiuso il gancio metallico?
PROF. BACCI – Era chiuso. Io la cintura la ricordo chiusa, dico la ricordo, la ricordo chiusa.
(..)
PROF. TORRE – L’ultima cosa, ed è la cosa che io di questo caso proprio non sono riuscito a capire il passaggio logico. Si parla di questo cervello che è conservato e si dice: “Non ci sta con il fatto che quello fosse così putrefatto”.
PROF. BACCI – Sì.
PROF. TORRE – Ma gli altri organi erano tutti colliquati.
PROF. BACCI – Sì.
PROF. TORRE – E perché quegli altri si sono colliquati e il cervello no? Cioè, se si mette in relazione uno stato putrefattivo iniziale con uno stato putrefattivo finale, o si dice “è tutto conservato” o si dice “è tutto colliquato”. Se invece si dice “è conservato solo il cervello”, vuol dire che quel cervello aveva lui qualcosa di strano.
PROF. BACCI – Gli altri organi avevano l’aspetto che lei avrà visto molte volte, insomma tipico…
PROF. TORRE – I reni non li ha neanche trovati.
PROF. BACCI – I reni non c’erano, strutture parenchimatose non c’erano. L’unico dato in effetti rilevante era quello dell’encefalo che era molto ridotto nelle sue dimensioni e di consistenza piuttosto… diciamo di consistenza cretacea, mi pare che il professor PIERUCCI dice simile allo stucco, in realtà era proprio così. Sicuramente noi abbiamo preso questo dato, come dire, astratto dal contesto e abbiamo detto: “Sicuramente questo encefalo non armonizza con una colliquazione già avvenuta”. Noi ci aspettavamo, di fronte a un cadavere in stadio cromatico enfisematoso, un encefalo già colliquato, inizialmente colliquato. Allora, la via seguita dagli altri organi, la loro propria, sulla quale io adesso non intervengo. Ma, ragionando dell’encefalo, abbiamo detto da una
fase colliquativa non si può passare a una fase disidratativa in queste situazioni. Che poi ci possa essere una non omogeneità di reperti fra gli organi contenuti in cavità addominale, in cavità toracica, questo encefalico probabilmente è una cosa che può essere rilevata.
PROF. TORRE – Appunto, perché io proprio non riesco a comprendere perché si fa riferimento a un cervello e… cioè, è putrefatto tutto, meno il cervello.
PROF. BACCI – Però questo, professore, mi dia atto che ancora di più induce perplessità, nel senso che se si sono colliquati tutti gli organi, non capisco perché in un cadavere già in fase putrefattiva avanzata, in cui presuppongo l’encefalo colliquato, non lo trovo più colliquato. Secondo me, aggrava il dubbio questa cosa.
PROF. TORRE – Io volevo soltanto chiarire un problema logico.
PROF. BACCI – Scientificamente non me lo so spiegare.
PROF. TORRE – Ma, se io metto un morto in una cassa, si colliqua…
PROF. BACCI – Certo.
PROF. TORRE – …sia che sia seppellito fresco che sia seppellito marcio, si colliqua più lentamente, tant’è che tutti i morti che noi vediamo, tranne corificazioni particolarissime, tranne casi particolarissimi di corificazione.
PROF. BACCI – Lei avrà visto che alcuni encefali assomigliano a questo che abbiamo visto.
PROF. TORRE – Alcuni encefali assomigliano a questo.
PROF. BACCI – Io ne vidi uno di quattordici anni che assomigliava a questo.
PROF. TORRE – (..) Questo è un lavoro del ’97, forse è lo stesso che citava PIERUCCI. E’ un grossissimo lavoro, posso lasciarlo, è in inglese.
C’è solo un caso che vede un cervello a diciassette anni conservato ed è un caso in cui il cervello si è saponificato. Non può essere altra spiegazione, cioè io credo che quel cervello lì fosse parzialmente saponificato. E’ un fenomeno che capita, indipendentemente dall’acqua.
PROF. BACCI – Sì, sì.
PROF. TORRE – Ci sono certi morti in cui si saponifica il cervello. Io ho trovato dei resti romani con dei pezzi di cervello saponificato dentro. Comunque lascio al Giudice questo perché è un’altra cosa ampia, come quella di cui si sta parlando.
PROF. BACCI – Io volevo fare solo un’annotazione sulla saponificazione, non in relazione a quello che diceva il professor TORRE, ma in relazione a quello che ho visto scritto in una consulenza, penso proprio nella consulenza del professor FORTUNI, in cui fa riferimento a una saponificazione del cadavere. Il cadavere, il professore l’avrà visto, non era saponificato.
PROF. TORRE – No.
PROF. BACCI – No, no, lei ha chiarito perfettamente, io faccio riferimento a quella consulenza. Qui più volte si ritorna sulla saponificazione. Il cadavere non aveva nulla di saponificato, il cadavere era un cadavere corificato, all’esterno era un cadavere in buono stato di…
PROF. TORRE – Tra mummificato e corificato.
PROF. BACCI – Esatto, tra mummificato e corificato. E’ sicuramente lontana l’ipotesi di una saponificazione.
PROF. TORRE – Per puntualizzare, capita di vedere delle parti saponificate anche in un cadavere in cassa di zinco.
PROF. BACCI – Certo, indipendentemente dal fatto che siano…
PROF. TORRE – E questo io penso che sia…
PROF. BACCI – No, no, ma è così.
PROF. TORRE – …quello che sia capitato. Ancora solo un quesito. Come mai il morto annegato, chiamiamolo, va in putrefazione più rapidamente dopo che è stato estratto? Domanda.
PROF. BACCI – La domanda è perché… (..) Quella flora batterica che è stata tenuta, come dire, sotto controllo da una temperatura relativamente bassa, di fronte a una temperatura elevata, aumenta in tempi abbastanza rapidi, comincia…
PROF. TORRE – No, no, ma dovevo intervenire…
PROF. BACCI – …e poi dopo si producono tutta una serie di sostanze che…
(..)
PROF. TORRE – Volevo aggiungere e dire questo. Normalmente sui libri c’è scritto che è perché c’è la pelle macerata si danneggia e quindi i batteri esogeni possono aggredirlo più… no?
PROF. BACCI – A mio modo di vedere non è così, è un’opinione personale. A mio modo di vedere sono i batteri endogeni che si sviluppano.
GIUDICE – Quindi per lei è un problema di escursione termica, messa per noi altri…
PROF. BACCI – Esatto, esatto.
PROF. TORRE – Ma i batteri che coinvolgono il volto e lo fanno diventare negroide sono tutti endogeni?
PROF. BACCI – No, sono in parte anche esogeni, certo.
(..)
AVV. SPINA – Io, Giudice, chiederei che al professore, prima delle domande, venisse mostrata quella fotografia che io le ho depositato alla scorsa udienza, quella dei pantaloni. Riconosce, professore, lo stato del cadavere all’atto dell’apertura?
PROF. BACCI – Certo, sì.
AVV. SPINA – All’esame delle fotografie, quella sua valutazione circa la circostanza che i pantaloni fossero perfettamente abbottonati ritiene di rivederla o confermarla?
PROF. BACCI – Mi sembrano abbottonati, avvocato.
AVV. SPINA – Le sembrano anche lì abbottonati.
PROF. BACCI – Oggettivamente sì.
AVV. SPINA – Anche in quelle fotografie.
PROF. BACCI – Sì, sostanzialmente sì, mi pare proprio di sì.
AVV. SPINA – Senta professore, lei ha, se non ho capito male, poco fa a domanda del Giudice, ritenuto di rappresentare che la circonferenza di quei pantaloni fosse del tutto compatibile con una taglia 48.
PROF. BACCI – Sì, mi sembravano pantaloni di taglia 48. Non ho calcolato la taglia in quel momento, avvocato, le dico la sincera verità.
AVV. SPINA – Ha partecipato alla misurazione?
PROF. BACCI – La misurazione fu fatta, io adesso non mi ricordo se ero davanti alla persona che ha misurato i pantaloni. I pantaloni furono misurati.
AVV. SPINA – Ricorda a quanto ammontasse…
PROF. BACCI – No.
AVV. SPINA – Glielo dico io, 75 centimetri.
PROF. BACCI – Okay.
AVV. SPINA – Prendendo atto di questa misura, la ritiene compatibile con una taglia 48?
PROF. BACCI – Purtroppo non lo so quant’è la circonferenza di una taglia 48.
AVV. SPINA – Non è una domanda che presuppone la sua conoscenza del…
PROF. BACCI – Onestamente non lo so.
AVV. SPINA – Però un’altra cosa me la può dire. Lei ha detto prima che 3 centimetri erano  impegnati dalla struttura, dallo spessore dell’asciugamano. Poi su questo ci torneremo. (..) Allora chiedo scusa a tutti, avevo… Allora, prendiamo atto della misurazione della dottoressa CARLESI.
Quindi sarebbero 75 centimetri, meno 3 centimetri, fanno 72.
PROF. BACCI – Cioè, come meno 3?
GIUDICE – Lo spessore dell’asciugamano se incide sulla circonferenza di chi l’indossa, vuol dire che lo spessore è consumato per 3 dall’asciugamano e quindi chi l’aveva indossati aveva 72 centimetri di vita.
PROF. BACCI – Sì.
AVV. SPINA – Questo dato lo ritiene compatibile con una persona con quella struttura fisica o può ipotizzare dei meccanismi di riduzione di questa circonferenza anche con riferimento ai tessuti, dato il tempo trascorso?
PROF. BACCI – Beh, dunque, avvocato, naturalmente i pantaloni sono stati messi nella fase  iniziale. Quindi, voglio dire, quello che è successo dopo… come dire, c’è stata una riduzione  sicuramente della massa notevolissima, ma i pantaloni li dobbiamo riferire sicuramente a quando sono stati indossati.
AVV. SPINA – Chiaro.
PROF. BACCI – Credo questo io.
AVV. SPINA – Chiaro. Allora, presumendo che fossero di 75 centimetri e che 3 centimetri fossero impegnati dallo spessore, quella persona poteva…
PROF. BACCI – Io adesso non ricordo quale fosse la corporatura esatta del soggetto.
AVV. SPINA – Mi pare fosse un uomo alto 1,80.
PROF. BACCI – Sì, però, sa, l’altezza… come dire, io posso dire quanto sono le mie cinture, io compro delle cinte che sono lunghe complessivamente 85 e le metterò…
AVV. SPINA – Ed è persona magra lei.
PROF. BACCI – …assai inferiore a 70.
AVV. SPINA – E’ persona magra lei.
PROF. BACCI – Forse sui 70 e qualcosa. Io sono persona magra, certo.
(..)
AVV. SPINA – Le mostrerò una fotografia, se può dirmi se riconosce… E’ negli atti, Giudice. Se ritiene, sempre per comodità di consultazione, la riproduco.
PROF. BACCI – Questo credo che sia l’ordito del…
AVV. SPINA – Di quell’asciugamano.
PROF. BACCI – Dell’asciugamano.
AVV. SPINA – Sì, questo volevo chiederle, se lo riconosce.
PROF. BACCI – Non me lo ricordo.
AVV. SPINA – Non se lo ricorda?
PROF. BACCI – No. Ricordo che era un tessuto abbastanza…
AVV. SPINA – Se ricorda, esaminandone uno analogo…
GIUDICE – Può essere una cosa come questa?
PROF. BACCI – Forse poteva essere una cosa come questa. Però dico forse, non lo escludo, avvocato, non lo escludo, poteva essere una cosa come questa.
AVV. SPINA – Secondo una sua valutazione empirica, qual è lo spessore di quell’asciugamano?
PROF. BACCI – Singolo o messo…
AVV. SPINA – Intanto vediamo singolo, poi lo raddoppieremo.
PROF. BACCI – Sarà due millimetri.
AVV. SPINA – Due millimetri circa.
PROF. BACCI – Penso.
(..)
AVV. SPINA – Beh, quell’asciugamano possiamo valutare tutti se è corrispondente alla foto.
GIUDICE – Come ordito.
AVV. SPINA – Come ordito. Posso dare atto che è un asciugamano che l’avvocato BRIZIOLI ha perché a lui consegnato quale facente parte del medesimo set di quello che poi è stato indossato dal cadavere. Naturalmente non sarebbe lo stesso, ma sarebbe… Se ritiene, possiamo tranquillamente produrlo.
GIUDICE – No, possiamo limitarci semplicemente a dare atto che lei e il suo assistito rappresentano che ha esibito al consulente della difesa di parte civile un asciugamano avente caratteristiche in tutto identiche a quello illo tempore sistemato nella bara.
AVV. SPINA – Per comodità di consultazione, deposito questa fotografia che è stata scattata dall’avvocato BRIZIOLI invece proprio sull’asciugamano oggetto…
GIUDICE – Che ne ritrae l’ordito, non lo spessore, mi pare di capire.
AVV. SPINA – Ne ritrae l’ordito.
(..)
AVV. ZAGANELLI – (..). Sempre sui pantaloni, lei prima ha detto che erano una 48S?
PROF. BACCI – Mi pare di ricordare che ci fosse scritto 48S.
AVV. ZAGANELLI – Dove era scritto?
PROF. BACCI – Eh, mi pare su…
AVV. ZAGANELLI – Questo è un dato lei ha appreso, l’ha appurato direttamente?
PROF. BACCI – Beh, era scritto dentro, mi pare in un’etichetta.
AVV. ZAGANELLI – Quindi c’era un’etichetta?
PROF. BACCI – Mi pare di sì.
AVV. ZAGANELLI – Lei si ricorda di quest’etichetta.
PROF. BACCI – Sì.
AVV. ZAGANELLI – Questo 48S, quando lei dice “S” che intende?
(..)
PROF. BACCI – Io intendo solo quello che ho letto, non attribuisco significati, per carità. 48S era scritto là, poi non so neppure quello che significhi.
GIUDICE – Tant’è che infatti dobbiamo dare atto al professore, 48S e non 48 small come hanno detto tutti.
AVV. ZAGANELLI – Infatti, perché potrebbe significare anche slim, poi ne parleremo più avanti. Senta, quanti accertamenti di questo genere ha fatto su cadaveri dopo diciassette anni dalla morte?
PROF. BACCI – Guardi, dopo diciassette anni nessuno.
AVV. ZAGANELLI – Quindi era il primo anche per lei.
PROF. BACCI – Assolutamente sì. Naturalmente, se parliamo di resti scheletrici no ovviamente, ma insomma in un cadavere, come dire, inumato sicuramente…
AVV. ZAGANELLI – Certo, in un cadavere inumato.
PROF. BACCI – Ho detto prima, parlando con il professor TORRE, che mi erano capitati alcuni casi di quattordici anni, tredici anni, ma questo diciassette il primo era.
(..)
AVV. POMANTI – Chiedo scusa, una sola domanda, diciamo più per la parte che lei ha assistito a queste operazioni che sotto un profilo medico legale. Visto che le sono state formulate delle domande su questi pantaloni, compare e nella relazione del professor PIERUCCI e nel verbale di sequestro che è stato acquisito agli atti e in altri due documenti sempre che sono agli atti questa dizione di questi bottoni in parte persistenti. Visto che nessuno ci può dare una lettura di questa indicazione, ci può dire se ricorda qualcosa visivamente che…
PROF. BACCI – Io no, nel dettaglio non ricordo. Probabilmente qualche bottone era staccato.
AVV. POMANTI – Quindi dice non “esistenti”, “in parte persistenti”, quindi qualcuno non c’era.
PROF. BACCI – Io penso che si voglia far riferimento a quello, ma io non lo ricordo.
AVV. POMANTI – Perché questo pantalone era a bottoni, che lei ricorda?
PROF. BACCI – Mi pare che era abbottonato, sì, erano bottoni, non era una cerniera. La cerniera era nel giubbotto.
AVV. POMANTI – Di questi che mancavano, se ovviamente ricorda visivamente perché ha assistito, nella parte alta, nella parte bassa.
PROF. BACCI – No, avvocato, mi dispiace, non mi ricordo. Non mi ricordo neppure se mancassero dei bottoni. Da quello che mi ha detto, forse significava questo.
AVV. POMANTI – A domanda di un precedente difensore, lei ha detto: “C’è un dato che…”, non ha detto queste parole precise, però “c’è un dato che sicuramente i pantaloni erano quelli che sono stati posizionati all’inizio”. Possiamo sostanzialmente ammettere una trasformazione del corpo, ma non dei pantaloni.
PROF. BACCI – Certo.
AVV. POMANTI – Domando, lei ha per caso… immagino la risposta, ma ha qualche cognizione particolare in materia di tessuti?
PROF. BACCI – No, assolutamente, sono assolutamente ignorante.
AVV. POMANTI – Dei processi degenerativi, contrazione…
PROF. BACCI – Assolutamente ignorante.
AVV. POMANTI – Quindi potrebbe anche lo stesso pantalone aver subito delle modificazioni
nell’arco di diciassette anni, sulla base delle sue conoscenze o non ha elementi di…
PROF. BACCI – Non ho elementi. Ovviamente è un tessuto, a contatto di liquidi…
AVV. POMANTI – No, era solo perché c’era un’affermazione positiva.
GIUDICE – Si potrà essere ristretto.
PROF. BACCI – …si potrà essere un po’ ristretto. Vedi: Sentenza Micheli Pag. da 554 a 562

L’udienza del 17 giugno 2009 è stata dedicata per la gran parte ad approfondire il tema della presunta compatibilità del corpo riesumato a Pavia con quello restituito dal Lago Trasimeno nel 1985, soprattutto con l’esame degli esperti del R.I.S.; in apertura, però, il prof. BACCI, consulente della parte civile FRANCESCA SPAGNOLI, si è soffermato ancora sugli aspetti medico-legali dell’indagine sull’accertamento delle cause del decesso del NARDUCCI.

GIUDICE – Lei avrà saputo, a parte che conosceva ovviamente già gli elaborati scritti, dell’esito della precedente discussione all’udienza alla quale non ha avuto modo di partecipare. Siamo arrivati al punto di sentire il suo punto di vista in ordine a temi in ordine ai quali la volta precedente si è sviluppata, a più riprese, la discussione. Riprendiamo lo spunto proprio a proposito, in questa sede, alla frattura del corno di sinistra della cartilagine tiroidea: la sua interpretazione di questa lesione, la possibile dinamica di questa lesione e l’eventualità, secondo lei, che questa lesione si possa essere prodotta in una fase successiva o magari addirittura conseguente e posteriore alla riesumazione.
PROF. BACCI – Andando non nell’ordine in cui lei, Giudice, me l’ha proposto, comincerei dall’ultima.
GIUDICE – Prego.
PROF. BACCI – Cioè dalla, per quello che anche ho sentito e che ho letto in alcune delle consulenze che mi sono state rappresentate, possibilità che quel tipo di frattura si sia prodotta prima di tutto durante le operazioni di consulenza svolte dal professor PIERUCCI. Io naturalmente ho assistito a tutte le operazioni di consulenza e devo dire che trovo difficile immaginare una fase in cui questo possa essere avvenuto, perché ricordo che tutto fu fatto con molta cautela, proprio in relazione all’importanza che il caso sottendeva e la stessa asportazione del laringe in blocco fu fatta dal professor PIERUCCI in modo direi esemplare, con grande attenzione. La manipolazione peraltro del pezzo anatomico fu parimenti cauta, né voglio dire è facile ipotizzare in una manipolazione una frattura che riconosce in genere altre cause, che riconosce in genere la necessità di un’applicazione di forza quale mi riesce difficile immaginare essere stata applicata nella manipolazione del pezzo.
GIUDICE – Mi passi l’approccio profano che chiaramente lei sarà abituato a sentirsi obiettare da parte di Giudici e operatori del diritto.
PROF. BACCI – Sì.
GIUDICE – E’ stato osservato la volta precedente, in una dialettica di carattere complessivo, che i tessuti in quella particolare parte anatomica avevano oramai una consistenza… l’aggettivo più volte ripetuto è “ligneo”.
PROF. BACCI – Molto disseccati. Insomma, adesso io non so se ligneo è corretto.
GIUDICE – Sì, al di là adesso naturalmente della pertinenza o dell’assoluta significatività dell’aggettivo, però per un profano si pone a questo punto un quesito un po’ grossier. Nel momento in cui si deve arrivare appunto a isolare poi il pezzo, bisogna fare una operazione su questo tessuto sovrastante che ha quella consistenza.
PROF. BACCI – Sì.
GIUDICE – Secondo lei è possibile, è immaginabile che, attraverso quelle operazioni, si possa arrivare a produrre quella… da alcuni definita una microlesione, da altri definita invece una lesione di un certo significato?
PROF. BACCI – Io vorrei fare una distinzione fra un’ipotesi astrattamente prospettabile e ciò che io ho visto però, perché altrimenti…
GIUDICE – Chiaramente.
PROF. BACCI – Un’ipotesi astrattamente prospettabile, una manipolazione non adeguata posta a produrre un danno al reperto anatomico io non lo escludo. Escludo che sia accaduto in quella fase perché ho visto come è stato fatto. La dissezione è stata fatta… è durata qualche ora, adesso non ricordo con esattezza quanto, ma è stata fatta con una minuziosità e con una delicatezza di movimenti per i quali non è prospettabile che ci sia stata… anche perché oggettivamente si andava a cercare eventualmente un reperto molto, molto sottile, anche considerata la negatività degli accertamenti che erano stati fatti.
GIUDICE – Anche sul piano radiografico.

PROF. BACCI – Anche sul piano radiografico. Quindi è chiaro che si procedeva con grandissima cautela.
GIUDICE – Mi inserisco ulteriormente. Proprio in relazione a questo aspetto degli accertamenti radiografici, quasi in base a una sua rilevazione statistica come regola d’esperienza, le è capitato in altre occasioni, per esempio, di verificare che gli esami radiografici non avessero inizialmente evidenziato una lesione di quel genere e poi dopo all’esito della dissezione si è invece verificato direttamente?
(..)
PROF. BACCI – Tutta questa disquisizione sulla diagnostica per immagini la trovo oggettivamente inutile perché la letteratura internazionale, ma di tipo medico, non dico medico legale, è piena di indagini che vanno a verificare la corrispondenza fra la diagnostica per immagine anche sofisticatissima e il dato anatomo-patologico. La letteratura è parimenti piena di lavori che dicono che la affidabilità di questi… non è del cento per cento. Esiste un numero elevato di falsi positivi edi falsi negativi in lesività ben più grossolane di questa. Quindi io oggettivamente devo dire che questo problema, quando prima ho sentito anche prospettare del professor SIGNORINI, non me lo pongo. Cioè, dire che l’esame radiografico o la TAC era negativa significa dire che tutto quello che si è trovato poi è accaduto dopo, ma questa secondo me è un’eresia, è un’eresia scientifica in senso proprio, perché è noto che non esiste una diagnostica strumentale che dà la certezza del cento per cento di affidabilità. Quindi come non si può, anche in una percentuale minima di casi, ipotizzare che questa lesione fosse preesistente? Non si può escluderla perché la escludeva quel dato radiografico. Dato radiografico che poi forse sarebbe utile rivedere perché probabilmente, con il senno del poi, con un criterio ex post, forse qualche costa si potrebbe anche intravedere. Ma quello era comunque un reperto difficilissimo.
GIUDICE – Guardi, lo leggiamo insieme, visto e considerato che non l’ho letto prima, è stato prodotto stamattina. Qui leggo, dalle osservazioni del professor SIGNORINI: “Desidero rimarcare come la valutazione radiografica diretta del pezzo anatomico effettuata in data 12 giugno 2002, specie nelle proiezioni coronali, permetta di valutare perfettamente lo sviluppo verticale delle formazioni anatomiche stesse e in particolare il decorso del tutto fisiologico, verticale e obliquo, del bordo esterno, sia a destra che a sinistra, della cartilagine tiroidea. Al di sopra si evidenziano con densità nettamente più tenue i decorsi verticali, con andamento del tutto simmetrico e fisiologico dei cornetti superiori a destra e a sinistra, i quali hanno morfologia leggermente diversa tra di loro. Tale verticalità e simmetria di decorso dei cornetti rappresenta dal punto di vista anatomico un elemento inequivocabile” e poi ci sono osservazioni. Poi vedo: “La sessione fu correttamente eseguita” e va bene. Come commenta questa…
PROF. BACCI – Io non posso commentare. Ci mancherebbe altro, non è che posso dire che quello non corrisponde al vero. Prima di tutto io non sono radiologo, quindi, come dire, non mi arrogo il diritto di criticare una lettura del professor SIGNORINI, neppur lontanamente ci penserei. Naturalmente bisognerebbe farla insieme con un radiologo della medesima competenza, di fronte a quel radiogramma, quindi per carità. Io dico soltanto che esistono i falsi negativi e che nel falso negativo tutto appare normale e invece c’è una lesione. Io dico soltanto questo.
GIUDICE – Lei comunque è dell’opinione che, almeno in linea ipotetica, si potrebbe anche procedere a un esame ulteriore di quei radiogrammi, magari in questa sede, e raggiungere delle conclusioni leggermente diverse rispetto a quelle all’epoca raggiunte?
PROF. BACCI – Io credo che comunque ci si possa confrontare, cioè che, non lo dico io perché non sono un esperto, gli esperti alla fine si possono anche confrontare su quel dato. Assolutamente sì.
GIUDICE – Senta, veniamo alla ricostruzione, al di là naturalmente delle modalità di verificazione della lesione, partiamo dall’ipotesi che effettivamente fosse una lesione preesistente, okay? Come viene interpretata, secondo lei, come deve essere interpretata questa lesione?

PROF. BACCI – Io, voglio dire, l’ho interpretata nel modo con cui solitamente si interpreta una lesione così, con quella della conseguenza di un’azione violenta protratta, esercitata localmente, in modo abbastanza selettivo, considerata la posizione anatomica e quindi anche il relativo stato di protezione della parte fratturata. Tradotto in termini, come dire, semplificati, un’azione costrittiva a livello della regione del collo esercitata verosimilmente attraverso le mani come nello strozzamento, a mio modo di vedere un pochino più improbabile, nello strangolamento. Certo, c’è tutto il problema della vitalità o non vitalità, perché ci siamo prospettati, perché poi sono problemi sicuramente seri, sui quali una risposta definitiva non è stata detta, ma si è lavorato su materiale, come noi sappiamo, molto antico e quindi insomma andare a verificare certe cose che poi sono state anche verificate nella consulenza del professor PIERUCCI, avere un dato negativo non significa… non è probatorio, ecco, in questo senso.
GIUDICE – Sì, considerando il tempo trascorso. Lei è dell’opinione… ecco, per quello che riguarda la ricerca della vitalità di quel tipo di lesione, le cose che sono state fatte, gli accertamenti che sono stati compiuti sono tutti quelli possibili?
PROF. BACCI – Sì, a mio modo di vedere sì.
GIUDICE – Era emerso la volta precedente che c’era stato un riferimento da parte del professor FORTUNI in particolare a ricerca di ferro… diciamo così, aspetti legati all’emoglobina che sarebbe stata un po’ più difficile comunque trovare, visto il decorso del tempo, e in particolare faceva riferimento al ferro.
PROF. BACCI – Sì, ma io ritengo che in un materiale come quello più l’indagine è approfondita e meno porta vantaggio.
GIUDICE – Cioè, in che senso?
PROF. BACCI – Perché c’è una possibilità di contaminazione, di tante cose. Voglio dire, il professor FORTUNI mi pare che fosse presente, quindi ha visto chiaramente come si è lavorato, su che materiale si è lavorato e quindi…
GIUDICE – Ma adesso, in linea di principio, è vero? Condivide?
PROF. BACCI – Voglio dire, altri tipi di ricerche possono essere fatte, si poteva anche fare, per carità, ricerca del ferro, (..) contenuta nell’emoglobina. Non so con quanta utilità.
GIUDICE – Lo reputa un accertamento…
PROF. BACCI – Reputo che gli accertamenti che sono stati fatti allora fossero sufficienti.
GIUDICE – Fosse stato lei il dominus della situazione…
PROF. BACCI – Avrei fatto le stesse cose.
GIUDICE – Non avrebbe fatto quindi questo del ferro?
PROF. BACCI – No, no.
GIUDICE – Una cosa adesso a proposito invece della lesione solo a sinistra, e anche qui andiamo su un aspetto statistico della sua esperienza. Da un punto di vista statistico, una lesione solo del corno superiore sinistro la può considerare, nei casi di strozzamento che lei ha esaminato, frequente, rara? Non voglio una percentuale, una considerazione con un aggettivo quantitativo.
PROF. BACCI – La simmetria secondo me non è un elemento discriminante, il fatto che fosse simmetrico non esclude che, perché non sono simmetriche o comunque non sono sempre
simmetriche. La loro frequenza? Non sono costanti.
GIUDICE – Quindi le capita di averle trovate sia da una parte che dall’altra, per esempio? PROF. BACCI – Certo.
GIUDICE – O magari tutte e due?
PROF. BACCI – Certo.
GIUDICE – Lesioni ulteriori, ecco, da un punto di vista sempre statistico, osso ioide, non osso ioide, eccetera, quel tipo di lesione, solo quella lì?
PROF. BACCI – Beh, sono descritte ampiamente lesioni isolate. Quindi, voglio dire, sicuramente…
GIUDICE – Abbiamo visto, ognuno ha portato una sua casistica.

PROF. BACCI – Sì, appunto, ognuno ha portato una casistica, insomma sono descritte lesioni isolate, lesioni congiunte. Insomma, discutiamo in una materia in cui le regole non sono ferree. In biologia le regole non ci sono, non sono ferree, hanno sempre un’eccezione. Ecco, le regole prive di eccezioni non ci sono in biologia e quindi discutere, secondo me, di queste cose, sulle percentuali, sull’associazione, insomma è una discussione accademica, ma che poi al singolo caso concreto apporta poco vantaggio.
GIUDICE – Senta, mi pare che questo sia un dato assodato, il fatto che ci sia stato un esito negativo della ricerca delle diatomee non dice nulla, sostanzialmente. Anche lei condivide su quest’aspetto?
PROF. BACCI – Certo.
GIUDICE – Può darsi che fosse anche annegato davvero, ma questo…
PROF. BACCI – Certo.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Ritorno al discorso della frattura del corno superiore sinistro della cartilagine della tiroide. C’era in quella zona una fitta colonia batterico-fungina?
PROF. BACCI – Sì, quella fu anche poi rilevata, mi pare, dai successivi accertamenti che fece il professor PIERUCCI. Sì, c’era una colonizzazione, tanto che io con il collega ipotizzammo che questa potesse essere anche un segno indiretto del fatto che ci fosse stato un microsanguinamento. Il sangue è solitamente, come dire, un substrato in cui batteri e funghi crescono meglio insomma. Però era un’ipotesi.
PUBBLICO MINISTERO – Lei ricorda che questa colonia batterico-fungina era… in che punto era? Era molto forte in quel punto o c’era anche in altre zone?
PROF. BACCI – Mi pare che fosse anche a livello tracheale, mi pare di ricordare anche a livello tracheale.
PUBBLICO MINISTERO – Sì. Ma nella zona del collo era proprio in quel punto, in corrispondenza della frattura o in zone…
PROF. BACCI – Beh, era anche in zona fratturativa, tanto mi pare che poi il professor PIERUCCI ha discusso anche il fatto che non vi fossero lesioni, come dire, che potessero essere attribuite all’azione dei miceti, quindi che avessero indebolito la struttura ossea, la struttura cartilaginea in funzione di questa proliferazione.
PUBBLICO MINISTERO – Senta, lei era presente alle operazioni mi pare del 5 settembre 2002 di…
PROF. BACCI – Sì, sì.
PUBBLICO MINISTERO – Ecco, queste operazioni si ricorda quanto sono durate?
PROF. BACCI – Sono durate molte ore, credo da intorno mezzogiorno fino a pomeriggio avanzato, alle quattro e mezzo, le cinque, insomma furono lunghissime. Furono lunghissime perché furono fatte… il professor PIERUCCI fece con… millimetro per millimetro si andava avanti.
PUBBLICO MINISTERO – Senta, si ricorda se furono fatte osservazioni, se furono sollevate
contestazioni da parte dei consulenti degli allora…
PROF. BACCI – Alle modalità con cui…
PUBBLICO MINISTERO – Alle modalità.
PROF. BACCI – No, assolutamente.
PUBBLICO MINISTERO – O se i consulenti avessero richiamato l’attenzione su un momento particolare, avessero lamentato una manovra errata che…
PROF. BACCI – No, no, assolutamente. Ricordo anzi… mi pare di ricordare il professor FORTUNI che anzi si complimentava con il professor PIERUCCI per l’approccio che aveva. No, no, assolutamente no.

PUBBLICO MINISTERO – Nemmeno se si è accorto di momenti in cui i consulenti e i difensori delle parti private hanno commentato, anche fra loro, non so, dicendo: “Ecco, qui c’è un errore, è stata fatta una manovra sbagliata, anomala”.
PROF. BACCI – No, io non lo ricordo, non l’ho sentito. Non so se l’hanno pensato, ma non l’hanno detto, perlomeno io non l’ho sentito.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Senta, lei si ricorda, nella sua esperienza si è trovato di fronte a situazioni di frattura di uno dei corni della cartilagine tiroidea verificatasi accidentalmente post mortem?
PROF. BACCI – No, no.
PUBBLICO MINISTERO – Non ha memoria.
PROF. BACCI – Io personalmente no.
PUBBLICO MINISTERO – Lo esclude.
PROF. BACCI – Non ne ho visti. Ce ne saranno, ma io non ne ho visti.
(..)
AVV. CRISI – Professor BACCI, alcuni approfondimenti dopo che le domande che le sono state rivolte dal Giudice sono state già sicuramente molto esaustive rispetto all’accertamento che lei ha fatto nell’interesse dalla costituita parte civile. Volevo però ritornare, tanto per dare un senso e chiudere il discorso, a quelle che sono state le conclusioni sue e del dottor RAMADORI circa la causa della morte e i mezzi che l’hanno prodotta. Questo chiaramente dopo discorsi che sono stati fatti in merito anche a vari aspetti, su cui poi magari ritorneremo. Prego.
PROF. BACCI – Dunque, noi abbiamo ipotizzato che ci fosse stata quest’azione costrittiva del collo, quindi sostanzialmente che la ipotesi fosse quella di un’asfissia con una meccanica violenta da costrizione verosimilmente manuale della regione del collo. C’è da dire naturalmente che, come dire, in questi casi la morte non è necessariamente puramente asfittica, che si possono avere delle morti da inibizione vagale per stimolazione di alcuni recettori.
AVV. CRISI – Questa, scusi se la interrompo, è stata una delle questioni affrontate la scorsa volta, ovvero questo tipo di frattura di per se stessa non porterebbe alla morte.
PROF. BACCI – Certo.
AVV. CRISI – Ma forse è in grado di innescare quale tipo di procedimento?
PROF. BACCI – La frattura non è certo in grado di portare alla morte. La frattura è l’espressione di una modalità lesiva esercitata. Quindi, se noi riteniamo che quella frattura fosse avvenuta in quella circostanza e con quella modalità lesiva, fu esercitata un’azione costrittiva nella regione del collo. Da quest’azione costrittiva possono derivare diverse cose naturalmente, dall’asfissia acuta, una morte per inibizione, insomma diversi meccanismi che sono quelli che poi la dottrina medico-legale richiama nell’ambito delle costrizioni del collo.
AVV. CRISI – Senta professor BACCI, uno dei temi anche affrontati la scorsa volta, oggi solamente incidentalmente nella sua esposizione, circa la possibilità che la frattura potesse essere causata al momento della operazione di dissezione manuale condotta dal professor PIERUCCI, è quella della accidentalità di questa frattura, ovvero accidentalità come da caduta con impatto del collo su una sporgenza. Vorrei che lei potesse rappresentare quelle che sono state le conclusioni sue e del dottor RAMADORI anche in relazione a quella che può essere astrattamente e presuntivamente considerata la elasticità del cornetto, soprattutto la sede del cornetto, la profondità dove esso è collocato.
PROF. BACCI – La mia è una opinione ovviamente. La mia opinione è che un’accidentalità possa essere esclusa. Se io dovessi mettere in confronto l’ipotesi dell’accidentalità con quella della volontarietà, insomma potrei dare una percentuale di 0,1 a 99,9. Ritengo che sia assai difficile ipotizzare un’accidentalità anche in relazione al fatto che la regione è una regione molto circoscritta, quindi insomma la azione che serve per vincere la resistenza di una struttura che ha una sua componente elastica come è questa qua… peraltro devo sottolineare una cosa, volevo fare una sottolineatura, che nelle radiografie veniva data questa struttura come calcifica. In realtà nella dissezione si è visto che non era calcificata quella struttura, che conservava assolutamente… io lo ricordo distintamente, ma poi insomma chi era presente lo potrà confermare che manteneva una sua elasticità. Quindi secondo me una struttura così elastica per essere fratturata deve avere un’azione compressiva protratta.
AVV. CRISI – Quindi diciamo volontaria…
PROF. BACCI – La forza deve essere esercitata in modo… un colpo semplice non basta per un cornetto della cartilagine tiroidea.
AVV. CRISI – La ringrazio.
PROF. BACCI – Già fatta salva la difficoltà che ci sia un impatto selettivo in un posto come quello insomma, perché naturalmente siamo in una regione anatomica un pochino particolare. Ecco, non è una spalla, un ginocchio o un torace.
(..)
AVV. FALCINELLI – Senta professore, mi perdoni, lei è uno scienziato della materia, io sono assolutamente profano. Ma questo corno superiore sinistro che struttura ha? Noi ne abbiamo parlato la volta scorsa, ne ha parlato il professor FORTUNI, ma parliamo di una struttura di pochi centimetri?
PROF. BACCI – Sì.
AVV. FALCINELLI – Lei su questo profilo condivide la descrizione…
PROF. BACCI – Credo che ci sia anche… è stata prodotta la fotografia, mi pare di averla vista.
GIUDICE – Abbiamo visto elaborati che praticamente la assimilano, come spessore, a una moneta di dieci centesimi, anche come dimensioni complessive.
AVV. FALCINELLI – Ecco, abbiamo visto anche una slide sul punto. Io da profano, senza
nessuna…
PROF. BACCI – Piccola struttura.
AVV. FALCINELLI – …senza pretese, una piccolissima struttura che ha questa caratteristica…
PROF. BACCI – Un centimetro e qualcosa.
AVV. FALCINELLI – …di un paio di centimetri. Ecco, tanto per inquadrare la parte del corpo umano di cui si parla.
PROF. BACCI – Molto variabile poi, perché, voglio dire, variabile fra soggetto e soggetto.
(..)
AVV. FALCINELLI – Io le pongo un tema che peraltro è derivato, quindi non è una mia osservazione. Il professor FORTUNI la volta scorsa ha fatto riferimento alla pubblicazione scientifica del professor MARIO RONCHI e del professor GIORGIO BOLLINO… (..) che è del 2006. Ed è una pubblicazione che in tema di asfissie meccaniche violente, questo è il paradigma di riferimento, il tema sul quale si riferisce la ricerca…
PROF. BACCI – Sì, sì.
AVV. FALCINELLI – E sono 700 note, dicono gli autori, intendendosi per 700 note 700 pubblicazioni scientifiche che a loro volta raccoglievano naturalmente elementi di casistica ricondotte al tema dell’asfissia meccanica vivente. (..)
In questa ricerca analitica di 700 pubblicazioni, ognuna della quale raccoglie una casistica abbastanza complessa, si dice che il riscontro di un’unica frattura di un corno superiore tiroideo con scarse infiltrazioni ematiche, in assenza di altri segni lesivi a carico delle strutture del collo, assume scarso valore diagnostico. Lei condivide come principio il frutto di questa ricerca scientifica?
PROF. BACCI – In un cadavere, come dire, passatemi il termine, fresco sì, posso condividere. E’ chiaro, lì è sollevato il problema della lesività accessoria, che è sicuramente rilevante. Se io faccio l’ispezione esterna di un cadavere che è stato rinvenuto un’ora, due ore, tre ore, cinque ore dopo la morte o anche dodici ore, è chiaro che se trovo una lesione come quella, una lesione profonda come la frattura, mi aspetto di trovare anche una lesività accessoria. Se non la trovo, comincio ad avere qualche dubbio su questo. Non c’è dubbio. In questo caso noi purtroppo non possiamo avere contezza dell’assenza di una lesività accessoria, perché? Perché naturalmente diciassette anni trascorsi non consentono di verificare se ci fossero spargimenti emorragici, interruzioni, ecchimosi, digitazioni, tutti quegli elementi che sicuramente si vanno a ricercare e che, voglio dire, sono di conforto alla diagnosi.
AVV. FALCINELLI – Ecco, professore, lei fa una raffinata distinzione tra un accertamento, dice, immediatamente successivo al fatto e un accertamento di anni successivo sostanzialmente. Sì, però, voglio dire, qui lei ha partecipato alle attività di Pavia, ha partecipato agli approfondimenti che sono stati svolti in più sessioni, eccetera. Noi abbiamo un dato peraltro controverso, ma adesso lasciamo perdere, abbiamo come unico dato, come unico riferimento, come unico tema sul quale ci stiamo confrontando a lungo e forse potremmo confrontarci ancora più a lungo, ma non avrebbe credo altro senso, che è questo corno superiore sinistro di due centimetri, quello che è, piegato e non c’è altro, non è stato trovato altro.
PROF. BACCI – No.
AVV. FALCINELLI – Ecco, questo è il senso finale.
PROF. BACCI – Sì.
AVV. FALCINELLI – O meglio, mi perdoni, però è stato trovato altro, in che senso?
PROF. BACCI – Sì, ho capito.
AVV. FALCINELLI – Non faccio riferimento… ma passo ad un altro argomento. E’ stato provato il tema, oramai abbastanza mi pare questo condiviso della meperidina.
PROF. BACCI – Certo.
AVV. FALCINELLI – Questa so bene che è un’indagine di natura tossicologica prevalentemente.
PROF. BACCI – Sì, non sono un esperto.
AVV. FALCINELLI – No, per carità, però insomma lei ha conoscenze approfondite di medicina legale e non solo. Ecco, lei che valore attribuisce alla meperidina nella ricostruzione della vicenda che qui ci occupa?
PROF. BACCI – Il valore che attribuisco è quello… insomma, condivido il valore che ad essa attribuisce anche il consulente del Pubblico Ministero, nel senso che negli ultimi mesi sicuramente della vita il professor NARDUCCI aveva fatto uso di questa sostanza, che è un oppioide, un oppioide di sintesi utilizzato anche come analgesico, narcotico analgesico. Ce n’era una discreta quantità in accumulo. Forse la sua domanda mira appunto a correlare le due cose, nel senso una via alternativa della causa di morte, insomma questo forse lei voleva dire. Io me lo sono posto il problema. Io credo che l’una cosa non escluda l’altra, cioè il fatto che ci sia una assunzione di questa sostanza non esclude che ci possa essere stata un’azione violenta esercitata.
AVV. FALCINELLI – No, no, per carità.
PROF. BACCI – Sono due cose su due piani un pochino diversi, per cui…
AVV. FALCINELLI – Mi perdoni, professore, non volevo certamente io dire che l’una esclude l’altra, l’una postula l’altra. Ma sugli effetti della meperidina…
PROF. BACCI – Beh, gli effetti…
AVV. FALCINELLI – …lei conviene sostanzialmente?
PROF. BACCI – Sicuramente sono effetti che riducono lo stato di vigilanza, di attenzione, di resistenza della persona. Non c’è dubbio.
AVV. FALCINELLI – Posso determinare anche una perdita di sensi? Possono determinare una
caduta?
PROF. BACCI – Beh, perdita di sensi… bisogna vedere in fase acuta quanta ne ha assorbita di questa sostanza. E’ un po’ come accade nella dipendenza da oppiacei, siamo lì. Quindi è chiaro, in un range, andiamo da un solo effetto così di leggero stordimento fino a una overdose che può essere anche acutamente mortale. Quindi è chiaro che c’è un range di effetti ampi.
(..)
PROF. TORRE – Proprio venendo a una delle ultime cose dette, mi pare di aver sentito che ha detto che il corno superiore della tiroide sembrava calcifico alla…
PROF. BACCI – Era descritto, mi sembra, come in parte calcificato.
PROF. TORRE – …calcifico nella radiografia.
PROF. BACCI – Molto calcificato.
PROF. TORRE – E poi invece avete potuto notare che era flessibile.
PROF. BACCI – Che manteneva una sua elasticità, diciamo.
PROF. TORRE – Ora, non so, io leggo nella consulenza di PIERUCCI che fa l’istologico lui e dice: “Consta di tessuto connetivale (..) cartilagineo. Nel contesto del tessuto predetto, segnatamente di quello ascrivibile a cartilagine, compaiono nidi di calcificazione e altri di netta ossificazione con strutturazione in osso”. Quindi era ossificato, era calcificato.
PROF. BACCI – Professore, lei mi insegna che, se all’interno di una struttura…
PROF. TORRE – No, no, era solo perché…
PROF. BACCI – Se all’interno di una struttura cartilaginea c’è un centro di ossificazione, la struttura cartilaginea mica si irrigidisce. Bisogna vedere quanto è estesa la calcificazione, non è che… cioè l’una cosa non esclude… il fatto che noi l’abbiamo visto (..) elasticità non è che è un elemento di contrasto con questa istologia, secondo me.
PROF. TORRE – No, ma difatti poi lui dice: “Quest’ultimo risulta, l’osso, in alcuni punti fratturato”.
PROF. BACCI – Esatto. Quindi, voglio dire, io sposo questa ipotesi. Io non ho visto l’istologico, ma sicuramente è così. Io ricordo che conservava una sua elasticità. Ecco, naturalmente il grado non ve lo posso dire, magari era poco elastica.
PROF. TORRE – Chiedo scusa, non voglio far polemica, dico solo che era stato detto che quello non era… che era solo un aspetto radiologico, mentre c’è invece una manifesta.. aspetto anche istologico del fatto che era calcificato.
PROF. BACCI – No, forse mi sono espresso male.
PROF. TORRE – Solo per finire la domanda. Risulterebbe che sono particolarmente fragili le laringi calcificate.
PROF. BACCI – Certo.
PROF. TORRE – Tant’è che si dice a un giovane rompergli la laringe è complicato.
PROF. BACCI – Certo, certo.
PROF. TORRE – Quindi era un elemento di fragilità. Aggiungo, non è strano che si fratturi proprio l’osso lì, sì, è normale, no? Non è che, quando avete provato a vedere se era flessibile o no,
magari quei nidi ossei lamellari…
PROF. BACCI – Ma non è stato…
PROF. TORRE – No, no, ma perché è la prima volta che lo sento.
PROF. BACCI – Allora, siccome non l’ho fatto io, quindi naturalmente io vedevo fare, io ricordo che intorno a questo piccolo cornetto, abbiamo detto un centimetro e otto, due che sia, il professor PIERUCCI faceva una dissezione molto sottile, con delle forbicine a punta smussa, molto leggera, che ad un certo punto, liberato dal tessuto fibroso, adeso, si è vista la lussazione della parte… mi pare circa la metà, ora non ricordo benissimo, però dovevamo essere a circa la metà, si è visto questo tipo di movimento. E allora ci siamo fermati, si è fermato il professore, ci siamo tutti fermati e poi si è andati a constatare che c’era questa fase di ipermobilità. Questa è stata la fase… ecco, se dovessi fare una descrizione, ripetere nel filmato che ho in mente questa cosa, questo è stato il passaggio, professore.
PROF. TORRE – Un’altra cosa. Lei ha citato che nella diagnostica per immagini spesso ci sono falsi positivi e negativi, certo. Ma la letteratura nelle sue mani riguarda proprio organi isolati e radiografia mirata su quello per vedere…
PROF. BACCI – No, certamente, di carattere generale.
PROF. TORRE – Ecco, allora una cosa è fare una radiografia di una costa su un torace…
PROF. BACCI – Ma certo, ma certo.
PROF. TORRE – Qui era un po’ diverso, era stata fatta una radiografia mirata per capire se quello era…
PROF. BACCI – Sì, sì.
(..)

AVV. ZAGANELLI – Professore, senta, vorrei tornare sulle modalità, non so se è corretto il mio termine, della dissezione. Ha già detto, su domanda del Pubblico Ministero, che è durata molte ore quell’operazione.
PROF. BACCI – Sì.
AVV. ZAGANELLI – Senta, ci può descrivere le fasi?
PROF. BACCI – Guardi, le fasi… a parte naturalmente che è un qualche cosa di molto lontano nel tempo, mi pare che fossimo nell’anno 2002. Io ricordo che si è fatto quello che si fa sempre, si è cominciato dalla parte più esterna e quindi la dissezione è iniziata dai tessuti più esterni del blocco laringeo, poi fino a mano a mano a scendere verso la parte più profonda. Mi pare di ricordare che fu questo, ricordo questo.
AVV. ZAGANELLI – Quando parla di parte più esterna, intende…
PROF. BACCI – Certo, da…
GIUDICE – I tessuti del collo.
PROF. BACCI – I tessuti del collo. Queste strutture erano naturalmente, come dire, fra loro coese anche per la presenza di tessuto disseccato. Quindi, insomma, a mano a mano si è arrivati alla dissezione del…
AVV. ZAGANELLI – Con quali strumenti? Perché lei prima ha fatto riferimento a operazioni
millimetriche.
PROF. BACCI – Mi pare che ci fosse un bisturi, ci fossero delle piccole forbici a punta smussa, ci fossero delle pinze. Si agiva alcune volte anche con le pinze. Però io, Giudice, potrei dire delle gravi inesattezze, non mi ricordo insomma le singole fasi. Anche perché, ripeto, è una cosa che si è protratta molto.
AVV. ZAGANELLI – Ricorda se per caso, per isolare la parte, questo gruppo collo, è stato anche divaricato il cranio, non proprio staccato, ma aperto qua con un taglio orizzontale?
PROF. BACCI – Dunque, no, mi pare di ricordare che fu fatta una sezione sottomandibolare, mi pare di ricordare.
AVV. ZAGANELLI – Non fu divaricato?
PROF. BACCI – Io credo che ci siano le foto disponibili.
AVV. ZAGANELLI – Può darsi. Fu usato un divaricatore per fare quest’operazione?
PROF. BACCI – Forse furono divaricati i tessuti laterali del collo.
AVV. ZAGANELLI – Quando lei parla di pinze, parla di una specie di forbice, tipo una tronchesi?
PROF. BACCI – No, no, per la dissezione del…
AVV. ZAGANELLI – Per arrivare alla parte.
PROF. BACCI – No, assolutamente no.
AVV. ZAGANELLI – Posso mostrare delle fotografie?
PROF. BACCI – Vediamole un attimo, che così ricordo meglio.
GIUDICE – Mi indica le foto? Sono sempre foto scattate dall’avvocato BRIZIOLI nell’occasione?
AVV. ZAGANELLI – Certo, sì, in occasione delle operazioni…
PROF. BACCI – Questa qui, la tronchesi che è stata utilizzata è quella per la dissezione costale, che non ha nulla a che vedere con il laringe. Sono state usate queste tronchesi classiche per fare la sezione…
AVV. ZAGANELLI – Per aprire il torace.
PROF. BACCI – Per la sezione toracica. Poi qui non vedo altri strumenti… questi sono i
divaricatori che erano stati usati prima per staccare dal piano osseo i tessuti molli disseccati, sono stati usati i divaricatori uncinati a livello toracico. Ma qui non c’è nessuna immagine che riguardi…
AVV. ZAGANELLI – Questa qui?
PROF. BACCI – Eh, ma questa…
AVV. ZAGANELLI – Mi pare di vedere…
PROF. BACCI – Ma qui il laringe era già stato tolto, qui non c’è più.
AVV. ZAGANELLI – Questa è successiva?
PROF. BACCI – Certo, c’è la colonna vertebrale. Quella è la colonna vertebrale, avvocato.
AVV. ZAGANELLI – Sembra che c’è tipo un taglio orizzontale sul collo.
PROF. BACCI – Quale? No, questo è il margine mandibolare inferiore e sotto c’è la colonna vertebrale, quindi è già…
AVV. ZAGANELLI – A cosa servivano questi due divaricatori che sono…
PROF. BACCI – Questi non sono divaricatori.
AVV. ZAGANELLI – Questi due supporti.
PROF. BACCI – Ma questi sono i supporti in cui è appoggiato il capo del cadavere.
AVV. ZAGANELLI – Non hanno avuto…
PROF. BACCI – No, sono dei sostegni esterni.
AVV. ZAGANELLI – Non sono stati utilizzati per estrarre il collo?
PROF. BACCI – No, sono dei sostegni, no, il cadavere poggia su dei sostegni, così, e questi sono i sostegni laterali e qui è appoggiata la testa, che è a bordo del tavolo.
(..)
AVV. ZAGANELLI – Su quel tavolo ha visto dei bisturi? Ha fatto riferimento prima a dei bisturi.
PROF. BACCI – Adesso non li ho visti, ci saranno sicuro perché i bisturi si usano. Adesso non so se erano poggiati in quel momento, ma…
(..)
AVV. ZAGANELLI – Senta, mi pare su domanda del Pubblico Ministero abbia risposto, mi corregga se ho capito male, che non ha avuto modo di esaminare casi con frattura del cornetto avvenuta post mortem.
PROF. BACCI – No.
AVV. ZAGANELLI – Non le è mai capitato.
PROF. BACCI – No. Adesso sto pensando, anche prima pensavo, ma mi pare… adesso non mi ricordo. Guardi, potrei essere impreciso perché magari in qualche grande traumatismo probabilmente sì. Però, ecco, è una cosa…
GIUDICE – A memoria le sembra di no.
PROF. BACCI – Mi pare di no. Non ho rivisto e lei capisce che questo dato, che qui è rilevantissimo, se io vedo un grande traumatismo, certo, in un soggetto che è travolto da un treno, da un tram… non ho focalizzato l’attenzione, capito? Quindi magari ci sono stati.
AVV. ZAGANELLI – Ho capito. Quindi comunque ha esaminato casi nei quali questa frattura era avvenuta in vita?
PROF. BACCI – Beh, sì, sì.
AVV. ZAGANELLI – Ha sempre verificato la frattura che era isolata oppure…
PROF. BACCI – No. (..) Questa qui non è una lesività isolata, non è una lesività né isolata e né esclusiva. D’accordo? Sicché strozzamenti senza fratture, eh, quanti ce ne sono! Strangolamenti senza fratture, quanti ce ne sono! Impiccamenti, quanti ce ne sono! Lesività accessoria in genere c’è. In qualche caso più raro, diciamo, manca anche la lesività accessoria. Però (..) siamo in un ambito di grande indeterminatezza. Ecco, questo volevo dire.
AVV. ZAGANELLI – Io facevo riferimento alla sua esperienza.
PROF. BACCI – La mia esperienza e quella degli altri è questa, la grande indeterminatezza, cioè una volta c’è, una volta…
AVV. ZAGANELLI – Non era una domanda sulla casistica, ma con riferimento alla sua esperienza.
PROF. BACCI – Le rispondo in base alla mia casistica.
AVV. ZAGANELLI – Certo, la domanda mia era questa.
PROF. BACCI – La mia casistica è questa, che c’è di tutto.
AVV. CRISI – Solo una domanda, professore, mi scusi. Su quelle fotografie sulle quali sono state fatte delle domande, peraltro lei, rispondendo, ha indicato il riferimento delle parti anatomiche che sono riprodotte in quelle fotografie, possono essere in qualche modo anche lontanamente, astrattamente messe in relazione alla frattura del cornetto?
PROF. BACCI – No, avvocato, lì non c’è nulla. Lì c’è un cadavere in cui è già stato rimosso il blocco laringeo, è eviscerato il cadavere in quelle foto e in una si sta lavorando sui visceri addominali. Non c’è nulla del collo.
(..)
AVV. CRISI – Lei è a conoscenza, ricorda se, nel momento in cui il professor PIERUCCI indicò la presenza di questa lesione, ci furono delle reazioni particolari da parte di qualche consulente?
(..) PROF. BACCI – Non mi pare, non mi pare. Tutti naturalmente, come dire, in silenzio, anche perché si disse che in fondo questa cosa che era stata ritenuta inutile, questo me lo ricordo distintamente, poi in effetti aveva dato luogo a un reperto che era inaspettato.

Lo stesso 17 giugno alla dott.ssa CARLESI, sentita in gran parte – come pure nel corso dell’udienza precedente – sul diverso profilo della presunta sostituzione del cadavere di FRANCESCO NARDUCCI all’epoca del rinvenimento, venivano poste alcune domande ulteriori e conclusive sulla frattura del corno superiore della cartilagine tiroidea:
DOTT.SSA CARLESI – (..) Il professor PIERUCCI non ha certo bisogno del mio atto di difesa. Però in questa sede si è cercato di trovare della mal pratica nell’operato del professor PIERUCCI, quando è stato secondo me… ma non perché sono una sua allieva e gli sono veramente affezionata. Ma la dissezione che abbiamo fatto, alla quale io ero presente, del pezzo, alle 12.15 del 5 settembre, e per quattro ore ha visto un’intera sessione di periti, consulenti delle parti, professor PIERUCCI, c’era il PM, gli avvocati, l’avvocato BRIZIOLI e quant’altro, secondo me si è svolta in maniera magistrale. (..) L’accoglimento della salma a Pavia ha visto la dotazione della nostra sala mortuaria di un impianto di allarme e di antifurto. Ogni volta che veniva manipolata la salma del professor NARDUCCI, e l’avvocato BRIZIOLI è qui presente, e l’avvocato BRIZIOLI è stato con noi sempre, giusto?, veniva messo, apposto un telo verde e ceralaccato. E così è stato in tutte le operazioni peritali. Questo era solo un inciso, come ad esempio ho sentito dire al professor FORTUNI, mentre mi dava i recapiti dell’istituto di Bologna e mentre faceva i complimenti per la dissezione… (..) …ho sentito dire: “Ora si negherà l’evidenza” in sala settoria. Quindi queste discrepanze… ma la bontà delle operazioni peritali, scusate, ma io volevo ribadirla, chiuso.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Io volevo fare proprio questa domanda. Quindi, si ricorda, è il 5 settembre 2002, al momento in cui il professor PIERUCCI evidenzia la frattura, qualcuno alle spalle dice: “Dobbiamo negare l’evidenza”.
DOTT.SSA CARLESI – Sì, non so se a forma di battuta o che, però…
GIUDICE – Uno dice…
(..)
DOTT.SSA CARLESI – No, no, mentre io parlavo con il professor FORTUNI ho sentito questa frase…
GIUDICE – Ah, mentre parlava con il professor FORTUNI.
DOTT.SSA CARLESI – …nettamente.
(..)
AVV. SPINA – Sì, solo una piccolissima cosa su un aspetto che era sfuggito, ma le risposte della dottoressa ancora sugli aspetti medico-legali mi danno il la. Ricorda, dottoressa, i sigilli apposti sulla bara allorché si procedette all’apertura, alla verifica dei sigilli e ricorda se risultò che taluno di questi sigilli si fosse rotto?
DOTT.SSA CARLESI – No, io ero presente, ma ero lontana dalla bara. Per cui la bara in sé e per sé me la ricordo bene all’apertura, io sui sigilli sinceramente non ho memoria.
(..)
AVV. SPINA – Beh, allora le leggo un brano di un verbale di operazioni sottoscritto tra l’altro da PACIOTTI, con cui alla presenza di varie persone, tra cui il professor PIERUCCI, all’arrivo di questa bara si è constatato lo spezzamento di numero due sigilli rispettivamente sulla parte in fondo alla bara e laterale destro, dovuti presumibilmente alle vibrazioni del mezzo durante il trasporto. Le chiedo se ciò che ha causato lo spezzamento di due sigilli di piombo, se non sbaglio, possa aver avuto altre conseguenze del tipo di quella che abbiamo ipotizzato nelle domande che le abbiamo rivolto.
DOTT.SSA CARLESI – Avvocato, aveva risposto il professor PIERUCCI perché era a bordo del
trasporto a Pavia e quindi le aveva risposto in merito alla tipologia del trasporto. Lui riferiva che non c’era stato né ribaltamento, né nulla. Era stato un trasporto… lui proprio a cassetta aveva detto, era davanti. All’arrivo…
AVV. SPINA – Le chiedo scusa…
DOTT.SSA CARLESI – Invece la mia interpretazione… le devo rispondere che c’è tutto un vasto corredo fotografico però, perché è sempre stata fotografata ogni… ci sono immagini prima di ogni operazione, per cui sicuramente sarà visibile. Se c’è questo io non lo metto in dubbio, io non ne ho ricordo.
(..)
GIUDICE – Le aveva chiesto una valutazione. Sostanzialmente, quelle stesse vibrazioni che hanno fatto rompere il sigillo è possibile che abbiano fatto rompere il corno superiore famoso?
DOTT.SSA CARLESI – Se il professore dice che era a bordo e che è stato un viaggio tranquillo…
(..)
AVV. SPINA – Proprio dalle sue risposte è nato il riesaminare questo verbale. Però, voglio dire, da questo verbale che poi naturalmente è negli atti, ma come al solito offrirò per comodità di consultazione, sembrerebbe che questa bara abbia subito delle sollecitazioni non indifferenti per rompere due sigilli di piombo. Lei non ritiene che possa aver causato altre conseguenze?
DOTT.SSA CARLESI – Ritengo proprio di no. (..) Se allude a un traumatismo interno, assolutamente no, anche perché poi all’apertura era talmente integro nella posizione, nell’apposizione anche del telino sceso. Sinceramente, avesse subito scrolloni, ci sarebbero state manomissioni anche della compostezza della salma, anche in relazione al telino della bara che gli si era riflesso contro, penso, a un traumatismo molto violente. Altre cose, mi fido del professor PIERUCCI che dice che era a cassetta, che non si sono ribaltati ed è stato un viaggio tranquillo. Penso che questo basti. Poi, se nella manovra di carico o scarico o che abbia… questo non lo so.
Ritengo che però non abbia causato grosse… Vedi: Sentenza Micheli Pag. da 489 a 502

E’ stata quindi la volta dei consulenti specificamente incaricati di ricostruire la statura e la circonferenza addominale del “cadavere del lago”.
Nell’ordine, sono state assunte le dichiarazioni del colonnello Garofano, dell’appuntato PAOLINO, nuovamente – sullo specifico profilo appena indicato – della dott.ssa CARLESI e dell’ausiliario GAVAZZENI. Queste le risultanze del dibattito:

GIUDICE – Una considerazione di ordine preliminare prima di arrivare poi specificatamente a guardare i vari profili che possono costituire oggetto di un necessario approfondimento. Lei e l’appuntato PAOLINO avete raggiunto delle conclusioni divergenti rispetto a quelle a cui erano giunti in precedenza la dottoressa CARLESI con il dottor GAVAZZENI. Ecco, in particolare anche alla luce poi immagino… non so se lei ha preso anche visione delle (..) osservazioni di parte del professor TORRE e del professor BALOSSINO che, banalizzando adesso dal punto di vista della quantificazione, per esempio, loro fanno delle misurazioni, chiamiamole così in senso abbastanza grossolano, che arrivano quanto alla statura a valori che sono più o meno vicini a quelli della dottoressa CARLESI.
COL. GAROFANO – Certo.
GIUDICE – In considerazione di questi tre risultati diversi, lei ha raggiunto una conclusione differente, conferma le indicazioni della sua relazione e, se sì, dove ci sono i segni di, chiamiamoli così, discrimine tra la sua relazione e quella degli altri che peraltro, per percorsi diversi, raggiungono quanto alla statura risultati convergenti?
COL. GAROFANO – Premetterei, se è possibile, magari di essere sentito in sequenza, cioè prima io e poi l’appuntato PAOLINO, perché in realtà io ho fatto da coordinatore di un mini collegio, in realtà poi le misurazioni sono state fatte dall’appuntato PAOLINO e dall’ingegner UCCELLI della “Laica”. Relativamente alla sua domanda, le confermo che noi siamo assolutamente convinti del risultato che abbiamo raggiunto, quindi io confermo che la misura di 1,60 e cioè di 160 centimetri, più o meno, è una vera misura. Perché? Perché in realtà noi dovevamo soddisfare tre obiettivi. Gli obiettivi erano questi, individuare un sistema di calcolo, cioè qualcosa che ci consentisse di calcolare quella lunghezza. Perché dico questo? Perché voglio immediatamente precisare, poi magari l’appuntato PAOLINO sarà più dettagliato di me, perché qualsiasi confronto che si basa su immagini fotografiche è un confronto arbitrario e quindi qualsiasi calcolo che viene tentato, anche usando i figuranti come abbiamo fatto noi, ma noi li abbiamo utilizzati per un altro scopo che dirò poi, qualsiasi confronto fatto tra fotografie, le due fotografie dell’epoca e le fotografie che eventualmente si possono fare, quindi quelle fatte dalla dottoressa CARLESI e quelle poi prodotte dai consulenti di parte, sono affetti da errori di geometria, per cui qualsiasi misura, se di misura si può parlare, è una misura arbitraria e quindi molto approssimativa. Per cui confermo che il nostro primo obiettivo era quello di trovare un sistema di calcolo. Questo sistema di calcolo noi l’abbiamo individuato nella scannerizzazione laser 3D. Il laser molto semplicemente si basa sulla emanazione di un raggio, un raggio luminoso che viene proiettato nello spazio, sia sulla superficie orizzontale, sia sulla superficie verticale. Ci sono dei target che misurano la distanza. La distanza percorsa in andata e in ritorno viene calcolata e, sulla base di un software, non solo la distanza, ma di fatto viene calcolato geometricamente il punto nello spazio, cioè vengono date le coordinate x, y e z di qualsiasi punto nello spazio. E questo credo che sia il sistema oggi più affidabile per tentare una misura corretta, ripeto, affidabile. Avevamo peraltro l’opportunità, per questo abbiamo scelto il laser 3D, se loro ricordano il pontile. Il pontile aveva ancora delle infrastrutture mai rimosse, quindi avevamo dei riferimenti precisi che consentivano di coniugare la misura attuale con le fotografie di allora. Di fatto, mi si consenta un verbo adattato a quello che è l’obiettivo, dovevamo geometrizzare quelle foto, cioè quelle foto dovevano essere importate in un sistema tanto da poterne calcolare la effettiva presenza nello spazio partendo da quella che era soltanto la parte fotografica (..)
GIUDICE – (..) Mi sembra di capire che contraddittorio praticamente non ce ne sia, nel senso che l’elaborato del professor TORRE e del professor BALOSSINO, poi dopo vediamo le differenze particolari se ce ne sono rispetto all’elaborato della dottoressa CARLESI, le dà atto, vi dà atto di una assoluta precisione per quello che riguarda l’individuazione del punto da cui le fotografie assunte, immagine 1 e immagine 2, risultano scattate. E’ una ricostruzione che, poi mi correggeranno i consulenti della difesa se sbaglio, praticamente sottoscrivono.
COL. GAROFANO – Certo.
GIUDICE – Non sottoscrivono però il modus operandi immediatamente conseguente e, per cominciare una esemplificazione ancora macroscopica e che posso cogliere anche io, ad esempio in punto di prospettiva una volta individuato l’esatto luogo da cui si scattavano le fotografie in questione.
(..) Per esempio, nell’elaborato del professor TORRE e del professor BALOSSINO, vi si contesta che, a differenza delle fotografie dei vostri figuranti, la fotografia invece della salma effettivamente ripescata è posizionata in modo tale che dalla stampa risultano quattro degli elementi verticali della ringhiera, chiamiamola così, del pontile piuttosto che cinque.
COL. GAROFANO – Certo.
(..)
GIUDICE – Vogliamo verificare questo aspetto come confuta, se confuta quest’argomento?
COL. GAROFANO – Se lei mi consente, sapevo e sarei arrivato al fatto che appunto anche i consulenti di parte avevano apprezzato il nostro lavoro, perché è pregiudiziale per capire poi dove è stato fatto un errore, un errore di valutazione anche da parte dei consulenti di parte, molto probabilmente perché noi non siamo stati sufficientemente chiari, perché, ripeto, noi prescindiamo dal confronto fotografico. E dirò perché si arriva poi a quelle fotografie che diventano il punto in cui i consulenti di parte confutano il nostro lavoro, dimenticando che invece, prima di tutto questo, c’era un calcolo che si basava, come dicevo, sulla verifica dei punti di ripresa e sulla geometrizzazione della fotografia. Allora completo.
(..)
GIUDICE – Quindi sostanzialmente per lei è una censura che è indifferente?
COL. GAROFANO – E’ indifferente perché il loro metodo è fallace, cioè hanno confrontato qualche cosa di non confrontabile, per cui non è che hanno… si sono espressi sulla validità del metodo. A un certo punto è come se avessero ignorato il nostro sistema di calcolo e sono arrivati alla fine, cioè quasi hanno criticato tout court il lavoro che anche noi critichiamo in parte, sempre con grande rispetto per tutti, il lavoro della dottoressa CARLESI, cioè di nuovo siamo scivolati su un confronto meramente fotografico. Non era quello il nostro obiettivo. Allora, che cosa abbiamo fatto? Abbiamo calcolato i punti di ripresa. I punti di ripresa ovviamente sono stati poi verificati con dei calcoli, visto che noi avevamo dei riferimenti relativi alle infrastrutture che giacevano ancora e che giacciono ancora sul pontile.
GIUDICE – Pavimentazione…
COL. GAROFANO – Pavimentazione, paletti, paletti verticali, paletti trasversali e così via. A questo punto noi ci siamo messi in queste condizioni e siamo andati a calcolarci… perché la fotografia a questo punto, una volta verificati, individuati i punti di ripresa, è stata geometrizzata, cioè è stata collimata rispetto al sistema, verificando che quello che faceva parte della fotografia tornasse nel nostro modello geometrico. “Modello” potrebbe essere una parola fuorviante, modello significa calcolo, non qualche cosa di discutibile. Quindi abbiamo verificato che questa fotografia, spalmata, collimata, si verificasse su qualche cosa che in realtà era ancora presente. Fatto questo, abbiamo preso due punti di repere, secondo il principio della fotogrammetria. Avevamo ancora una volta diciamo la fortuna, altrimenti non avremmo accettato questo lavoro, che le due foto, l’unico materiale che noi avevamo a disposizione, erano pressoché ortogonali tra loro.
Quindi di fatto, sulla base dei raggi proiettanti, considerato che una retta che parte dal punto di ripresa e coglie poi i due punti di repere, che sono, ricordo, la testa e i piedi, va all’infinito, abbiamo tracciato sempre attraverso dei software ovviamente, una volta si faceva a mano, adesso si fa attraverso dei software, abbiamo tracciato queste rette sia per la prima foto, quindi una prima retta della testa, l’altra retta della testa, il punto di intersezione di queste rette sul modello ci ha dato la posizione spaziale in realtà della testa che noi abbiamo riportato a terra.
Dopodiché abbiamo fatto analogamente per quanto riguarda i piedi e abbiamo avuto la posizione spaziale dei piedi che poi abbiamo ricollocato sulla terra, nel senso a terra. A questo punto avevamo due punti congiungenti e quindi abbiamo potuto misurare la lunghezza. Quindi la lunghezza viene fuori da un calcolo che ci ha consentito di, ripeto, spalmare, collimare quelle due fotografie nel sistema e appunto, sulla base dei raggi proiettanti, poi il sistema della fotografia, della piramide inversa, la fotografia in fondo è una piramide inversa, sulla base di questo noi abbiamo potuto calcolare quella lunghezza da quelle due prospettive, da quei due punti ortogonali e quindi assolutamente solidali ai principi della fotogrammetria. Qui veniamo…
(..)
GIUDICE – Sempre banalizzando, dopo naturalmente ci sarà un più ampio contraddittorio, nella individuazione dei punti di repere, quanto alla testa, per esempio per quello che riguarda la cosiddetta immagine 1, il metodo mi è chiaro, anche perché, sia pure se con quel margine di approssimazione perché bisogna anche valutare la prospettiva anche della proiezione della testa a terra, l’immagine è più o meno grossolanamente identificabile. Mi riaggancio a un’altra delle obiezioni che le fa la consulenza del professor TORRE e del professor BALOSSINO. Quella immagine è anche non solo ortogonale rispetto a quell’altra, ma è anche ortogonale rispetto alla posizione dello stesso soggetto che scatta la fotografia…
COL. GAROFANO – Sì, sì, è vero.
GIUDICE – …le viene contestato. In relazione a questo dato, visto e considerato che non c’è quindi la stessa possibilità di valutare la profondità dell’immagine, sempre in termini atecnici, la certezza della individuazione della proiezione a terra del punto dove si trovano i piedi come la si ricava?
COL. GAROFANO – E’ data appunto dall’intersezione di questi due punti. In realtà, se noi prescindessimo dai due punti di repere, cioè dai piedi e dalla testa, e facessimo la stessa cosa su due punti delle mattonelle, del mattonato, quindi in prospettiva che hanno gli stessi problemi, no?, c’è un accorciamento di fatto…
GIUDICE – Certo.
COL. GAROFANO – …noi otterremmo la stessa misura. Se oggi, e anticipo una cosa che avrei detto alla fine, andassimo con il nostro laser e misurassimo tutto quello che esiste ancora in quelle prospettive, noi avremmo una misura corretta con un errore impercettibile proprio perché è un sistema che è geometrizzato. Cioè, noi abbiamo già fatto il calcolo nello spazio di tutti i punti. Allora, prendendo due punti, se sono ortogonali, ripeto, con le vie di fuga, quindi con i raggi proiettanti, nel momento in cui si incrociano questo significa che il modello corrisponde matematicamente a quello che è stato calcolato dal laser e ci dà una posizione dello spazio, a prescindere da quello che si vede nella foto. La foto è qualche cosa che è anche ingannevole.
GIUDICE – Ho capito, ma mi perdo questo aspetto e cioè la riproduzione, lei ha detto per quello che riguarda i parametri effettivamente esistenti, che ancora ci sono…
COL. GAROFANO – Sì.
GIUDICE – …di un punto, che è quello dei piedi, che rispetto a quello della testa invece come localizzazione sul posto, da profano, mi sembra di capire che dà maggiori problemi, rispetto a quello della testa o no?
COL. GAROFANO – No, per la misura no, per la misura assolutamente no. Ce l’avrebbe dato se in realtà queste rette, non avremmo potuto produrre un calcolo, non si fossero mai incontrate. Di fatto, tanto per valutare l’affidabilità del metodo, e c’è stato un momento anche di sussulto, siamo andati a misurare il cartellone che alla fine…
GIUDICE – Sì, sì, che poi si è accertato che non è la stessa posizione, giusto.
COL. GAROFANO – Sì. Ci siamo resi conti che non veniva nel modello.
GIUDICE – Ma perché l’avevano spostato nel frattempo.
COL. GAROFANO – Sì. Quindi si prescinde da quello che fotograficamente sembra che ci metta in crisi. Si prescinde perché noi abbiamo preso due punti, abbiamo tirato queste rette, le abbiamo fatte dall’altra parte e nel momento in cui si incrociano… Ma poi, ripeto, graficamente, se siete così gentili da prestarci il computer, perché a parole diventa un po’ più difficile, magari PAOLINO ve lo farà vedere. Fatto questo quindi, stabilita la lunghezza di questo corpo, fatte poi le verifiche con cose che materialmente erano presenti, abbiamo voluto, mi permetto quasi con senso di autocritica, strafare. Siccome avevamo calcolato il punto di ripresa, abbiamo voluto vedere anche, ma per una esigenza ancora eccessiva di affidabilità, se mettendo dei figuranti, non ce n’era bisogno, ma se mettendo dei figuranti queste misure fossero di nuovo coincidenti con la realtà. Ma volevamo anche, di fatto questo forse è un po’ diluito nella relazione, far vedere che a stature differenti anche l’effetto ottico, con tutta l’approssimazione che c’era, ma facendo fotografie, mettendosi nelle condizioni di allora, anche l’effetto ottico coincideva, ma non era questo che volevamo arrivare a dimostrare. Quindi noi abbiamo messo dei figuranti per mera eccessiva sicurezza e, mettendo i figuranti e facendo calcolare al sistema, quindi non abbiamo fatto un confronto di fotografie perché, come poi vedremo e farà vedere l’appuntato PAOLINO, il confronto delle fotografie, ripeto, è affetto da moltissimi errori, mettendo anche i figuranti e facendoli calcolare al nostro sistema con le stesse modalità con le quali avevamo calcolato la lunghezza di quel corpo, abbiamo visto che c’era una correttezza nel calcolo assolutamente affidabile che si discostava di pochi millimetri. Quindi alla fine criticarci come hanno fatto sulla base fotografica è un errore di principio, perché noi non abbiamo desunto la misura attraverso il confronto, il riposizionamento e l’allineamento come loro fanno, peraltro anche errando, delle due foto, cioè la nostra e quella di allora. Sapevamo che quello era un metodo errato. Abbiamo soltanto voluto riverificare che, mettendo i figuranti, il sistema calcolasse precisamente. Ecco, io direi, ovviamente se non ci sono…
(..)
GIUDICE – Un attimo, poi dopo facciamo vedere anche direttamente qualcosina in più. A proposito, aspetto però questo diciamo che ha meno di matematico, del problema della distensione o meno della gamba…
(..)

COL. GAROFANO – Non ce ne importava niente. A parte il fatto che noi critichiamo quella modalità eccessiva con cui i consulenti di parte hanno voluto acuire questa postura, ma non… Di fatto, se andiamo a vedere bene le fotografie, il rigonfiamento è dei pantaloni perché c’è questo picco del pantalone che non è seguito dall’angolo del ginocchio. Quindi, nell’ipotesi dei consulenti di parte, se ci fosse stata quest’angolazione, la parte superiore e la parte inferiore dovevano essere coerenti, invece la parte inferiore… Ma, ripeto, non serve a niente, lo dico perché mi fa piacere rispondere. La parte inferiore è piana e solamente c’è un rigonfiamento della parte superiore. Quindi è chiaro che loro erano costretti, dovevano in qualche modo aggiustare la loro misura. Allora ci hanno prima attaccato matematicamente, ma non è un attacco matematico, perché il loro sistema tutto si può dire, ma non è matematico. Allora, hanno prima detto: “Beh, allineando le foto, vedete che c’è un discostamento di circa 13 centimetri, a cui si aggiunge da 8 a 15 mi sembra di flessione del ginocchio, alla fine a 160 aggiungiamo 20, si arriva a 180”. Beh, sì, in effetti va bene così, ma è il loro approccio assolutamente errato.
GIUDICE – Però, mi scusi, a prescindere dai calcoli fatti dalla difesa, quello che volevo capire, lei sostiene che comunque in ogni caso le misure devono essere confermate, secondo i dati che avete offerto, in relazione anche a una valutazione a quel punto credo inevitabilmente sulla fotografia della postura, giusto? Cioè, voi, ricostruendo naturalmente l’immagine, geometrizzandola come ha detto lei con il calcolo matematico, l’avete riprodotta in loco, benissimo, di un corpo che ha quell’ingombro, okay? Chiaramente però, se il corpo è contratto, piegato, reclinato, eccetera, eccetera, l’ingombro potrà essere diverso a seconda della percentuale di inclinazione o di piegamento. Quindi il fatto che lei escluda o riduca rispetto invece ai consulenti della difesa che, giustamente dal loro punto di vista, aumentano invece il margine, diciamo così, di piegamento e quindi secondo lei fosse invece un arto completamente disteso, lei questa valutazione e questa conclusione la desume dall’esame della fotografia immagino.
COL. GAROFANO – No, la desumo intanto dal calcolo, ripeto, io ritorno al calcolo.
GIUDICE – Ecco, il calcolo, però mi perdo questo aspetto. Cioè, se lei individua i punti di repere dalla testa fino ai piedi, giusto?
COL. GAROFANO – Certo.
GIUDICE – Quelli sono i suoi punti di repere, okay?
COL. GAROFANO – Sì.
GIUDICE – Il fatto che ci può essere una gamba piegata è fuori dai suoi punti di repere, giusto?
COL. GAROFANO – Ma certo, lei ha ragione. E’ chiaro che spazialmente un piede che sta qui e un piede che sta lì, anche spazialmente…
GIUDICE – Appunto.
COL. GAROFANO – Ma certo, ma non è questo il caso della fotografia.
GIUDICE – Okay, ma allora è dalla fotografia però che lei può valutare che effettivamente, secondo lei, la gamba era distesa, giusto?
COL. GAROFANO – La fotografia può essere molto ingannevole…
GIUDICE – Al di là…
COL. GAROFANO – …è molto ingannevole proprio perché c’è un errore di prospettiva, di interpretazione prospettica. Allora, se noi però andiamo a vedere la fotografia, ritengo questo elemento irrilevante. Ripeto, andando a vedere qualitativamente la distensione della gamba, quindi il bordo inferiore della gamba e confrontandolo con quello superiore, non mi sembra che ci sia quest’angolazione così spinta come appunto i consulenti invece…
GIUDICE – L’unica perplessità della serie mi sta bene il metodo scientifico matematico per quello che riguarda testa, piedi, poi ci deve essere necessariamente però un margine di interpretazione che ha quella significatività vedendo l’immagine, almeno su quello.
COL. GAROFANO – Guardi, no, certamente. E’ chiaro, ripeto, forse abbiamo ecceduto nella
misura, io non escludo che…
GIUDICE – Sì, le contestano i sei millimetri piuttosto che cinque.
COL. GAROFANO – Ma sì, ma non escludo che ci possa essere…
GIUDICE – Dialettica processuale.
COL. GAROFANO – …anche due centimetri forse di variazione, ma non certamente venti. Ma
perché poi, diciamo, ci siamo lasciati convincere dal calcolo? Perché poi, mettendo i figuranti più o meno nella stessa postura, perché l’avevamo studiata, sapevamo dove stava la barella, avevamo calcolato il punto di ripresa…
(..) Mettendo i figuranti in quella posizione, quindi non in posizione dritta, ma in posizione simile a quella della fotografia, in realtà la misura corrisponde proprio alla statura dei figuranti in maniera precisa.
GIUDICE – Sì, okay, questo mi è chiaro.
COL. GAROFANO – Quindi a quel punto ci siamo affidati al fatto che era irrilevante una postura che non aveva certo quell’angolazione che propongono i CTP.
GIUDICE – Un’ultima cosa, poi sentiamo direttamente l’appuntato PAOLINO. Sempre evidentemente, qui sì, dall’esame della fotografia, vedo a pagina 64 del vostro elaborato, scrivete: “Quello che si vede è compatibile con un volto, si evidenziano caratteristiche morfologiche” eccetera, eccetera, “tuttavia, anche se è plausibile, non è stato possibile determinare se la testa è con capelli o senza”. Fate questo inciso nella vostra relazione. Questo aspetto, al di là della giustezza o meno della vostra considerazione, è invece diversamente valutato dalla dottoressa CARLESI, come lei saprà. Secondo lei, quindi, non si può affermare con certezza?
COL. GAROFANO – No, assolutamente no. Siamo abituati ad affermare cose delle quali abbiamo una contezza scientifica. Nel momento in cui questa è discutibile preferiamo dire: “Non si può dire”.
GIUDICE – Quindi quella zona lucida, che poi c’è un’analisi, un confronto di carattere cromatico, non la convince perché?
COL. GAROFANO – Non ci ha convinto perché in realtà noi avevamo a disposizione il materiale che era quello che era, con una definizione che era quello che era. Quindi quello che abbiamo fatto, anche ottimizzando poi l’acquisizione del materiale, non era sufficiente per arrivare alla diagnosi che fosse scientificamente sostenibile.
(..)
GIUDICE – Semplicemente l’illustrazione di questo metodo matematico, se ha delle immagini da farci vedere, se vuole esemplificarne. Può prendere, per esempio, spunto da immagini che ci facciano capire più direttamente l’individuazione dei punti di repere e l’andamento delle rette e quindi il fatto che, se è possibile, voi non avete fatto altro che prescindere dalla fotografia da un certo momento in poi della vostra indagine.
APP. PAOLINO – Allora, un’osservazione che era stata fatta anche dai consulenti di parte era il fatto, per iniziare dall’inizio, delle immagini che sono state utilizzate per effettuare poi la misurazione. Veniva detto appunto che l’immagine 1, a confronto dell’immagine 2, non poteva essere considerata… aspetti, per il fatto della grana, ha dato dei problemi per il fatto della grana della pellicola sull’immagine 2 con l’immagine 1. Il problema è che le due immagini sono tutte e due dei negativi, quindi tutte e due hanno il problema della grana, della pellicola. Il fatto è che dell’immagine 2 noi avevamo in possesso il negativo, dell’immagine 1 no. Quindi abbiamo dovuto utilizzare la scansione che penso abbia fatto la dottoressa CARLESI con un suo scanner. Per quello noi ribadivamo il fatto della grana, perché era sempre una scansione effettuata su una pellicola e non su un’immagine digitale come ci possono essere adesso appunto le macchine fotografiche. Tornando a quello che è il sistema di misurazione che abbiamo adottato, appunto abbiamo effettuato questa scansione laser del pontile, il quale ci ha dato la possibilità di determinare la nuvola di punti di tutte le superfici comprese nel pontile e oltre. Andando a inserirla all’interno di un software specifico, che si chiama Z-Map, è un programma di fotogrammetria, abbiamo potuto calibrare le nostre immagini all’interno della scansione 3D. Quindi siamo andati a prendere tipo il punto del paletto in alto e l’abbiamo fatto coincidere con l’immagine di entrambe le due immagini, abbiamo preso tutti i punti visibili su entrambe le immagini e li abbiamo ripuntati sia sulle due immagini e sia sulla scansione laser. Questo ci ha permesso appunto di effettuare una calibrazione delle due immagini sulla scansione, quindi in un certo senso farle sovrapporre per i punti fissi. Abbiamo tenuto da parte altri punti fissi che su entrambe le immagini erano visibili e questi punti fissi ci sono serviti poi per un test di validità di tutto il sistema. Come prima cosa però è stato… il software permette di riportarci indietro al passato, diciamo così, al punto di ripresa della macchina fotografica. Questo punto di ripresa viene identificato per l’immagine, quella ravvicinata… allora, vediamo un attimo. Questa è la sovrapposizione. Ecco, tanto per dire, questo è l’esempio della collimazione dei punti. Adesso qua si vedrà poco. Comunque il punto in basso del paletto viene ripuntato sul punto basso del paletto dell’immagine 3D. La coincidenza di questi punti poi ci permetterà di effettuare le misurazioni. Eccolo qua, qua adesso si vede pochissimo, comunque a pagina 51 c’è la misurazione inversa del punto di presa, che si trova a 4 metri e 30 circa dal paletto del pontile, il paletto più esterno del pontile, ad un’altezza di 114 centimetri. Questo punto…

GIUDICE – Una domanda, mi perdoni, non deve chiaramente spaventarsi delle banalità. Ha un qualche senso… perché bisogna chiaramente farsi delle domande anche in relazione all’impatto un po’…
APP. PAOLINO – Visivo.
GIUDICE – …visivo e soprattutto superficiale che può venir fuori a un profano come me. La distanza di 4 metri e 30, e non so poi che margine in qualche modo di errore ci potrebbe essere calibrandola a un’altezza piuttosto che a un’altra, la prendete in relazione alla base di quel paletto?
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Ha un qualche senso, un qualche possibile effetto il rilievo, mi sembra abbastanza plateale, che il paletto è storto?
APP. PAOLINO – No, noi lo prendiamo sulla base.
GIUDICE – Voi solo sulla base.
APP. PAOLINO – Sulla base, sulla pavimentazione.
GIUDICE – Se l’aveste in teoria preso al vertice, ci sarebbero state delle differenze di ordine materiale sul campo oppure no?
APP. PAOLINO – Quella misura lì è prettamente stata utilizzata per individuare poi il punto nella realtà. Cioè, questa misurazione è stata effettuata per poi andare sul posto, appunto sul pontile, e cercare di ricollocare nella stessa posizione la macchina fotografica. Quindi questa distanza è stata calcolata per fare quel tipo di lavoro. Il fatto del punto di presa, quello lì, prescinde da quel punto a terra. E’ tutto l’insieme di tutti i punti che sono stati presi sull’immagine che ha determinato poi il punto di presa, quindi non è solo quel punto a terra. Ci sono ventuno punti…
GIUDICE – Lo dico sempre, mi perdoni la banalizzazione, considerando naturalmente che, per individuare il punto esatto di presa, anche considerando l’altezza, è evidente che la fotografia non è stata scattata da uno che stava per terra, è stata scattata magari da una persona che era un po’ accucciata, piegata, non so.
APP. PAOLINO – A 114 centimetri.
GIUDICE – Appunto, come avete infatti voi stessi calcolato. Per arrivare ai 114 centimetri comunque l’eventuale, ove esistente, mi sembra da alcune fotografie, dalla stessa immagine 1 in tutta la sua estensione, l’eventuale inclinazione o non perfetta perpendicolarità al terreno del paletto vi è irrilevante.
APP. PAOLINO – E’ irrilevante perché c’è la scansione laser che ha ripreso tutto quello che è il sistema metrico del pontile, quindi prescinde.
GIUDICE – Okay, andiamo avanti.
APP. PAOLINO – Quindi, avendo individuato sia per questa scena, quindi 114 centimetri d’altezza in quella posizione nello spazio, che è stato anche… da come si può vedere non è una misura che può essere campata per aria, nel senso che non è andata a finire nel lago la misura. Cioè, se c’erano degli errori così grossolani nella misurazione o nel ricombaciare le immagini, avremmo avuto magari il punto di ripresa che andava a finire nel lago, invece l’abbiamo avuto a poche decine di centimetri dal bordo del pontile. Lo stesso è avvenuto per l’immagine distanziata, quella più distante. Quindi era a circa 35 metri, se non ricordo male, a circa 35 metri da quel paletto lì e a un’altezza di 156 centimetri. Lo stesso è stato infatti ancor di più su quest’immagine qua, che è molto lontana, e quindi l’errore di riposizionamento della macchina fotografica poteva essere maggiore, essendoci la distanza, invece ci è ricaduto all’interno del pontile e quindi ancor di più una precisione maniacale su quello che può essere la misurazione non grazie a noi, ma grazie a tutto il sistema adottato.
Avendo preso appunto questi due punti di riferimento nello spazio, che sono i punti di presa delle due immagini, tramite questi due punti, abbiamo tracciato delle rette passanti appunto per il punto, questo qua, per i due punti di presa e andati a far combaciare con altri punti nel pontile. Questo ci è servito per effettivamente vedere se la tecnica delle rette proiettanti, quindi il calcolo fotogrammetrico che si andava a effettuare sulle immagini, avesse una base sicura, certa. Quindi, andando appunto a misurare quei paletti che non erano stati presi in considerazione per effettuare la geometrizzazione dell’immagine, abbiamo tirato, dal punto immagine di una, una retta passante per quel punto sull’immagine, tipo il paletto questo qui in alto qua, l’abbiamo fatto anche per l’altra immagine… adesso dico quello, però non è giusto, perché là non si vedeva dall’altra immagine. E abbiamo visto che l’incrocio delle due rette andava a combaciare nello spazio 3D, quindi nella ricostruzione 3D in un punto che era preciso a quello di dove si trovava il paletto tridimensionale. Quindi abbiamo appurato che la tecnica funzionava perfettamente e potevamo effettuare un calcolo preciso anche sull’immagine del cadavere, che non si sapeva appunto quale fosse la sua lunghezza. Andando a prendere…
GIUDICE – Mi torna un attimo all’immagine 17?
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Ecco qua. Qui infatti vedo peraltro fotocopia che ho fatto io per i miei appunti, diciamo così.
APP. PAOLINO – Questo è servito per determinare l’altezza della barella. Siccome non si conosceva, non si aveva accortezza di quanto fosse alta la barella dal suolo, l’unico metodo plausibile per poterlo determinare tramite le immagini era calcolando l’inclinazione del sole e quindi l’ombra proiettata dal paletto del pontile. Noi conosciamo l’altezza…
GIUDICE – Torno al discorso… l’ombra, incide il fatto che è storto? Se va a vedere l’immagine 16, che è proprio quella immediatamente precedente, è un po’ storto. Sbaglio?
APP. PAOLINO – Sì, ma noi andiamo a calcolare la distanza.
GIUDICE – In che senso, scusi?
APP. PAOLINO – Cioè, la lunghezza da terra al…
GIUDICE – L’ombra intesa semplicemente come lunghezza dell’immagine?
APP. PAOLINO – Come proiezione, sì.
GIUDICE – Okay.
APP. PAOLINO – Quindi è ininfluente l’inclinazione del palo.
GIUDICE – Invece io l’avevo messa in una prospettiva differente.
APP. PAOLINO – No. Andando a calcolare la lunghezza dell’ombra dell’immagine e quindi l’angolo di proiezione, l’abbiamo riportato sull’ombra che viene proiettata dal piolo del…
GIUDICE – Della barella.
APP. PAOLINO – …della barella, questo qui, calcolato tramite l’angolo… con calcoli trigonometrici, l’angolo dell’ombra con il piolo, abbiamo determinato l’altezza della barella che era di circa 7,5 centimetri o 6, se non mi sbaglio.
GIUDICE – 7,6 se non sbaglio.
APP. PAOLINO – 7,6, sì.
GIUDICE – Sempre con valutazioni grossier, quelle rette che vedo colorate in verde sono per la ricostruzione, diciamo per la localizzazione del punto e la ricostruzione quindi in relazione all’ombra dell’altezza?
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Si può dire che quella lì è, diciamo così, una sorta di tangente come proiezione a terra del bordo esterno della barella?
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Questo fatto, che effettivamente ricada lì piuttosto che non oltre, voi lo ricavate dall’ombra?
APP. PAOLINO – Tramite l’angolo dell’ombra.
GIUDICE – Con l’angolo dell’ombra.
APP. PAOLINO – Con l’angolo dell’ombra calcolata sul paletto, perché di quello conoscevamo la sua altezza…
GIUDICE – E’ questo l’aspetto… mi perdoni, io, ormai parliamo di archeologia, ho fatto il liceo scientifico, ma ormai la matematica… però, se mi fa il discorso della lunghezza dell’ombra del paletto e in parte sparisce dietro alla figura…
APP. PAOLINO – No, no, l’ombra fino al primo asse bianco.
GIUDICE – Al primo asse trasversale quindi?
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Ah, calcolata fino a lì?
APP. PAOLINO – Sì, sì, fino a lì.
GIUDICE – Okay, okay.
APP. PAOLINO – No, sennò non potevamo…
GIUDICE – Appunto. Quindi l’altezza fino al primo elemento orizzontale.
APP. PAOLINO – Fino al primo paletto, sì.
GIUDICE – Fino al primo elemento orizzontale.
APP. PAOLINO – Fino al primo paletto orizzontale.
GIUDICE – Okay, va bene. Allora a questo punto è un criterio. Prego, andiamo oltre.
(..)
APP. PAOLINO – (..) Per poter determinare sommariamente, cioè presumibilmente quale poteva essere la parte mediana, il vertex della testa del cadavere, abbiamo preso in considerazione la parte più centrale di quello che poteva essere questo telo nero. Questo punto qui che noi andiamo a prendere, anche se può sembrare preso così casualmente su tutto quello che è il telo, andando a farlo incrociare con l’altra parte della fotografia, con l’altra fotografia, l’incrocio delle due rette tangenti ha permesso di determinare un punto nello spazio. Questo punto distanziava tra di loro di 3 centimetri, tra di loro, e quindi era plausibile che quel punto fosse in quella posizione. Anche andando a spostare la parte intorno della parte centrale della testa, ci permetteva lo stesso di rimanere in quel range di incrocio con l’altro punto tangente che era l’altra immagine.
GIUDICE – Me lo localizza lì sull’immagine? E’ quello che vediamo lì con i quattro… quale sarebbe il punto testa da ricostruire qui?
APP. PAOLINO – Allora, di regola era questo qua, la parte centrale. Abbiamo fatto appunto delle prove puntando in varie posizioni di questa zona qui, all’interno di questa zona qui e l’errore…
GIUDICE – Prego.
(..)
APP. PAOLINO – Allora, in questa parte qui, in questa posizione qua, in quest’intorno qui, che era quello più plausibile per la posizione della testa. Anche andando a effettuare più misurazioni, cioè a tracciare più punti in quella zona lì, il punto che poi si andava a incrociare con l’altra immagine dava sempre un errore di pochi centimetri, ma non in orizzontale, ma in altezza. Quindi è come se fossero due (..). Questa misurazione qui con la misurazione effettuata del piede, con la punta del piede che si trova là in fondo, abbiamo potuto determinare i due punti estremi del corpo che, proiettati sul pavimento del pontile, ci hanno permesso poi di determinare questa lunghezza di 160 centimetri.
GIUDICE – Nella localizzazione che adesso ha individuato lei, da profano, vedo un telo che si ripiega.
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – La parte più alta, considerando naturalmente una posizione del corpo a pancia in su, supina, dovrebbe intendersi corrispondere con la fronte, diciamo così, giusto? Diciamo la parte più alta, sopra…
APP. PAOLINO – Ah, okay, sì.
GIUDICE – Poi c’è una piega, naturalmente una curvatura all’indietro…
APP. PAOLINO – Con la parte superiore del cranio.
GIUDICE – …con la parte superiore del cranio. Ecco, laddove lo ha collocato lei, ovviamente l’ha detto lei con quei margini di possibile…
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – …aggiustamento di qualche centimetro. Laddove l’ha calcolato lei, a occhio, diciamo così…
APP. PAOLINO – Non si vede niente.
GIUDICE – …non si vede assolutamente nulla. Spostarlo in profondità, visto e considerato naturalmente le caratteristiche di conformazione della scatola cranica, di due o tre centimetri in avanti o due o tre centimetri indietro, che margine di approssimazione avrebbe dato al calcolo?
APP. PAOLINO – Le rette proiettanti sono così, nel senso il calcolo fotogrammetrico… Facciamo finta che sono io con la macchina fotografica, scatto la fotografia. Quindi da questo punto della macchina fotografica tiro una retta in quel punto lì che andrà nello spazio, una retta che prosegue dritta nello spazio. Non ho una misura. La misura me la dà l’incrocio con l’altra immagine, quindi dal punto di fuga, dal punto di scatto della macchina fotografica, verso il punto del capo sull’altra immagine.
GIUDICE – Sì, ho capito.
APP. PAOLINO – Questo incrocio mi dà un punto definito nello spazio. Una sola immagine non me lo darebbe, mi darebbe solo una linea. Quindi l’incrocio di questi due punti con gli altri due punti dell’immagine mi permette di determinare i due punti nello spazio, cosa non fattibile solo con un’immagine. Allora, io sono a fare questa fotografia qui, tiro la mia retta proiettante in quella posizione lì. Quella retta lì andrà a incrociare con…
GIUDICE – Questa retta.
APP. PAOLINO – …questa retta qui e l’incrocio di queste due rette qui mi determina questo punto nello spazio. Questo punto nello spazio è misurabile metricamente.
GIUDICE – Perfetto.
APP. PAOLINO – Non solo questo punto, nel senso i due punti misurati in questo modo…
GIUDICE – Benissimo. Vado avanti con le banalizzazioni. A prescindere da quello che avete potuto verificare ricostruendo direttamente le fotografie con formelle, mattoncini, posizioni con riguardo a punti fissi, questo metodo intanto ha valore in quanto si può affermare con certezza che la barella non sia stata spostata, immagino.
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Mettiamo che, che ne so, sia stata spostata per vedere meglio, nel momento in cui magari si arrivava, si approcciava a fare una qualche valutazione, qualche cosa è stato fatto su quel corpo, visto e considerato che per esempio il telo in questa fotografia non c’è.
APP. PAOLINO – E’ scoperto.
GIUDICE – Quindi qualcosa è stato fatto, magari non è stato spostato. Voi, sulla base della ricostruzione che avete fatto delle immagini, potete affermare con certezza che la barella è rimasta nello stesso punto di prima?
APP. PAOLINO – No.
GIUDICE – Questo no?
APP. PAOLINO – Quello no. Cioè, si può desumere dal calcolo delle formelle.
GIUDICE – Ecco, quindi sulla base di un calcolo…
APP. PAOLINO – Tramite il calcolo delle formelle, vedendo la posizione di quante formelle ci sono su un’immagine e quante formelle ci sono nell’altra possiamo desumere… almeno per quanto riguarda questa posizione qui. Per quella dietro…
GIUDICE – Che è coperta.
APP. PAOLINO – …che è coperta dai paletti, quello no.
GIUDICE – Quello non si potrebbe fare.
APP. PAOLINO – Quello non lo possiamo…
GIUDICE – Ma è corretto dire che, nell’ipotesi in cui fosse stato spostato, poi dopo non… dovremmo forse rivedere il discorso delle rette? Parlo da profano.
APP. PAOLINO – Se fosse stato spostato, non ci sarebbe la collimazione.
GIUDICE – Va bene, andiamo avanti.
APP. PAOLINO – Allora, determinati i due punti, siamo riusciti a dare la misura di 160 centimetri. Il metodo l’avevamo già testato effettuando i test su dei paletti che non avevamo preso in considerazione come punti di riferimento per geometrizzare le immagini e già quello ci aveva dato la certezza che il metodo funzionava. Altro metodo per poter valutare la precisione del nostro sistema di valutazione era quello di effettuare delle prove sperimentali sul pontile. Volevo precisare questa cosa qua. Le fotografie che abbiamo effettuato sì sono state… abbiamo ricalcolato perfettamente, quasi perfettamente la posizione di dove si trovavano le macchine fotografiche e anche la loro altezza. Posizionate le macchine fotografiche in quella posizione lì, in entrambe le due fotografie, abbiamo cercato di ruotare sia in… cioè, traslare sia in orizzontale che in verticale e ruotare il corpo della macchina fotografica per cercare di visivamente inquadrare quella che poteva essere la fotografia effettuata all’epoca. Ma tutto questo ha poco valore sotto il profilo della prova sperimentale, nel senso io potevo mettermi con la macchina fotografica in due posizioni perfettamente diverse da quelle dell’epoca, cioè io mi potevo mettere, invece che in questa posizione qui, con un’angolazione ancora maggiore e nell’altra magari più vicino con spostato dall’altra parte del pontile. Mettendo un figurante sul pavimento del pontile ed effettuato poi il calcolo tramite Z-Map dei punti proiettanti nello stesso modo che abbiamo effettuato su quest’immagine qui, avremmo avuto lo stesso tipo di precisione come l’abbiamo avuta su questa immagine, sull’immagine dell’epoca. Quindi era irrilevante sotto il profilo della mera misurazione di confronto tra le immagini dell’epoca con le nostre immagini. Il nostro è stato un di più per poter vedere se il sistema in generale funzionava nel modo giusto e infatti i nostri figuranti, in quelle posizioni lì, facciamo finta che non sono le stesse, ma in quelle posizioni lì, fatto il calcolo metrico, hanno dato la loro altezza precisa con uno scarto di 6 millimetri. Questo ha avvalorato ancora di più la nostra tecnica descritta precedentemente. Il fatto che abbiamo posizionato la macchina fotografica nella stessa posizione è stato per vedere anche visivamente quello che poteva essere l’ingombro del cadavere sul pontile. Andando appunto a prendere tre figuranti di altezze diverse, quindi 1,60, 1,74 e 1,80 e passa, abbiamo potuto vedere che effettivamente quella che più si avvicinava come struttura, come lunghezza riferita al cadavere era quella di un metro e sessanta, sia per la sua lunghezza, sia per il fatto che si vede la porzione del piede, sia il fatto che la lunghezza del braccio corrisponde con la stessa lunghezza del braccio del cadavere. Quindi, appunto, il fatto di aver posizionato questi soggetti sul pontile ci è servito visivamente per darci un’idea anche a colpo d’occhio di quella che poteva essere la lunghezza del cadavere. Infatti, se andiamo a vedere… se riesco a zoommare senza danneggiare niente. Okay, questa qui è la fotografia che abbiamo effettuato del soggetto di 1,60. Qui appunto vediamo la posizione del piede e la posizione della mano che, bene o male, si avvicina a quella del cadavere. Andando a prendere il soggetto più lungo, di 1,74, vediamo già che il piede sinistro scompare dietro i paletti e la mano si avvicina molto ai paletti come distanza. Se andiamo a prendere poi il soggetto di 1,80, vediamo che arriviamo quasi al ginocchio, non si vede più neanche tutta la parte sottostante della gamba e la mano quasi va a toccare il paletto del pontile. Questo ci ha fatto visivamente capire che non era possibile che un soggetto alto 1,80 poteva essere riposizionato in quella posizione, ma poteva essere soltanto un soggetto alto 1,60.
GIUDICE – Torniamo alla prima, per piacere.
APP. PAOLINO – Eccola qua. Noi ci siamo limitati, appunto, a un accostamento delle immagini con quelle del cadavere. I consulenti hanno voluto spingersi di più, a sovrapporre questa immagine qui con quella del cadavere, cosa che non è fattibile intanto sotto il profilo… perché l’immagine non è perfettamente con lo stesso quadro di inquadratura. Questo perché a noi non interessava effettuare una ricollocazione perfettamente precisa per poi effettuare una sovrapposizione tra questa immagine e quella del cadavere, ma ci serviva solo per una prova sperimentale di valutazione sia metrica e sia visiva di quello che poteva essere la posizione. Se andiamo a effettuare la sovrapposizione, come hanno effettuato i consulenti, effettivamente non combacia perché sia i paletti e sia la prospettiva è diversa e quindi, andando a sovrapporle, le due immagini non combaciano. Allora cosa hanno fatto i consulenti? Hanno cercato di ridimensionare, di raddrizzare e ruotare l’immagine in modo da far combaciare il paletto più estremo come asse z, la distanza dalla decima all’undicesima formella come riferimento metrico e, tramite il punto di repere del meato acustico dell’orecchio, hanno tirato giù una retta che andrebbe poi a coincidere con la formella più vicina al corpo, alla testa. Questo calcolo qui presumo l’hanno fatto su delle scansioni effettuate sul nostro fascicolo, non sulle immagini reali del… (..) Loro hanno quindi lavorato su quello che noi abbiamo prodotto come fascicolo fotografico, con una risoluzione più bassa. Invece noi abbiamo preso in considerazione le immagini che abbiamo scannerizzato noi all’epoca sui negativi, quindi ad alta risoluzione. Andando a effettuare la stessa sovrapposizione che hanno effettuato loro, quindi cercando di ridimensionare l’immagine, di riposizionarla spazialmente con quella del cadavere, abbiamo visto che… e tracciando le rette con una retta di spessore di un pixel, quindi il minor spessore possibile per quanto riguardava la retta in formato digitale, abbiamo potuto appurare che, effettuando questa calibrazione qui, non erano più quattro punti formella, così come viene chiamata, sull’immagine del pontile, ma diventavano due, due punti formella. Quindi non più un valore di cinque centimetri, ma un valore di due virgola qualcosa centimetri, che, andato a sommare a tutti i calcoli che poi hanno effettuato loro, invece di 13 centimetri per il calcolo solo della posizione con l’inclinazione sulla barella del cadavere, si andava a diminuire a cinque, sei centimetri, quindi più della metà della loro lunghezza.
GIUDICE – Una precisazione migliore, cioè questo particolare relativo al fatto che si trattava di immagini già rielaborate…
APP. PAOLINO – Cioè quelle che abbiamo dato noi, se non mi ricordo male, quelle che abbiamo dato nel CD era il fascicolo nostro, fascicolo fotografico in formato digitale, però con una risoluzione non certo quella della scansione che abbiamo fatto all’epoca con lo scanner per diapositive.
GIUDICE – Mi fa comprendere meglio, visto che di queste cose ci capisco poco, per quale motivo il parametro di valutazione verrebbe a cambiare a questo punto?
APP. PAOLINO – Perché aumenta la risoluzione e aumenta la differenza delle dimensioni della retta che viene tracciata. Cioè, le loro rette che hanno tracciato dal meato verso il pavimento avevano uno spessore che era di due-tre pixel, perché era uno spessore grande come linea. Adesso vediamo se riesco… si dovrebbe vedere su questa qua, se adesso la carica, la loro relazione.
GIUDICE – La differenza equivale a circa quattro punti della formella, quello lei dice?
APP. PAOLINO – Sì. Lei qua si rende conto che una riga tracciata corrisponde quasi a uno
spazio…
GIUDICE – Diciamo metà punto, considerato che lo dovremmo mettere così.
APP. PAOLINO – Sì, comunque sarebbe più di metà dello spazio. Sommando quelle due rette, più la distanza tra di loro, loro hanno appunto detto che sono quattro formelle. Io ho fatto la stessa procedura loro. Vediamo se riesco ad aprirla, sennò la faccio vedere stampata. Cercando di rispettare le dimensioni delle immagini, cercando di ruotarla e di posizionarla il più possibile con il paletto e con la retta delle fughe delle mattonelle… se vede, qua si combaciano, verde e blu si combaciano. Questa qui, la verde, è il meato del cadavere…
GIUDICE – No, l’altra, quella blu è il meato acustico, mi sembra.
APP. PAOLINO – No, il verde è quello del cadavere. Adesso lì non si vede.
GIUDICE – Quello del cadavere cosa intende, scusi?
APP. PAOLINO – L’orecchio, la foto del cadavere.
GIUDICE – Sì.
APP. PAOLINO – Invece questo blu è quello del nostro soggetto figurante. Se andiamo a vedere in basso quanti punti formella andiamo ad occupare, sono due.
GIUDICE – La metà.
APP. PAOLINO – La metà. E ho adottato presumibilmente la stessa tecnica per poter ridimensionarla nel modo migliore, per sovrapporla in dissolvenza. Quindi già questo va a diminuire drasticamente quello che poi è il calcolo della lunghezza del cadavere. Ma qui noi non volevamo neanche entrare in merito su questa procedura perché appunto il nostro soggetto figurante era solo prettamente per confermare il nostro metodo e non per calcolare il cadavere, cosa che probabilmente hanno frainteso i consulenti.
GIUDICE – Questo è chiaro, sì, come metodo. Quindi secondo voi di fatto… a questo punto qui è più chiaro, cioè la differente risoluzione dell’immagine, in relazione alla stessa dimensione della retta, vi determina dei risultati differenti.
APP. PAOLINO – Ma non solo quello, ma anche per il riposizionamento dell’immagine. Cioè,
avendo una risoluzione più alta, ci permette di avere un dettaglio di riposizionamento maggiore. Quindi magari, appunto, una retta di un pixel, la retta tracciata da loro, anche se era di un pixel, però corrispondeva, essendo di risoluzione inferiore, a una retta maggiore come pixel.
GIUDICE – Cambia l’unità di misura, diciamo.
APP. PAOLINO – Cambia l’unità di misura.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Il margine di errore delle conclusioni che avete… quindi le conclusioni, se me le ricapitola, sulle dimensioni.
APP. PAOLINO – La lunghezza del cadavere era 160 centimetri.
GIUDICE – 160,5 voi dite, più o meno 6 millimetri.
APP. PAOLINO – Sì, con un margine di errore di 6 millimetri. I 6 millimetri li abbiamo dedotti, appunto, dalla sperimentazione fatta sui nostri soggetti. Probabilmente potevamo aumentare leggermente l’errore, dato che la risoluzione dell’immagine scattata da noi, l’immagine acquisita con lo scanner era inferiore, però possiamo sempre parlare, se vogliamo essere abbondanti, di due-tre centimetri, proprio per essere abbondanti, però non certo dimensioni di 20 centimetri superiori a quello stimato.
PUBBLICO MINISTERO – E la circonferenza addominale?
APP. PAOLINO – La circonferenza addominale è stata un altro calcolo che abbiamo effettuato sul pontile perché sull’immagine del cadavere si riusciva a determinare solo l’altezza massima dell’addome, che si poteva vedere da entrambe le fotografie. Però quel punto nello spazio non ci permetteva di determinare la circonferenza, ma solo l’altezza da terra, tolta l’altezza della barella. Ci mancherebbe, appunto, per i calcoli matematici, il raggio dell’ellisse che viene creata dalla circonferenza. Non potendo appunto farlo sull’immagine, ma avendo l’altezza, l’abbiamo comparata con i nostri figuranti e abbiamo visto che un figurante corrispondeva come altezza uguale a quella del cadavere e allora da lì abbiamo fatto la scansione laser del figurante sul posto, coricato, abbiamo determinato appunto il punto sull’addome e il punto sulla parte esterna del busto nello spazio e, tramite questi due punti qui, siamo riusciti poi a calcolarci la circonferenza, che è stata di 99 centimetri, approssimativa.
GIUDICE – Sì, ma infatti le domande non ve le avevo.. su quell’aspetto proprio in considerazione della premessa stessa che avete fatto nella vostra relazione circa un margine di approssimazione superiore rispetto a quel… se non ho capito male.
APP. PAOLINO – Sì, sì.
GIUDICE – Mentre, per quello che riguarda la statura…
APP. PAOLINO – Ma non tanto per la misurazione effettuata, perché anche in quel caso lì i due punti combaciavano perfettamente alle due rette proiettate nello spazio. E’ il fatto proprio che non si sa quanto…
GIUDICE – Il raggio dell’ellisse.
APP. PAOLINO – Cioè, quello è un raggio di un’ellisse perfetta, non sagomata sul…
GIUDICE – Chiaro, irregolare come invece è normale essere in un corpo umano.
APP. PAOLINO – Perfetto.
GIUDICE – Però, ecco, e le ridò subito la parola, Pubblico Ministero, volevo capire questo. Sono 99 centimetri per quello che riguarda una circonferenza calcolata sul punto di maggiore altezza, diciamo così, della sagoma rispetto a terra?
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Ecco, visto e considerato…
APP. PAOLINO – Scartando l’altezza della barella.
GIUDICE – Della barella, ovviamente. Raggiungete un determinato risultato. Questo punto di maggiore altezza da terra è certo che coincida con l’addome, piuttosto che magari con il torace, piuttosto che comunque… vista e considerata la solita prospettiva dell’immagine, o è invece sicuro che riguardi il punto vita? Parliamo della (..)…
APP. PAOLINO – L’abbiamo preso nelle…
GIUDICE – …della cintura dei pantaloni.
APP. PAOLINO – L’abbiamo preso nelle vicinanze della cintura dei pantaloni.
GIUDICE – Ecco, comunque il parametro è quello?
APP. PAOLINO – Sì.
GIUDICE – Prego.
PUBBLICO MINISTERO – Il margine di errore qui è lo stesso o è più ampio?
APP. PAOLINO – No, è maggiore per il fatto dell’imprecisione che l’ellisse…
PUBBLICO MINISTERO – Di quant’è questo?
APP. PAOLINO – Non l’abbiamo calcolato.
PUBBLICO MINISTERO – Non l’avete calcolato, perfetto.
APP. PAOLINO – Cioè, non è possibile penso calcolare un confronto tra un’ellisse perfetta, calcolata in questo modo qui e un corpo adagiato.
(..)
PROF. TORRE – Chiedo scusa, io intervengo brevissimamente adesso. Volevo far vedere un’immagine soltanto. (..) Solo questo, forse mi ripeto, perché io poi a queste questioni qui matematiche ci credo fino a un certo punto quando si abbia a che fare con immagini di questo genere. Non ho ben capito perché voi scrivete che sulla base delle due immagini avete individuato il vertice del capo, il punto testa. Ecco, qui è impossibile vedere un vertice di una testa.
APP. PAOLINO – Vediamo l’intorno del vertex del cranio, cioè la parte superiore del cranio.
PROF. TORRE – Ma dove lo vede?
APP. PAOLINO – Approssimativamente in quella posizione, non può essere in altra posizione.
PROF. TORRE – Potrebbe essere di dieci centimetri più avanti o di dieci centimetri più indietro.
APP. PAOLINO – E’ la stessa domanda che mi ha fatto prima il Presidente.
PROF. TORRE – Chiedo scusa, guardiamo l’altra, l’altra da cui avete tratto mi pare… Qui dov’è il vertice del capo?
APP. PAOLINO – Dove lo puntiamo, appena appena dietro il pantalone della persona.
PROF. TORRE – Della testa.
GIUDICE – Il pantalone di questo qui che copre una parte dell’immagine.
PROF. TORRE – Quindi è una collocazione del tutto arbitraria?
APP. PAOLINO – E’ la parte più alta…
PROF. TORRE – Cioè, è a occhio.
APP. PAOLINO – E’ la parte più alta del…
PROF. TORRE – Quindi è una collocazione arbitraria di quel livello di dove è il vertice. Perché io di questo cadavere qui, e questa è un’altra cosa che dovrei anche poi dire alla dottoressa CARLESI, quando parlerà, io vedo soltanto una piccola parte della fronte. Ora, di qui al vertice possono esserci 3 centimetri, come 5.
APP. PAOLINO – Okay.
PROF. TORRE – Questo qui oltretutto è un cadavere putrefatto, per cui è difficile dire lo spessore delle parti molli intorno a quel cranio. Volevo solo sapere, è d’accordo che non si vede il vertice del capo in nessuna delle due immagini…
APP. PAOLINO – Allora, non si vede, ma si può presumere.
PROF. TORRE – …e che è un’illazione?
APP. PAOLINO – Un’illazione no, si può presumere dove possa essere.
PROF. TORRE – Si può presumere.
APP. PAOLINO – Andando ad individuare un intorno di quella zona lì, tracciando le rette
proiettanti, puntando in varie posizioni in un’immagine, varie posizioni nell’altra, mi determina sempre un errore molto minimo nella collocazione della…
PROF. TORRE – Chiedo scusa, a me queste rette proiettanti mi paiono la fata di Cenerentola. Cioè, quando uno dice “non riesco a vedere il vertice del capo”, attenzione perché ci sono le rette proiettanti che ci risolvono tutto.
APP. PAOLINO – Guardi che è fotogrammetria.
PROF. TORRE – Non è vero questo.
APP. PAOLINO – E’ fotogrammetria, cioè ha delle basi…
PROF. TORRE – Adesso poi parlerà BALOSSINO su questo.
APP. PAOLINO – …penso che non c’è da discutere su quello.
PROF. TORRE – Ma non è che delle rette proiettanti possono modificare che io non vedo una cosa. Veniamo a un’altra cosa, il piede. (..) Dice: “L’arto inferiore sinistro e più precisamente la rotazione dell’anca correlata con l’angolo del piede, è possibile desumere che la gamba è nella sua massima distensione”. Se mi vuol spiegare il significato di questa frase, sono contento.
APP. PAOLINO – Lei mi recrimina il fatto come faccio a vedere l’anca che è ruotata?
PROF. TORRE – Eh!
APP. PAOLINO – Ma non è che la vedo io l’anca ruotata. Desumo, dalla posizione del piede e dalla posizione della gamba, che in quella posizione l’anca a forza dev’essere ruotata, non può rimanere dritta, in quel senso.
PROF. TORRE – E quindi da quello come desume che è completamente disteso?
APP. PAOLINO – Il piede intanto non ha una posizione appoggiato sulla barella, ha un angolo di inclinazione che, visto da un’altra parte, non è così inclinato come potrebbe essere un ginocchio flesso con l’inclinazione anche dell’anca, come avete poi fatto voi nella vostra sperimentazione. Il fatto poi della coscia superiore, che qui siamo in posizione quasi parallela al pavimento, sulla vostra simulazione ha un’inclinazione molto maggiore. Se va sulla sua di prova sperimentale che avete fatto…
PROF. TORRE – Forse non… un momento chiedo scusa. No, ma ce l’ho, ce l’ho. Posso anche
mettermi per terra, eh! Ecco.
(..)
GIUDICE – Chiedo scusa, professore, adesso distinguiamo bene i concetti e i problemi. I calcoli matematici sono una cosa e finché c’è la matematica, poi vediamo se le premesse sono giuste, ma prendiamo atto delle conclusioni. Per quello che riguarda invece le rilevazioni diciamo empiriche, era anche questo il senso delle mie domande, delle mie precisazioni al colonnello GAROFANO, è evidente che, distesa o non distesa, l’ha potuto vedere e ha fatto le sue valutazioni, giuste o sbagliate, dalla fotografia. Lei pure fa le sue valutazioni in base alla fotografia. Ora, è un dato oggettivo che, guardando il piede della fotografia – chiamiamola così – originale, in alto, quel piede, sembra almeno la suola, abbastanza grossolanamente perpendicolare a terra e quindi è difficile pensare… al contrario, dovrebbe essere magari un piede completamente appoggiato, se la gamba fosse completamente piegata. E’ ragionevole pensare che sia abbastanza distesa, ma non completamente. E’ chiaro che la seconda, mettendo così invece la posizione del piede, coincide un po’ di meno, perché ha un andamento abbastanza sghembo.
PROF. TORRE – E’ anche un punto di vista un pochino diverso. Era soltanto, l’abbiamo anche scritto credo, un’immagine volta a dire “fate attenzione, in genere i cadaveri sono un po’ flessi. Se mi metto in questa posizione, guadagno mi pare da otto a quindici centimetri”.
GIUDICE – Sì, ma su quello…
PROF. TORRE – Non voleva essere una cosa di dire “è identico”.
GIUDICE – Se vuole, a rischio di avanzare, voglio addirittura anticipare delle valutazioni, io non credo che quella gamba di sopra fosse completamente distesa, nello stesso momento non credo però che fosse proprio piegata come nella esemplificazione un po’ esagerata che avete fatto voi.
APP. PAOLINO – Questa inclinazione qua, se mi permette, non sarà mai come questa qui.
GIUDICE – Certo, ma è semplicemente una provocazione, diciamo così.
PROF. TORRE – D’accordo.
GIUDICE – Andiamo avanti.
PROF. TORRE – Soltanto una ulteriore richiesta. Non ho capito la questione… chiedo scusa signor Giudice, anche da parte sua, non ho capito la questione dell’inclinazione del piede che rilievo ha.
GIUDICE – Non l’inclinazione… non rispetto all’asse del corpo, rispetto a terra. Cioè, se io sto…
APP. PAOLINO – Più di un tot non può inclinare il piede.
GIUDICE – …con il piede perpendicolare a terra, mi lascia pensare che la gamba sia
completamente distesa. Se invece sto così…
PROF. TORRE – Chiedo scusa, se io ho il piede perpendicolare a terra e lo tengo così, ho la gamba distesa.
GIUDICE – Va bene.
APP. PAOLINO – Questa qui è un’inclinazione giusta. Se lei mi piega il ginocchio, lei lo può anche ruotare così.
PROF. TORRE – Lo posso, ma non necessariamente.
GIUDICE – Consideriamo che stiamo parlando di un cadavere comunque, poterlo piegare forse èun pochino più difficile.
APP. PAOLINO – Cioè, non è un corpo vivo che lo piega come vuole, rimane…
PROF. TORRE – Un momento, un corpo morto si piega molto di più di uno vivo, perché ha una lassità…
APP. PAOLINO – Se lei ha detto che è un cadavere che irrigidisce, specialmente se è in…
PROF. TORRE – Questo non era più rigido, questo cadavere. Di sicuro questo era un cadavere in via di putrefazione.
(..)
PROF. BALOSSINO – La precisazione è questa. Noi stiamo parlando di un’altezza e l’altezza, come tutte le misure, è affetta da errore perché, quando noi parliamo dell’altezza in vita di NARDUCCI, facciamo riferimento a quella che è stata l’altezza misurata sulla carta di identità, o detta quando si va a fare la carta di identità, oppure quando si fa servizio militare. Per cui non è detto che la misura effettiva ricavata sull’altezza del NARDUCCI sia quella vera, sia quella reale. A questo si aggiunga il fatto che le altezze si modificano, nel senso che invecchiando si modificano. Le altezze si modificano e si modificano quindi di un certo numero di centimetri. Ciò premesso, noi abbiamo sempre, io e il collega TORRE, detto che le nostre valutazioni erano circa, proprio perché un’altezza non sarà mai determinata precisamente. L’altra considerazione è il fatto che noi abbiamo utilizzato non un metodo fotogrammetrico, perché i RIS l’avevano fatto per noi dandoci il punto in cui poter posizionare la macchina fotografica e riprendere in particolare la scena così come è evidenziata in quella che i RIS chiamano figura zero o immagine 01. Ciò detto, il fatto che abbiamo utilizzato i paletti, quindi ciò che è la struttura fissa, i paletti e le formelle… ma non le abbiamo utilizzate solo noi, anche loro, perché per fare la ricostruzione 3D corretta occorre che ci siano dei punti di repere precisi. Quindi lei ha detto: “Prendo il fondo del paletto, prendo la punta del paletto” e quindi questa ricostruzione fatta con il laser coincide esattamente con il 3D fisico, la fisicità del pontile uguale la simulazione, la virtualizzazione del pontile. Ciò detto, vorrei fare ora una domanda. Mentre sui paletti, sulle formelle, sugli incroci delle formelle ci sono dei punti precisi, lei ritiene che i punti di repere che sono fondamentalmente due, e cioè la punta del piede sinistro e il vertice del capo, siano così precisi come è già stato detto più volte in quest’aula. Se ritiene che siano esattamente dei punti di repere perfetti quelli che voi avete preso in considerazione per determinare poi la lunghezza del cadavere.
APP. PAOLINO – Il vertex del capo, quello sicuramente è un intorno preciso per determinare l’altezza massima di una persona. Il piede, per quanto…
GIUDICE – Mi scusi, non le è stato chiesto il metodo, cioè se il vertex del capo o la punta dei piedi sono i punti precisi di riferimento in genere per il calcolo di una lunghezza di un corpo. Le è stato chiesto se invece lei è certo di aver individuato con precisione in loco la localizzazione del punto del vertice della testa e la localizzazione del punto del piede.
(..)
APP. PAOLINO – Sono convinto, anche perché abbiamo avuto appunto sia i test su altri paletti e sia la prova sperimentale sui figuranti che ci permette di dire che le misurazioni effettuate sono le stesse.
(..)
COL. GAROFANO – E’ vero che anche voi avete considerato i paletti, ma voi non avete misurato. Noi abbiamo considerato i paletti con un sistema di misura che abbiamo verificato assolutamente affidabile. Partendo da quello, abbiamo fatto un ulteriore riscontro con punti di repere, non sono quelli… testa-piede, di nuovo presenti ancora sul pontile. Abbiamo capito che la misura era esatta e poi siamo passati alla misura. La misura, voi dite che la nostra è approssimata. Certo, non potevamo con certezza, forse nei termini abbiamo esagerato, non potevamo con certezza identificare la testa considerata la qualità delle immagini. Però, con il vostro calcolo errato, proprio perché si fonda sull’utilizzo di foto di definizione diversa e su una linearizzazione che matematicamente non ha nessun valore, voi arrivate a un discostamento di circa 20 centimetri. La nostra misura eventualmente, considerando anche la leggera flessione della gamba e un punto della testa che se non è qua sarà qua, se non è qua è qua, si discosterà di quattro-cinque centimetri, non di venti. Questo è l’aspetto fondamentale che qui va chiarito.
(..)
PROF. BALOSSINO – Ma di qua a qua ci son più di quattro centimetri.
(..)
COL. GAROFANO – Vorrei aggiungere peraltro… chiedo scusa perché non ho completato. Vorrei aggiungere che peraltro, se questi punti corrispondevano a modello matematico, quelle rette non si sarebbero mai incrociate. Quindi il fatto che si sono incrociate quelle rette dà un intorno molto, molto vicino alla realtà. Cioè significa che da due punti più o meno ortogonali noi abbiamo identificato, pur partendo da una scelta approssimata, iniziale, a qualche cosa che realmente corrisponde nello spazio a due punti che corrispondono.
APP. PAOLINO – Dobbiamo dire che l’immagine a 35 metri è stata scattata, quindi la distanza…
GIUDICE – La seconda.
APP. PAOLINO – La seconda. …è notevole e riuscire ad avere un intorno con una precisione di 3 centimetri, penso che non possa essere discussa almeno sotto quel profilo della precisione dei calcoli.
(..)
PROF. BALOSSINO – Il problema non è l’intorno. Il problema è il fatto che su una retta ci stanno infiniti punti. Quindi, se io prendo in considerazione queste due rette, certo che si intersecano, ma anche questa qui che io sto tenendo, molto più corta, si interseca. Quindi il fatto che io prenda come riferimento un punto sul cadavere e dica “quello è il vertice del capo”, questo punto che vedo su un’immagine 2D, e quindi ritorniamo su questo discorso, non è detto che effettivamente coincida con quella posizione spaziale 3D sulla retta che poi determina l’intersezione nel modello fotogrammetrico. Perché il principio è esattamente quello della visione stereoscopica che noi abbiamo, uno stesso punto visto da due prospettive diverse ci dà la profondità. Ma in una fotografia la profondità non c’è. Quindi, se io prendo un punto, il mio discorso non è che vado attorno a questo punto e quindi lei dice “(..) di 3 centimetri, di 5 centimetri l’altezza”. A me non interessa l’altezza, mi interessa invece la profondità.
APP. PAOLINO – Io l’intorno intendo che ho… in un intorno di quella zona lì della testa abbiamo fatto partire più rette proiettanti.
PROF. BALOSSINO – Sì, ma non sono dentro le rette, sono sulla fotografia. Cioè, mentre i punti di…
APP. PAOLINO – No, sono sulla scansione 3D.
PROF. BALOSSINO – Ma quale scansione 3D? Di chi? Dei figuranti?
COL. GAROFANO – No, la scansione 3D… noi abbiamo geometrizzato la fotografia, non era più una fotografia, quella fotografia era entrata nel modello matematico. Quindi non era più una fotografia come avete fatto voi.
PROF. BALOSSINO – Allora, se non era più nel modello fotografico, era un modello matematico, ci dev’essere la rappresentazione 3D del cadavere. Perché, se non c’è la rappresentazione 3D del cadavere, non c’è questa geometrizzazione. E’ qui che volevo arrivare.
COL. GAROFANO – La potremmo fare, ci divertivamo a presentare cose suggestive, ma che non avevano nessun valore ai fini probatori.
PROF. BALOSSINO – Allora il punto…
GIUDICE – La domanda è: c’è o non c’è?
PROF. BALOSSINO – Il punto 3D l’avete preso sulla geometrizzazione 3D.
COL. GAROFANO – Ma non serviva, sarebbe stato solo suggestivo.
APP. PAOLINO – Allora, la retta proiettante è sulla scansione 3D del pontile, non è sull’immagine. Cioè, il punto preso è sulla scansione 3D. Lo proietto attraverso l’immagine che è stata geometrizzata sulla scansione 3D. Quel punto lì mi passa attraverso l’immagine e va a finire nello spazio 3D del pontile.
PROF. BALOSSINO – Ma quale punto? Della fotografia?
APP. PAOLINO – Della fotografia. Facendo coincidere nell’altro verso con l’altra fotografia, le due rette si vanno a incrociare nello spazio 3D della scansione, non delle due immagini.
PROF. BALOSSINO – No, ma questo è ovvio. Però, nel momento in cui si incrociano, l’incrocio tiene conto del fatto che questo incrocio è di due rette. Ma su una retta io posso prendere un punto qua, un punto qua, un punto qua e le rette si incrociano sempre.
APP. PAOLINO – Però le due immagini sono state tarate con i punti di repere fissi.
PROF. BALOSSINO – Appunto, ma allora vuol dire che c’è una ricostruzione 3D del cadavere e sulla ricostruzione 3D voi siete andati a prendere un punto, che è lo stesso…
APP. PAOLINO – La ricostruzione 3D del cadavere non esiste. C’è la ricostruzione 3D del pontile, ma non del cadavere.
PROF. BALOSSINO – Appunto, ma questo è il discorso mio…
APP. PAOLINO – Del cadavere abbiamo solo due punti nello spazio.
PROF. BALOSSINO – Mi sta bene che il pontile sia ricostruito in 3D, non mi sta altrettanto bene che queste fotografie 2D, che sono state messe in un ambiente 3D, come sono state messe? Sono state messe facendo corrispondere i paletti alla ricostruzione 3D.
APP. PAOLINO – Dei punti dei paletti.
PROF. BALOSSINO – Ma non il cadavere che è emerso dal 3D e poi siete andati a prendere il punto nella fotografia 1 e il punto nella fotografia 2, avete detto “oh guardate, questi due punti collimano nella ricostruzione 3D perché li ho presi effettivamente”.
GIUDICE – Al di là della dialettica, che mi sembra chiara nei vostri diversi punti di vista, una domanda che faccio a lei, professore. Cioè, ipotizzando che vi fossero elementi oggettivi per collocare il vertice testa in un punto esatto e il punto dei piedi in un’altra localizzazione precisa, quindi lasciamo perdere adesso l’eventuale aleatorietà o arbitrarietà della collocazione della testa o dei piedi in un punto o nell’altro, il metodo utilizzato dagli esperti del RIS, partendo dalla certezza della localizzazione di questi due punti di repere e quindi geometrizzando, a questo punto piace pure a me il verbo, la figura in uno spazio tridimensionale, la figura ricavata dalle foto in uno spazio tridimensionale, il metodo di queste rette passanti è corretto o è sbagliato o rimane suscettibile di errore?
PROF. BALOSSINO – No, il metodo è corretto perché in una geometrizzazione ovviamente ho una certa tolleranza, perché la tolleranza è dovuta alla ricostruzione del fatto che il laser crea una nuvola di punti e poi si basa… si fa su un discorso di tipo statistico e quindi la nuvola di punti diventa una geometrizzazione perfetta. Questa poi l’hanno confrontata con quella fisica, quindi da una parte c’è il reale, dall’altra parte c’è la fisicità, le due cose coincidono. Quindi, se ci fosse stata questa esatta precisione della ricostruzione del cadavere, allora ci troveremmo effettivamente ad avere un metodo di misurazione corretto.
GIUDICE – Quindi il metodo in sé è corretto.
PROF. BALOSSINO – E’ corretto.
GIUDICE – Lei ha delle perplessità in relazione alla localizzazione di questi due punti.
PROF. BALOSSINO – Esattamente.
GIUDICE – E allora andiamo a chiarire, poi dopo le ridò la parola, andiamo a chiarire, al di là del fatto che in parte mi sembra che sia già stato esposto circa un margine… cosa che non si può vedere per bene all’interno delle fotografie. Secondo lei, nel momento in cui quell’intorno, come è stato definito poco fa dall’appuntato PAOLINO, della zona dove è stato collocato il punto testa avesse un margine di errore possibile, poi magari ha avuto riscontro dalle altre rette, ma mettiamo anche che ci fosse un margine di errore nella localizzazione di tre o quattro centimetri, dieci mi sembra un’esagerazione, come diceva poc’anzi il professor TORRE, secondo lei spostare in avanti o indietro di tre o quattro centimetri quel punto testa significa aumentare soltanto di tre o quattro centimetri la statura o cambia completamente il calcolo?
PROF. BALOSSINO – Beh, non soltanto il punto testa dovrei spostare, dovrei spostare anche il punto piede. Quindi, se spostiamo tre centimetri da una parte e tre centimetri dall’altra, sono sei centimetri.
GIUDICE – Ma significa però statura, cioè non…
PROF. BALOSSINO – Significa lunghezza.
GIUDICE – …non modifica completa del calcolo che bisogna rifarlo da capo. E’ soltanto un discorso di lunghezza.
PROF. BALOSSINO – Sì, certo, di lunghezza.
GIUDICE – Solo un discorso di lunghezza.
APP. PAOLINO – Però è un valore più o meno.
GIUDICE – Certo, è chiaro. Bisognerebbe a questo punto immaginare, metodo corretto, arbitrarietà nella localizzazione dei punti, ci può essere un errore magari per difetto sulla individuazione del punto testa, magari potrebbe essere per eccesso nella individuazione del punto piede. Il vostro calcolo potrebbe diventare affidabile o meglio il loro calcolo potrebbe essere sbagliato con un margine di errore qualora, guarda caso, ci fosse stato un errore per difetto per la testa e per eccesso nei piedi. Cioè, mi sono tenuto troppo stretto per forza. In teoria, io mi potrei essere tenuto troppo stretto da una parte e troppo largo dall’altra.
PROF. BALOSSINO – Questa è l’aleatorietà della misura. Siccome noi guardiamo delle immagini bidimensionali nelle quali non c’è la tridimensionalità, perché qualsiasi immagine bidimensionale toglie la tridimensionalità, inevitabilmente cadiamo in un errore di valutazione che viene compensato, è vero, dalla fotogrammetria. Però, se i due punti presi nelle due fotografie diverse non sono collimati in modo perfetto, cioè non sono punti coniugati, allora ovviamente tutto il discorso cade e la misurazione è affetta da un errore che non può essere valutato.
(..)
GIUDICE – (..) Allora, le volevo chiedere questo, il vostro calcolo di arrivare a 173 centimetri e qualcosa, circa, è un calcolo che si basa su un procedimento del tutto autonomo o avete utilizzato lo stesso metodo individuato dal RIS?
PROF. BALOSSINO – No, il metodo che noi abbiamo utilizzato è quello che solitamente si mette in atto nella determinazione dell’altezza o dell’aspetto fisionomico e antropometrico di soggetti all’interno di certi ambienti di cui si dispone di un’unica fotografia. Perché, se dispongo di due fotografie della stessa area, fotogrammetria, se ho una sola fotografia che cosa si fa abitualmente? Ed esiste una letteratura in questo senso. Si cerca di ricalcare ciò che si vede nell’immagine… posso utilizzare la parola rapina, se vogliamo essere all’interno di una banca, c’è una rapina e voglio in qualche modo vedere se un soggetto può o non può essere il rapinatore. Allora devo rimettermi nella stessa situazione di quando si è effettuata la rapina. Quindi per rimettermi nella stessa situazione cerco di far riferimento alle strutture fisse che sono all’interno della banca, in modo tale che l’immagine 2D di ciò che vedo nello spazio attorno a me, che è un 3D, ricalchi fedelmente la piramide di visualizzazione che si concretizza con l’immagine 2D. Allora noi abbiamo fatto così, abbiamo detto che quello che loro intendono dire, che è soltanto una valutazione visiva, se fosse solo una valutazione visiva, allora voglio chiedere…
(..)
COL. GAROFANO – Intanto il riferimento alle rapine è quanto mai suggestivo per forzare quanto è incerta quel tipo di misura. Noi lo facciamo tutti i giorni e peraltro era una situazione impercorribile, perché nelle rapine abbiamo un sistema che è lo stesso di ripresa con il quale si fanno foto più o meno identiche. Abbiamo i soggetti con cui confrontare, quindi il confronto è con elementi omologhi sia di ripresa e sia di azione. Qui assolutamente era improponibile. Però non vorrei che si incidesse troppo sulla suggestività o sull’imprecisione dei nostri punti di repere, che tra l’altro dimostrano la loro affidabilità nell’intersezione delle rette perché tre punti su quattro erano più o meno abbastanza precisi. Cioè quelli della foto laterale capo-piede, quelli sono abbastanza precisi. Il piede della foto ortogonale è anch’esso abbastanza preciso. L’unico che in effetti è più approssimato è quello del capo di questa foto, ma gli altri tre erano assolutamente abbastanza precisi. Quindi non vorrei che scadesse tutto in un calcolo non affidabile perché abbiamo preso i punti di repere a casaccio. Non è assolutamente così.
(..)
APP. PAOLINO – Riguardo al calcolo delle stature dei rapinatori, riferendomi a quello che stava dicendo il professore, quindi lei cosa intende? Fare la sovrapposizione del… fare l’esperimento giudiziale per effettuare la misurazione del rapinatore?
PROF. BALOSSINO – No.
APP. PAOLINO – No, allora ho capito male io.
PROF. BALOSSINO – Io ho soltanto detto che questa metodologia di sovrapposizione che abbiamo utilizzato noi era una metodologia che ricalcava la vostra affermazione. Cioè, l’affermazione che queste misurazioni avevano lo scopo di validare ciò che avevate determinato con la fotogrammetria. Quindi, se la fotogrammetria porta a 160,5 centimetri, leggo testualmente, qui c’è scritto: “Validazione sperimentale del metodo di calcolo mediante simulazione con individui d’altezza nota”, e lei stesso ha detto che era una valutazione sia metrica, sia visiva. Per cui, facendo riferimento a quest’indicazione, abbiamo detto: “Beh, se non è solo una valutazione visiva, facciamo una valutazione metrica” e l’abbiamo fatta sull’immagine di cui disponevamo.
APP. PAOLINO – Peccato che però quell’immagine non è uguale.
PROF. BALOSSINO – Poi arriviamo sulla risoluzione.
APP. PAOLINO – No, a parte la risoluzione, però non sono posizionate nello stesso modo quelle due immagini.
PROF. BALOSSINO – Infatti.
APP. PAOLINO – Infatti, ma noi non abbiamo utilizzato…
PROF. BALOSSINO – E allora come si fa a fare una validazione se le immagini sono diverse? E’ questo che le sto chiedendo.
APP. PAOLINO – L’ho anche spiegato prima. Cioè noi quelle immagini le abbiamo utilizzate solo per vedere se il sistema di misurazione adottato sul cadavere funzionava anche su altri corpi di cui noi conoscevamo l’altezza. Andando a fare quella misurazione lì, nello stesso modo, con la scansione 3D dietro, in fotogrammetria con le due immagini, abbiamo visto che un soggetto messo a terra di 160 centimetri misurava 161 e qualcosa. Quindi quello ci ha permesso di dire che il metodo utilizzato funzionava, punto. Non abbiamo detto nient’altro noi. La validazione è quella, non è il sovrapporre le due immagini per compararle.
PROF. BALOSSINO – No, no, ma l’ho capito.
APP. PAOLINO – Mi sa di no.
PROF. BALOSSINO – No, no, guardi che si sbaglia, io l’ho capito. Voglio arrivare proprio a questo punto. Voi avete messo tre figuranti e con la fotogrammetria avete ricavato l’altezza dei tre figuranti di lunghezza…
APP. PAOLINO – Perfetto.
PROF. BALOSSINO – Poi avete detto: “Adesso, dopo aver fatto questa sperimentazione che è una sperimentazione fotogrammetrica, facciamo un altro esperimento, che è la validazione della sperimentazione fotogrammetrica”. C’è scritto così nella vostra relazione, forse allora ho capito male, ma c’è scritto così.
APP. PAOLINO – Il fatto di accostare i soggetti ripresi da noi con il cadavere è stato solo una cosa suggestiva, come si vuol dire.
PROF. BALOSSINO – Ma allora non si scrive, mi scusi, “validazione”. Perché io…
APP. PAOLINO – Ma la validazione è stata per il metodo metrico, non per il…
GIUDICE – Scusate, questo poi può essere scientificamente giusto oppure no. Però è chiaro fin dal momento… ho qui un verbale di assunzione di informazioni del 4 settembre 2007. Evidentemente questo quesito, questo problema era anche in qualche modo stato percepito dal Pubblico Ministero quando convoca apposta, o perlomeno insomma se li ritrova in ufficio, i due consulenti e chiede loro: “La non corrispondenza tra lo schizzo grafico e le foto sperimentali da voi prodotte può rilevare?” “Assolutamente no. Le foto della sperimentazione hanno avuto il solo scopo di verificare l’affidabilità del calcolo fornito dal sistema e non quello di calcolare materialmente o visivamente il cadavere ritrovato in allora”, forse “in” c’è di troppo, “tale approccio ci ha fornito un risultato pari a un margine d’errore minore dello 0,4 per cento, il che dimostra la piena e indiscussa validità del sistema da noi impiegato”. Questo è, poi è giusto o sbagliato, il ragionamento dei consulenti del Pubblico Ministero è: “Il nostro calcolo è matematico. Possiamo aver fatto qualche margine di errore nell’individuazione dei punti repere”, secondo il colonnello GAROFANO “non esageriamo con il dire che c’è stata l’approssimazione, però quello a limite sì, ma una volta fatto quel calcolo poi è tutto matematico. Le…” chiamiamole validazioni forse in modo improprio “le sperimentazioni successive con i figuranti non sono una espressione del medesimo metodo, sono semplicemente una conferma empirica della validità del metodo seguito”, giusto?
COL. GAROFANO – Sì, sì.
GIUDICE – Questo è. Ora, giusto o sbagliato che sia, con questa realtà ci dobbiamo confrontare, se non ho compreso male.
APP. PAOLINO – Cioè, io posso aver effettuato anche due fotografie completamente diverse sul pontile, con direzioni e prospettive diverse, a me non interessava. A me interessava che il software che mi andava a fare poi il calcolo fotogrammetrico mi dava un risultato veritiero dell’altezza o della statura o della lunghezza della persona che io avevo messo lì e fotografato, basta. Visto quello, allora posso dire che allora il calcolo.. mi sono fatto sul cadavere è reale.
GIUDICE – In questo modo quindi voi rispondete alla critica relativa al fatto che lì di paletti verticali se ne vedono cinque piuttosto che quattro, non rileverebbe.
COL. GAROFANO – E’ irrilevante.
GIUDICE – Secondo lei, invece, questo discorso che invece di quattro sono cinque rileva e perché?
PROF. BALOSSINO – Una delle proiezioni… in grafica si studia la proiezione, questa è fotografica, una proiezione prospettica. Essendo una posizione prospettica, cambio la posizione dello schermo su cui va a finire l’immagine, è ovvio che cambiano anche le proporzioni dell’oggetto che si è catturato. Allora, siccome le situazioni sono diverse per i figuranti e per il cadavere, vuol dire che i figuranti sono in una posizione diversa dal cadavere e, se sono in una posizione diversa dal cadavere, vuol dire che in qualche modo devono essere riscalati ed è ciò che noi abbiamo fatto, abbiamo riscalato le immagini in modo tale da portarle a coincidere esattamente con le strutture geometriche che c’erano all’interno della fotografia. Quindi, se il riscalamento porta a far sì che le strutture fisse, che poi sono i paletti, le formelle, le linee di divisione delle formelle coincidono, vuol dire che la metrica delle tre fotografie, delle quattro fotografie, le tre dei figuranti e quelle del cadavere coincidono. A questo punto vuol dire che anche la metrica del cadavere e dei figuranti devono coincidere. Il fatto poi che noi abbiamo usato delle immagini con una risoluzione diversa non è che cambi molto, guardavo prima le differenze. Tra dire che sono quattro punti neri e dire che sono due e mezzo non cambia, visto che noi abbiamo detto: “Circa quattro”. Quindi potrebbero essere anche tre.
APP. PAOLINO – Però sono…
GIUDICE – Il margine di errore, secondo lei…
PROF. BALOSSINO – Il margine di errore è un margine di errore che è fortemente vincolato al fatto che stiamo lavorando su delle immagini che non hanno una… anche se vado a 8.000 DPI, che è la scansione che loro hanno fatto, non serve a nulla perché un’immagine fotografica, l’ha confermato il consulente, erano immagini fotografiche, quindi una stampa e anche se vado a 8.000 DPI non faccio nulla…
APP. PAOLINO – Una pellicola.
PROF. BALOSSINO – Una pellicola, comunque 8.000 DPI non servono assolutamente a nulla perché è al di sopra del potere risolutivo dell’occhio umano. Quindi farò delle gigantografie molto grosse e allora non è la risoluzione, ma è la dimensione della fotografia che mi permette di zoommare. Ma non è che con questo cambi molto il metodo, visto che noi stiamo facendo delle valutazioni su una misura non così precisa come è l’altezza di un figurante, come è l’altezza di un…
APP. PAOLINO – Sulla risoluzione, lei mi provi a prendere un punto che, con una risoluzione di tot pixel, corrisponde a due pixel e una risoluzione doppia corrisponde a quattro pixel. Il punto che lei va a prendere è più preciso su quello dove sono quattro pixel.
PROF. BALOSSINO – Lo so benissimo, ma intanto io non parlerei di risoluzione, è questo il fatto. Tutti parlano di risoluzione, ma è sbagliato di risoluzione, perché lei mi deve dire… (..) E’ sbagliato, perché la risoluzione non è una caratteristica intrinseca di una fotografia. La risoluzione è una caratteristica derivata dal numero di pixel che io ottengo prendendo in considerazione un’immagine e il supporto su cui la vado a stampare. E’ ovvio che, se ho un alto numero di pixel, allora vuol dire che se vado a stamparlo su un monitor di una certa dimensione avrò una certa risoluzione. Se lo vado a proiettare sul muro, abbiamo visto prima la proiezione come veniva, la risoluzione è diversa. Ma è ovvio che la definizione dell’immagine, cioè la cattura dell’informazione che c’è dentro l’immagine migliora se è un’immagine con più pixel perché poi, quando aumento il supporto su cui guardo l’immagine, riesco a continuare a vedere i particolari e quindi non ho quel brutto effetto che è tipico dei “pixeloni” come li chiamiamo in gergo.
APP. PAOLINO – Io ho solo una domanda, se teniamo in considerazione quello che noi effettivamente volevamo dire, e che l’abbiamo anche scritto più volte, tutto quello che è stato fatto poi per il calcolo, sovrapposizione che avete fatto voi è valido oppure no?
PROF. BALOSSINO – Ma nel limite…
GIUDICE – Aspetti un attimo, tenendo conto del discorso del metodo…
APP. PAOLINO – Cioè tenendo conto che il metodo che abbiamo utilizzato noi, cioè della sperimentazione, aveva quel fine, tutto quello che poi è stato fatto da voi per smentire il… no smentire, per…
GIUDICE – Superare, contestare.
APP. PAOLINO – Sarebbero ancora contestabili oppure no?
PROF. BALOSSINO – Non ho capito cos’è che sarebbe ancora contestabile. Mi scusi, ma ho
perso il filo della domanda.
GIUDICE – Chiede l’appuntato PAOLINO: “Visto e considerato che i nostri risultati non derivano dalla sperimentazione attraverso i figuranti e che voi invece avete contestato le nostre conclusioni solo o prevalentemente attraverso il metodo dei figuranti”, oggi che viene chiarito invece che il metodo è matematico e che quella sperimentazione serviva solo a confermare in via empirica la metodologia, secondo l’appuntato PAOLINO, le vostre obiezioni dovrebbero cadere o comunque dovrebbero assumere un rilievo inferiore. Lei è d’accordo?
PROF. BALOSSINO – Per cadere, signor Giudice, dovrei vedere la ricostruzione 3D del cadavere e fisicamente andare presso i RIS e vedere come mettono i punti di repere e come viene calcolata l’altezza di 160,5 centimetri. A quel punto potrei essere soddisfatto e dire che il metodo è un metodo che ha condotto a una misurazione corretta. Ma, siccome questa possibilità non ce l’ho…
GIUDICE – Di che cosa ha bisogno? Ecco, andiamo anche a esemplificare.
PROF. BALOSSINO – Della ricostruzione in 3D del cadavere.
GIUDICE – Quindi la ricostruzione in 3D dell’immagine…
PROF. BALOSSINO – Ricavata dalle due immagini.
GIUDICE – …dell’immagine nuvola di punti praticamente ricavata dalle due fotografie che ricostruisce una sagoma del cadavere in 3D sul pontile.
PROF. BALOSSINO – Non è nuvola di punti, ma è determinata…
GIUDICE – Perdoni la…
PROF. BALOSSINO – No, no. Perché la nuvola di punti è per il laser. Loro ovviamente sulle fotografie non fanno il laser, ma fanno la fotogrammetria. Quindi, se hanno fatto la fotogrammetria, hanno la virtualizzazione del cadavere inserita nella virtualizzazione laser dell’ambiente. Da questa virtualizzazione noi possiamo girare… immagino che si possa girare una scena, perché è una scena virtualizzata, quindi la posso girare come vuole. A questo punto mi convincerò del fatto che il punto del piede sinistro e il punto del vertice sia stato ottenuto in modo corretto e ci sia l’effettiva misurazione della lunghezza del cadavere di 160,5.
(..)
AVV. POMANTI – Nella lavorazione di questi programmi… però, se ho capito bene, all’inizio dell’incarico voi avete cercato di sviluppare quale potesse essere un criterio per arrivare… insomma, avete esaminato il caso e avete iniziato a ipotizzare un sistema di calcolo, tant’è che dopo voi fate anche per eccesso di zelo delle verifiche con delle persone, dei soggetti, dei vostri colleghi, dei figuranti, per verificare… Si parla proprio di sperimentazione. Allora, questa tipologia di calcolo, questa tipologia di esame è stata oggetto di letteratura, di studi scientifici, di pubblicazioni all’estero, in Italia, all’università o è una metodologia che voi avete creato in via originale, come si può dire?
APP. PAOLINO – Le scansioni laser ci sono fior di pubblicazioni che spiegano come vengono effettuate e che qualità hanno nel calcolo metrico della loro ricostruzione.
AVV. POMANTI – Cioè, se c’è questo programma che posso farlo anche io…
(..)
COL. GAROFANO – Vorrei tranquillizzare. Non solo l’esperienza dell’appuntato PAOLINO, ma noi, l’ho detto in apertura, ci siamo serviti anche come ausiliario tecnico dell’ingegner UCCELLI, che è uno specialista della Laica, che quindi sperimenta, utilizza questi strumenti tutti i giorni, proprio per garantire l’affidabilità del calcolo che andavamo a fare. E, per tranquillizzare e rispondere ovviamente alla domanda dell’avvocato, questi sono sistemi che vengono utilizzati negli studi di architettura tutti i giorni, proprio perché servono a fare questo tipo di verifica analoga a quello che noi abbiamo fatto non sui cadaveri, ma sulle strutture. Quindi c’è abbondantissima letteratura. Non abbiamo utilizzato un software perché abbiamo comprato il software e così ciecamente l’abbiamo utilizzato, siamo stati seguiti dall’inizio alla fine dall’ingegner UCCELLI della Laica.
(..)
AVV. POMANTI – (..) La questione che cercavo di capire, siccome si parte da un quesito iniziale e si chiede come si può andare a ricostruire questa situazione, dice: “Abbiamo innanzitutto elaborato” questo è stato il suo esordio “quale potesse essere il sistema di calcolo”, successivamente siete anche andati a riverificarlo, allora mi domando, questa sperimentazione è una sperimentazione che voi avete trovato poi conforto in questi ulteriori riscontri che avete fatto con i figuranti, ma è una sperimentazione ufficiale o è stata utilizzata nel primo caso in questo? Cioè, l’avete utilizzata in altri casi? Mi spiego? Cioè, ha avuto pubblicazione? Io vorrei chiederlo a… poi glielo chiedo a lei, colonnello, stessa domanda, ma vorrei chiederlo all’altro consulente perché è firmatario. Quindi volevo sapere se lei l’ha utilizzata in qualche altra cosa.
(..)
GIUDICE – Può bastare così. Le risulta è stata utilizzata in altre esperienze di consulenze tecniche?
APP. PAOLINO – Per quanto riguarda noi, è stata la prima volta che l’abbiamo utilizzato. Il software e tutto il sistema è già utilizzato da anni, non è che siamo partiti noi e abbiamo detto: “Oggi facciamo questo” e l’abbiamo fatto. Ci siamo basati già su qualcosa di concreto.
AVV. POMANTI – Le risulta che sia stato, magari da altri comandi, uffici, organi di polizia scientifica, utilizzato anche per finalità di carattere antropometrico, oltre che per finalità di carattere ingegneristico, architettonico, strutturale, che lei sappia?
APP. PAOLINO – Questo non lo so.
(..)
COL. GAROFANO – Per carità, ho capito perfettamente la sua domanda, avvocato, e non voglio essere polemico, ma ritorno… essenzialmente questo dobbiamo considerarlo un sistema di misura. Lì ci poteva essere un cadavere, un tavolino, un’autovettura, qualsiasi cosa. Per la prima volta forse, non lo so, è stato utilizzato per un cadavere, ma prescinde. Non vorrei che suggestivamente si trasformasse la prima volta in qualche cosa di sperimentale uguale artigianale. No, il sistema di misura è collaudatissimo. Noi abbiamo utilizzato un sistema di misura collaudatissimo, adattato ad una misura, questa volta era un cadavere.
(..)
AVV. POMANTI – Volevo chiedere, quindi è semplicemente… forse è per ritornare a quello che abbiamo detto prima, cioè un tavolo, una sedia e un lume, io ne conosco tutti i confini e tutte le sue posizioni e lo vedo nitidamente. Cioè, in sede di ricostruzione, io vado perfettamente a vedere dov’è il pulsante di questo microfono. Ma, se questo microfono è fotografato e la foto non è neanche così precisa, voglio dire, comunque è un dato che si discosta da un semplice programma di ingegneristica. Quindi ci dev’essere qualche valutazione in più che io non saprei fare, ecco perché io chiedo se vi è qualche altro ragionamento di carattere scientifico che può aiutare in questo.
GIUDICE – Il metodo è questo, la risposta c’è già. Ci è stato detto che era la prima volta che veniva utilizzato per questioni di carattere antropometrico.
(..)
AVV. POMANTI – In altri processi, cioè successivamente a questa prima valutazione originale, è stato riutilizzato?
APP. PAOLINO – Per una rapina che abbiamo fatto… cioè che hanno fatto a Treviso.
(..)
AVV. POMANTI – E lì, chiedo scusa, avevate due fotografie prese da telecamere diverse?
APP. PAOLINO – Telecamere di sorveglianza prese all’interno di un supermercato, c’erano i rapinatori che passavano davanti a queste telecamere e in fotogrammetria abbiamo fatto allo stesso modo.
AVV. POMANTI – Con l’esatto posizionamento, nello stesso locale, nella stessa questione.
APP. PAOLINO – Sennò non verrebbe la fotogrammetria.
AVV. POMANTI – Senta, l’ultima domanda, forse il Giudice, anzi sicuramente ha ben compreso, ma non è per vena polemica, ma perché non l’ho compreso e ci ho messo attenzione. Nella prima individuazione su questo incrocio di linee rette, sostanzialmente dalla premessa del colonnello si dice: “Ma noi abbiamo lasciato un attimo stare quelli che sono sia i figuranti perché è stato sicuramente… e non abbiamo neanche tenuto conto delle prospettive delle fotografie, per cui non stiamo troppo a preoccuparci se tre o quattro, cinque punti”. Però ho capito bene che questi due punti da dove voi effettuate le misurazioni partono dall’esame della foto A e della foto B?
APP. PAOLINO – Sì.
AVV. POMANTI – Cioè, voi avete ritrovato da dove partiva la fotografia, avete tracciato la linea. Siete andati nell’altra fotografia…
APP. PAOLINO – E abbiamo fatto lo stesso.
AVV. POMANTI – …avete ritrovato il punto, avete tracciato la linea e su queste due si vanno a puntare.
APP. PAOLINO – A incrociare.
AVV. POMANTI – E come sparisce la prospettiva, la differenza prospettiva dell’una e dell’altra? Questo è un passaggio che mi manca. Come fate voi a un certo punto a dire: “No, la prospettiva non interessa rispetto l’uno e rispetto l’altra fotografia”?
APP. PAOLINO – Perché le due fotografie vengono, per così dire, plasmate sulla scansione 3D.
AVV. POMANTI – No, ma come la mette su questa scansione 3D? Cioè, se lei non ha corretto
l’indicazione della prospettiva, come la va a posizionare?
APP. PAOLINO – Il software lo imposto… cioè, è una cosa virtuale, lei non è che vede che io vado lì a mettere la fotografia sopra la scansione 3D, la modifico, faccio il morphing per posarcela sopra.
AVV. POMANTI – Lei passa queste due fotografie su questo programma e poi fa tutto quanto il software?
APP. PAOLINO – Sì. No, non è che fa tutto il software.
AVV. POMANTI – Quindi lei passa la foto 1 e la foto 2 e lui posiziona le foto e ve la fa trovare…
APP. PAOLINO – Io sulle due fotografie più la scansione 3D…
AVV. POMANTI – La scansione 3D sono i punti di riferimento che voi avete preso nel pontile, l’avete ricostruito. E’ corretto?
APP. PAOLINO – No. La scansione 3D… abbiamo ricostruito in 3D il pontile, una nuvola di punti.
AVV. POMANTI – Ma da dove li avete presi questi punti?
APP. PAOLINO – Con la scansione laser.
AVV. POMANTI – Di una o delle due foto? Di che cosa?
COL. GAROFANO – Del pontile.
GIUDICE – Materialmente sul posto.
AVV. POMANTI – Sul posto?
APP. PAOLINO – Allora, sul posto…
AVV. POMANTI – Hanno fissato dei punti?
APP. PAOLINO – No, no. C’è uno strumento che si chiama scanner laser che fa una scansione a 360 gradi di tutta la scena che vi è intorno. Questa scena viene ricostruita con una nuvola di punti, che sono delle coordinate x, y, z, nello spazio 3D. Questi punti hanno una metrica perché vengono misurati. Allora, questa nuvola di punti, con le due immagini che abbiamo a confronto…
AVV. POMANTI – Ecco, questo passaggio se me lo può chiarire, come inserisce le due foto all’interno di questa nuvola di punti?
APP. PAOLINO – Queste due immagini le inseriamo all’interno del software, inseriamo la
scansione 3D del pontile…
AVV. POMANTI – Quindi acquisisce foto 1…
APP. PAOLINO – Acquisiamo…
AVV. POMANTI – …acquisisce foto 2.
(..)
APP. PAOLINO – Acquisiamo la foto 2, acquisiamo la scansione laser e in entrambe, in tutte e tre le fotografie andiamo a determinare gli stessi punti per ogni foto e per la scansione.
AVV. POMANTI – Mi fermo qui. “Andiamo a determinare” lei o lo fa il computer?
APP. PAOLINO – Io lo determino, io vado a determinarmi il punto più alto di un paletto, vado sull’altra fotografia e determino lo stesso paletto e lo stesso punto, io vado sulla scansione laser e vado a determinare lo stesso paletto e lo stesso punto nello spazio.
AVV. POMANTI – E li fa coincidere?
APP. PAOLINO – Il software fa un calcolo fotogrammetrico e li riposiziona nello spazio 3D della scansione laser.
AVV. POMANTI – Ho capito. L’ultima domanda è sull’ombra. Prima ci aveva mostrato la foto dell’ombra del paletto storto e ho capito che non era importante che il paletto fosse storto perché è una lunghezza.
APP. PAOLINO – Sì, è un angolo che andiamo a calcolare.
AVV. POMANTI – Un angolo, esatto. Dice: “Non importa se il paletto sta così”, se ho capito, perché è dritto, ma il sole sta dietro.
APP. PAOLINO – Il sole stava… mezzogiorno, quindi era quasi a picco.
AVV. POMANTI – Ora, se fosse piegato invece non in avanti o indietro, ma leggermente di lato, cambia qualcosa?
APP. PAOLINO – L’angolo rimane sempre lo stesso.
AVV. POMANTI – Non sposta l’angolo?
APP. PAOLINO – No.
AVV. POMANTI – Cioè, se io lo sposto a sinistra, a destra, avanti, indietro rimane sempre lo stesso?
APP. PAOLINO – E’ sempre una proiezione.
GIUDICE – Ha detto prima che era peraltro calcolata l’ombra…
AVV. POMANTI – Sì, ho capito in avanti o indietro, ma non…
GIUDICE – Da quello che è stato riferito, non calcolava l’ombra come inclinazione, ma calcolava l’ombra come distanza e in relazione all’elemento orizzontale della ringhiera.
AVV. POMANTI – Però ai fini della determinazione di un angolo.
APP. PAOLINO – Di un angolo, sì.
AVV. POMANTI – Ai fini della determinazione di un angolo che era tra l’ombra e il paletto.
GIUDICE – Sì, però a quel punto che ci fosse l’inclinazione dell’elemento verticale dovrebbe perdere valore, se non ho capito male, giusto? Cioè, ha detto che la lunghezza… perché era quello che aveva dovuto verificare, la lunghezza era stata calibrata, salvo errore, sull’altezza dell’elemento orizzontale della ringhiera, giusto?
APP. PAOLINO – Sì.
AVV. POMANTI – Sì, la prima tacca, diciamo il primo…
GIUDICE – La prima tacca, perfetto. E quindi va a guardare quella lunghezza dell’ombra.
AVV. POMANTI – Su quell’angolo.
GIUDICE – E quindi la lunghezza di quell’ombra, in relazione alla posizione della barella e di quel piolo…
AVV. POMANTI – Io avevo capito che era l’angolo, signor Giudice.
GIUDICE – Angolo o lunghezza?
APP. PAOLINO – Andiamo a calcolare l’angolo.
GIUDICE – Me lo rispiega bene allora che cosa avete calcolato lì?
APP. PAOLINO – Tramite l’altezza si è calcolato l’angolo.
GIUDICE – Dell’ombra.
APP. PAOLINO – Dell’ombra. E dopo è stata riportata…
GIUDICE – E l’avete riportata anche su quell’elemento, su quella specie di pirulino…
APP. PAOLINO – Perfetto, sì.
GIUDICE – …della barella per calcolare l’altezza della barella.
APP. PAOLINO – Perché noi l’altezza non la conoscevamo.
AVV. POMANTI – Quindi su una variazione laterale o anche roteando questo palo, non sposta quell’angolo?
APP. PAOLINO – No.
AVV. POMANTI – Grazie, non ci sono altre domande.
(..)
AVV. GHIRGA – Ha fatto cenno nella sua consulenza alla collaborazione dell’ingegner UCCELLI? A me sembra di no.
COL. GAROFANO – No.
AVV. GHIRGA – Ce lo dice. Perché ha ritenuto di non farne cenno?
COL. GAROFANO – Era un ausiliario.
AVV. GHIRGA – Un ausiliario, appunto.
COL. GAROFANO – Gli elementi valutativi li abbiamo fatti noi.
(..)
AVV. GHIRGA – E perché ne fa cenno oggi? Quando si fa software, calcoli matematici, anche prima erano sottintesi…
COL. GAROFANO – Ho ritenuto opportuno, per completezza, far capire qual era la valenza di questo metodo utilizzato e quindi, siccome l’ingegner UCCELLI è stato impiegato come ausiliario tecnico, quindi ha fatto solamente misure, le valutazioni poi le abbiamo fatte noi, ecco perché l’ho detto. Tutto qua.
(..)
AVV. GHIRGA – E’ stata fatta la ricostruzione tridimensionale del cadavere?
APP. PAOLINO – No, perché è impossibile farla. Come fa a farla?
AVV. GHIRGA – Ho capito bene se lei ha detto che era un qualcosa di suggestivo, quindi dico io di inutile, o ho capito male?
APP. PAOLINO – Allora, la ricostruzione 3D del cadavere non è stata fatta perché non ce n’era motivo. Si sono presi due punti di riferimento, la testa e il piede, per…
AVV. GHIRGA – Questo io l’ho capito, io parlo solo della ricostruzione tridimensionale.
(..)
GIUDICE – Ha detto poco fa che un’eventuale ricostruzione del cadavere tridimensionale non è stata fatta, effettivamente mi sembra di ricordare che l’aggettivo è stato questo, perché sarebbe stato soltanto suggestivo. Poco fa mi pare che lei abbia detto questo. Vuole spiegare un pochino il senso di quest’affermazione?
APP. PAOLINO – Non mi portava niente di più di quello che ho potuto fare con i due punti di riferimento.
AVV. GHIRGA – Di cui alle foto. Grazie.
(..)
AVV. SPINA – Appuntato, mi perdonerà se ho capito male, ma mi pare, dalla lettura dell’elaborato e da quanto lei e il colonnello GAROFANO avete riferito, che un elemento essenziale dell’analisi che avete compiuto è rappresentato dal punto dal quale le fotografie sono state scattate. E’ corretto questo?
APP. PAOLINO – Sì.
AVV. SPINA – Quello che non ho capito bene io, come avete fatto a calcolare il punto preciso dal quale le fotografie sono state scattate, comprensivo di altezza dell’operatore, e se è lo stesso per tutte e due le fotografie oppure se ciascuna fotografia ne possiede uno?
GIUDICE – Cosa possiede uno, scusi?
APP. PAOLINO – Cioè l’altezza?
AVV. SPINA – Un punto di scatto, un punto di effettuazione delle fotografie.
APP. PAOLINO – I punti di scatto sono differenti.
GIUDICE – Sono diversi, ne abbiamo parlato prima.
APP. PAOLINO – Uno è 116 e uno è 154 o 156.
GIUDICE – 156.
AVV. SPINA – E come sono stati calcolati?
APP. PAOLINO – Tramite la piramide inversa dell’immagine originale, tarata sulla scansione 3D.
AVV. SPINA – E cioè? Abbia pazienza, ma se riuscisse ad essere più chiaro sul punto.
APP. PAOLINO – E’ sempre il software Z-Map che fa questa cosa qui. Avendo come base la scansione 3D del pontile, tarando le due immagini con i riferimenti dei paletti e quant’altro con la scansione 3D, riesce tramite calcoli matematici a ricalcolarsi il punto di fuga di dove è stato scattato la proiezione della macchina fotografica.
AVV. SPINA – Esistono delle variabili in funzione del tipo di macchina fotografica utilizzata?
APP. PAOLINO – Al massimo esistono variabili per quanto riguarda gli obiettivi.
AVV. SPINA – Lì volevo arrivare. Esistono delle variabili per quanto riguarda gli obiettivi?
APP. PAOLINO – Beh, certamente la fotografia varia come prospettiva a seconda dell’obiettivo che viene montato, ma quello viene calcolato dal software effettuando appunto la collimazione con la scansione 3D.
AVV. SPINA – Quindi voi eravate a conoscenza del tipo di obiettivo utilizzato per scattare quelle fotografie?
APP. PAOLINO – Sì.
AVV. SPINA – Come ne eravate a conoscenza?
APP. PAOLINO – Dalla testimonianza stessa del fotografo che ha effettuato le fotografie all’epoca, ci ha portato anche la macchina fotografica, tranne l’obiettivo perché non ce l’aveva più, ma ci ha detto che obiettivo era. Ma è ininfluente aver macchina fotografica e obiettivo.
(..)
AVV. SPINA – E’ influente viceversa avere le esatte caratteristiche dell’obiettivo?
APP. PAOLINO – Allora, la prospettiva, cioè il calcolo della prospettiva… ci dà lei già dei parametri per poter calcolare la lunghezza focale. Tramite quello, il software riesce a determinarsi il punto di fuga.
AVV. SPINA – Ho capito perfettamente, tutto ciò se è conosciuto il presupposto essenziale del tipo di obiettivo utilizzato.
APP. PAOLINO – No.
AVV. SPINA – Indipendentemente dal tipo di obiettivo utilizzato.
APP. PAOLINO – Sì.
AVV. SPINA – E allora che necessità avete avuto di sentire il fotografo che aveva scattato le fotografie? Mi è sfuggito questo aspetto.
APP. PAOLINO – Per provare a simulare, in prova sperimentale, con i figuranti un qualcosa che si potesse avvicinare a quella che era la fotografia dell’epoca.
AVV. SPINA – Quale che fosse l’obiettivo utilizzato.
APP. PAOLINO – In che senso quale che fosse?
AVV. SPINA – L’obiettivo utilizzato all’epoca non avrebbe spostato niente in ordine al calcolo?
GIUDICE – Ai fini del calcolo no, ai fini della sperimentazione sì.
AVV. SPINA – Ai fini della sperimentazione.
GIUDICE – Giusto?
APP. PAOLINO – Ma io, ripeto, ai fini della sperimentazione potevo usare anche un 28 millimetri, cioè che ha un angolo molto grande, cioè io potevo usare qualunque tipo di obiettivo per poter fare la mia sperimentazione, era ininfluente per il calcolo effettuato sull’immagine. (..)

Prima del nuovo intervento della dott.ssa CARLESI, vi è stato un prolungato botta e risposta su una particolare fotografia, tra quelle dei rilievi dell’epoca, che secondo le difese di alcuni imputati avrebbe non solo evidenziato l’intervenuto spostamento della barella, e dunque una collocazione del cadavere del tutto diversa da quella ripresa nelle immagini su cui erano stati compiuti gli accertamenti tecnici, ma anche chiarito definitivamente la lunghezza del corpo in questione, essendo pressoché perpendicolare all’asse del pontile. Sul punto, è intervenuta una successiva ordinanza istruttoria (che qui è sufficiente richiamare ed alla quale si fa rinvio) dimostrativa dell’infondatezza dell’assunto.

Passiamo quindi alle ulteriori osservazioni e risposte della dott.ssa CARLESI:
GIUDICE – Dottoressa CARLESI, l’impegno è quello dell’altra volta, è generalizzata già in atti. Le questioni relative agli aspetti medico legali le abbiamo già trattate. Veniamo al problema specifico antropometrico e, come domanda di esordio, mi regolo allo stesso modo come ho fatto con il colonnello GAROFANO, c’è questa divergenza, al di là dei risultati specifici c’è una divergenza di metodo e altro. Alla luce anche al limite di quello che è stato detto oggi, oltre che delle considerazioni che già erano state fatte nell’elaborato degli esperti del RIS, lei ritiene di dover rivedere le sue conclusioni o in qualche modo di volerle integrare sulla base delle considerazioni fatte?
DOTT.SSA CARLESI – L’unica premessa è che noi abbiamo lavorato nell’ottobre 2002 e quindi un gap di quattro-cinque anni in informatica è tanto. E’ sicuramente un metodo più empirico e mi piace molto di più il metodo utilizzato dal comandante GAROFANO e i suoi collaboratori, che ritengo valido. L’unica cosa è che… noi abbiamo utilizzato un powerpoint per essere sintetici. Nella relazione però si legge che già… con questa cosa empirica, perché noi abbiamo fatto un sopralluogo, abbiamo fatto un CAD, quindi un 3D del pontile, avevamo anche noi il fotografo che ci diceva, senza ovviamente la metodologia del colonnello Garofano, il punto di scatto e abbiamo utilizzato la griglia dei riferimenti metrici noti, come mettere praticamente un corpo su un foglio millimetrato e abbiamo fatto un calcolo matematico, facendo poi noi delle immagini dal punto di ripresa per controprova. La mia valutazione finale, la nostra valutazione era 161,97, come presa dei punti, quindi avevamo stimato 161,97.
GIUDICE – 162, via.
DOTT.SSA CARLESI – 162. Il problema che ci siamo posti in merito alla presa dei punti, quindi per l’aleatorietà che soprattutto il punto di vertice, essendo coperto dal telone, che però al di là di tanto non essendo anencefalo non poteva andare, abbiamo preso il punto che stimavamo vertice dalle immagini e il punto piede sinistro e abbiamo dato una valutazione di 161,97, 162. Per correggere la obiezione che poi è stata fatta da altri, dell’aleatorietà della presa punto vertice e quella della flessione della gamba, non entro in merito perché condivido pienamente quello detto dall’appuntato e dal colonnello, in questa foto poi il corpo è ricoperto, sta su una barella rigida, il piede sinistro è appena extraruotato, poco, e si vede nella sua sagoma, come diceva lei, quasi interamente. Mi sembra veramente ininfluente il grado di flessione… che poi io a casa mi sono divertita a riprodurre il suo esperimento con un goniometro ortopedico e mio figlio, che ha la lunghezza più o meno stimata. In realtà, con questo tipo di posizione, non in flessione libera viva, ottengo uno spostamento minimo di grado di flessione e minimo di avanzamento del punto piede.
GIUDICE – Dell’ordine di?
DOTT.SSA CARLESI – 2/3 centimetri, fermo restando le condizioni dell’altra immagine che si stava discutendo. Io vedo che appoggio, non vedo il vuoto sotto, non vedo una flessione come nell’esperimento del professore, e si parla di un corpo senza vita adagiato su una superficie rigida. Nonostante tutto l’aleatorietà della presa del punto ce la siamo presa come carico e abbiamo detto: “Più piccolo non può essere”, perché noi stimiamo l’ingombro su questo… del corpo. Posso aver sbagliato per difetto e allora ho dato una tolleranza che in antropometria è altissima, altissima, quindi quasi 12 centimetri, che comprende veramente una quantità, una pletora di soggetti, e ho spostato dicendo: “Se io ho 162 scarso, posso avere un 10% di aleatorietà e quindi di errore. Allungo la mia stima a 173 perché so che sono oltre, so che pecco in eccesso, ma preferisco avere una misurazione sovrastimata e ho dato comunque una forchetta di tolleranza della misurazione di 12 centimetri”. Questo è stato il nostro metodo. E’ suggestivo, visto che è stata usata questa cosa, che nella prima valutazione che una presa di punti… fermo restando che se io avessi avuto nel 2002, o anche adesso, il metodo utilizzato dal colonnello, non ci avrei pensato un minuto ad utilizzarlo. Ma nella maniera molto empirica fatta da me 7 anni fa, che comunque è tanto tempo fa, dando un’apertura di tolleranza del metodo di 12 centimetri della misurazione, io ho detto: “Io stimo 162, arrivo a 173. So però che oltre non posso andare”, perché sull’immagine se vado oltre, riducendo così il margine di errore dal dieci all’uno per cento, so che sono veramente fuori dotazione. E quindi mi ritrovo suggestivamente tra la valutazione del colonnello e la valutazione dei consulenti di controparte, al quale però io ho già tarato l’obiezione della questione della gamba, che secondo me è veramente a gradi minimi, per cui al di là di questo secondo me non si può andare.
GIUDICE – Quanto invece alla circonferenza, lei raggiunge dei risultati diversi.
DOTT.SSA CARLESI – Quanto alla circonferenza, sì, ovviamente nel mio metodo c’è, a differenza di quello del colonnello, e che sposerei adesso… non mi sono posta ad esempio il problema dell’altezza, non avevo il meccanismo…
GIUDICE – L’altezza da terra del punto più alto dell’addome?
DOTT.SSA CARLESI – Quello io non potevo calcolarlo. E ho applicato l’ellisse nei punti che ritenevo opportuni… l’unica cosa che dico è che in un addome rigonfio, batraciano ho anche la presa del fianco che è sensibilmente svasata. Cioè, non è solo l’altezza, è anche… uno già in enfisema putrefattivo ho l’aspetto batraciano perché ho una… sicuramente si alza in verticalità, ma aumenta anche la circonferenza ai fianchi. E ho stimato quella misurazione, anche lì con un margine di tolleranza, e sicuramente dovessi farlo adesso sceglierei un metodo loro.
GIUDICE – Quindi reputa ragionevole arrivare…
DOTT.SSA CARLESI – Reputo ragionevole quando…
GIUDICE – No, volevo dire, arrivare quindi a un ordine di grandezza sui 99, come hanno detto loro, piuttosto che i 114…
DOTT.SSA CARLESI – Sì, perché la correzione dell’ellissi, eccetera, conoscendo con precisione l’altezza, mi dà degli elementi in più. Quello che però le stavo dicendo all’altra udienza rimane altrettanto e ancor più valido. Quella è una misurazione al punto zero dell’immagine. Però io so che è stato ore non in una cella frigorifera, con una temperatura abbastanza elevata e quindi quella misurazione al tempo zero è quella, sicuramente sarà maggiore…
GIUDICE – Dopo tre ore.
DOTT.SSA CARLESI – …nella vestizione che è stata fatta altrove.
(..)
GIUDICE – Un’ultima domanda per quello che mi riguarda. Qui, guardi, le faccio vedere direttamente anche i miei appunti, ecco qua. Io ho la slide sua, quella che si riferisce al raffronto… qui è una fotocopia assolutamente improponibile.
DOTT.SSA CARLESI – Sì, sì.
GIUDICE – Però, ecco, questa sarebbe la parte della testa del cadavere riesumato e qui ci sono le sue osservazioni: “Raffrontando la tipologia delle linee e i loro movimenti tra l’immagine della salma e l’immagine della salma riesumata, possiamo con certezza affermare che le due teste non corrispondono: quella dell’85 aveva una testa lisciata, quasi totalmente priva di capelli, la salma riesumata nel 2002 presenta invece una media capigliatura e un ottimo stato di conservazione dei capelli”.
DOTT.SSA CARLESI – Esatto.
GIUDICE – Ora, sono fotocopie di scarsissima qualità (..), però questa qui riproduce il lato sinistro della fronte, diciamo così, della stempiatura.
DOTT.SSA CARLESI – Fronte temporale…
GIUDICE – Temporale, eccetera. Questa qui è la fotocopia di uno degli allegati della relazione del professor TORRE, ci aveva fatto vedere l’altra volta proprio la fotografia in questione, e questo sarebbe il lato sinistro diciamo della fronte del cadavere riesumato.
DOTT.SSA CARLESI – Certo.
GIUDICE – Qui si nota un qualcosa di più di una stempiatura obiettivamente, o perlomeno una stempiatura abbastanza vistosa. Lei conferma… io qui avevo scritto “è lo stesso lato sinistro nei raffronti della dottoressa CARLESI”, in una prospettiva diversa, però è il lato sinistro.
DOTT.SSA CARLESI – Sì.
GIUDICE – Lei mi può dire che, secondo lei, la condizione che vede e che è in grado di ricostruire dalla fotografia del cadavere riesumato è comunque diversa rispetto a questa evidente stempiatura o si può pensare che sia più o meno la stessa condizione? Magari forse se lo vede nell’originale suo è meglio, perché qui non si vede niente.
DOTT.SSA CARLESI – Riguardo proprio alla bozza frontale…
GIUDICE – Certo.
DOTT.SSA CARLESI – …sennò è messa in altro modo e quindi potrei confrontarla con questa.
GIUDICE – Questa è in effetti la parte posteriore della testa, mi sembra.
DOTT.SSA CARLESI – (..) perché questa è la stempiatura.
GIUDICE – Quella in alto secondo lei è la stempiatura?
DOTT.SSA CARLESI – E quindi posso vedere già con questo filtro che… in effetti, se si guardano le immagini si vede un po’ più la stempiatura perché è stato corificato, ma il capillizio non ha zone di mancanza…
GIUDICE – Nella salma riesumata.
DOTT.SSA CARLESI – Nella salma riesumata. Quindi l’attaccatura mi sembra molto ben conservata. Qui si vede anche la compattezza che aveva il capillizio (..). Però per quello che si evince di qui, anche raffrontando con la piccola parte di qui, certo non… c’è la stempiatura qui, però qui siamo oltre. Qui c’è anche tutto il temporale, cioè praticamente questa parte di basetta diciamo qua non la vedo.
GIUDICE – Che è completamente priva di capelli, secondo quello che dice lei.
DOTT.SSA CARLESI – Questa zona qui sì. Capisco che è stato oggetto di dibattimento l’altra volta, possiamo ancora esprimerci, i RIS non sono d’accordo, per noi abbiamo… non abbiamo fatto delle comparazioni, abbiamo guardato come il (..) un filtro, che in realtà forensicamente aiuta molto, penso alle lesioni da morso ad esempio… (..) Ripeto, nel dettaglio FRANCESCO GAVAZZENI può essere più utile di me. Però, in applicazione forense, il filtro è abbastanza utilizzato e la lettura del filtro, al di là delle immagini, per me ha molta valenza. Certamente, è una mia interpretazione di un’applicazione di un filtro. Per cui, rispetto le obiezioni, io ne rimango profondamente convinta.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – (..) Torniamo alla lunghezza dei pantaloni, e poi finisco questa parte, lei si ricorda, sono state prodotte quelle foto con la misurazione, si ricorda di avere misurato i pantaloni, si ricorda quanto era la larghezza dei pantaloni, ce lo può ripetere?
DOTT.SSA CARLESI – La larghezza era 37 e mezzo e la circonferenza, l’allaccio del gancio metallico interno, quindi sono partita di lì perché di lì si sovrapponevano i pantaloni, era 75 scarsi, e ci sono le foto prese consensualmente alla misurazione.
(..)
PUBBLICO MINISTERO – Quindi, dal punto di vista per esempio dell’altezza, la sua valutazione coincide sostanzialmente con quella del colonnello GAROFANO, quella in prima battuta.
DOTT.SSA CARLESI – In prima battuta coincide con quella del colonnello.
GIUDICE – Prima della correzione che era stata fatta basandosi sull’approssimazione del metodo.
(..)
DOTT.SSA CARLESI – Sì, certo, se io avessi adottato… (..) Ecco, non avrei dato quella forchetta di tolleranza.
(..)
PROF. TORRE – Le faccio vedere solo una… Allora, incominciamo a chiedere in questi termini, a me sempre a cuore un po’ quella storia del brachicefalo e del dolicocefalo.
DOTT.SSA CARLESI – Sì.
PROF. TORRE – Allora, lei scrive nella sua relazione che ha preso dei punti sia mediani che laterali. Scrive direi alla pagina… mi piacerebbe poterlo rappresentare perché c’era scritto… Ecco, alla pagina 4 di una sua relazione, l’ultima credo: “I piani tangenti e i punti anatomici di repere li abbiamo evidenziati in colore azzurro, dall’alto in basso, corrispondono ai seguenti punti craniometrici, mediani e laterali di Broca”.
DOTT.SSA CARLESI – Sì.
PROF. TORRE – E poi fa un elenco e dice “(..), un punto spinale”, ce n’è qualcuno laterale che ha preso in considerazione?
DOTT.SSA CARLESI – Il gonion.
PROF. TORRE – No, lei… Il pogonion?
DOTT.SSA CARLESI – No, pogonion è mediano centrale.
PROF. TORRE – Nel suo elenco non figura il gonion.
DOTT.SSA CARLESI – Comunque l’avrò preso…
GIUDICE – C’è il gonion nell’elaborato dei consulenti del RIS.
DOTT.SSA CARLESI – L’ho preso… è vero.
GIUDICE – Sì, tant’è che infatti…
DOTT.SSA CARLESI – Il gonion però lo guardo sempre perché, essendo anche ortodontista,
quindi è una cosa sulla mandibola che vado a guardare.
PROF. TORRE – E dov’è il gonion?
(..)
DOTT.SSA CARLESI – Dove la branca ascendente della mandibola s’incontra con la branca orizzontale, quello è il gonion, ed è laterale, essendo due angoli mandibolari.
PROF. TORRE – Scusi, non ho ben capito, il punto mediano di Thorus io non l’ho mai sentito nominare.
DOTT.SSA CARLESI – Il Thorus è il punto mediano della protuberanza Thorus, presente negli uomini…
PROF. TORRE – Ed è il Thorus sopraccigliare, quindi…
DOTT.SSA CARLESI – Thorus frontale, sopraccigliare, sì.
PROF. TORRE – Sopraccigliare.
DOTT.SSA CARLESI – Sì.
PROF. TORRE – Ecco, le richiedo quel che le avevo chiesto la volta scorsa, com’è possibile dare un giudizio di brachicefalia o dolicocefalia senza avere un diametro anteroposteriore?
DOTT.SSA CARLESI – Anteroposteriore, una volta che ho il pogonion? Ah, perché lei dice che io non ho il vertex, per cui dal mio…
PROF. TORRE – No, no, non importa.
DOTT.SSA CARLESI – …(..) non riesco a farla. Invece è un rapporto…
PROF. TORRE – Chiedo scusa, metto solo un’immagine, un momento.
DOTT.SSA CARLESI – Anteroposteriore lo stimo dal punto d’appoggio leggermente più arretrato del bregma e il pogonion. Tant’è vero che ho fatto una digressione, anche lì molto interpretabile, ma è quello che io vedevo, di ante-rotazione mandibolare. E il diametro trasversale è un rapporto tra gli anteroposteriore e il trasversale, che mi dà un rapporto di forma. Non è così… gli indici sono anche lì abbastanza tolleranti. Io do delle forme, inscrivo una forma cranica in una forma geometrica
(..)
PROF. TORRE – Chiedo scusa, poi non faccio perdere ulteriore tempo, è soltanto perché mi serviva un’immagine. Ecco, lasciando da parte… Cioè, perché a me risulta che un giudizio di brachicefalia o dolicocefalia si possa dare soltanto disponendo di un diametro anteroposteriore, cioè dalla glabella alla nuca, all’opistocranion.
DOTT.SSA CARLESI – Ma se io ho il pogonion e quello che stimo vertex o comunque un piano posteriore al bregma, professore, lo tengo lo stesso, è un cranio in estensione.
PROF. TORRE – No, proprio non comprendo cosa vuol dire. Cioè, io ho un diametro anteroposteriore che è questo, cioè devo avere a disposizione la glabella…
(..)
DOTT.SSA CARLESI – …avendo il pogonion in un cranio iperesteso, io ho ben evidente il bregma, checché ne dica lei, scendo un pochino… è una cosa millimetrica, e io riesco ad avere in un cranio iperesteso il diametro anteroposteriore utile a inscrivere una forma cranica in una forma geometrica, non a darle un giudizio di lunghezza.
PROF. TORRE – Le chiedo scusa, ha voglia di dare un’occhiata a questa immagine? Perché lei dice che qui si vede tutta la squama frontale. Dov’è che vede tutta la squama frontale in questa immagine?
DOTT.SSA CARLESI – Tutta la zona più bianca, esattamente sopra l’arcata sopraccigliare
frontale.
PROF. TORRE – Cioè, è un pezzo così? E’ un pezzetto così?
DOTT.SSA CARLESI – Non è un pezzetto, poi va sotto, entriamo nel parietale, ho il temporale a sinistra, ho il meato acustico sotto, quindi ho praticamente più di due terzi del…
PROF. TORRE – Le chiedo scusa, il naso è qua in mezzo, no?
DOTT.SSA CARLESI – Sì, è esattamente lì.
PROF. TORRE – E qui c’è una piccola porzione di fronte. Non so come fa a dirmi dove può essere un bregma qua.
DOTT.SSA CARLESI – Professore, la bozza frontale è in evidenza, io scendo un po’ più indietro al parietale e il bregma sta frontale… è tra la struttura coronale e la metopica anteriore. Il bregma ce l’ho, vado un pochino più indietro e non ho utili…
PROF. TORRE – Ma questo signore non aveva la metopica.
DOTT.SSA CARLESI – La metopica è quello che si definisce…
PROF. TORRE – Lasciamo perdere, no, le chiedo scusa…
DOTT.SSA CARLESI – Sappiamo tutte e due che cos’è. Quindi se parlo di bregma, parlo di
bregma.
(..)
PROF. TORRE – Allora, continuiamo però su cose più concrete, il nasion dov’è in questo morto?
DOTT.SSA CARLESI – Esattamente dove lei aveva messo prima la freccia.
PROF. TORRE – Qui.
DOTT.SSA CARLESI – Esattamente.
PROF. TORRE – Lei dice che è il nasion.
DOTT.SSA CARLESI – Sì.
PROF. TORRE – E il punto della spina nasale?
DOTT.SSA CARLESI – Sotto al naso, di nuovo la riflessione della luce, sotto.
PROF. TORRE – E il punto alveolare sarà qui sulle labbra.
DOTT.SSA CARLESI – Esattamente.
PROF. TORRE – Ecco…
DOTT.SSA CARLESI – E il pogonion…
PROF. TORRE – …lei pensa davvero che in un morto con una faccia così deformata dalla putrefazione, l’ho sempre detto, deformata dalla putrefazione, lei possa identificare dov’è il processo alveolare?
DOTT.SSA CARLESI – Sì.
PROF. TORRE – Allora lei è l’unica al mondo.
DOTT.SSA CARLESI – No, perché è una…
PROF. TORRE – Ma come fa?
DOTT.SSA CARLESI – Io so dov’è nel cranio, so i punti craniometrici, e so la proiezione delle parti. Do una descrizione della…
PROF. TORRE – Allora, craniometrici o cefalometrici?
DOTT.SSA CARLESI – Sono punti craniometrici, anche ad esempio l’alveolare sotto nasale vengono usati in cefalometria, quindi sono anche punti cefalometrici, e la proiezione dei punti sul cranio certo che li vado a mettere, però con il distingue, l’altra volta mi sono dilungata, che faccio anche una parte descrittiva di questo volto qua.
PROF. TORRE – Sì, sì, va bene, si parlava di brachicefalo e dolicocefalo.
DOTT.SSA CARLESI – Esatto.
PROF. TORRE – La ringrazio, parliamo due lingue diverse.
DOTT.SSA CARLESI – No, professore.
GIUDICE – Va bene, ognuno resta della sua opinione, è fisiologica. Altre domande? Osservazioni?
Prego, professor BALOSSINO.
(..)
PROF. BALOSSINO – La mia domanda era un’altra. Lasciando perdere il fatto che Fotoshop lavora a scatola chiusa, la mia domanda era: quale tipo di filtro per l’evidenziazione dei contorni è stato utilizzato, fra i vari che sono presenti in letteratura, e quali sono i parametri che influiscono sulla risposta del filtro, tra quelli che ho elencato, in modo tale che quando si tirano fuori certi contorni su una fotografia ne posso trovare alcuni, su un’altra, a seconda dei parametri che ho preso in considerazione, ne trovo altri e quindi non sono confrontabili.
DOTT. GAVAZZENI – Guardi, i parametri nella realtà sono solo due, perché sono larghezza dell’indicazione di passaggio cromatico e forza, incisione con la quale questo viene fatto. Nel senso, io ho una specie di area di tolleranza che dico al mio filtro, gli dico: “Usami un pixel, due pixel, tre pixel, quattro pixel di tolleranza”. Quindi cosa vuol dire? Che lui, se vede in uno spazio di un pixel un cambiamento di colore, lo segna. Se gli dico che la tolleranza è a quattro, mi piglia solo i cambiamenti oltre quella soglia di tolleranza. Nella fattispecie adesso non ricordo quel Fotoshop, siamo nel 2002, quale algoritmo d’identificazione del contrasto usasse. Ci vorrebbe mica poco, si piglia una copia di Fotoshop prima edizione, era l’8 forse, si apre e si guarda qual era l’algoritmo usato. E’ relativo, perché il motivo… lei probabilmente usa bene i filtri, sa che uno si mette lì, prova il filtro e vede… “questo filtro, questo find edge, sta funzionando?” “No, non vedo bene” “Proviamone un altro” e si va avanti finché non se ne trova uno che mette in evidenza qualcosa. E’ chiaro che il filtro non evidenzia cose che non esistono. Un passaggio di colore è un passaggio di colore, non me lo può inventare. L’unica cosa…
GIUDICE – Scusi dottore, mi conferma l’osservazione di premessa da parte del professor BALOSSINO e cioè che, a seconda del tipo di filtro, chiamiamolo così, o di algoritmo, come più specificatamente aveva detto lei, utilizzato, possono cambiare i parametri…
DOTT. GAVAZZENI – Ogni algoritmo che sta dietro un filtro cambia, sì, assolutamente, i parametri, nel senso che se li applica può avere quelli che le fanno vedere solo un certo tipo di movimento cromatico, quelli che fanno vedere altro. E’ ovvio che, quando noi siamo andati a scegliere, abbiamo cercato quello che mostrava di più, perché avevamo bisogno di vedere. Quindi li abbiamo provati allora tutti e abbiamo preso quello che ci dava più output d’immagine, che ci dava più definizione.
(..)
PROF. BALOSSINO – Non riesco a capire questo discorso dei più output, non riesco anche a capire come sia possibile che un filtro derivativo, che quindi mette in evidenza delle differenze di livelli di grigio, funzioni su un pixel solo, visto che per fare una derivata devo avere almeno due pixel.
DOTT. GAVAZZENI – Ho detto una tolleranza di un pixel, non su un pixel solo perché sennò me lo isola.
PROF. BALOSSINO – Comunque tutti i filtri che fanno il find edge usano delle maschere che sono dispari, quindi tre per tre, cinque per cinque, sette per sette, e i filtri che sono utilizzati nella letteratura scientifica dell’elaborazione d’immagine sono quelli che ho nominato prima e conducono a dei valori diversi, com’è stato giustamente detto anche da lei. Oltre a produrre sulla stessa immagine dei valori diversi, se cambia immagine, se sull’immagine applico miglioramento di qualità, delle LUT, delle (..) in cui cambiano la distribuzione dei livelli di luminanza, cambia anche il tipo d’immagine in cui cambia la dimensione dell’immagine che può essere stata scalata per esempio, lo stesso filtro produce…
DOTT. GAVAZZENI – No, assolutamente.
PROF. BALOSSINO – …dei risultati diversi.
DOTT. GAVAZZENI – Cioè, certo.
PROF. BALOSSINO – Allora io mi chiedo che senso possa avere prendere in considerazione un’immagine che ha certe caratteristiche, che sono quelle che potete vedere proiettate sul muro, con un’altra immagine, che è quella del vivente, che ha delle altre caratteristiche. Cioè, sto facendo passare un filtro… (..)..su due immagini completamente diverse.
DOTT. GAVAZZENI – Capisco, noi non abbiamo creato una metodologia identificativa sulle varie immagini paragonandole. Noi abbiamo fatto vedere altre immagini di altra risoluzione, di altra tipologia, completamente diverse, applicando lo stesso filtro e ottenendo oggettivamente dei risultati esteticamente diversi, ma con un comportamento uguale. Per farle un esempio, noi fotografiamo un lago e continuiamo a fotografarlo, usiamo cento filtri e vediamo che il comportamento della luce è sempre lo stesso, quelle piccole increspature mi vengono viste. Ovvio che se ci butto un sasso dentro che mi fa una serie concentrica di onde, quando fotografo e uso il filtro ho un risultato diverso. Questo cosa vuol dire? Che posso avere quelle increspature segnate più o meno forti, ma si comportano uguali. Se hanno un flusso, una direzione, l’hanno sempre, in tutte le immagini. Quel flusso non è che è uguale, però mi dice che… per dare un esempio nello specifico, i capelli, i capelli creano delle striature, cioè dei movimenti molto irregolari. Le superfici lisce creano dei movimenti concentrici. Anche su una superficie regolare, io prendo la mia mano, la metto così e la faccio bella liscia, di marmo, la fotografo da dove è lei e la guardo, vedrò tutta una serie concentrica dei profili che vanno a stringersi, che è il movimento della luce su quella superficie, se poi c’è un riflesso lo vedrò più forte. Ora, lo stesso è il filtro, cioè non è che mi ha dato la stessa risultanza, era impossibile, me la può dare solo su due immagini identiche la stessa risultanza, però mi dice che si comportano uguali, che è una cosa che io uso per definire e dire: “Beh, si comportano uguali, quindi presumibilmente hanno la stessa materia e la stessa risposta”.
(..)
DOTT. GAVAZZENI – Di sicuro noi, prima cosa, non abbiamo ingrandito nessuna cosa digitalmente. Gli ingrandimenti li abbiamo fatti scansendo a maggior risoluzione per spiegare quello che prima finalmente è stato spiegato, perché sentivo usare impropriamente “la risoluzione delle immagini”. Si parla di risoluzione della immagini solo in stampa, si misura in dots per inch, DPI, e vuol dire “punti per pollice”. Per cui un’immagine di due centimetri e cinquantaquattro scansita a ottomila punti per pollice, vuol dire che sarà larga ottomila punti. Quindi a seconda dello schermo che ho… se uso quello schermo lì per esempio sarà larga otto schermi, se uso questo sarà larga tre schermi. Per cui, come giustamente ha specificato prima, c’era un uso un po’ curioso di risoluzione. E’ meglio parlare di alta qualità delle immagini o bassa qualità. Nel nostro caso noi non abbiamo mai lavorato su un ingrandimento digitale. Gli ingrandimenti digitali usano degli algoritmi d’ingrandimento che s’immaginano cosa c’è tra due pixel e lo riempiono e quindi inventano un dato. Noi abbiamo lavorato su una scansione in risoluzione maggiore compatibile con quello che ritenevamo essere l’ottenibile dalla grana della fotografia, che comunque aveva i suoi limiti.
PROF. BALOSSINO – Mi scusi, ma gli algoritmi non inventano di certo. C’è un’interpolazione che può essere una cubica o un’interpolazione lineare, non è che inventino.
DOTT. GAVAZZENI – Sì, (..) o le cose così.
PROF. BALOSSINO – Beh, certo, ma non è che inventino…
DOTT. GAVAZZENI – No, lo so, ma mi mettono in mezzo un pixel che non esiste.
PROF. BALOSSINO – C’è una struttura matematica ben evidente sotto, perché altrimenti non faremmo mai le zoommate.
DOTT. GAVAZZENI – Infatti le zoommate fatte con qualunque algoritmo, qualunque sia, sono orribili, cioè vedono lontano un chilometro e sono brutte.
(..)
PROF. BALOSSINO – Un’altra domanda riguarda gli istogrammi. Cioè, mi chiedo, voi avete utilizzato l’istogramma come strumento per mettere in evidenza il fatto che sull’immagine del cadavere ci fossero delle zone bianche. Allora la domanda che le pongo è questa, due anzi: l’istogramma è uno strumento d’indagine per capire il contenuto dell’immagine? Seconda domanda: l’istogramma che voi avete tirato fuori da quest’immagine era un istogramma che rispecchia i canoni dell’acquisizione ottimale d i un’immagine oppure no?
DOTT. GAVAZZENI – Allora, l’istogramma, soprattutto quello lì che è l’istogramma distributivo di Fotoshop, misura la ricorrenza di ogni singolo colore o sfumatura nell’immagine. Per cui graficamente mi fa vedere che una tot sfumatura è presente tante volte o tante altre. Si usa normalmente e propriamente per verificare, nella fotografia normale, se esistono delle zone bruciate. Se lei lo vede andare tutto nel nero o tutto nel bianco puro, zero, zero, zero, o due e cinquantacinque, due e cinquantacinque, due e cinquantacinque per l’RGB, sa che quella parte lì della foto manca, quel dato manca. Se lo vede all’interno del bianco assoluto o del nero assoluto, inizia a sapere che invece i dati sono tutti leggibili, poi è da vedere come. I due istogrammi che noi abbiamo messo a paragone li abbiamo messi a paragone semplicemente per valutare e vedere la presenza dei colori, cioè se c’erano, cosa mancava, e cosa non c’era, e per essere sicuri di non essere, tra virgolette, falsati da delle bruciature dell’immagine, se non ricordo male. (..) E’ affidabile la presa, relativamente, mettiamola così. Il problema è la sorgente. La sorgente, lo sappiamo, è un’immagine scattata con un teleobiettivo e ingrandita, per cui sgranata. La grana della pellicola ne ha risentito sensibilmente, per cui relativamente, cioè non è un dato assoluto quell’istogramma, è indicativo per noi.
PROF. BALOSSINO – Quindi il picco dell’istogramma era verso il nero o verso il bianco? La mia domanda era: l’istogramma di questa immagine era un istogramma che secondo i canoni dell’elaborazione di immagini rispecchia un’immagine ben acquisita oppure era completamente…
DOTT. GAVAZZENI – A mio avviso c’era pochissima presenza, se ricordo bene il grafico, perché ora dovrei dargli un occhio. Ma, prima cosa, non c’erano bianchi bruciati eccessivi, se non sbaglio, comunque finiva sul nero, ma con pochissime ricorrenze sul nero puro, con “pochissime” intendo… o sul bianco, adesso non mi ricordo chi c’era a inizio scala. Ma intendo una percentuale irrisoria, l’1% della casistica cromatica dell’immagine, forse anche meno.
PROF. BALOSSINO – Quindi il picco dov’era?
DOTT. GAVAZZENI – Il picco era nei grigi, dove avevamo i dati normali, cioè al centro dei grigi… dell’arco dei grigi.
PROF. BALOSSINO – Quindi, secondo la visione, se il picco era nei grigi, nei grigi non si vede nulla. Perché l’istogramma, affinché sia analizzabile… di un’immagine, affinché porti del contributo (..) significativo deve tendere verso il nero. Se era nel grigio…
DOTT. GAVAZZENI – No, no, aspetti, se lei ha un istogramma di un’immagine con un picco nel nero, è nera l’immagine.
PROF. BALOSSINO – Non ho detto nero. Senta, quello che le dico, non ho detto nero. Tende verso il nero, non è certo nel grigio, non è nella metà, ma è tra la metà e il nero.
DOTT. GAVAZZENI – Ma noi abbiamo un’immagine chiara. Infatti l’immagine chiara è caratterizzata dall’istogramma verso i chiari.
PROF. BALOSSINO – Quindi mi sta dicendo che quell’immagine era sovraesposta?
DOTT. GAVAZZENI – Leggermente sovraesposta, non sovraesposta.
PROF. BALOSSINO – Quindi vuol dire che le zone bianche che stiamo vedendo sono dovute alla sovraesposizione.
DOTT. GAVAZZENI – No, no, perché sennò andrebbe oltre. Io vedo una zona bianca, la sovraesposizione non si inventa un colore in mezzo a una macchia nera.
PROF. BALOSSINO – Ma scusi, oltre che cosa? Mi scusi, oltre che cosa?
DOTT. GAVAZZENI – Nel senso, lei mi dice: “Quelle zone bianche sono dovute sovraesposizione”.
PROF. BALOSSINO – No, la sua risposta: “No, no, non è vero perché andrebbe oltre”. Oltre che cosa?
DOTT. GAVAZZENI – Oltre alla singola macchia bianca. Lei mi dice: “Le macchie bianche che vediamo sono sovraesposte”. No, sarebbero molto… per quelle che analizziamo noi, sarebbero molto più ampie, andrebbero oltre.
PROF. BALOSSINO – Cambio la domanda, mi scusi. Ma l’istogramma dei livelli di grigio, e torno a parlare di livelli di grigio, è un metodo di riconoscimento di forme, di pattern recognition?
DOTT. GAVAZZENI – No, no, è stato un sistema nostro semplicemente atto ad accertare, toglierci dubbi. Io vorrei esser chiaro. L’argomento, come voi sapete, vi siete accorti, è difficile. Cioè, fare una valutazione in questa maniera, senza gli strumenti e i mezzi anche economici per poter accedere ai laser, per esempio, della Laica, 36.000 euro il più economico, però lo sogno da anni, dicevo, è difficilissimo. Per cui tutto quello che potevamo fare, in qualunque direzione, solo per avere consolazione, supporto, certezza, un dato in più empirico, magari neanche usabile, l’abbiamo fatto, perché lo scopo nostro era avere il maggior numero di dati possibili e poi cercare da lì di capirne qualcosa.
(..)
DOTT.SSA CARLESI – Esattamente questo, che, come avevo accennato prima, c’è una parte assolutamente interpretativa e quindi rispetto le obiezioni in merito a questo. Io sono fermamente convinta perché, andando poi a fare non un paragone improprio per… nel tecnicismo, ad esempio, quando ho fotografato, perché ero in sala, la salma del professor NARDUCCI e il professor PIERUCCI che era inginocchiato, e forse l’ho riportato anche in relazione quella… e ho applicato il filtro, ma non volevo estenderlo a tutta l’immagine, in realtà il comportamento del filtro sulla capigliatura no, sulla testa del professor PIERUCCI ha reso esattamente anche quello che lui si rade, ad esempio, perché non è del tutto calvo il professor PIERUCCI. Ed è quello che ho detto: “Ma guarda che stranezza”, era una cosa del tutto empirica e non voluta. Di lì è nata la curiosità più che… allora, se il filtro è in grado di leggermi il capello della salma del professor NARDUCCI, ma nel contempo mi legge così bene l’andamento proprio della testa del professor PIERUCCI, che è in grado di farmi vedere dove va a radersi e invece io ad occhio nudo lo vedo calvo, siamo andati a vedere la capigliatura del professor NARDUCCI bagnata, come si comporta il filtro, il professor NARDUCCI a testa rasata e l’altro. Capisco e prevengo obiezioni di ordine molto tecnico. In realtà, come molte volte succede anche in medicina, le scoperte sono casuali e questa era una curiosità intellettuale. Non è però così lontano dall’applicazione forense perché, le ripeto, in Francia l’uso del find edge sulle lesioni da morso, ad esempio, è utilizzato ed è utile per maggior chiarezza proprio della clinica, sia la ripresa a luci ultraviolette dell’immagine e la sua lettura con il find edge. Quindi non è così lontana e peregrina la mia voglia di vedere cosa succedeva. Poi in realtà le immagini sono lì, parlano e, al di là del tecnicismo così preciso che le riconosco, ognuno può trarne le considerazioni che crede. Io, ripeto, sono fermamente convinta di quello che ho scritto. Lo rimarrò così, ma non ciecamente. Ripeto, c’è stata una curiosità di applicazione di un metodo che probabilmente, con il distinguo che lei sta facendo adesso, mi rendo conto che può anche essere empirico, parliamo anche del 2002, in realtà è molto… non so, dice molto, ecco. Questa è la mia opinione, rimango della mia opinione. E le riconosco invece il margine interpretativo, e non mi sogno nemmeno di andare a controbattere nel tecnicismo, io rimango della mia opinione e offro tutta la comprensione intellettuale a chi non la pensa… ad esempio, i RIS che non hanno voglia di sbilanciarsi su cose che, capisco, il margine non è così affidabile. Se io voglio dare una risposta certa, allora dovrei ritirare questo, perché ho qualche conforto in letteratura, ma non così… Sì, vado a vedere, le lesioni (da morso) sono la cose che più si avvicina a quello che io ho detto per la texture del tessuto, perché io vado a vedere le lesioni preclinico, con trucchi… trucchi, accorgimenti fotografici. Prendo luce violetta incidente a 45 gradi, fotografo e poi applico il tutto. Lì vedo qualcosa che è ecchimotico sotto e deve ancora venir fuori. E poi ho il conforto della clinica dopo. Quindi non è così peregrino. Ripeto, rimango della mia opinione, parlo del 2002, parlo di una cosa venuta così, le immagini sono comparabili, ognuno… ovviamente c’è un margine interpretativo che rispetto.
(..)
PROF. BALOSSINO – Anche io parlo del 2002, Fotoshop non è un… anche se esiste un libro che dice “elaborazioni di immagini forensi con Fotoshop”, Fotoshop non è un software per fare elaborazioni di immagini. Questa è la prima cosa che io dico ai miei studenti quando inizio il corso di elaborazione di immagini e dico: “Volete sapere il perché? Perché utilizza algoritmi senza dirvi come li utilizza, tranne una possibilità di fare alcuni filtri dell’utente”. Fotoshop è un software per fare foto-ritocco. Nel 2002 esistevano già altri software per fare elaborazioni di immagini, per esempio il vetusto Mat-Lab, che è un software di largo impiego, sul quale l’utente può scriversi gli algoritmi e poi analizzarli sulla base di ciò che uno ha scritto, di ciò che uno sta facendo, di ciò che uno ha applicato e quindi non viene utilizzato a scatola chiusa. Per quanto riguarda l’evidenza del capillizio, bisogna sempre tenere in considerazione quello che è emerso oggi e cioè la dimensione dell’immagine e un’altra cosa di cui non si è parlato, ma è molto importante, il formato con cui l’immagine è stata memorizzata. Perché ci sono alcuni formati che prevedono una compressione… tipo il Jpeg, che è un acronimo che di certo voi conoscete. Se io comprimo con il Jpeg, l’immagine viene tassellata e allora lì tutto quello che ho tirato fuori con un’immagine non compressa la vedo distorta in questa forma di compressione. Quindi non è così evidente l’applicazione dei sistemi di evidenziazione dei contorni, perché, se così fosse, non esisterebbe una nutrita letteratura internazionale sui metodi di estrazione dei contorni che si basano poi sulla particolare immagine alla quale ci si riferisce.
(..)
DOTT. GAVAZZENI – Volevo solo confermare che sono stato amministratore delegato di una società di grafica e informatica per cinque anni, la Virtucom Informatica con sede in via Montenapoleone a Milano, angolo Sant’Andrea, e la prima cosa che dicevo ai miei dipendenti è: “Impara a usare Fotoshop”, poi dopo si vedeva. Capisco che… ma se non lo sanno usare…
GIUDICE – Approcci diversi.
(..)
AVV. POMANTI – Dottoressa, sui rilievi che le sono stati svolti dal RIS rispetto alla sua consulenza, lei oggi ha risposto al contrario, cioè quello in realtà… cosa ne pensa di quelli che sono i rilievi del RIS. Ma sul contrario, su quelli che hanno formulato nei suoi confronti, rispetto alle misurazioni, il metodo da lei usato, ha qualcosa da replicare? Perché credo che non c’entri nulla il fatto che siano passati sette anni e vi siano apparecchi informatici diversi. Cioè, le fanno misurazioni di calcolo, rilievi di calcolo, tutta una serie di punti, osservazioni.
DOTT.SSA CARLESI – Nella critica il metodo che ho applicato io?
AVV. POMANTI – Certo.
DOTT.SSA CARLESI – Certo, è quello che io ho detto in premessa. Il gap di sei anni invece c’entra, avvocato.
AVV. POMANTI – Perché?
DOTT.SSA CARLESI – Perché se io sei anni fa avessi avuto a disposizione una cosa così sofisticata e così, a mio avviso, attendibile, l’avrei usata. Quindi è una critica che non… la condivido, non c’è nessun problema. Capisco che sarei molto più contenta di aver utilizzato un metodo così. La cosa, ripeto, l’ho chiamata prima suggestiva è che, pur nella cosa più empirica fatta da me, la stima è la stessa e con le correzioni dovute a un metodo che…
AVV. POMANTI – Ecco, era la seconda domanda.
DOTT.SSA CARLESI – …(..) arrivo a una stima che fanno anche gli altri consulenti.
AVV. POMANTI – Questa correzione proprio, lei diceva 10-12%…
DOTT.SSA CARLESI – No, 10-12 centimetri.
AVV. POMANTI – 10-12 centimetri, lei a un certo punto ha detto perché da una lettura, da letteratura antropometrica c’è questo scarto che comunque bisogna mettere in considerazione. Ho capito male o era una…
DOTT.SSA CARLESI – No. Data l’aleatorietà della presa dei punti in quell’immagine, cosa che condivido, perché se io utilizzo…
AVV. POMANTI – Quindi, chiedo scusa, c’è anche nel metodo utilizzato dal RIS?
DOTT.SSA CARLESI – No, no. Se io utilizzo un metodo empirico come quello utilizzato da me, e parzialmente quello utilizzato dai consulenti di controparte, e non applico una tolleranza del metodo, in virtù proprio… perché io agisco su una foto bidimensionale, non ho in chiaro il punto testa, il punto piede, posso avere delle variabili, allora devo apporre una prima valutazione di stima, che dico: “Per me è qui e per me è là”, però le obiezioni poste me le ero poste prima io.
AVV. POMANTI – Ma, rispetto a quello che ha detto il RIS, a domanda del Giudice e domanda di tutte le altre parti, quando gli si dice come si può avere certezza che quello sia il punto centrale, anche loro stessi hanno detto: “Ma noi lo individuiamo, però ci può essere uno scarto”. Tant’è che, a domanda del Giudice, dice: “Mah, può essere anche uno scarto di 3 centimetri”. Io con un metro, da ignorante, mi sono misurato un pezzo della mia testa e ho detto: “Se il mio punto è questo, ma in realtà è questo qua, ho uno scarto che non sono 3 centimetri, ma vado quasi a 6-7 centimetri”. Allora domando, questa variazione nell’individuazione è una variazione che possiamo trovare anche nel metodo utilizzato dal RIS?
DOTT.SSA CARLESI – No, nella forchetta di tolleranza del metodo, proprio perché prendono tanti punti di un punto ritenuto punto vertice…
AVV. POMANTI – Ecco, questo non sapevo.
DOTT.SSA CARLESI – Prendono tanti punti, tracciano tante… l’ho sentito qui, io non lo so.
AVV. POMANTI – No, ma dico, della punta della testa tanti punti hanno preso?
DOTT.SSA CARLESI – Certo, l’ha detto prima qui.
AVV. POMANTI – E quindi?
DOTT.SSA CARLESI – Quindi, tracciando tante rette, incrociandole con gli altri tre punti che ricordava il colonnello…
AVV. POMANTI – Diventano un’infinità di rette.
DOTT.SSA CARLESI – No, diventa su quell’unico punto su cui può esserci aleatorietà…
AVV. POMANTI – Una media.
DOTT.SSA CARLESI – …riduce la forchetta di…
AVV. POMANTI – Ecco, me lo può spiegare meglio questo?
DOTT. GAVAZZENI – Deve chiederlo a loro, non l’abbiamo fatto noi.
DOTT.SSA CARLESI – Quello che ho capito…
AVV. POMANTI – No, siccome condivide…
DOTT.SSA CARLESI – …è il metodo utilizzato, non è il mio metodo.
AVV. POMANTI – No, siccome lo condivide e dice che lo fa proprio, allora le chiedevo… io pensavo che diventa una serie infinita di rette. Cioè, se io sposto il punto…
DOTT.SSA CARLESI – No, perché poi io le devo interpolare e vedere dove si…
AVV. POMANTI – Sì, le interpoliamo come ci pare, ma da dove io individuo la parte finale dei piedi e la parte centrale della testa, se io non ho quel punto certo, in ogni caso ho dei dati variabili. Questo mi sembra che è un fatto…
DOTT.SSA CARLESI – Loro hanno il potere correttivo all’interno del loro metodo che riduce l’ampiezza…
AVV. POMANTI – Questo potere correttivo, voglio sapere, è un potere correttivo che deriva dal sistema informatico utilizzato?
DOTT.SSA CARLESI – Innanzitutto, io non… penso, quello che ho capito io, da quello che hanno detto. Io non lo sto utilizzando.
GIUDICE – Da quello che ho capito io, poi mi correggeranno se sbaglio, mi pare che il margine di correzione o meglio di concentrazione dei risultati derivi dall’in sé della stessa fotogrammetria. Nel senso, non possiamo ragionare nella prospettiva dell’unica immagine e delle varie alternative punto testa, punto piedi, ma dobbiamo farle collimare con la seconda immagine e quindi la concentrazione dei risultati è l’isolamento, in un’area sempre più circoscritta della convergenza dei punti…
AVV. POMANTI – Va a ridurre…
GIUDICE – …deriva dal fatto che io contemporaneamente quelle infinite rette, quelle numerosissime rette me le faccio passare e per i punti piedi-testa della prima fotografia e per i punti piedi-testa della seconda fotografia riportati nella scansione 3D.
(..)
DOTT.SSA CARLESI – Io ho capito così, per cui questo consente una chiusura della forchetta di tolleranza, che ovviamente rimane implicito in ogni metodo, secondo me. Però le consente di non aprirla 10-12 centimetri, perché più è empirico il metodo e più decido io senza riprova di una lettura che mi ritorna indietro tridimensionalmente per cui io ho la ricostruzione… cioè senza ombra… un feedback matematico. Se il mio errore può incidere, allora io lo valuto più ampio. Ovviamente la mia tolleranza è stata solo in eccesso e non il classico più o meno della stima valutativa, perché vedo la lunghezza, lo vedo il punto, lo vedo che non posso arretrare.
AVV. POMANTI – Perfetto.
DOTT.SSA CARLESI – Quindi do una tolleranza sapendo di peccare in eccesso…
(..)
AVV. POMANTI – L’ultima domanda, se lei ha avuto modo di leggere la relazione del professor BALOSSINO, se ha dei rilievi tecnici riguardo le osservazioni che sono state fatte.
DOTT.SSA CARLESI – Ho i rilievi fotografici e anche…
AVV. POMANTI – Cioè, nella consulenza…
DOTT.SSA CARLESI – …(..) la sovrapposizione e la presa del meato acustico?
GIUDICE – Abbiamo una consulenza unica.
AVV. POMANTI – Esatto, sì, chiedo scusa, ci sono dei rilievi rispetto le osservazioni di misurazione, quei rilievi che sono stati fatti anche il RIS che lei sente di dover…
DOTT.SSA CARLESI – Sono concorde con quanto già detto dall’appuntato…
AVV. POMANTI – Di qualcosa di diverso che…
DOTT.SSA CARLESI – L’unica cosa che proprio non ho capito, la presa del meato acustico, il buco dell’orecchio, lo capisco ed è un’ottima presa di repere. Ma poi non ho capito come stimiate, ed è quello che lei mi imputa su quell’immagine da sempre, come stimiate il vertice.
PROF. TORRE – Non abbiamo stimato il vertice. Noi abbiamo preso quel punto di repere perché era quello più facilmente e non spostabilmente confrontabile con quello dei figuranti rappresentati dal RIS.
DOTT.SSA CARLESI – E allora veramente non ho capito come arriviate a un calcolo della lunghezza, partendo dal meato acustico, cioè questo che…
PROF. TORRE – Perché noi sappiamo che il figurante del RIS era alto 1 metro e 61. Noi vediamo che, pigliando una fotografia corretta, cioè con cinque bacchette invece che quattro…
DOTT.SSA CARLESI – Ah no, allora lo ritengo un po’ improprio, un po’ spannometrico.
PROF. TORRE – Come mai?
DOTT.SSA CARLESI – Perché, uno, c’è un margine di correzione che è stato detto qui, che, se quattro punti neri della piastrella mi diventano due, dimezzo anche poi tutto il successivo calcolo. Due, ci si basa sul rilievo fatto dai RIS con altra finalità. Io sì che so quanto è lungo, ma poi le vostre variabili sia sull’acquisizione dell’immagine, sia sulla presa della striscia che occupa (..), eccetera, cioè, cambiare il gap della metà allora è tanto.
PROF. TORRE – Questo sì, ma volevo solo dire, cosa vuol dire… se io uso un dato obiettivo con diverse finalità non capisco cosa voglia dire.
DOTT.SSA CARLESI – No, perché poi andate a dire che non è nella stessa posizione… andate a fare dei distinguo sull’immagine dei RIS che non avevano questa finalità di determinarne la lunghezza, ma solo di verificare la bontà del metodo utilizzato. Allora, di qui, da una vostra premessa secondo me non del tutto corretta, da un errore tecnico valutabile e valutato, e fermandoci al meato acustico, io sinceramente… è spannometrico. Allora perché dico di qua a qua, allora io posso… visto che è in ombra, chissà quanto c’è, è turricefalo, è brachicefalo. Insomma, rimane una x e una sovrapposizione non del tutto metodologicamente corretta. Questa è la mia opinione.
PROF. BALOSSINO – Noi non abbiamo però preso il meato acustico, il vertex.
DOTT.SSA CARLESI – No, appunto…
PROF. BALOSSINO – Però il meato acustico ce l’hanno tutti più o meno nella stessa posizione.
DOTT.SSA CARLESI – …(..) meato acustico e secondo me è poco. E’ poco perché c’è un tratto x…
PROF. BALOSSINO – Ma lei continua ad andare verso l’alto, noi non siamo andati verso l’alto, perché non vediamo la sommità del capo, non l’abbiamo proprio presa in considerazione.
DOTT.SSA CARLESI – E’ questo il limite secondo me.
PROF. BALOSSINO – La geometria dell’ambiente…
GIUDICE – E’ il parametro differente. Il vostro è un lavoro che è stato fatto sui figuranti, quindi lavoro fatto sui figuranti con le caratteristiche oggi spiegate dai consulenti del RIS, c’è disomogeneità, nel senso che non si trattava di un lavoro fatto per misurazione in positivo, ma si trattava di un metodo di validazione, di un sistema di validazione del metodo utilizzato. Sotto questo profilo, voglio dire, rimane il fatto della bontà dal punto di vista empirico delle vostre considerazioni, fermo restando quel punto interrogativo che vi è stato contestato a proposito del pixel, cioè sostanzialmente della grana…
PROF. BALOSSINO – Sì, però noi non è che abbiamo detto quale sia la misura esatta al centesimo di millimetro, non abbiamo detto 182,327, sto buttando giù dei valori a caso. Abbiamo detto che, secondo le sperimentazioni da noi condotte, che sono partite dal fatto che i RIS dicevano che dovevano essere delle elaborazioni per validare l’altra metodologia, noi abbiamo detto: “Non è lungo 160,5 centimetri, ma lo è di più”, ci siamo spinti a dire 173,5 e non virgola 527, virgola 5. Poi abbiamo messo le altre correzioni, ma ci siamo sempre espressi, signor Giudice… abbiamo sempre detto circa proprio perché sapevamo che era una misura che deve tenere in considerazione un’elongazione, una lunghezza e non dovevamo spingerci al centesimo di millimetro di tolleranza. Vedi: Sentenza Micheli Pag. da 562 a 604

17 Giugno 2009 Seconda udienza preliminare procedimento 2782/05/21 per omicidio e associazione per delinquere
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