Mostro di Firenze, ultimo atto: il giudice decide se archiviare o indagare ancora. La figlia di Nadine: “non vi fermate”

Sandro Bennucci

Mostro di Firenze: ultimo atto? Domani, 25 ottobre 2023, a 38 anni dal duplice delitto degli Scopeti (9 settembre 1985), dove furono uccisi il 25enne Jean-Michel Kraveichvili e la 36enne Nadine Mauriot, i misteri del ‘mostro’ arriveranno a un bivio: chiudere l’ultimo fascicolo, lo stralcio che era stato aperto per la presunta manomissione della cartuccia Winchester rinvenuta nell’orto di Pacciani a Mercatale Val di Pesa nel 1992, oppure indagare ancora. La decisione è nelle mani del giudice Anna Liguori, che dovrà pronunciarsi sull’opposizione all’archiviazione proposta dall’avvocato Vieri Adriani, legale dei parenti della Mauriot.

La lapide che ricorda Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, che fu anche danneggiata agli Scopeti

La figlia di Nadine Mauriot, Anne Lanciotti, è arrivata a Firenze per chiedere che s’indaghi ancora, che si faccia luce sui delitti, per capire se la giustizia italiana è in grado, grazie a tecnologie che prima non c’erano, di capire chi e perchè ammazzò o fece ammazzare quei giovani che ebbero l’unica colpa di appartarsi nella campagna intorno a Firenze per cercare un po’ d’intimità.

Anche chi scrive queste righe, cronista de “La Nazione” in prima linea anche negli anni del “mostro”, che arrivò sulla piazzola degli Scopeti qualche ora dopo la scoperta dei cadaveri, si augura che gli investigatori non si fermino. E, anzi, facendo tesoro di errori del passato, sappiano ricostruire e seguire piste capaci di far individuare persone e fatti fin qui non emersi. O a compiere accertamenti finalmente decisivi su volti già noti.

“Sono venuta in Italia perchè io voglio la verità – ha detto Anne Lanciotti – voglio il rispetto e voglio la giustizia per le vittime. Sono in Italia per cercare di capire perchè i processi non hanno portato a una verità definitiva e perchè ci sono stati tanti errori a ripetizione nelle inchieste su quello che per me fu un femminicidio. Forse ci sono stati anche dei depistaggi”.

Il 9 settembre 1985, nella piazzola degli Scopeti, nel comune di San Casciano in Val di Pesa, il corpo della sua mamma, Nadine, fu trovato accanto a quello del fidanzato, il 25enne Jean-Michel: furono uccisi con una pistola calibro 22.

La coppia si era accampata con una tenda canadese. Prima che venissero trovati i cadaveri, Nadine e il fidanzato avevano cenato a Cerbaia, alla festa dell’Unità. Il cronista che scrive, mesi più tardi, andò alla Casa del Popolo di Cerbaia e parlò con un volontario che li aveva serviti a tavola. Non era mai stato ascoltato dai magistrati. Lo chiamarono dopo l’articolo su “La Nazione”.

Anne Lanciotti aveva cinque anni quando il cosiddetto “mostro” uccise la sua mamma. Ha raccontato la sua storia con l’avvocato Vieri Adriani e con Salvatore Maugeri, amico df’infanzia di Jean Michel. Il sogno di Anne sarebbe quello di poter rientrare in possesso delle ultime immagini della madre, scattate con la sua macchina fotografica poco prima di essere uccisa. Ma i 17 scatti della Nikon della coppia francese di cui i legali avevano ufficialmente chiesto la restituzione non sono ancora sbucati dai magazzini dei corpi di reato.

“Per me è ovvio che quelle foto hanno un’importanza immensa – ha detto Anne commossa – perchè esprimono gli ultimi momenti di gioia di mia madre con il suo fidanzato durante un viaggio in Italia. Vorrei vedere quelle foto che immortalano i suoi ultimi momenti di felicità”. Scoppiando in lacrime, la figlia di Nadine Mauriot ha confessato: “Mia madre era una persona allegra e molto dolce. Io la voglio ricordare come una donna sorridente che amava la vita”.

 Sia Anne Lanciotti che Salvatore Maugeri ritengono che la vicenda del “mostro” sia stata oggetto di depistaggi. Per loro, forse, i ‘compagni di merende’ potrebbero essere state dei comprimari o delle figure secondarie di una banda di criminali.

“Sono turbata dall’uso del termine ‘mostro’ – ha detto la figlia dell’ultima vittima – La parola mostro richiama la mitologia, esseri soprannaturali e quindi inafferabili mentre questi delitti sono opera di criminali con dei disturbi mentali gravi. A me interessa la giustizia, la verità su quei delitti, non certo ottenere un qualche risarcimento finanziario come figlia di una vittima”.

L’avvocato Vieri Adriani si augura che la magistratura “faccia quelle verifiche che finora non sono state fatte, che si indaghi fino in fondo, che non si lasci intenta ogni pista e ogni traccia portata alla luce”. Adriani è anche il legale che con un esposto ha consegnato l’ultimo indagato alla storia degli otto duplici omicidi, l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti. La posizione di Vigilanti, archiviata nel novembre del 2020 (“frettolosamente”, come scrive l’avvocato in una memoria aggiuntiva consegnata al giudice in vista dell’udienza di domani) è oggetto di un’altra richiesta di riapertura delle indagini. Ma se il giudice disponesse ulteriori approfondimenti, come auspica la parte civile, il fascicolo dell’ex legionario potrebbe essere acquisito. E da lì, suggerisce ancora Adriani, potrebbero essere approfondite questioni rimaste in sospeso.

L’elemento ritenuto più importante emerso, anche se a distanza di oltre 40 anni, dalle indagini sull’ex legionario pratese è un appunto su di lui redatto da un agente del Sisde nel novembre del 1985. Quell’appunto era firmato M.M., sigla di un agente del Sisde dell’epoca che risulta tutt’ora in vita e che Adriani auspica venga sentito “per chiedere a questo ufficiale come fosse venuto in possesso di tali informazioni”.

L’avvocato Adriani ha denunciato anche come molti reperti non si trovino più. Non è mai saltato fuori il calco dell’impronta di anfibio rinvenuta nei pressi dell’auto Golf di Stefano Baldi, ucciso con la fidanzata Susanna Cambi nelle campagne di Calenzano il 22 ottobre 1981. Non v’è traccia di immagini di un’altra orma di stivale militare impressa sul terreno della piazzola di Scopeti, vicino alla macchia dove il killer gettò il corpo di Kraveichvili.

Ecco, un attimo di stop: di quell’impronta, il cronista autore anche di questo articolo, scrisse su “La Nazione” il giorno dopo la scoperta dei cadaveri agli Scopeti. Come la scopri? Semplice: ascoltando da dietro un albero, le parole di due magistrati e del criminologo modenese professor De Fazio. Parlarono di un’orma “grande, probabilmente di una scarpa numero 45 o addirittura 46”.

Non esclusero che potesse essere dell’assassino. Poi qualcuno disse che poteva essere successiva al delitto: lasciata da un carabiniere o da un poliziotto. Ma esami ulteriori accertarono che quel tipo di suola non era mai appartenuta a forze di polizia italiane. Stop: chi scrive non sa altro. Ma chi ha indagato o indagherà, se l’inchiesta continuerà, potrà mettere insieme elementi preziosi.

Non si trovano nemmeno i 17 scatti della macchina fotografica Nikon della coppia francese, di cui i legali avevano ufficialmente chiesto la restituzione. “Ci è stato risposto che essi sono spariti proprio, come tutti gli altri reperti contestualmente richiesti”, scrive Adriani nella memoria presentata al giudice per opporsi alla richiesta di opposizione. Dove aggiunge: “Non si comprende allora, come possa adottarsi una decisione sulla presente richiesta di archiviazione senza conoscere l’esito definitivo di quella precedente richiesta”.

Così, mentre a Signa si gira un altro film sul “mostro”, partendo dalle prime due vittime, Antonio Lo Bianco e Barbara Locci (legate ai successivi delitti perchè uccise con la famigerata calibro 22), in tribunale va in scena la realtà. Lontana nel tempo ma devastante: non solo per la memoria.

Mostro di Firenze, ultimo atto: il giudice decide se archiviare o indagare ancora. La figlia di Nadine: “Non vi fermate!”

24 Ottobre 2023 Stampa: Firenze Post – Mostro di Firenze, ultimo atto: il giudice decide se archiviare o indagare ancora. La figlia di Nadine: “non vi fermate”
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