Il 22 Dicembre 2008 a seguito della sentenza emessa il 21 maggio 2008 vengono rilasciate le motivazioni alla sentenza Silvio De Luca per il processo a Francesco Calamandrei.

Queste le motivazioni:

Sentenza Francesco Calamandrei giudice De Luca 1

Sentenza Francesco Calamandrei giudice De Luca 2

Sentenza Francesco Calamandrei giudice De Luca 3

Sentenza Francesco Calamandrei giudice De Luca 4

Sentenza Francesco Calamandrei giudice De Luca 5

Questa la trascrizione:

Proc. n. 613/04 RG, GIP

Proc. n. 1277/03 RG, NR

CONTRO

CALAMANDREI FRANCESCO nato a San Casciano Val di Pesa il 27.8.1941 ed ivi residente in Piazza O. Pierozzi n. 18, libero, presente, difeso di fiducia dagli avv.ti Gabriele Zanobini e Nicola Zanobini entrambi del  foro di Firenze

IMPUTATO:

in concorso con VANNI Mario, LOTTI Giancarlo e PACCIANI Pietro, per quali si è proceduto separatamente, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, dei reati dettagliatamente descritti ai capi successivi, rafforzando il proposito criminoso dei correi, mediante la pattuizione con PACCIANI Pietro dell’esborso, di volta in volta, di somme di denaro, poi effettivamente consegnate, quale corrispettivo della consegna delle parti di corpo femminile da asportare in occasione degli omicidi. Nonché essendo presente sul luogo dell’omicidio sub A) di Scopeti – San Casciano accertato il 9 settembre 1985.

Con le aggravanti contestate nei singoli capi di imputazione e con l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 CP. trattandosi, per gli omicidi dal 1983 in poi, di delitti commessi al fine di procurarsi l’ impunità dagli altri reati precedentemente consumati, (segnatamente quelli relativi all’omicidio del 19 giugno 1982 in Baccaiano di Montespertoli) in quanto la commissione del delitto del 10 settembre 1983 in Giogoli di Scandicci, determinava la cessazione delle indagini a carico di VINCI Francesco, indagato per i reati commessi in precedenza e in grado di rendere dichiarazioni accusatorie a carico dei veri responsabili a lui noti.

A) delitto continuato di omicidio aggravato previsto dagli artt. 81 cpv., 110, 575, 577 n. 3, 61 n. 5 c.p., perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, agendo materialmente, il Vanni ed il Pacciani ed agevolando, (come recita testualmente la premessa generale contenuta prima dei capi di imputazione ascritti all’odierno imputato) il Lotti, l’attività delittuosa dei complici, mediante il controllo dei luoghi, esplodendo colpi di arma da fuoco con una pistola Beretta cal. 22 L.R. serie 70 ed utilizzando anche strumenti da punta e da taglio, agendo con premeditazione e profittando di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, cagionavano la morte di KRAVEICHVILI Jean M. e MAURIOT Nadine; Accertato in località Salve Regina di contrada Scopeti in Comune di S. Casciano Val di Pesa (Firenze), il 9 settembre 1985;

B) delitto di vilipendio di cadavere previsto dagli arti 81 cpv., 110, 410 II° co. c.p., perché, con più’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso come indicato nel capo A), mutilavano il cadavere di MAURIOT NADINE, asportando una zona del corpo in regione pubica e la mammella sinistra;

C) delitto di porto e detenzione illegale di arma comune da sparo previsto dagli artt. 81 cpv., 110, 61 n. 2 c.p., 2, 4, 7 legge n. 895/1967 e succ. modificazioni perché, in concorso come indicato nel capo A), al fine di commettere l’omicidio di cui al medesimo capo e nei tempi e luoghi ivi descritti, illegalmente detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola Beretta cal. 22 L.R. serie 70;

D) della contravvenzione prevista dagli artt. 110, 61 n. 2 c.p., 4 legge n. 110/1975, perché, in concorso come indicato nel capo A), al fine di commettere l’omicidio di cui al medesimo capo e nei tempi e luoghi ivi descritti, portavano fuori della propria abitazione armi da punta e taglio non meglio identificate;

E) delitto continuato di omicidio aggravato previsto dagli artt. 81 cpv., 110, 575, 577 n. 3, 61 n. 5 c.p., perché, con più” azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, agendo materialmente il Vanni ed il Pacciani ed agevolando, il Lotti, l’attività’ delittuosa dei complici, mediante il controllo dei luoghi, esplodendo colpi di arma da fuoco con una pistola Beretta cal. 22 L.R. serie 70 ed utilizzando anche strumenti da punta e da taglio, agendo con premeditazione e profittando di circostanze di tempo, di luogo, e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, cagionavano la morte di PIA PONTINI e CLAUDIO STEFANACCI; In Vicchio di Mugello (Firenze), località La Boschetta il 29 Luglio 1984;

F) delitto di vilipendio di cadavere previsto dagli artt. 81 cpv., 110, 410 II° co. c.p., perché, con più’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso come indicato nel capo E), mutilavano il cadavere di RONTINI PIA, asportando una zona del corpo in regione pubica e la mammella sinistra;

G) delitto di omicidio aggravato previsto dagli artt. 81 cpv., 110, 575, 577 n. 3, 61 n. 5 c.p., perché, con più’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, agendo materialmente il Lotti unitamente al Pacciani, esplodendo entrambi colpi di arma da fuoco con una pistola Beretta cal. 22 L.R. serie 70, agendo con premeditazione e profittando di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, cagionavano la morte di MEYER Horst W. e RUSCH Jens U.; In località Giogoli di Scandicci, il 10 settembre 1983;

H) delitto continuato di omicidio aggravato previsto dagli artt. 81 cpv., 110, 575, 577 n. 3, 61 n. 5 c.p,, perché, con più’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, agendo materialmente il Vanni ed il Pacciani ed agevolando, il Lotti, l’ attività’ delittuosa dei complici, mediante il controllo dei luoghi, esplodendo colpi di arma da fuoco con una pistola Beretta cal. 22 L.R. serie 70, agendo con premeditazione e profittando di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, cagionavano la morte di MAINARDI Paolo e MIGLIORINI Antonella; In località Baccalano di Montespertoli, il 19 giugno 1982;

I) delitto continuato di porto e detenzione illegale di arma comune da sparo previsto dagli artt. 81 cpv., 110, 61 n. 2.c..p., 2, 4, 7 legge n. 895/1967 e succ. modificazioni, perché, con più’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso come indicato nei capi E), G), H), al fine di commettere gli episodi di omicidio di cui ai medesimi capi e nei tempi e luoghi ivi descritti, illegalmente detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola Beretta cai. 22 L.R. serie 70;

L) contravvenzione prevista dagli artt. 81 c.p., 110, 61 n. 2 c.p., 4 legge n. 110/1975 perché, con più’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso come indicato nel capo E), al fine di commettere l’episodio di omicidio di cui al medesimo capo e nei tempi e luoghi ivi descritti, portavano fuori della propria abitazione armi da punta e taglio non meglio identificate;

M) del delitto previsto dall’art. 416 c.p., per essersi associati tra loro, allo scopo di commettere, nella provincia di Firenze, i delitti di omicidio ai danni di giovani coppie appartate in auto di cui ai capi che precedono, organizzando minuziosamente, gli associati, una attività preventiva di osservazione delle vittime, dei luoghi e dei tempi in cui le medesime si appartavano e le abitudini delle stesse, attribuendo a ciascuno specifici compiti prima, durante e dopo l’esecuzione dei singoli delitti;

Identificate le persone offese in:

1) Frosali Pierina in Mainardi e Mainardi Adriana residenti in Montespertoli Via del Glicine n. 4 difensore di fiducia avv. Aldo Colao del Foro di Firenze, entrambe costituitisi parte civile per il tramite del loro difensore di fiducia all’udienza del 20.3.2007;

2) Mainardi Laura residente a Montespertoli Via del Glicine n.2, difensore di fiducia avv. Aldo Colao del Foro di Firenze costituitasi parte civile per il tramite del suo difensore di fiducia all’udienza del 20.3.12008;

3) Migliorini Renato residente a Montespertoli Via Mandorli n.6;

4) Meyer Georg ed Elfriede abitanti in Schilstrasse 22, D-W 2844 Lemforde-Germania, domiciliato presso lo studio dell’avv. Luca Saldarelli del Foro di Firenze;

5) Rush Waltraud abitante in Germania, Neustrasse 10, D-W 2190 Cuxhaven, domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia avv. Luca Saldarelli del Foro di Firenze, sostituito dall’avv. Adriano Saldarelli , come da nomina oggi prodotta, costituitosi parte civile per il tramite del suo difensore di fiducia all’udienza del 7.9.2007;

6) Fusaroli Bruna Romana residente in Vicchio di Mugello, Corso del Popolo n.36, difensore di fiducia Avv. Patrizio Pellegrini del Foro di Firenze;

7) Stefanacci Sauro residente a Vicchio di Mugello Corso del Popolo n.36, difensore di fiducia avv. Patrizio Pellegrini del Foro di Firenze;

8) Stefanacci Luca residente in Vicchio del Mugello Corso del Popolo n.36, difensore di fiducia avv. Patrizio Pellegrini del Foro di Firenze;

9) Kristensen Winnie residente a Vicchio (Firenze) Via Craducci n. 10, difensore di fiducia avv. Patrizio Pellegrini del Foro di Firenze costituitasi parte civile per il tramite del suo difensore di fiducia all’udienza del 20.3.2007;

10) Kraveichvili Serge Fernand abitante in 25400 – Audincourt 38 Grand Rue- Francia, difensore di fiducia Avv. Prof. Fabrizio Corbi del Foro di Firenze costituitosi parte civile per il tramite del suo difensore di fiducia all’udienza del 27.11.2007;

11) Kraveichivili Irene difensore di fiducia avv. Vieri Adriani del foro di Firenze costituitasi parte civile per il tramite del suo difensore di fiducia ‘all’udienza del 27.9.2007;

12) Mauriot Georges Roger e Saugier Jeanine Alice abitanti in Vandocount – Francia – 7 Rue d’Abbévillers difensore di fiducia Avv. Prof. Fabrizio Corbi del Foro di Firenze;

13) Maryse Mauriot domiciliata in Chambery – Francia, 634 Rue de Chanaz, difensore di fiducia avv. Fabrizio Corbi del foro di Firenze;

14) Estelle Lanciotti domiciliata in 23200 – Aubusson – Francia, 64 Rue Vaveix, difensore di fiducia Avv. Vieri Adriani del Foro di Firenze ;

15) Anne Lanciotti domiciliata in 5 Rue Chifflet – 25000 Besbacon – France, difensore di fiducia Avv. Vieri Adriani del Foro di Firenze

CONCLUSIONI RASSEGNATE DALLE PARTI:

P.M.: condanna dell’imputato in ordine a tute le ipotesi delittuose a lui contestate alla pena dell’ergastolo; difensori delle costituite parti civili si sono associati alla richiesta dei P.M. chiedendo la liquidazione di somme di denaro quale del risarcimento dei danni subiti; difensori dell’imputato assoluzione del loro assistito da tutte le ipotesi delittuose contestate con formula ampia

FATTO E DIRITTO

PREMESSA GENERALE

I reati contestati a Francesco CALAMANDREI: i quattro duplici omicidi commessi tra il 1982 ed il 1985

I fatti addebitati al Calamandrei sono solo quelli relativi agli ultimi 4 duplici omicidi e sono compresi nel più ampio genus relativo agli 8 duplici omicidi commessi tra il 1968 ed il 1985 con la stessa pistola cal. 22, tristemente noti, a livello nazionale ed internazionale, quali compiuti dal cd. “mostro di Firenze”. Deve subito sottolinearsi come i P.M. nell’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p., datato 29 maggio 2006, avevano contestato all’imputato anche il duplice delitto avvenuto in Calenzano il 23.10.1981, mentre nella successiva richiesta di rinvio a giudizio, datata 4 dicembre 2006, detta contestazione è venuta meno, sebbene nulla in punto di indagini fosse cambiato, se non la memoria depositata dal difensore dell’imputato dopo l’avviso di cui sopra. Evidentemente per il delitto di Calenzano mancavano gli esecutori materiali, dato che il Vanni era stato assolto, definitivamente, già con sentenza emessa in data 24.3.1998 dalla Corte d’Assise di Firenze, Il sez., confermata in grado d’Appello con sentenza emessa il 21.5.1999, passata poi in giudicato in data 26.10.2000, dunque, di gran lunga precedente alla formulazione del capo d’imputazione, mentre l’altro killer, il Lotti, non era mai stato neppure incriminato per detto delitto.

Peraltro tale limitazione esisteva già nella citata sentenza passata in giudicato della Corte di Assise di Firenze relativa al processo a carico di Vanni Mario e di Lotti Giancarlo, ritenuti dal P.M., unitamente al defunto Pacciani Pietro, correi del Calamandrei. La Corte di Assise, con la sua decisione, ha ritenuto che le prove raggiunte avevano permesso di accertare la responsabilità degli imputati per i delitti commessi dal 1982 in poi, cioè dal delitto di Baccaiano – Montespertoli a quello, finale, del 1985 di Scopeti.

Solo in merito a tali delitti, secondo il ragionamento della Corte di Assise, erano state raggiunte prove certe della responsabilità degli imputati Vanni e Lotti e, quantomeno indirettamente, del Pacciani. La confessione del Lotti e la chiamata di correo a carico dei due complici ha avuto un considerevole peso nella maturazione del convincimento di quei giudici e dei giudici di appello, che hanno confermato la decisione di primo grado. Per la verità, era anche stata raggiunta la prova della unicità dell’arma che aveva sparato in tutti i duplici omicidi dal 1968 in poi, ma i P.M. hanno ritenuto che tale elemento, da solo, non consentisse di ritenere raggiunta la prova per i delitti commessi prima del 1982. Gli elementi di prova raggiunti relativamente a tali 4 duplici omicidi si riferiscono alla ricostruzione delle condotte, come descritte  minuziosamente dal Lotti, che ha dimostrato di aver condiviso tali condotte criminose con Vanni e Pacciani solo a far data dal 1982 in poi. Occorre anche aggiungere, per la verità, che dagli atti sarebbe emerso un ulteriore elemento che, come si vedrà infra, porrebbe l’odierno imputato come presente addirittura sul luogo del primo duplice omicidio avvenuto nel lontano 1968, quantomeno in epoca successiva al fatto, ma anche tale elemento, come tanti altri del presente processo risulta del tutto privo di riscontri, essendo emerso solo nel memoriale redatto da Ciulli Mariella, consorte del Calamandrei, sulla quale occorrerà soffermarsi non poco nel prosieguo della presente trattazione. Il P.M., dunque, riportandosi alle conclusioni della citata sentenza della Corte d’Assise nelle imputazioni relative ai duplici omicidi contestavano al Calamandrei la sua partecipazione, quale mandante, avendo pattuito col Pacciani l’esborso di somme di denaro, relativamente ai duplici omicidi dei quali si erano resi autori materiali, oltre allo stesso Pacciani, anche gli imputati Vanni e Lotti nonché, almeno in parte, il medesimo Calamandrei. Questi, infatti, sarebbe stato presente fisicamente sul luogo dell’omicidio sub A) di Scopeti – San Casciano, accertato il 9 settembre 1985, ed avrebbe commissionato in prima persona tutti i duplici omicidi qui in contestazione “quale corrispettivo della consegna delle parti di corpo femminile da asportare in occasione degli omicidi”.

Il Calamandrei, quindi, si trova a rispondere nella richiesta di rinvio a giudizio dei P.M. dott. Canessa e dott. Crini dei fatti relativi ai delitti dal 1982 al 1985: – Omicidio 1982 In località Baccaiano di Montespertoli, ai danni di Mainardi Paolo e di Migliorini Antonella (in tal caso avvenuto senza l’asportazione di feticci femminili); – Omicidio 1983 a Giogoli ai danni di una coppia di giovani tedeschi di sesso maschile e, quindi, senza asportazione di feticci; – Omicidio 1984 Vicchio di Mugello ai danni di Pia Rontini e Claudio Stefanacci; – Omicidio 1985 Scopeti – San Casciano ai danni dei giovani francesi (in questo caso essendo stato egli stesso presente al fatto);

All’esito di una corposa fase d’indagine, protrattasi oltre ogni ragionevole limite a causa della stasi nelle indagini stesse dovuta alla controversa vicenda della costituzione del GIDES, il cui responsabile dott. Giuttari dal 1998 al 2001 era stato privato della direzione delle indagini per essere reintegrato solo a far data da quell’anno e dopo l’effettuazione di incidenti probatori disposti dal G.I.P. nei confronti sia di Ciulli Mariella (moglie separata dell’odierno imputato) onde accertarne la capacità di intendere e di volere ed il suo stato di salute psichica, nonché nei confronti dello stesso Vanni Mario (sentito dal G.I.P., sempre nell’ambito di incidente probatorio, a seguito di un colloquio carcerario svoltosi tra lo stesso e Nesi Lorenzo che aveva rivelato alcune circostanze, prima ignote agli inquirenti), nonché svariati verbali relativi sia all’audizione di pp.ii.ff. sia di sopralluoghi effettuati dalla P.G. di cui si terrà debito contro nella prosecuzione della presente trattazione, in data 7.12.2006 i P.M. formulavano la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del solo Calamandrei.

Nelle more l’imputato faceva richiesta, in data 10 marzo 2007, di essere giudicato nelle forme del rito abbreviato ex art. 438 e seg. C.p.p. ed il Giudicante, dopo aver ammesso l’imputato al rito speciale, fissava la prima

‘(come recita testualmente la premessa generale contenuta prima dei capi di imputazione ascritti all’odierno imputato)

udienza di trattazione per la data del 20.3.2007. Veniva poi compilato un calendario delle udienze che terminavano in data 8.5.2008. Il giudicante, poi, rinviava all’ulteriore data del 21.5.2008 per la lettura del dispositivo.

SUL CONTENUTO DEI CAPI D’IMPUTAZIONE

Relativamente ai capi d’imputazione debbono subito evidenziarsi alcune evidenti discrasie emerse dall’esame dell’incartamento processuale: in primis circa la contestata aggravante di cui all’art. 61 n. 2, che recita “al fine di commettere gli episodi di omicidio di cui ai medesimi capi E), G), H), e nei tempi e luoghi ivi descritti” (duplici omicidi avvenuti il 29.6.1982, il 10.9.1983 e il 29.7.1984) e non più, come invece era stato riportato nell’originario capo d’imputazione relativo all’avviso di conclusione delle indagini, “al fine di procurarsi l’impunità dagli altri reati precedentemente consumati”, e, dunque, da tutti gli altri duplici omicidi. Tuttavia anche tale indicazione appare errata dato che la citata circostanza aggravante può riferirsi solo al duplice omicidio dell’82, (duplice omicidio di cui al capo G) in quanto la commissione del delitto del 10 settembre dell’83 in Giogoli ha determinato la cessazione delle indagini a carico dell’allora imputato (e detenuto) Vinci Francesco e, dunque, va espunto da esso sia il riferimento al capo E) che quello al capo H) non potendosi ravvisare in questi ultimi delitti quel fine.

Altra contraddizione contenuta nei capi di imputazione ed in particolare in quelli sub H (duplice omicidio del 19 giugno 1982, in Montespertoli) e sub G) (duplice omicidio del 10 settembre 1983) è rappresentata dal fatto che in entrambi i casi non risulta che siano stati asportati i “feticci”: nel 1° caso, pur essendosi in presenza di una coppia eterosessuale, non essendo risultate escissioni sulla giovane donna, nell’altro trattandosi di due soggetti maschili.

1° prelevamento di parti anatomiche di donna è avvenuto con l’omicidio di Scandicci del 6 giugno dell’81: le escissioni, dunque, hanno avuto inizio nell’81 e sono avvenute in entrambi i duplici omicidi di quell’anno, sebbene all’odierno imputato non risultano contestati in quanto all’epoca, quantomeno secondo l’impostazione accusatoria, ancora non vi erano mandanti, emersi solo a far data dal duplice omicidio dell’82. Si pone allora il problema se le escissioni, indubbiamente effettuate sui cadaveri delle due povere donne nell’81, debbano intendersi avvenute per il godimento personale dei killer o ordinate da altri “gaudenti mandanti”. In quest’ultimo caso, però, si pone il quesito relativo a chi fossero stati destinati, che fine avessero fatto e se fossero stati utilizzati per orge, messe nere e quant’altro. Certamente i “feticci” non potevano essere destinati ai partecipi dei “riti” della villa “la Sfacciata”, non essendovi alcun elemento che all’epoca portasse a detta pista.

Le modalità di commissione di questi delitti ad un certo punto cambiano e fanno doverosamente presumere che tale modificazione fosse avvenuta perché l’un gruppo, quello dei “dottori”, facente capo alla villa della Sfacciata, cominciò a finanziare l’altro gruppo (quello dei contadini) perché ciò facesse. Secondo l’assunto accusatorio il finanziatore non poteva che essere il Calamandrei, soggetto che avrebbe unito questi due gruppi nello scellerato disegno di sopprimere molte vite umane, a pagamento. Tuttavia nel duplice omicidio del 19 giugno 1982, in Montespertoli (vittime Mainardi e Migliorini) non risulta l’asportazione di “feticci” ed, egualmente, nel duplice omicidio del 9 settembre 1983, manca l’esportazione di “feticci” trattandosi di soggetti maschili.

Tale argomento inevitabilmente si intreccia con l’altra circostanza secondo cui i successivi duplici omicidi contestati sub E) (dupiice omicidio del 29 luglio 1984) ed A) (duplice omicidio del 9 settembre 1985) sono stati commessi, in entrambi i casi con asportazione da parte degli esecutori materiali dei feticci, allorché pacificamente la villa “La Sfacciata”, ove secondo l’assunto accusatorio dovevano essere portati per la loro destinazione alle orge e alle messe nere, era già stata abbandonata dall’inizio dell’anno 1984 a “gambe levate” (espressione efficacemente adoperata dai P.M. nelle loro requisitorie) da entrambi i personaggi che, secondo l’assunto accusatorio, avrebbero abitato la dependance della villa.

Infine, altra discrasia che deve evidenziarsi nei capi di imputazione è quella rappresentata dalla loro impostazione rispetto a quanto emerso dalle successive requisitorie ed assunti accusatori dei P.M.: secondo la premessa generale ai capi di imputazione l’odierno imputato, avendo agito in concorso con Vanni, Lotti e Pacciani, avrebbe “rafforzato” il proposito criminoso di costoro mediante pattuizione, con il solo Pacciani, dell’esborso, di volta in volta, di somme di denaro, poi effettivamente consegnate, quale corrispettivo della consegna delle parti di corpo femminile da asportare in occasione degli omicidi.

Orbene si versa in ipotesi del mandante “unico”, anche perché nel successivo capo M) si contesta, ancora al Calamandrei, unitamente ai tre citati imputati già giudicati separatamente, il reato associativo allo scopo di commettere nella provincia di Firenze i delitti di omicidio ai danni di “giovani coppie” di cui ai capi che precedono. Nelle requisitorie dei P.M.7, i quali non hanno provveduto, peraltro, a chiedere alcuna correzione dei capi di imputazione, invece, è stato prospettato un diverso evolversi dei fatti: in tale ambito il Calamandrei avrebbe ricoperto il ruolo di trait d’union tra il gruppo dei cd. “mandanti gaudenti”, termine adoperato testualmente proprio dai P.M., ed il gruppo degli esecutori materiali. Del 1° gruppo, tuttora non ben definito, avrebbero fatto parte alcuni, per così dire, “maggiorenti” che gravitavano nell’ambito di S. Casciano e che potevano identificarsi in un medico della malattie veneree, in medico oncologo, in un professore universitario ed in altri personaggi tra cui due che avrebbero assunto un’importanza decisiva (il “nero Ulisse” e il tedesco Parker, sui quali ci si soffermerà infra) alcuni dei quali, peraltro, tuttora da identificare compiutamente e non attinti, quantomeno per quel che emerge dalle attuali risultanze processuali, da alcun provvedimento giudiziario. A detto gruppo poi avrebbero fatto capo il militare Filippo Neri Toscano, all’epoca in servizio presso la stazione dei CC di S. Casciano, che secondo l’assunto accusatorio, che si basa per gran parte sulle dichiarazioni rese dal Lotti, avrebbe procurato ai killer le armi e i proiettili adoperati per i delitti, la cui posizione sarebbe attualmente al vaglio dell’A.G. di Firenze, nonché il dott. Francesco Narducci, su cui necessariamente ci si dovrà soffermare infra, il quale secondo, l’assunto accusatorio, avrebbe fatto parte a pieno titolo dei “mandanti gaudenti” e sarebbe stato legato in particolare proprio al Calamandrei, con il quale aveva stabilito stretti rapporti. A prescindere dalle obiettive risultanze processuali, in ordine alle quali ci si soffermerà infra, la contraddizione emergente dai capi di imputazione come contestati all’imputato e le citate conclusioni alle quali sono pervenuti i P.M. nella fase delle loro requisitorie appare di palmare evidenza.

Le dichiarazioni graduali di testi ed imputati.

Le persone che, nel corso del tempo, hanno rilasciato dichiarazioni testimoniali ritenute utili alla ricostruzione dei fatti sono intervenute per gradi, non essendo siate rilasciate in unica volta.

2 (v. in particolare il verbale delle deregistrazioni dell’udienza svoltasi in data 22.1.2008 pag. 86)

Questo vale per le dichiarazioni del Lotti e del Vanni, ma anche per le dichiarazioni rese dai principali protagonisti del presente proc. pen. Nesi, Pucci e Ghiribelli.

Le complesse indagini sui delitti attribuiti al c.d. Mostro di Firenze, sfociate in 3 fasi che hanno dato luogo a 3 processi.

A) L’AUTORE UNICO

B) PIU’ ESECUTORI MATERIALI – Pacciani, Vanni, Lotti: “I cd. compagni di merende”

C) Il| MANDANTE – presunte complicità di maggiore spessore.

A) II primo processo. La teoria dell’autore unico PIETRO PACCIANI. Le indagini tra il 1989 ed il 1994.

Nei primi anni le indagini si erano indirizzate su persone vicine alle vittime del primo delitto del 1968: Mele Stefano, condannato per quel delitto dalla Corte d’Assise d’Appello di Perugia, avendo la S.C. disposto l’annullamento della precedente sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze e rinviato gli atti a quella A.G. per nuovo giudizio, con sentenza passata in giudicato, Vinci Francesco e Vinci Salvatore (fratelli, Mele Giovanni e Mucciarini, che saranno tutti prosciolti dal Giudice Istruttore.

Successivamente esse si intensificarono, soprattutto negli anni 1989/90 e venne individuato Pietro Pacciani: iniziava, così, una complessa attività che avrebbe portato al processo del 1994 ed alla sua condanna in primo grado.

La prima caratteristica di questa fase dell’indagine, nata appunto alla fine degli anni 80, è quella dell’investigazione su un particolare ambiente legato al paese di San Casciano ed ai suoi dintorni. In quel momento, sebbene Pacciani risultasse l’unico indagato, procedendosi solo a suo carico, si venivano a delineare agli inquirenti figure a lui vicine. In primis veniva individuato Mario Vanni, postino di S. Casciano, che risultò vicinissimo al Pacciani. Costui venne sentito come teste in udienza dinanzi alla Corte d’Assise di 1° grado e, ancor prima che il P.M. gli ponesse la prima domanda, spontaneamente riferì la ormai famosa frase “si andava a fare qualche merenda…si frequentava qualche bar, si beveva un po’ di vino, si faceva qualche cena” (da qui poi il termine divenuto usuale di “compagni di merende”).

Già nella fase istruttoria di quel primo processo, ma soprattutto nel dibattimento, si delineò un quadro di apparenti “gaudenti” di paese, contadini, postini, e personaggi di simile estrazione sociale, quadro di cui facevano parte anche persone di più alto, per così dire, livello sociale, professionisti, quali avvocati del paese, (l’avv. Corsi, cugino dell’odierno imputato, che sarebbe stato processato e poi assolto dal reato di favoreggiamento contestatogli nell’ambito del processo VANNI), il farmacista (ed odierno imputato) Calamandrei, qualche medico, persone “cd. per bene” che non disdegnavano di passare qualche serata, a cena anche con il Vanni che cantava stornelli, faceva un po’ “la macchietta”, professava la sua fede politica inneggiando al duce o cantando canzoni del tipo “faccetta nera”. L’ambiente e quelle cene sicuramente erano innocui e innocenti passatempi tra persone dello stesso paese, pur se di estrazione sociale diversa.

Tale contesto era altro dalle abituali frequentazioni di alcuni imputati, quali Pacciani e Vanni, con prostitute, adeguate alla loro personalità. Nella sentenza della Corte d’Assise che giudicò Pacciani molto spazio fu dato, essendo ciò emerso nel dibattimento, alle figure di due prostitute Maria Antonietta Sperduto e Gabriella Ghiribelli che, oltre a prestarsi a soddisfare abitudini sessuali dei loro clienti risultava che facessero anche amori di gruppo, atti di voyeurismo, maghi o, almeno, qualche partecipante vestito da mago nei vari convegni, ecc.

Tali particolari emergenze non furono, tuttavia, particolarmente approfondite in quanto nel giudizio a carico del Pacciani rappresentavano circostanze irrilevanti e sostanzialmente secondarie ai fini della decisione. L’indagine all’epoca, infatti, era ben indirizzata sull’ipotesi di un autore unico di quei duplici omicidi.

Per questo motivo l’attenzione degli investigatori si focalizzò sulla figura di unico indagato che fu iscritto nel registro degli indagati cioè Pacciani. Alla luce dei successivi accadimenti può oggi sostenersi che ciò rappresentò certamente un grave errore perché dalle indagini svolte dalla polizia giudiziaria, già allora sussistevano forti indicazioni indirizzate ad una indagine più ampia, portata avanti solo successivamente. Le indicazioni, già presenti, di eventuali concorrenti nei delitti furono di fatto trascurate o, comunque, non furono assolutamente sviluppate. Occorre evidenziare che a quel tempo emerse, in verità, una reiterata indicazione a carico di una persona cd. “perbene” che sarebbe stata coinvolta nei delitti: essa venne effettuata ai Carabinieri – Nucleo di Polizia Giudiziaria della Procura di Firenze, i quali la presero anche in considerazione, tanto da effettuare una perquisizione domiciliare, con esito, ovviamente, negativo: ci si riferisce alle segnalazioni effettuate da Mariella Ciulli ancora prima della individuazione del Pacciani, indicando il marito Francesco Calamandrei ed altri insospettabili soggetti come coinvolti nei delitti. Tuttavia occorre subito sottolineare come lo stato psichico della Ciulli fosse già all’epoca del tutto alterato (come si avrà modo di esaminare infra nell’apposito capitolo) e che costei, oltre a tempestare letteralmente, in modo reiterato gli uffici delle varie forze di polizia, aveva chiamato in causa quali possibili autori degli omicidi i personaggi più disparati (dal dott. Vigna, allora Procuratore Agg. della Procura della Repubblica di Firenze, al filosofo Eugenio Garin, oltre ad una serie notevole di altri soggetti sui quali infra ci si soffermerà) con la conseguenza della sua assoluta non credibilità 3.

Il parere dell’F.B.I. La consulenza criminologia dell’Università di Modena.

L’ambiente dei compagni di merende e delle persone perbene non era all’attenzione degli investigatori, quantomeno come gruppo, in quanto si pensava all’autore unico. Vi era stata in proposito una indicazione tassativa da parte della scienza medico-legale secondo cui i delitti erano opera di un unico autore. Su tale impostazione convergevano all’epoca anche le indicazioni che venivano dalla Polizia, che aveva interpellato anche l’F.B.I., cui erano stati inviati gli atti. Gli investigatori americani fecero una loro valutazione delle scene del crimine, così come ricostruite all’epoca, senza indagini scientifiche sofisticate e le conclusioni furono anche in tal caso che si trattava di un autore unico. Come emergerà dalle successive indagini e dalle sentenze, fu un errore gravissimo che condizionò anni di indagini. Anche gli inquirenti furono portati su quella strada, trascurando aspetti che invece erano già ben presenti. Bisogna subito dire che gli studiosi (ben 5 professori universitari) effettuarono un’ “indagine peritale medico legale e criminologica in ordine alle valutazioni della dinamica materiale e psicologica dei duplici omicidi ad opera di ignoti verificatisi nella provincia di Firenze tra il 1968 ed il ì

3 (essendo, a quell’epoca, stata effettuata una accurata perquisizione nel frigorifero e nel freezer siti all’interno dell’abitazione dell’odierno imputato in cerca di “feticci” congelati, con esito, naturalmente, negativo).

1985”. Costoro cercarono di delineare il tipo d’autore sulla sola base delle autopsie, dei risultati degli accertamenti medico legali, dei risultati dei sopralluoghi della polizia giudiziaria, delle perizie balistiche e degli accertamenti della polizia scientifica. Ovviamente all’epoca mancava sia l’esperienza che le metodologie odierne. Le conclusioni furono del tutto univoche, avendo evidenziato il seguente responso: l’autore di quei delitti era uno psicopatico organizzato, che, pur non affetto da patologie mentali evidenti, presentava una particolare perversione di tipo sessuale a carattere individuale. La consulenza recitava testualmente “Siamo portati ad escludere che si tratti di un malato mentale….si tratta di un soggetto che è andato incontro, di delitto in delitto, ad una progressiva espansione di sapore paranoideo perché tendenzialmente volta a sottolineare in termini sempre più espliciti rispetto al passato il suo vissuto di onnipotenza”.

Queste teorie condizionarono pesantemente la fase della prima indagine, impedendo di approfondire quegli aspetti delle condotte e della vita del Pacciani. Non si ritenne, all’epoca, di dover approfondire alcune circostanze evidenti su tale personaggio, non nuovo, peraltro, alle cronache giudiziarie, risultando essere stato condannato in passato sia per il reato di omicidio che per quello di violenza sessuale ai danni delle proprie figliole: costui, già all’epoca, era stato ritenuto che avesse qualche consolidata amicizia, soprattutto con Mario Vanni, che insieme con lui frequentava prostitute, da solo e in compagnia, ma che era anche interessato alla magia ed alle “cose del diavolo”.

Le conclusioni cui erano pervenuti gli illustri esperti, tuttavia, vennero spazzate via al termine del processo a carico del Pacciani, svoltosi nel 1994 e conclusosi dopo 31 udienze. Il dibattimento aveva aggiunto elementi ulteriori rispetto all’indagine, come ben evidenziato dalla Corte di Assise di 1° grado di Firenze in una approfondita parte della motivazione della sentenza del 1 novembre 1994:’ “Un punto certamente non secondario dell’inchiesta verte sul concorso di eventuali complici nella commissione dei delitti ascritti al Pacciani….. se sulla scena dei delitti non risalta in maniera obiettiva l’intervento di eventuali complici, ciò, di per sé solo, non implica affatto che essi, uno o più, non possano essere stati presenti al momento della commissione di uno o di più episodi criminosi….. al contrario, anzi, di tale presenza vi è una prova sicura ed inequivoca nella deposizione del teste NESI Lorenzo, il quale la notte dell’uccisione dei giovani francesi aveva visto

4 (pagg. 444 e seguenti)

sfilare davanti a sé sulla via di Faltignano, in orario che si è visto essere perfettamente compatibile con quello di commissione del duplice omicidio, la Ford Fiesta del Pacciani, il quale aveva accanto a sé un individuo che il Nesi non era stato in grado di riconoscere ma che, stante la particolare situazione di tempo e di luogo, non poteva che essere strettamente intrinseco a lui, e, dunque, al crimine da poco commesso”.

In quel momento emergeva con grande determinazione la figura del Nesi, amico e compagno di cene e bevute soprattutto di Vanni, ma anche di Pacciani, il quale aveva sempre manifestato agli investigatori, ma non durante il dibattimento, di essere quasi certo di avere intravisto il Vanni in compagnia del Pacciani la notte del delitto ed avrebbe avuto modo di spiegare meglio tale circostanza nel successivo dibattimento a carico del Vanni.

Era chiaro che la scienza e I’F.B.I. non avevano aiutato le prime indagini. Anche il P.M aveva maturato la stessa convinzione dei giudici; infatti motivando la richiesta di condanna del Pacciani per i reati ascrittigli anticipava indirettamente la volontà di andare avanti nelle indagini descrivendo Pacciani come: “un figlio per fortuna eccezionale della nostra terra, un contadino scaltrissimo e perverso senza un’anima che si era contornato di uomini come lui squallidi e vecchi dentro che ha dominato sui compagni di merende che ancora lo temono con i quali ha condiviso sicuramente parte delle sue perversioni ed azioni”. All’epoca si riteneva sussistente una sola perversione, quella dell’autore materiale dei delitti. 5

Mario VANNI, il postino complice di PACCIANI.

Verso la fine dell’anno 1994 emersero alcune circostanze: il postino Mario Vanni era coinvolto, con Pacciani, almeno nell’ultimo duplice omicidio del 1985. Pacciani e Vanni frequentavano entrambi prostitute di bassissimo livello e, per quei che si sapeva all’epoca, quantomeno Vanni aveva amicizie e frequentazioni con persone cd. “per bene”. Lorenzo Nesi aveva fornito alcuni elementi utili all’indagine ed era al corrente, come si accerterà in un secondo momento, di altre notizie che inizialmente non aveva ritenuto di dover fornire agli inquirenti. Il Nesi, piccolo imprenditore titolare di una ditta di confezioni, era amico di vecchia data del Vanni e conoscente del Pacciani,

5 pagg. 444 e seguenti della sentenza

frequentatore a sua volta di cene e di qualche prostituta, compagno di bevute, al corrente di diverse cose, ed aveva deciso di collaborare con gli inquirenti. In epoca remota, nei primi anni 90, il Nesi era già intervenuto spontaneamente nel corso delle indagini a carico del Pacciani, fornendo una prima, precisa informazione. Quando, nel corso dell’istruttoria, Pacciani aveva negato di avere una pistola e la circostanza era comparsa sulla stampa, il Nesi si era presentato spontaneamente dal P.M. in data 8.11.1991, accompagnato da un legale, per riferire di aver appreso dallo stesso Pacciani, nel corso di una conversazione, che questi, con una pistola in mano, di sera al buio cacciava i fagiani su un albero ed aveva aggiunto “venivano giù come sassi”. Ed ancora, secondo quanto riportato nella motivazione della sentenza della Corte di Assise, allorché, nel corso del dibattimento, mentre si ricostruiva in aula il duplice omicidio del 1985 a Scopeti, sempre il Nesi si era presentato di nuovo spontaneamente una seconda volta in aula, raccontando di aver visto Pacciani poco lontano dal luogo del delitto con la sua auto, alla stessa ora, con una persona a bordo, aggiungendo, in seguito, che aveva sospettato si trattasse del Vanni, dimostrando ancora una volta la massima determinazione ma una grande cautela nel riferire tali fatti. La storia di quei delitti all’epoca aveva due sicuri protagonisti: Pacciani e Vanni. Secondo l’assunto accusatorio a margine si intravedeva già un gruppo di persone “perbene”, non ancora completamente definito, i quali frequentavano quantomeno il Vanni. Inoltre, durante il processo Pacciani era emerso un singolare interesse dell’imputato sul mondo satanico, in particolare per il diavolo. Nella prima perquisizione presso la sua abitazione era stato rinvenuto, tra l’altro, il volume: “dominio sui demoni”. Nella perquisizione in carcere, essendo all’epoca il Pacciani ristretto perché condannato per le violenze sessuali sulle figlie, venne rinvenuto materiale sullo stesso argomento, nonché un’attrezzatura (piccolo rudimentale altarino) utilizzata per la celebrazione di messe ed era emerso che egli stesso era stato visto celebrare periodicamente strane funzioni. Spesso durante il dibattimento aveva invocato alternativamente, a seconda delle occasioni, il buon dio o il diavolo per punire chi lo accusava a suo dire ingiustamente. Tale dato aveva destato curiosità negli investigatori.

II SFCONDO PROCESSO. | cd. “compagni di merende”. Le indagini dal 1995 al 1999: la condanna di Mario VANNI e di Giancarlo LOTTI.

Al termine del processo Pacciani la Corte di Assise 6, su richiesta del P.M, trasmetteva copia degli atti del dibattimento, relativi alla presenza di uno o più complici e venivano, perciò, svolte ulteriori indagini. La Squadra Mobile della Questura di Firenze si mise subito sulle tracce della seconda persona, presente sul luogo dell’omicidio del 1985 in auto con Pacciani e, abbastanza agevolmente, venne focalizzata la figura del VANNI come persona molto vicina al Pacciani. Approfondendo le indagini sul Vanni emersero altri due personaggi, fino a quel momento sconosciuti, vale a dire Lotti Giancarlo e Pucci Fernando. La P.G. appurò che la loro coesione nasceva dalla frequentazione dei medesimi locali, (i bar della piazza dell’orologio, il cosiddetto “piazzone” di San Casciano), ma soprattutto emerse la comune frequentazione di prostitute di bassissimo livello sia a Firenze nella zona di Via della Scala e della Stazione che nella zona di S. Casciano: dette prostitute venivano individuate, oltre che in Sperduto Maria Antonietta, soprattutto in una figura che risulterà poi centrale nelle frequentazioni del gruppo e cioè in Ghiribelli Gabriella, quest’ultima collegata a Nicoletti Filippa. Si iniziò a fare luce sul gruppo dei cd. “compagni di merende” e sugli interessi che accomunavano i componenti.

La casa di Salvatore INDOVINO sita a S. Casciano, in Via di Faltignano.

La presenza in quel luogo delle prostitute Maria Antonietta SPERDUTO, Gabriella GHIRIBELLI, Filippa NICOLETTI e dei cd. “compagni di

merende”.

Man mano che si acquisivano informazioni su queste tre donne, gli inquirenti ritennero che esse frequentassero a vario titolo la stessa casa, una sorta di stamberga, che si trovava in Via di Faltignano a S. Casciano, vicinissimo al luogo ove avvenne l’ultimo duplice omicidio, dove Nesi aveva visto l’auto di Pacciani con il complice a bordo, la sera dell’omicidio del 1985.

Si trattava della casa del pregiudicato Indovino Salvatore che all’epoca delle indagini (nel 1995/96), era già deceduto ma che, secondo la prospettazione accusatoria avrebbe costituito uno dei “fulcri” degli interessi dei compagni di merende: si vedrà peraltro come dall’obiettivo esame dell’incartamento processuale tale ipotesi per molti versi appare smentita. In quel luogo (non certo ameno, trattandosi di una vera e propria stamberga) secondo le

6 sentenza del 1° novembre 1994

dichiarazioni rese da alcune pp.ii.ff. 7 si sarebbero recati anche Vanni e Lotti. L’altra prostituta Sperduto, con la quale avevano avuto molteplici rapporti  sessuali sia Pacciani che Vanni, alla fine dell’anno 1980 era andata ad abitare nello stesso edificio colonico, proprio accanto alla abitazione di Indovino.

Il periodo in esame si situa in un arco temporale che si estende dalla fine dell’anno 1980 e prosegue durante tutti gli anni degli omicidi in esame, fino all’ultimo duplice omicidio del 1985. Tuttavia la stamberga di via di Faltignano è interessata solo per un breve periodo, in quanto in epoca prossima all’anno 1981-82 sarebbe mutato sia il luogo di riunione (essendosi individuata, secondo la Pubblica Accusa, la dependance, ben più prestigiosa, della villa “La Sfacciata” 8) sia i partecipanti agli incontri (essendo subentrato il cd. “gruppo dei gaudenti”, maggiorenti di S. Casciano e dintorni, con esclusione del Vanni e di tutti i “contadini” abituali frequentatori della stamberga, unico aggancio con il precedente luogo essendo rappresentato dal Lotti). La prostituta Filippa Nicoletti 9, conviveva all’epoca con Indovino nella stamberga e, quando questi era assente essendo spesso in carcere per motivi di giustizia, Lotti vi si stabiliva quasi in pianta stabile. La Sperduto abitava nell’appartamento limitrofo a quello dell’Indovino insieme ai figli, dei quali Milva Malatesta, frequentando quello squallido ambiente, era stata avviata anch’essa, fin da giovanissima, alla prostituzione. Si trattava di una ragazza giovane e bella, che aveva adottato il nome d’arte di “Silvia”.

Tale primo contesto di persone che gravitavano intorno al Pacciani, al Vanni e al Lotti era ben più ampio di quello conosciuto dagli inquirenti in precedenza. Nella casa colonica in pessimo stato sita in Via di Faltignano abitavano, in due diverse, modeste e limitrofe unità immobiliari due distinti nuclei familiari. Il nucleo facente capo al mago Indovino e la famiglia della Sperduto, con i propri figli. I due processi, già celebrati, hanno ricostruito ampiamente la storia dei singoli soggetti facenti capo a questi due nuclei familiari. Alle vicende di alcuni degli appartenenti a detti nuclei familiari, sono legati altri omicidi, diversi rispetto a quelli ai danni delle giovani coppie. Quali fonti di prova a carico dell’odierno imputato sono state indicate dai P.M. proprio le prostitute che frequentavano la modesta abitazione di via di 

7 (in primis le prostitute Ghiribelli e Nicoletti)

8 ma tale individuazione non appare affatto pacifica per le considerazioni che saranno svolte infra

9 (che sarà sentita in molteplici successive occasioni – v. infra)

Faltignano e cioè la Sperduto, la Ghiribelli e la Nicoletti, sulle quali, ovviamente, dovrà soffermarsi la presente trattazione infra. Sono entrambi nuclei familiari in cui le donne esercitavano la prostituzione: la Sperduto era una povera donna, che aveva esercitato la prostituzione in casa e a Firenze, dalle parti della stazione; era ben conosciuta dalle altre due donne. Prima di trasferirsi in via di Faltignano nel dicembre 1980, ella aveva abitato in località “la Sambuca” insieme al marito Renato Malatesta ed ai tre figli. Anche nell’abitazione della Sambuca Pacciani e Vanni erano di casa, in quanto la Sperduto risultava avere frequenti rapporti sessuali con entrambi. Il marito, a conoscenza di tale circostanza, si era dato al bere e veniva continuamente maltrattato dai due, che non tolleravano le sue rimostranze. Verrà trovato morto per impiccagione ad una trave della cantina di detta casa il 9 dicembre 1980. La moglie ha riferito nel corso del dibattimento che pochi giorni prima della sua morte era stata costretta ad abbandonare l’abitazione ed a trasferirsi con i tre figli nella casa di Via di Faltignano. A suo dire e a dire dei figli minori era stato l’appuntato Filippo Neri Toscano, un Carabiniere della stazione di San Casciano, amico di Vanni e Pacciani, che secondo la prospettazione accusatoria, non trasfusa però nei capi d’imputazione, avrebbe fatto parte a pieno titolo del gruppo dei “gaudenti”, a costringerla al trasferimento in quel luogo. Fin da subito sorsero sospetti in merito a tale apparente suicidio in quanto il cadavere appariva toccare terra con i piedi e, ciononostante, non venne disposta alcuna autopsia. Le relative indagini, tuttavia, si conclusero con l’archiviazione del procedimento ma, in tempi più recenti, il Gip del Tribunale di Firenze ne autorizzava la riapertura, a seguito di nuove emergenze, con indagini tuttora in corso.

Nella casa di Via di Faltignano la Sperduto era andata ad abitare con due figli più piccoli e con Milva, ragazza all’epoca poco più che diciottenne, a sua volta con un figlio piccolo, che anch’essa, come la madre, venne avviata al meretricio. Dagli atti emerge che venne indicata all’epoca come amante del mago Indovino, che abitava nella casa accanto, ed era solita accompagnarsi ad uomini che frequentavano quel luogo. La Malatesta, mentre era in pieno svolgimento il processo al Pacciani, nell’agosto del 1994 veniva trovata morta in auto insieme al figlioletto, ipotizzandosi un duplice omicidio: l’auto, infatti, risultava incendiata in un bosco vicino a Tavarnelle V.P. ma per tale fatto il proc. pen. era stato archiviato non essendo mai stato individuato un colpevole. La casa di via di Faltignano era frequentata anche da Filippa Nicoletti, prostituta che all’epoca esercitava a Firenze nei pressi della stazione centrale, in Via della Scala. Costei si era stabilita in quegli anni nella casa del suo convivente Salvatore Indovino. Tra il 1980 ed il 1984, epoca dei delitti, abitava stabilmente proprio in Via di Faltignano, anche da sola, nei periodi non brevi in cui l’Indovino era in carcere. In tali periodi, come già riferito sopra, Giancarlo Lotti, suo cliente abituale, si era insediato quasi stabilmente in quella casa. Secondo la prospettazione accusatoria anche Gabriella Ghiribelli frequentava la stamberga di Via di Faltignano: costei risulterà decisiva per inchiodare il Lotti alle sue responsabilità per il duplice omicidio del 1985, avendo riferito alla Corte d’Assise di averlo visto la sera di quel delitto a San Casciano, ove abitava con il suo protettore Galli Norberto, in Borgo Sarchiani, nella stessa via ove dimorava il Vanni. Anch’essa era solita prostituirsi a Firenze, nella medesima zona intorno alla stazione, come le altre tre prostitute. I P.M. più volte l’hanno definita quale teste “fondamentale”, ritenendo che dalle dichiarazioni rese si evinceva come fosse a conoscenza di molte cose. La Ghiribelli decedeva nel 2004 e, poco prima del suo decesso, era stata da poco rigettata dal Gip la richiesta effettuata dalla Pubblica Accusa della sua audizione, quale teste, nelle forme dell’incidente probatorio; tuttavia le sue dichiarazioni, per la verità anche alquanto contraddittorie, risultano raccolte in numerosi verbali versati in atti e che non si mancherà di esaminare nel dettaglio.

Tali prostitute erano accomunate, secondo la prospettazione accusatoria, dalla circostanza che avevano quali abituali clienti Lotti e Vanni (ma anche in tal caso ciò non appare pienamente corrispondente alle obiettive risultanze processuali, come si avrà modo di riferire infra). La Ghiribelli ha riferito di “strane cose” che aveva visto nei primi anni 80, periodo in cui aveva frequentato quell’ambiente, precisando che nell’ultimo periodo (anno 1985) l’Indovino era gravemente malato e la sera, dopo essersi recata a Firenze per prostituirsi, quando tornava a casa, era solita passare dal “mago” per praticargli una iniezione. Anche la sera dell’ultimo duplice omicidio del 1985, mentre ella si stava recando da Indovino, a suo dire, per lo stesso scopo, ha riferito di aver visto il Lotti in quella località prima di mezzanotte e di aver visto il gruppo degli esecutori sul luogo dell’omicidio. Se si considera che Lotti frequentava la stessa casa e sapeva in precedenza che quella sera avrebbe dovuto fungere da palo per l’omicidio sorge qualche ragionevole dubbio circa la casualità di quel passaggio in Via di Scopeti sul luogo dell’omicidio ma tale dettaglio appare, comunque, irrilevante.

A seguito di quanto dichiarato dal Lotti durante il processo a suo carico gli ufficiali di P.G. della Questura di Firenze, delegati alle indagini, cercarono di approfondire il contesto di persone che avevano frequentato le due case di Via di Faltignano. In particolare l’attenzione degli inquirenti si concentrò sui “festini”, orge, sesso di gruppo, e presenza di minori, ai quali aveva accennato la Ghiribelli in alcune delle sue deposizioni, che si sarebbero svolti soprattutto nella casa di Indovino nei fine settimana e che saranno analizzate infra. Ella aveva riferito che Milva Malatesta era la prostituta più richiesta ed aveva rapporti con molti degli uomini presenti, tutti legati sostanzialmente all’Indovino, aggiungendo che, a volte, aveva visto sul letto galline sgozzate e del sangue, ma all’epoca gli inquirenti non avevano ritenuto di dover approfondire tali argomenti, essendo molto perplessi in merito a tali dichiarazioni.

La necessità di una TERZA INDAGINE. Il mandante. L’indagine sul farmacista Francesco CALAMANDREI.

La Sentenza della Corte d’Assise di Firenze che condannava VANNI e LOTTI risale al 24 marzo 1998. Nel corso delle indagini relative ai cd. “compagni di merende” e, molto più chiaramente, nel corso del dibattimento apparve chiaro che anche l’esame delle condotte di costoro non esauriva la storia. In particolare secondo la Pubblica Accusa non era stato chiarito a sufficienza il contesto nel quale erano maturate le azioni delittuose. Nel corso del dibattimento non solo era tramontata definitivamente la tesi della esecuzione dei delitti da parte di un unico autore affetto da una perversione sessuale che si sarebbe manifestata e completata nella esecuzione dei delitti, come avevano originariamente avevano ipotizzato i criminologi e gli investigatori dei quali si è parlato sopra, ma anche l’ipotesi di una presunta forte perversione sessuale degli esecutori materiali dei delitti Pacciani e Vanni non esauriva il tema di indagine. La svolta alle indagini venne offerta dalla dichiarazione scritta di pugno spontaneamente dal Lotti secondo cui vi era “un dottore” che pagava il Pacciani denaro in contante per avere | “feticci” femminili. A quel punto le indagini si indirizzarono sul contesto ambientale e sui soggetti nei quali i delitti erano maturati. Secondo l’assunto accusatorio dall’esame della motivazione della sentenza della Corte d’Assise appariva sempre più evidente che gli esecutori materiali dei delitti non fossero portatori di particolari perversioni, avendo agito solo per denaro, ritenendo che i delitti fossero stati commissionati da un gruppo di persone altolocate, indicate dai P.M. con l’espressione di “mandanti gaudenti”, per soddisfare perversioni diverse da quelle degli esecutori materiali dei delitti. Per comprendere appieno, nella sua effettiva portata, quest’ultima dichiarazione del Lotti occorre fare alcune considerazioni preliminari.

In primis il Lotti non aveva mai riferito, sino a quel momento, alcuna notizia di sua spontanea volontà, non potendosi ritenere che, tecnicamente, avesse rivestito il ruolo di “collaboratore”. Il suo modo mentale di procedere era quello di vedere prima se gli inquirenti fossero veramente in possesso di qualche notizia e poi, qualora la circostanza fosse da lui conosciuta, egli si limitava a confermarla ed a fornire particolari ed eventuali chiarimenti. Tale modus operandi è avvenuto sin dalla sua prima ammissione relativamente alla notte dell’omicidio di Scopeti nel 1985, allorquando, essendosi dimostrato nel corso del processo che era stato visto sul luogo del delitto, non negava tale circostanza. Ciò è avvenuto anche per le altre circostanze, quali l’essere stato visto appartato in auto con un Uomo 0 l’ammissione di aver avuto rapporti omosessuali con Pacciani, che lo aveva costretto con la minaccia e con la forza. Ad un certo punto, invece, egli ritenne, in questo caso del tutto spontaneamente, di riferire la presenza di un “dottore” che avrebbe pagato il Pacciani per ricevere i feticci femminili dei delitti.

Il “dottore” che pagava per ricevere i feticci femminili dei delitti. Le dichiarazioni rese da Lotti Giancarlo.

Nel novembre dell’anno 1996 il Lotti consegnava spontaneamente una lettera manoscritta da lui stesso al dottor Vinci all’epoca funzionario della Questura di Firenze, in servizio presso la Squadra Mobile, nella quale per la prima volta egli faceva riferimento ad un “dottore” che avrebbe pagato somme di denaro per ricevere i feticci femminili delle povere vittime dei delitti. Il 15 novembre 1996 il dottor Vinci trasmetteva detta lettera al P.M. dott. Canessa con una nota di accompagnamento. La lettera, nella parte che qui interessa relativa al “dottore”, oltre ad essere stata scritta sua sponte dallo stesso Lotti, venne consegnata, altrettanto spontaneamente, al dott. Vinci, come emerge dalle sue dichiarazioni rese all’udienza dibattimentale del 3 dicembre 1997, pag. 88, ove, in sede di controesame condotto dall’avvocato Filastò, difensore dell’imputato Vanni, che gli chiedeva le ragioni della redazione della lettera, egli rispondeva: “L’avevo scritta così, per sfogarmi, non lo so”. L’avv. Filastò insisteva: “Ma tutt’a un tratto lei per sfogarsi scrive questa lettera”? E il Lotti confermava: “Sì, è spontanea, mia”, pag. 89 della deregistrazione. Avv. Filastò: “E’ sicuro che sia spontanea”? “Sì, è spontanea”. “Che vuol dire spontanea?” chiedeva ancora l’avv. Filastò. “Per liberarmi di qualcosa”.

Dunque la prima volta che il Lotti ha fatto riferimento ad un dottore lo ha fatto del tutto spontaneamente; il Lotti testualmente in questa lettera scriveva: “Dove li date queste cose della donna, il seno, vagina? Mario voglio sapere chi le date. Dottore che si serviva Pietro Pacciani. Vi pagava in soldî”. Ovviamente, essendo una circostanza che non era mai emersa prima e rappresentando una assoluta novità per le indagini allora in corso, il giorno successivo detta lettera veniva prontamente trasmessa dal dott. Vinci al P.M. dott. Canessa. Il giorno dopo il Lotti veniva immediatamente convocato dai P.M. per rendere interrogatorio e gli vennero poste, ovviamente, precise domande proprio relativamente alla parte della lettera dove Lotti parlava della fine dei “feticci”.

A pag. 3 del verbale di interrogatorio del 16 novembre 1996, a domanda: “Fattegli domande sull’altra parte della lettera, ove fa cenno a che fine facevano le parti del corpo che venivano tagliate”, Lotti rispondeva: “Un dottore che conosceva Pietro, me lo ha detto Vanni. lo insistevo e a me Vanni disse che queste cose le davano ad un dottore che curava Pietro, però non ricordo nome e cognome”. Naturalmente gran parte dell’interrogatorio si incentrò sulla individuazione del “dottore”. Lotti diceva, sempre nello stesso interrogatorio, pag. 3: “Un giorno si fermò una macchina e ci parlò Mario, ma io non sentii. Non vidi bene l’uomo che era sulla macchina. Poi chiamai Mario e gli chiesi. E lui disse che era un “dottore” che curava Pietro. Era la prima volta che vedevo quella macchina”. Poi di gli veniva chiesto dove si trovava e rispondeva: “Non sentii quello che dicevano nel colloquio tra Vanni e questa persona che era nella macchina. lo ero a qualche metro di distanza, saranno stati tre o quattro metri. Non ricordo il nome del dottore”. A quel punto i P.M. chiedevano al Lotti se facendogli dei nomi di medici potesse essere facilitata la sua memoria e gli facevano il nome di tale “dottor Becchielli, e Lotti rispondeva: “II nome Becchielli ce l’ho presente, lo conosco, ma era un veterinario e non è quello che mi fece Mario”. A pag. 5 Lotti dichiarava: “Il nome che loro mi dicono essere quello di un medico, lo conosco ma non è quello che mi fece Mario…Mario mi disse che il dottore aveva curato Pietro, ma non so per quale malattia”….”Quando Pietro abitava ancora a Monte Firidolfi, so che ebbe un infarto, non so se ne ha avuto uno anche dopo, di questo infarto a Monte Firidolfi me ne ha parlato il Fernando Pucci, che mi disse che Pietro si sentì male mentre era a giocare al circolino”.

AI citato interrogatorio faceva riferimento anche il dott. Giuttari nella nota del 20 gennaio 2003, dove, testualmente, evidenziava: “Lotti poi ha confermato le dichiarazioni in ordine al medico anche in dibattimento”. Dalla lettura testuale delle dichiarazioni dibattimentali risulta che tutte le volte che, anche in quella sede, al Lotti vennero poste domande sul “dottore” il Lotti, fece riferimento inequivoco ad un medico.

Udienza dibattimentale proc. Vanni-Lotti del 27 novembre ’97, pag. 20, Lotti: “M’hanno detto che questo dottore andava a Mercatale, da Pietro, a prendere questa roba delle donne”. Pag. 22, Lotti: “Dice gliene pagava questa roba qui, poi io”… Dottor Canessa: “Pagava nel senso che dava | soldi”? Lotti: “Sì”. “A chi dava i soldi”? “A quello di Mercatale”. Pag. 23, P.M.: “Lei gli ha mai chiesto che cifre erano?” Lotti: “Questo non me l’hanno detto”. P.M.: “Lei sa come conoscevano questo dottore? Chi lo conosceva? Se era conoscente, amico di Pietro o di entrambi”? Lotti: “Questo l’ho chiesto, ma non m’hanno spiegato bene le cose”. P.M.: “E lei questa persona l’ha vista? Stava parlando di una macchina, in piazza”. Lotti: “No, ma non c’ho parlato io, io ero distante sicché non ho sentito bene icché dicevano fra loro. Dopo me l’ha riferito”. P.M.: “Gliel’ha riferito Vanni”? Lotti: “Eh, che questa persona, questo dottore andava a Mercatale da Pietro”. Il Lotti avrebbe specificato, sempre in dibattimento, che la distanza dalla macchina era di quei tre o quattro metri. Ancora Lotti: “Sarà stato dopo cena e si fermò questa macchina e basta”. P.M.: “E ci andò Vanni, va bene”. 

Occorre evidenziare che nel precedente interrogatorio, reso il 16.11.96, il Lotti aveva riferito: “Ero a qualche metro di distanza, saranno stati tre 0 quattro metri”. In dibattimento ha confermato anche questa circostanza; alla citata udienza dibattimentale del 27 novembre 97, pag. 24, il Lotti arrivava anche a quantificare la distanza, dando dei precisi riferimenti di spazio nell’aula : “lo ero distante quanio il televisore lì vicino ai cartelli”.

Sempre nella stessa udienza dibattimentale, pag. 78, il Lotti, a domanda del difensore di parte civile avv. Colao, il quale chiedeva: “Lei, il suo medico, il medico che la cura, come lo chiama”? replicava: “Il mio medico” ed alla successiva domanda: “Se lei va a curarsi da un medico, come lo chiama? Medico o dottore?” riferiva: “Come lo chiamo? Dottore”. All’udienza dibattimentale del 28 novembre 1997, pag. 10, a domanda dell’avvocato Curandai, altro legale di parte civile: “Era un medico o un dottore, non so, un commercialista?”, Lotti replicava: “Vanni mi ha detto che era un medico”. Avvocato Curandai: “Era un medico, bene”. “Lui m’ha detto così”, rispondeva Lotti. Avvocato Curandai: “Senta, e questo scambio denaro-feticci riguarda i delitti… tutti i delitti oggetto di questo processo, cioè ’81, ’82, ’83, ’84 e ’85”? Lotti: “Questo non lo so di certo”. Sempre udienza 28.11.1997, pag. 54, avvocato Curandai: “Lei a proposito di questo medico disse: “E’ il suo dottore, il suo”. Il suo di chi? Di Pacciani”? Lotti: “Il suo dottore, quello che curava lui, che curava Pacciani”. Avvocato Curandai: “Che curava Pacciani”. Lotti: “Sì”. Avvocato Curandai: “Quindi questo medico è un medico di Pacciani, allora”. Lotti: “Sì”. Sempre udienza 28.11.97, pag. 16, a domanda dell’avvocato Franchetti, altro legale di parte civile: “Ecco, lei per caso non sa se quel dottore a cui sarebbe stata consegnata… consegnate quelle cose, come dice lei, fosse uno specialista in qualche ramo particolare”? Lotti rispondeva: “Un lo so chi l’è. Ha detto “il dottore”, un dottore che curava questa persona, questo Pietro Pacciani”. Udienza 28 novembre ’97, sempre Lotti: “C’era un dottore che curava il Pacciani, ma io ‘un so mica di quello che l’andava a prendere le cose, ‘un so se gl’è il solito”. Udienza 9.12.97, pag. 45, a domanda dell’avvocato Mazzeo: “E’ in grado di dire se questo dottore si fermò a parlare con Vanni dopo l’episodio di Scopeti”? Lotti: “Sì, sì”. “Chiese al Vanni dove abitava Pacciani”? Lotti: “Eh”. Mazzeo: “E voleva indicazioni sull’abitazione di Pacciani, dico bene”? Lotti: “Sì”. Poi interveniva il Presidente, sempre sullo stesso argomento, pag. 49: “Un dottore, cioè un medico, o non era un dottore, come disse l’altra volta”? Lotti rispondeva: “Un dottore, ma ‘un l’è proprio il dottore, ‘un l’ho spiegato? Quello che curava il Pacciani, ‘un so se è il solito”. Pag. 51, Presidente: “Lei ha detto che questo dottore andava lì, pagava il Pacciani e che i soldi li prendeva il Pacciani”. Lotti: “Sì, dicevano questo discorso qui”, Presidente: “E ha detto anche che lei non ha preso nessuna lira, nessun soldo”. Lotti: “Però io ‘un so mica che ne facevano, questo non lo so”. Sempre a pag. 51, interveniva il Pubblico Ministero dott. Canessa: “Sta dicendo che non sa cosa ne faceva il medico di queste cose. Signori, se seguiamo il discorso…” .

Il riferimento al “dottore”, oltre ad apparire del tutto spontaneo, smentisce anche quanto riferito nella requisitoria del P.M. (pagg. 15 e 16), circa il fatto che il Lotti non aveva mai raccontato nulla di sua spontanea volontà, essendosi limitato sempre a rispondere alle domande rivoltegli e ritenendo di parlare solo quando veniva messo alle strette.

Del resto su detto argomento deve riportarsi l’estratto della motivazione della Corte d’Assise di 1° grado che, proprio su questo punto specifico, a pag. 208 motivava: “Le risultanze processuali non hanno invece portato ad alcuna conferma delle dichiarazioni Lotti in ordine al dottore che avrebbe commissionato i delitti e che avrebbe acquistato le parti escisse dai cadaveri delle ragazze pagandole materialmente a Pacciani. La Corte ha cercato di acquisire elementi anche su tale punto, ex articolo 507 CPP, al fine di avere maggior materiale probatorio possibile relativamente alle dichiarazioni del Lotti sugli omicidi, ma il risultato non è stato positivo nel senso che non vi è stato alcun riscontro preciso sul predetto dottore”…. “Non sembra tuttavia che il Lotti possa aver mentito solo su tale circostanza, non avendo alcun ragionevole motivo per farlo”. Deve senz’altro concordarsi sul fatto che il Lotti non aveva alcun motivo per mentire, avendo riferito tutto quel che era a sua conoscenza sull’argomento, non potendosi sostenere neanche che fosse stato reticente.

D’altronde il Lotti sapeva benissimo chi fosse il farmacista di San Casciano e, dunque, se avesse voluto identificare il “dottore” nel Calamandrei, essendo stato sentito in innumerevoli occasioni sull’argomento, non avrebbe avuto alcuna difficoltà, mentre non ha mai parlato né in modo implicito, né in modo esplicito del farmacista, né ha mai riferito che gliene avessero parlato il Vanni o il Pacciani, anzi non ha mai parlato della figura professionale del “farmacista” quale possibile “dottore”. Il Lotti, quindi, ha parlato sin dal primo momento, in modo del tutto spontaneo, del dottore identificandolo in un medico, o, comunque, in un soggetto che “curava” il Pacciani, confermando anche nel corso del dibattimento che si trattava di un medico.

Tolto di mezzo l’argomento, suggestivo ma non confortato da alcun riscontro oggettivo, introdotto dai P.M. per indicare nell’odierno imputato il “dottore” cui faceva riferimento il Lotti, occorre esaminare solo di riflesso l’altro argomento circa il presunto, notevole potere di spesa quotidiana del Lotti, indicato quale soggetto che aveva grossa disponibilità di denaro (mostrando in giro banconote da centomila lire); ebbene anche sotto tale profilo all’udienza dibattimentale del 26 giugno 1997, fascicolo 12 a domanda dell’avvocato Pepi: “Lei ha fatto indagini sulla vita del Lotti, se era povero, se lavorava, in che condizioni viveva?”, il dott. Giuttari che ha da sempre svolto le indagini, rispondeva: “Ricco non era sicuramente il Lotti. Le testimonianze anche degli amici che abbiamo sentito, lo descrivono tutti come una persona che non aveva disponibilità di denaro, assolutamente”. Continua il dott. Giuttari: “Ma  se noi andiamo ad analizzare anche le macchine che ha avuto nel tempo, sono tutte macchine, la 124, la 131, la 128, che comprava di seconda e terza mano, con pochi soldi e che poteva sicuramente comprare con i soldi di operaio che ricavava dal lavoro alla draga. Quindi diciamo un tenore di vita consono è risultato all’attività lavorativa”. Dunque, anche sotto tale aspetto non appare acclarato il possesso di somme di denaro ingiustificate rispetto al livello di vita posto in essere dal Lotti sino al momento del suo arresto.

Infine deve accennarsi all’altro particolare, ancora tutto da dimostrare almeno sotto il profilo penale, secondo cui il militare Neri Toscano avrebbe consegnato delle armi e delle munizioni al “gruppo di fuoco”. Sotto quest’ultimo aspetto, tuttavia, non è emerso alcun ulteriore profilo, essendosi i P.M. limitati a riferire che penderebbe presso la Procura della Repubblica diFirenze un non meglio precisato proc. pen., tuttora non definito, proprio su tale personaggio.

Le dichiarazioni di MARIO VANNI sentito come teste assistito. Le frequentazioni comuni con il CALAMANDREI. La presunta chiamata di correo del “nero ULISSE”.

Durante il processo a suo carico Mario VANNI aveva riferito ben poco, non rispondendo alle domande. Si era presentato fin da subito, deponendo come teste nel processo a carico del Pacciani, come uno che faceva qualche “merenda” con gli altri, frequentando varie prostitute perché, a suo dire, la moglie era molto malata, con le relative conseguenze sul rapporto coniugale. Costui ha sempre negato di avere commesso i delitti attribuitigli, ma è stato condannato alla pena dell’ergastolo, con sentenza passata in giudicato, avendo ritenuto la Corte d’Assise di 1° grado di Firenze che egli fosse autore materiale dei quattro duplici omicidi qui contestati al Calamandrei quale mandante, sentenza poi confermata dalla Corte d’Assise d’Appello e, in sede di legittimità, dalla Suprema Corte di Cassazione. Nel corso delle indagini seguite alla condanna ha, però, cambiato completamente atteggiamento, facendo dichiarazioni graduali, ritenute dai P.M. di enorme importanza.

La chiamata di correo da parte di VANNI. Il “nero ULISSE”.

Vanni ha fatto quella che i P.M. definiranno una vera e propria “chiamata di correo”, scaturita da una visita in carcere a Pisa, ove era all’epoca ristretto, effettuata dall’amico Lorenzo Nesi il 7 luglio 2003: costui, in particolare, gli chiese con insistenza notizie su chi avesse effettuato materialmente i delitti. Detto colloquio risulta interamente registrato, con deregistrazione in atti 10. In sintesi Vanni riferiva al Nesi che l’autore materiale dei delitti era un “negro americano”, aggiungendo che era morto. Forniva anche una descrizione delle fattezze fisiche di tale individuo, dichiarando che era un uomo grande e 

10 nota della P.G. in data 12 Luglio 2007

grosso, “un omone” che stava in America, non sapendo indicare dove costui abitasse. Il Vanni affermava che costui sparava alle coppiette.

Occorre partire da un primo atto, e cioè dalle dichiarazioni di Nesi Lorenzo rese in data 22 maggio 2003, pag. 2, ove costui dichiarava: “Ho voluto spiegarvi queste cose per poter fornire un contributo alle vostre indagini, che secondo me sono mirate nella maniera giusta perché i mandanti esistono”. “E per far qualcosa di ancor più utile vi faccio presente di essere disponibile ad avere un colloquio in carcere con Vanni, per vedere se, data la nostra amicizia e la stima di Vanni nei miei confronti, possa confidarmi i suoi segreti”. Poi proseguiva: “Non so se riuscirò in questa mia opera, però devo dirvi che al processo, quando io testimoniavo, Vanni col capo assentiva a tutto quello che io dicevo e questo può vedersi anche nei filmati, quando finì l’udienza mi strinse la mano. Ebbi l’impressione in quell’occasione che stesse per dirmi qualcosa che nel frattempo due Carabinieri lo allontanarono e se lo portarono via”. Vi è poi l’ annotazione di P.G. dell’ispettore Natalini del 28 giugno 2003, sul colloquio Nesi-Vanni, nel quale si evidenziava che un primo colloquio, videoregistrato, era avvenuto nella struttura carceraria Don Bosco di Pisa, il 26 giugno 2003 e se ne dava atto. Detto colloquio precedeva, quindi, cronologicamente quello avvenuto il successivo 30 giugno: il Nesi ricordava al Vanni di quando andavano a “trombare insieme” e si dichiarava fiducioso che l’avvocato Filastò gli potesse far ottenere gli arresti domiciliari. Il Vanni diceva che il Lotti era un mascalzone, che la sorella gli aveva scritto due lettere con il maresciallo di San Casciano, poi nell’annotazione si leggeva: “Vanni parla di un negro di nome Ulisse che è stato arrestato”. Quindi di un soggetto di carnagione nera di nome “Ulisse”, che era stato arrestato non se ne parlò per la prima volta nel successivo colloquio del 30.6.2003, allorché, come si vedrà, sembra va che il Nesi cascasse dalle nuvole quando il Vanni parlava di questo Ulisse, come se ne parlasse la prima volta. E invece dall’annotazione emerge che di Ulisse se ne era parlato almeno due giorni prima. L’annotazione così concludeva: “Nesi lo invita a far mente locale di tutte le cose a sua conoscenza e di liberarsene con lui; lo informa che ritornerà durante la prossima settimana per farsi dire tutta la verità sui noti fati. Vanni dice che gli spiegherà tutto per bene e ribadisce che lui non ha fatto nulla”.

Esaminando ora il verbale del colloquio avvenuto il 30 giugno 2003 11, si evince che esso ha avuto inizio alle ore diciannove e ventuno e termine alle successive ore venti e cinquanta. “Dopo i convenevoli, Nesi invita Vanni ad

11 denominato dal Gides “Sintesi e trascrizione de! colloquio tra il detenuto Vanni Mario e il signor Nesi Lorenzo avvenuto presso la sala colloqui della Casa Circondariale di Pisa in data 30 giugno 2003”

aprirsi, ad esternare a lui i segreti che riguardano Pacciani Pietro. Infatti lo stesso intraprende una conversazione che viene di seguito riassunta e parzialmente trascritta”, Dice Nesi: “Eh, questo Pacciani, eh, icché… che” – a pag. 1 – “icché che… questo è un delinquente, eh”? Vanni: “Sì, sì, bravo”. “Quello è un delinquente”, dice Nesi. “Bravo, sì, sì”, dice Vanni. “Lo so, però gl’è stato il Lotti quello che ha sciupato tutto”, fa Vanni. E Nesi : “Ma perché l’ha sciupato il Lotti”? “Eh, lo so, perché gl’ha detto… gli ha detto, Dio Bono, che c’ero anch’io nel bosco con le pistole. Dov’ero? lo non c’ero. Mh. L’è una barzelletta. Però il Giudice credé a lui mentre a me no. Tre ergastoli, eh, mica un discorso”, a pag. 2. E allora il Nesi gli contestava che effettivamente le cose erano andate così e che quindi era inutile che lui ce l’avesse con il Lotti, perché costui in sostanza aveva detto la verità. “La conversazione si sposta sulle condizioni di vita del Vanni. Il Nesi continua a invitare il Vanni a spiegare le cose”. Nesi: “Ti vuoi aprire? Ti vuoi aprire l’animo con me, eh”? Vanni: “Eh”I ; diceva Nesi “le vuoi raccontare a me? E nel giro di dieci giorni tu sei fuori di galera”. Nesi: “Come gl’è stata tutta questa congrega? Il criminale gl’era lui 12 ? Vanni: “Sì”. Nesi: “Che vuoi, che Garibaldi che… che sia stato o… o te”? E Vanni: “Eh”. “Che tu vuoi? Come gl’hanno fatto a mettere in questa”? Vanni: “O che lo so”! “Mario, porca miseria, tu lo sai, perché tu lo sai, sennò ‘un ti potevano condannare in tre giudizi. Ne sei convinto, Vanni”? “Sì”. “E tu lo sai, te l’hai sempre avute le merende, le merende te l’hai sempre avute le merende, perché avevi paura del Pacciani, ma il Pacciani a questo punto gl’è nel più profondo dell’inferno”. Risposta di Vanni: “Ecco, bravo”. “Spiegamelo a me, Vanni, dammi retta come a un fratello”. Vanni: “Sì, sì, eh lo so”. Nesi: “Porca miseria, guarda Vanni, abbracciami, spiegameli come a un fratello, spiegami come sta questa cosa”. “E come sta”? – Vanni – “E la sta così. E Lotti parlò a bischero e disse che ero coinvolto con il Pacciani alle pistole. Quello gl’è un… un coso… e il Magistrato disse che gl’è vero. Dette ragione al Lotti”. Nesi: “Ma come gl’avrà fatto il Lotti, Mario, a inventarsi queste cose”? Vanni: “Boh”. Nesi: “Ma né te né il Lotti vu’ siete grulli. Dio ce ne guardi, perché te t’ha… ora tu sarai invecchiato, ma te t’hai sempre avuto una finezza di cervello fuori dell’ordinario, giusto”?. “Mh”, rispondeva Vanni. “Il Lotti gl’era un pochino più… ma ‘un era mica un demente” – fa il Nesi. Vanni: “Mh”. “Un era un demente”. “No, ‘un era un demente”. Vanni, non gli torna: “Ma perché il Lotti gl’è andato a dire… il mostro, con le pistole… ma quando sono stato con il mostro? Quando ho avuto le pistole? ‘Un so nemmeno come l’è fatta la pistola”. “O Mario” – gli fa il Nesi – “pensaci bene, vien via, pensaci bene”.

12 (riferito al Pacciani)

Vanni: “Eh, t’hai ragione, Renzo”. “Tu sei dinanzi… ‘un tu sei dinanzi alla Polizia, né dinanzi a un Tribunale” – pag. 4 – “tu sei davanti a Renzo Nesi, pensaci bene”. “Eh, ci credo”, dice Vanni. “Ma sei convinto di quello che dici? Ma sei proprio convinto”? Vanni: “Sì, sono convinto”. “E allora tu_eri a conoscenza che il Pacciani faceva questi omicidi”? Vanni rispondeva: “Sì”. “Tu eri a conoscenza”? gli ripete va il Nesi. “Sì”. “E allora perché ‘un tu sei andato dai Carabinieri a dire il Pacciani cosa ha fatto? Spiegamelo a me”… “Per agosto tu sei fuori, tu sei a casa tua”. “Bravo, Renzo”, gli rispondeva Vanni. “Spiegamelo a me” – gli diceva il Nesi – “Mario”. “Te l’ho spiegato”. “No, ‘un tu m’hai spiegato proprio un bel cazzo nulla”. Il Nesi cominciava ad arrabbiarsi un po’. “Te eri a conoscenza che il Pacciani faceva questi omicidi”? “Mah” – rispondeva Vanni – “gl’era nel bosco con le pistole”. Ancora Nesi :”Ma spiegamelo per bene, Marino. Dammi retta, sennò tu muori in questo putrido carcere. E tu va’ a casa tua. Bene. Spiegamelo, quando te tu sei arrivato a sapere che Pacciani faceva queste cose? Quando sei arrivato? Sì, eh, spiegamelo, sì, dimmelo”. “Eh, gl’era nel bosco con le pistole”. Nesi: “Ma gl’era nel bosco con le pistole, e sennò… se non so… e sennò e le son come le merende, ma te tu lo sapevi, perché te, io mi ricordo, quando gl’era vivo mio zio Oliviero” – trattasi di Doni Oliviero, che faceva anche lui il postino – “tu desti un periodo di depressione notevole”. “Sì”. “Te ne ricordi”? “Mh”. Nesi: “Tu sapevi queste cose e ‘un tu le volevi dire” – a pag. 5 – “perché teri soggiogato dalla paura del Pacciani”. “Bravo”, gli fa il Vanni, “bravo, bravo”. “Ma bisogna che tu me le dica, Mario”. “O ‘un te l’ho detto io? E disse il Lotti che così, così, così, così”. E loro a un certo momento… dice “ma ora son morti tutti”, e il Vanni fa “eh, ‘un c’è più nulla, ‘un c’è più nulla”. E il Nesi: “E ‘un c’è più nulla, ‘un c’è né Filasiò né Filastà”. Vanni: “Bravo, bravo, sì”. “E tu sta’ in galera e basta. Non venire a dirmi le barzellette però a me, Mario, perché io non sono un giudice”. Nesi poi domandava: “Ma il Pacciani, tutti quei soldi chi glieli dava”? E il Vanni dice: “Eh, bah, e glieli dava… c’aveva le bestie e andava a lavorare da Rosselli del Turco”. “Ma non lo dire, non bastavano per quelli che aveva. Ma… ma anche te, Vanni, anche te, anche te tu c’avevi i soldi, ma tutti quei soldi”. E lui gli risponde: “Boh”. Per quel che riguarda il Pacciani dice che erano i risparmi. “Anche tu Vanni c’avevi i soldi”. E lui gli rispondeva: “Eh, io c’ho tre milioni al mese, capito?, di pensione, e un milione, tanti, la mi’ moglie”. Nesi: “Mh”. Vanni: “Mh”. “Però ‘un m’ha mandato nemmeno una lira” – riferito alla su’ moglie – “non so senza una lira non posso nemmeno accendere una sigaretta, nulla, non ho nulla, Renzo, neanche undecino”. Nell’annotazione a questo punto si legge: “Ancora il Nesi chiede al Vanni di spiegargli tutte le cose” – pag. 8 – “precisando al Vanni che al tempo dei fatti non era in pensione, quindi non percepiva tre milioni al mese, e lo invita a fare mente locale”, Nesi: “Vuoi fare mente locale e dire… t’ha costretto a far delle cose che tu non volevi fare”? Il Vanni: “Sì”. “L’è vent’anni che ‘un tu le dici. Le merende, le merende, le merende… le si fanno con il Corpus Domini”, fa il Nesi. Poi a pag. 10, Nesi fa: “Ma qualcosa t’avrà detto, “ho ammazzato due persone”, Dio bono! Qualcosa t’avrà detto, “l’ho ammazzato per un motivo”! Vanni: “Ma… eh… gli è stato il mostro, hai capito”? Nesi: “Come”? Vanni: “E’ stato Ulisse che ha ammazzato tutte questa gente, nero”. Nesi: “Chi gl’è il nero”? Vanni: “E’ un americano”. Nesi: “Un americano? E gl’ammazzava”? Nesi: “Ulisse”. Vanni: “Ulisse si chiama”. Nesi: “”Un l’ha ammazzati il Pacciani”? dice il Nesi. “O ‘un l’ha ammazzati il Pacciani”? Vanni: “No”. Nesi: “E indò gli era quest’americano”? Vanni: “E  indò gli era? Nel bosco lo trovi. Lo trovò nel bosco. Ogni cosa gl’aveva. Che l’era stato lui a fa’ questi delitti”. Nesi: “Ma chi l’ha detto questo”? pag. 11. Vanni: “Eh”. “Perché ora, fino a ora tu m’ha detto che questi omicidi l’ha fatti il Pacciani”. Nesi: “E questo Ulisse, e questo nero chi gl’è”? Vanni: “Ulisse si chiamava”. Nesi, pag. sempre 11: “Ma ‘ndo gli stava”? Vanni: “Eh, in America”. Nesi: “In…”? “In America”, dice il Vanni. Nesi: “E veniva a fa’ gli omicidi qui”? Vanni: “Davvero”. Nesi: “Mh. lcché tu mi dici, Mario? Ma vien via”! Nesi: “Ma te lo conoscevi questo nero”? Vanni: “No, io non lo conoscevo. Ho saputo la storia dopo, che gli era stato lui” – sempre a pag. 11 – “a ammazza’ tutte e sedici le persone”. Nesi… sì, questo l’ho già detto: “Ma te tu m’hai detto che gli omicidi l’aveva fatti il Pacciani”. “Sì”. Vanni: “O ‘un te l’ho detto? Gl’è stato questo nero” – a pag. 12 – “a ammazza’ tutta questa gente, questo Ulisse americano. Gli ha lasciato una lettera, s’è ammazzato, hai capito”? “E ha preso il procuratore ogni cosa”. Nesi: “Ma chi te l’ha detto”? Vanni: “Alla televisione s’è sentito per Dio”! A pag. 13: Vanni: “Detto che gli è stato questo Ulisse, questo Ulisse americano, che ha fatto questi delitti, hai capito”? Nesi: “No, Mario, ‘un tu mi convinci”. Pag. 14: Nesi: “E tu m’ha a spiega’ le cose come le stanno e tu vien fuori”. Vanni: “Te l’ho bell’e spiegato. E gl’è stato questo nero che ha ammazza’ tutte le sedici e l’ha preso la lettera”. Nesi: “Come? La lettera? Che… che lettera? Che lettera? Come”? Vanni: “Eh, e l’ha presa il giudice la lettera” – pag. 14 – “e ogni cosa, no? La pistola”. Nesi: “La pistola gl’ha preso il giudice”? Vanni: “Eh”. Nesi: “SÌ… sì” – fa – “o vien via, Mario, ma tu vaneggi”. Vanni: “Ma la s’è sentito a sera alla televisione”. Nesi: “Sì, ma sta zitto Vanni, codesta l’è roba da Grand Hotel”. Pag. 15: Vanni: “Sì, sì, ma insomma, l’è stato il nero, questo Ulisse l’ha morto sedici persone, gli ha lasciato la lettera, gli ha lasciato la pistola, gli ha lasciato ogni cosa”. Nesi: “A chi l’ha lasciata, Mario”? Vanni: “L’ha prese il Procuratore”. Nesi: “Ah. Chi”? Vanni: “Quello che conta, il Procuratore che conta”.

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Il P.M,, all’esito di detto colloquio, in primo luogo faceva richiesta di incidente probatorio per sentirlo quale teste assistito dal suo difensore Avv. Filastò, ai sensi dell’art. 197 C.P.P. sui suoi rapporti con Calamandrei.

Il Gip ammetteva l’incidente probatorio, che veniva svolto all’udienza del 28.12.2004, dinanzi al Dott. Crivelli. Anche il Vanni, come altri soggetti, ha parlato gradualmente, chiedendo in primis di non subire altri processi. Una volta ottenuta tale assicurazione si è reso disponibile in momenti diversi a fare dichiarazioni, rispondendo a domande in merito a persone diverse. Il difensore del Vanni preliminarmente poneva al giudice la questione relativa al fatto che il suo assistito non potesse essere sentito in merito ai fatti già addebitatigli o, comunque, a fatti relativi a sue ulteriori responsabilità. Una volta chiaritogli che doveva rispondere in quella sede solo relativamente a responsabilità di terzi e che su quello doveva dire la verità Vanni si dichiarava disposto a rispondere alle domande su fatti che non riguardassero sue eventuali ulteriori responsabilità (autoincriminanti) ex art. 198 Il co. C.P.P.

Nel corso dell’interrogatorio si apprendevano da Vanni alcune circostanze ritenute dai P.M. “sorprendenti”. Fino a quel momento si sapeva soltanto dallo stesso Vanni e da alcuni testi di riscontro, che aveva frequentato le cene di paese dove costui faceva la Macchietta, cene frequentate da vari professionisti ed una serie di persone che furono indicate alla Corte anche con foto acquisite agli atti. Nel corso dell’incidente probatorio Vanni aveva introdotto una circostanza assolutamente sconosciuta fino a quel momento, parlando di un rapporto privato tra Pacciani, Vanni, Lotti da un lato, e Calamandrei dall’altro 13 egli aveva descritto con dovizia di particolari l’abitazione del Calamandrei, soffermandosi minuziosamente sulla composizione delle camere, dei salotti, di due bagni che, secondo i P.M., corrisponderebbe alla planimetria acquisita successivamente. Peccato, però, che, contro esaminato dal difensore del Calamandrei a proposito di altri due maggiorenti del paese di S. Casciano (il sindaco ed il parroco), lo stesso Vanni abbia riferito più o meno le medesime circostanze, come sj vedrà nel prosieguo della presente trattazione, allorchè si esamineranno nel dettaglio le sue propalazioni.

Secondo quanto riferito dal Vanni il farmacista Calamandrei conosceva il Pacciani, li aveva visti insieme per strada, ed era con lui in rapporti di

13 (v. trascrizione dell’incidente probatorio in atti, che sarà esaminato nel dettaglio infra)

amicizia. Tale dato, secondo i P.M., doveva essere meglio chiarito, e, perciò, decidevano di procedere all’interrogatorio del Vanni nella veste di imputato di reato connesso, ancora quale teste assistito in data 25.1.2005.

All’epoca il Vanni si trovava ricoverato presso la casa di cura “La Cupolina” di Pelago, avendo compiuto i 75 anni di età ed era presente il suo difensore, il quale chiariva che il Vanni non avrebbe risposto se fosse stato indagato per  altri reati. Dopo il provvedimento del P.M., ai sensi dell’art. 197 Cpp il Vanni decideva di rispondere alle domande dei P.M. e ripeteva ossessivamente di essersi recato a casa del Calamandrei per prendere le medicine. Solo a distanza di tempo tornava sull’argomento relativo alle prostitute che il Calamandrei gli avrebbe chiesto di frequentare con lui ed il Pacciani, parlando di luoghi del centro di Firenze che si offriva di individuare. Gli veniva mostrato nell’occasione un album fotografico, avendo in precedenza affermato che il Calamandrei quando veniva con loro si accompagnava con un giovane che riconosceva nell’album fotografico nel dott. Francesco Narducci, medico di Perugia ma che Vanni aveva capito che si chiamasse “Giovanni” e che fosse di Prato. Secondo le dichiarazioni rese dal Vanni (ma infra si vedrà più nel dettaglio che costui appariva sempre molto esitante e con uno stato d’animo non proprio compos sui) questo giovane andava insieme a loro a cena alla trattoria denominata “Ponte Rotto”, all’epoca in cui il locale era gestito dalla famiglia Matteuzzi (i quali, peraltro, sentiti subito dopo dette dichiarazioni, negheranno con decisione tale circostanza e costoro sarebbero anche stati sottoposti, tra l’altro, proprio in quei giorni ad intercettazione telefonica senza esito alcuno).

LA ATTENDIBILITÀ DELLE DICHIARAZIONI DEL VANNI.

Secondo l’assunto accusatorio gli argomenti trattati dal Vanni e cioè da un lato l”assidua” frequentazione della casa di Calamandrei da parte di Vanni, Pacciani e Lotti, argomento prima sconosciuto, che aveva introdotto lui e, dall’altro, la frequentazione comune di prostitute su richiesta del Calamandrei avrebbero un’enorme importanza nell’economia del presente proc. pen. Il Vanni, infatti, sin dalle prime dichiarazioni al processo PACCIANI, che peraltro non lo vedeva imputato, aveva fornito risposte tali da evitare in tutti i modi quelle relative alla sua eventuale partecipazione agli omicidi. Egli era sempre apparso molto vigile ed attento con risposte secche e negative a quelle domande, Non altrettanto vigile appariva, di contro, su domande relative a fatti che non lo compromettevano direttamente, a suo parere innocue come ad es., secondo i P.M., circa la disposizione delle stanze della casa del Calamandrei, che conosceva e che non aveva motivo di negare. Ciò anche per la frequentazione di prostitute in comune così come per la frequentazione della trattoria del Ponte Rotto di Matteuzzi Silvano ed, infine, per il riconoscimento del giovane che andava con loro a prostitute a Firenze, guidando lui la sua macchina verdolina, nel medico Narducci. Tuttavia se tale era l’assunto accusatorio, deve subito evidenziarsi che, a prescindere dalle condizioni mentali nelle quali versava il Vanni all’epoca in cui ha rilasciato le sue dichiarazioni, dapprima dinanzi al Gip nel corso dell’incidente probatorio, e, successivamente, dinanzi ai P.M., sulle quali ci si soffermerà infra, tutte tali circostanze risultano del tutto contraddittorie o, addirittura, smentite dalle risultanze processuali: per quel che concerne, infatti, la disposizione della camere della casa del Calamandrei egli ha ripetuto al difensore dell’odierno imputato la medesima descrizione anche per quel che concerne altre abitazioni di maggiorenti del luogo sopra riferite, ed anche le risposte fornite in tali casi risultano del tutto analoghe, inframmezzate da ripetuti “unm”, “bravo” ecc., come se gli andasse bene qualsiasi affermazione del suo contraddittore, anche la più illogica ed inverosimile. Circa la frequentazione delle prostitute a Firenze basterà ricordare il passaggio della sua deposizione relativa al fatto che si sarebbero recati a Firenze addirittura a bordo di una fiammante “Ferrari” di colore rosso del Calamandrei per capire quale grado di affidabilità possa essere attribuita ad esse. Ma v’è di più: la P.G. ha effettuato una meticolosa ricerca nelle vie indicate dal Vanni circa possibili abitazioni ove avrebbero prestato servizio le prostituite delle quali aveva riferito i nominativi, anche consultando ufficiali di P.G. in servizio all’epoca presso la Buon costume della Questura di Firenze, con esito completamente negativo sia circa l’individuazione delle prostitute che delle abitazioni. La frequentazione comune da parte dell’odierno imputato unitamente al Pacciani, al Lotti e al Vanni della trattoria del “Ponte rotto”, gestita dal Matteuzzi è stata smentita, oltre che dal predetto, anche dal figlio, pure sottoposti, prima e subito dopo le loro deposizioni, ad intercettazioni telefoniche disposte d’urgenza dal P.M. e convalidate dal G.I.P.: costoro hanno chiarito che il Calamandrei frequentava il loro locale solo con le persone più in vista di S. Casciano e con il solo Vanni che faceva un po’ la “macchietta” intonando a fine pasto “faccetta nera” ed altre amenità, mentre non era mai stato insieme al Pacciani e al Lotti. Entrambi escludevano poi di aver mai visto nel locale la persona mostrata nell’album fotografico e corrispondente al Narducci.

Si passerà ora all’esame nel dettaglio delle dichiarazioni rese dal Vanni nel corso dell’incidente probatorio, celebratosi dinanzi al G.I.P. all’udienza del 28.12.2004.

A domanda del Pubblico Ministero 14: “Ma lei il Calamandrei lo conosce”? “si” Pubblico Ministero: “Da quando lo conosce, da quando”? E il Giudice anche lui gli domandava: “Da Quanto tempo conosce il Calamandrei?” ed il Vanni : “Da parecchio”. “Come l’ha conosciuto? Sa che attività svolge”? Il Giudice interveniva e chiedeva: “Ma ha capito la domanda? Come l’ha conosciuto”? E Vanni poi rispondeva: “Ma, è… paesano”. “Paesano dove”? “San Casciano”. “E lei come l’ha conosciuto”? E rispondeva: “Faceva il farmacista”. E allora il Giudice gli domanda va: “Andava in farmacia qualche volta”? “Sì, ci sono andato” – pag. 52 – “a comprare le medicine”. E il Pubblico Ministero allora, a questo punto, riprendeva il suo esame: “Anche perché c’era un rapporto fra di voi di amicizia”? E Vanni dice: “No, di Medicine, solo per quello, per le medicine”. “Lo ha incontrato sempre e solo in farmacia o anche altrove”? Vanni: “Mah”. Giudice: “Ha capito la domanda? Lo ha incontrato anche al di fuori della farmacia e dell’acquisto delle medicine”? E Vanni rispondeva al Giudice: “Sì”. “E dove vi siete incontrati e perché? E’ mai capitato che siete andati, non so, a cena fuori insieme con amici”? Vanni: “SÌ, siamo andati anche fuori a cena”. P.M.: “Sa con chi siete andati fuori a cena”? Vanni:”Mah, ‘un lo so. Come fo’ a rammentarmi tutti questi cosi?” P.M.:”Comunque con persone amici comuni? Ne ricorda qualcuna”? Vanni: “Mah”. Il Pubblico Ministero proseguiva: “Le chiedo uno sforzo, di ricordarsi qualcuna di queste persone”, a pag. 54. “Chi erano? Dove andavate? E se ci sa dire dove”. E lui rispondeva: “A San Casciano”. “Ma a cena in casa di amici o in locali”? “No, in locali”. “Eravate più persone o lei e Calamandrei soltanto”? E Vanni diceva: “Diverse persone”. “Le è mai Capitato di andare lei solo con Calamandrei”? “No, non mi pare”. “Queste cene, queste frequentazioni, in che periodi erano”? Vanni: “Non me lo rammento”. “Sono durate a lungo o per un periodo breve”? Vanni: “Mah”. “Da tantissimi anni? Da quando era giovane? Non so, prima del suo arresto”? E Vanni diceva: “Quando ero giovane”. “Anche il Calamandrei c’era quindi, che era più giovane di lei”? “SÌ”. Pag. 55. “Quando andavate a queste cene lei era la persona più anziana o era la più giovane”? “Mah”. “Tante persone eravate in genere”? “Mah, diverse, parecchi”. “Quanti sono”? “Dieci, forse più”. “Eravate solo uomini”? “Sì, solo uomini”. “La Ciulli, il nome Ciulli le dice qualche cosa”? “No”. “Le dice qualcosa il nome Ciulli”?

14 (pag. 52 della deregistrazione)

“Sì”. Prima diceva “no”, poi “sì”. “Cosa le ricorda? Sì nel senso che era la moglie o sì è un nome che conosce”? La risposta del Vanni: “Eh”? E il Pubblico Ministero: “Ha capito la domanda”? Vanni: “Ho capito”. “Ma vorrei insistere” – Pubblico Ministero – “se sa se la moglie si chiama Ciulli o si chiama, nonostante siano separati, non lo so”… Vanni: “Mah”. Poi l’avv. Filastò, a pag. 60, diceva che per due volte gli si stava ripetendo la stessa domanda e lui non faceva che rispondere altro che “Mah, mah, mah, mah, mah”. E allora interveniva il Giudice: “Allora, la conosceva questa signora Ciulli o non la conosceva”? Ancora una volta la risposta del Vanni era: “Mah”. Pubblico Ministero: “Ma ricorda se qualche volta a queste cene c’era anche la signora Ciulli”? Il Vanni rispondeva: “Mah, non lo so. Mah”. “Lei ricorda quando sono finite queste cene”? “Eh, da parecchio tempo”, pag. 61. “Lei ha mai avuto occasione di incontrare o di passare il tempo col signor Calamandrei”? “No”. “Ha parlato qualche volta così? Quali erano gli argomenti di cui parlavate”? “Mah, cose nostre”. “Cose vostre? E cioè? Ci vuole spiegare”? diceva il Pubblico Ministero, “lei ha detto cose nostre, sembra di capire che avevate qualcosa in comune”. Vanni: “Eh”. “Che cosa? Di che cosa parlavate”? “Icché gli ho a dire? Non lo so”. “Cerchi di ricordare, lei dice “cose nostre”” “vuol dire che qualcosa ha ricordato, sennò avrebbe detto di medicine, no? Quali erano le cose vostre”? pag. 62, ed il Vanni: “Mah, si parlava”. Pubblico Ministero: “Insisto, vorrei sapere di che cosa. Lei deve rispondere su questo, le ha detto il Giudice. Parlavate di lavoro”? E lui diceva: “Sì”. “Ad esempio”… “Di queste cose qui”. P.M.: “Parlavate di donne che frequentavate”? Vanni: “Si può aver parlato anche di donne”. Pubblico Ministero: “Frequentavate donne in comune, per caso, conoscevate”? “Mah, no, codesti affari no”. “E allora perché dice “si sarà parlato anche di donne”? Cosa vuol dire”? Allora, ancora una volta, – pag. 63 – interveniva il Giudice: “Ha capito, allora, signor Vanni? Le sta chiedendo il Pubblico Ministero se ricorda chi fossero le persone che lei incontrava a queste cene”. E lui rispondeva: “Amici, così”. Giudice: “Ha qualche nome di cui si ricorda”? “Eh no, non mi ricordo”. “Ricorda l’ultima volta in cui ha visto il Calamandrei”? “Gli è parecchio, parecchio tempo”. “Lui lavorava e ancora lavora in farmacia o non ce l’aveva più… o non ce l’aveva più”? Il Vanni rispondeva: “No, la farmacia”. “Lei lo sa se ce l’ha ancora”? “Mah, ‘un lo so mica io, ‘un ci sono più stato”. Pubblico Ministero: “Quando ha detto che vi incontravate e parlavate delle cose vostre ricorda dove avvenivano questi incontri e questi colloqui”? Vani:”E che ho a dire io? Non lo so”. P.M.: “Lei è mai stato a casa del Calamandrei”? Vanni: “Sì”. P.M.:”Sa dove abitava”? “Ci sono stato”. “C’è stato”? “Sì, ma icché… icché vuol dire”? “Il Calamandrei veniva a casa sua”? Vanni: “No, a casa mia il Calamandrei non c’è mai stato”. Pubblico Ministero: “Invece lei andava a casa del Calamandrei. E come mai andava a casa del Calamandrei”? “Eh, siamo amici”. “Ah” – fa il Pubblico Ministero – “allora siete proprio amici”. “Sì, bravo; sì, bravo”. “E perché? Quali erano i motivi per cui andava a casa del Calamandrei”? “Mah, a piglia’ le medicine”. P.M.: “Ma quando andava a casa del Calamandrei a pigliar le medicine, c’erano i suoi familiari? La moglie c’era”? “Sì”. “C’era anche la moglie. Quindi lei la conosce abbastanza bene la moglie”. “Sì, ‘un c’è male, ‘un c’è male”. Vanni: “Siamo di paese”. “Lei ha conosciuto” – a pag. 65 – “altri familiari del Calamandrei”? “No”. Qui diceva “no”; P.M.:”Sa se aveva figli”? Vanni: “Mah”. Pubblico Ministero: “Non lo sa. Ha capito la domanda”? Vanni: “L’ho capita, signor Canessa”. “Lei ha conosciuto anche il padre del signor Calamandrei”? “Sì, l’ho conosciuto anche lui”. “Cosa faceva”? “Mah, il farmacista”. “E frequentava anche il padre o ha frequentato solo Francesco”? Vanni: “Di queste cose non le so io”. “No, lei”. Vanni: “lo”? “Sì”. Vanni: “No, no”. “Solo il figlio”. E Vanni risponde: “Mh”. “Lei ricorda come l’ha conosciuto, come siete diventati amici”?, pag. 66. “Siamo paesani, no? Andavo a piglia’ le medicine per la mi moglie, no”? “Ho capito”, fa il Pubblico Ministero. “Eh, ha capito”, dice Vanni. “Io però le ho chiesto quando andava a trovarlo a casa di cosa parlavate, perché lei ha detto che parlavate delle vostre cose. Deve essere proprio un argomento così delicato” – diceva il Pubblico Ministero – “dato che non ci vuol dire quali erano le vostre cose”. Interveniva l’avvocato Filastò: “Ma, veramente l’ha fatto diventare delicato lei con questa insistenza sulle “cose vostre””. “E io le ho chiesto e le chiedo quali erano gli argomenti di cui lei e Calamandrei parlavate, dato che eravate amici”. La risposta di Vanni, ancora una volta: “Mh, a piglia’ le medicine, si parlava così”. “Però poi ha detto che andava a trovarlo a casa, eravate amici e parlavate delle vostre cose”, diceva il Pubblico Ministero. “Sì”. Proseguiva poi il Pubblico Ministero, pag. 67: “Vorrei capire come e perché sono diventati amici. Lei ha detto eravate amici. Ci vuole spiegare”? Vanni: “Eh, andavo a piglia’ Ie medicine, si parlava così, in amicizia, no?, per la mi moglie, le medicine, la roba, le medicine per casa”. P.M.: “Ma perché andava a casa del Calamandrei”? Vanni: “Mah”. Ancora: “Quando lei andava a casa del Calamandrei di che cosa parlavate”? pag. 68. “Si parlava così, d’amicizia nostra, qualche discorso si faceva, ma nulla di straordinario”. “Allora se non c’è nulla di straordinario ce lo può dire”. “Mah, io la senta”… Il Pubblico Ministero domandava: “Parlavate di sport”? e Vanni:”Sì, si è parlato anche di sport, ha voglia”. “Senta una cosa: sa se il Calamandrei andava a caccia, per esempio”? “Mah, non lo so”. “Mah, io non credo”. “No. Se aveva amiche donne”? “Non lo so”. “No. Lei ha mai parlato… le ha mai parlato il Calamandrei se aveva problemi con la moglie”? “Non me ne ha mai parlato”. “Quando era presente la moglie di che cosa parlavate”? “Mah, io andavo a piglia’ le medicine, ma poi ‘un facevo mica nulla di straordinario”. “La moglie era anche lei in farmacia? Le dava le medicine anche la moglie”? “No”. “Sa se il Calamandrei aveva delle armi”? “No, codesto affare non lo so”. “Ha mai sentito parlare in quella casa di pistole”? “No, mai”. “La moglie ha mai parlato di pistole”? “No, mai”. “A quelle cene ci sono stati il Pacciani e il Lotti”? “Mh, qualche volta ci sono stati”, pag. 70. “II Calamandrei era anche amico di Pacciani e Lotti, come ha detto lei”? Vanni: “Sì”. “E come lo sa? Li vedeva insieme”? Vanni: “Mh”, Pag. 70. “Cosa vuol dire “mh”? Sì o…”? “Un lo so”. “Ha detto “mh”, ci vuole spiegare cosa vuol dire”? Vanni: “Mah, icché devo dire? lo non lo so mica. Icché sapevo l’ho detto. lo altre cose non le so, ha capito”? P.M.:”lo le ho chiesto se si frequentavano. Mi ha detto “sì”. Le ho chiesto se erano amici, mi ha detto “mh”. Vorrei sapere come ha capito che erano amici. A casa, quando andava lei, a volte è capitato che ci fossero anche Pacciani e Lotti”? Vanni: “A volte c’è stato”. Pubblico Ministero: “A volte c’è stato. C’è stato Pacciani e Lotti” – Pubblico Ministero – “o l’uno o l’altro”? “Sì”. “A casa di Calamandrei”, diceva Vanni, “C’era presente anche lei”? “Eh”. Pubblico Ministero: “Eh, sennò come fa a saperlo? E di che cosa parlavate nelle volte in cui a casa eravate lei, Pacciani e Lotti e Calamandrei”? “Icché si parlava… io pigliavo, andavo per piglia’ le medicine per la mi moglie, poi le altre cose…”. E il Pubblico Ministero: “In casa eravate… quando eravate voi quattro di che cosa parlavate”? “Eh, ‘un lo so”. Pubblico Ministero, pag. 71: “C’erano anche altre persone oltre Pacciani, Lotti, lei, Calamandrei”? “No”. “O eravate voi quattro e basta”? “Un lo so io quest’affare qui”. P.M.: “Ma cos’era, la sera, la mattina, il giorno”? “Sì, di giorno, no”? “E perché lei Pacciani e Lotti andavate insieme a casa di Calamandrei”? Qui l’avv. Filastò interveniva: “Questo non l’ha mai detto, che ci andavano insieme”. Pubblico Ministero si correggeva: “E allora perché vi siete trovati insieme? E’ uguale. Lo saprà, eravate persone adulte. Qual è il motivo che vi univa insieme in quella casa, in quei momenti”? Vanni: “lo andavo a piglia’ le medicine per la mi moglie, poi le altre cose io ‘un le so”. Pubblico Ministero: “Andavate insieme, tutti e tre, voi, da Calamandrei, o vi trovavate lì”? “Si”, la risposta. “Andavate insieme o vi trovavate lì”? “Sì”. Pubblico Ministero: “Andavate insieme”? Vanni: “Ci si trovava lì”. P.M.: “Vi trovavate o ci andavate insieme tutti e tre”? “Eh”. “Perché andavate a casa dei Calamandrei”? “Mah, io andavo a piglia’ le medicine, gliel’ho detto. Fo i soliti discorsi io, no? E icché devo dire”? Interviene l’avvocato Filastò: “Gliel’ha detto cinque o sei volte”. Pubblico Ministero: “L’idea di andare avanti a trovare il Calamandrei ce l’aveva il Pacciani, il Lotti o ce l’aveva lei”? Pag. 72. “Mh”. Poi, ancora a pag. 72: “E’ mai venuto a questi incontri anche il Pucci”? “No, io credo di no”. “Cos’ha detto? Non ho sentito”. “lo credo di no”. “Il Pucci”. “Sì”. “Senta una cosa, lei ‘ha sentito di cosa parlavano in sua presenza Pacciani e Calamandrei”? “No, erano amici. lo icché ho a dire? Mah”. Pubblico Ministero: “E Lotti di cosa parlava”? “Andava a piglia’ le medicine anche lui, eh”. “Ma come mai capitava che eravate insieme lì voi tre più il Calamandrei”? Vanni: “Siamo amici”. “Ci può spiegare perché andavate voi tre a casa del Calamandrei”? “Siamo amici”. “Allora ci parli di questa amicizia”. “Mah”. Pubblico Ministero: “Perché eravate amici? Qual è il motivo per cui voi quattro eravate amici? Chi è diventato amico prima del Calamandrei? Lei, Pacciani o Lotti”? “Mah, io ‘un lo so codesto affare”. Pag. 73. Pubblico Ministero: “Ogni tanto capitava che andavate a casa del Calamandrei”? “Mah, ogni quando in quando”. “Cosa vuol dire “ogni quando in quando”? “Mah”. “Qual era il motivo per cui decidevate di andare”? Poi a pag. 75 Pubblico Ministero: “Lei ha mai incontrato Calamandrei e Pacciani insieme per strada”? “Sì, sì, a volte li ho visti insieme”, P.M.: “Dove”? Vanni: “Eh, alla farmacia”. Domanda del P.M.: “lei ha mai incontrato Calamandrei e Pacciani insieme per strada”? La risposta è “alla farmacia”. Vanni: “Sì, sì, a volte li ho visti insieme”. P.M.: “Dove”? Vanni: “Eh, alla farmacia”. A pag. 76: “Lei vedeva insieme Pacciani e Calamandrei? Li vedeva per caso”? Vanni: “Sì, sì, di combinazione, li trovavo alla farmacia”. “Le è mai capitato di vederli per caso fuori”? “No, no”. Pubblico Ministero: “E allora come mai a volte vi trovate, vi trovavate, come ha detto lei, no?, insieme? Perché a casa”? “S’andava a piglia’ le medicine”. P.M.: “Lei ci ha detto che conosceva” – a pag. 78 – “anche il padre del Calamandrei”. “Sì”. “Ricorda quand’è morto”? “Un lo so”. “Lei è diventato amico di Calamandrei Francesco quando il padre era ancora vivo o era morto”? “Sì, era vivo”. “Lei ha conosciuto Francesco quando il padre era ancora vivo”? “Sì, bravo signor Canessa”. “Andava a casa di Calamandrei quando il padre era ancora vivo o…”? “Sì”. (Il padre del Calamandrei risulta deceduto nell’anno 1971, e, dunque, tali incontri dovrebbero risalire a prima di quell’anno!!!) “Sì, sì”. “Quindi da tantissimo tempo”. “Sì”. “Anche il Pacciani e il Lotti”? “Sì”. “Quando il padre era ancora vivo”? dice il Pubblico Ministero. “Sì”. “E il padre era al corrente di questa vostra amicizia? Vi vedeva”? “Sì, ci vedeva”. “Il Pucci è mai venuto con voi”?15 Ora diceva: “A volte è venuto”. “Con voi dove, in farmacia o a casa”? “Sì, in

15 (occorre evidenziare che il Vanni a proposito del Pucci aveva detto sul punto “no, il Pucci no)

farmacia”. “Insieme a voi o andava per conto suo”? “Insieme a noi”. “Insieme a voi… insieme a voi o andava per conto suo”? “Insieme a noi”. “Quando eravate a casa del Calamandrei” – pag. 79 – “voi, Pacciani, Lotti e a volte Pucci, c’era anche la moglie”? “Sì. L’ho detto, no”?. “Eravamo noi solo quattro”. “Quando è morto il padre del Calamandrei grosso modo il figlio che età aveva”? “Un lo so”. Domanda del P.M.: “Quando lei ha conosciuto il Calamandrei, lei Vanni che età aveva”? La risposta: “Sì”. “Lei quanti anni aveva quando ha conosciuto il Calamandrei”? Vanni: “Eh, avrò avuto settant’anni”. Sa se il padre del Calamandrei era un cacciatore”? “Sì”. “Lo sa”? “Sì, sì, sì”. Pubblico Ministero: “Ha capito la mia domanda”? “Eh, ho capito”. “Il padre del Calamandrei era un cacciatore”? “Eh, ho capito, signor Canessa”. “Lei sa se il padre del Calamandrei era un cacciatore”? Vanni: “Eh, ‘un lo so”. P.M.: “Ah, ecco, non lo sa”. Pag. 80. Interveniva il dottor Crivelli: “Dal momento che ci sono riferimenti all’età… ci vuol dire quando è nato, signor Vanni, perché ci siamo”… La prima risposta: “Ah, ‘un lo so”. “Lei” – Giudice – “in che data è nato”? “Eh”, la risposta. Giudice, ripete ancora: “Lei quando è nato”? Vanni: “lo”? “Qual è la data della sua nascita”? proseguiva il dottor Crivelli. “Il 23 dicembre”. Giudice: “Di che anno”? “Del ’27”. Vanni: “Mah”. “In che luogo abita in questo momento”? “A San Casciano”. “A San Casciano”? fa il Giudice. Vanni: “Sì”. Pag. 81. Pubblico Ministero: “Come… è la residenza, signor Vanni”. E il Giudice: “E’ la residenza. Ma il posto dove abita fisso, dove dorme, dove mangia, dov’è che sta ora”? Vanni: “Mah, ‘un lo so”. Pubblico Ministero: “Non sa il nome”? E il Giudice: “Ma aspetti, aspetti Pubblico Ministero, perché sono questi gli accertamenti che dovevamo fare fin dall’inizio, perché noi per un certo calore della vicenda ci siamo scordati di fare. Dico quindi… ma faccio anche per sondare quella che è la capacità di memoria, di percezione del testimone”. E allora ripeteva la domanda: “Quindi lei stamani, per esempio, da dove è venuto? Per venire qui lei si ricorda da dove è partito per venire in questa aula”? “Non me lo ricordo”. Giudice: “Non se lo ricorda”? “No, non me lo ricordo”. A questo punto il Giudice diceva: “Andate pure avanti. Ecco, era per localizzare la memoria”. E poi si proseguiva: “lo le avevo chiesto se il Calamandrei Francesco ha figli”. Vanni rispondeva: “Sì”, a pag. 82. “Lei lo sa quanti ne ha”? “”Un lo so, mi pare due”. “Ah, vede? Allora le cose se le ricorda”. “Sì”. “Due maschi? Due femmine”? “Sì, due maschi”. 16  “Tutti e due maschi”? “Sì, sì”. “Lei li ha conosciuti, fin da bambini li ha sempre visti”? “Sì, sì, è vero”. Poi a domanda: “Vorrei che lei mi spiegasse quel concetto che ha detto, che eravate amici del Calamandrei, che parlavate del più e del meno. Ce lo vuole spiegare meglio”? “Mah, andavo a piglia’ le medicine”. “Eh beh, poi lei ha detto che non era solo, quello… eravate amici e parlavate del più e del meno, e che lei andava a casa. Volevo sapere di che cosa parlavate”. “Mh. Icché si parlava? Di poco”. “Di poco cosa vuol dire”? “Mah, ‘un lo so”. “Vi offriva da bere”? “Sì, qualcosa”. “Quindi vi sedevate intorno a un tavolo a casa sua? Cosa vi offriva”? “Mah, un bicchiere di vino”. “In casa del Calamandrei”? “Sì”. “Anche al Pacciani? O lui non beveva”? “Sì, anche a lui”. “Anche al Lotti”? “Qualche volta anche al Lotti”. “Qualche volta anche al Pucci o al Pucci no”? La risposta era: “Sì”. “Ma stavate intorno a un tavolo, non so”, fa il Pubblico Ministero. “Mah”. “Non se lo ricorda? La casa se la ricorda? Era grande? Piccola”? “No”. “Se la ricorda”? “Era grande, tante stanze, parecchie stanze”. “Quindi lei l’ha vista tutta”. “Sì, l’ho vista tutta”. “Aveva un salotto grande”? “Sì”. “Voi in genere stavate in salotto”? “Eh”. “Ma lei ha visto anche le camere”? “Eh”, “E’ grande in che senso”? “Sì, tante, parecchie camere”. “Parecchie. Lei le ha viste”? “Mh, le ho viste”. “Come mai ha visto le camere, mi scusi”? “Ma, mi c’ha portato”. “Per fargli vedere la casa? Lei non è che ha mai dormito in casa del Calamandrei”? “No, mai, io no”. “Ha mai visto che lui aveva ospiti o ci stava solo con i figli”? “Lui e la moglie”. “Anche i figli”? “Si”. “Lei ha detto che andavate a cena di quando in quando… ho capito…. ma ci può dire di quando in quando…”? “Eh, quando in quando, mica sempre”. “Ma perché andavate a casa del Calamandrei”? “A piglia’ le medicine e basta”. E allora… “Iecché ho a dire”? “Perché gli fece vedere le camere”? faceva il Pubblico Ministero. “Perché”? “Perché”? Lui: “Mah”. “Fu lui a dirgli, a fargli visitare la casa”? “Eh”. “Lei ha detto era grande. Ci può dire grande come”? “Grande”. “Ha stanze”? “Ha stanze”. “Ha visto anche il bagno? Le è capitato di andare in bagno”? “Mh”. “C’aveva uno o due bagni”? “Due bagni”. “Allora la conosce proprio bene questa casa”. “Eh, è un signore”. “Era un signore. Ma per arrivarci c’era un ascensore? Era al primo piano? Era al pian terreno”? “No, primo piano”. “Sopra la farmacia”? “Sì, bravo”. “E come ci si arrivava? C’erano le scale”? “Eh, un pochine di scale. C’era un portone, dalla farmacia”. “Da dentro la farmacia o c’era un portone per salire”? “Sì”. “Queste

16 (il Calamandrei risulta padre di un maschio, purtroppo deceduto nel corso del presente processo, e di una femmina, sempre presente in aula; v., comunque, nota dei CC di Firenze del 21.9.88 n. 3586 inc. gen).

scale da dove sono”? “Sì, dalla farmacia”. “Lei ha detto tante camere perché le ha viste tutte”? – Pubblico Ministero – “C’aveva un salotto solo o più di un salotto”? “Due”. “Senta, ma lei si è mai fermato anche a mangiare dal Calamandrei”? “No, no”. “Solo a bere”? “lo no, a mangiare no, solo a bere”. “Ma eravate voi, lei, il Pacciani, il Lotti, che chiedevate il vino o era lui che vi offriva il vino”? “Mah”. “A volte bevevate anche il caffè”? “Non lo so, sì, sì”. “Ah, e lo faceva lui o la moglie”? “Lui”. “Lui vi faceva il caffè. E quindi la moglie non c’era quando”… “No, no”. “Questa vostra amicizia è durata tanto tempo”? “Sì”. “Ma andavate a casa anche quando era vivo il padre”? “Sî”. Quindi non più tardi del ’71. “Perché il padre, dove abitava… anche allora”… “Sì”. “Quindi è un’amicizia lontana, perché il babbo del Calamandrei” – dice il Pubblico Ministero – “è tanto che è morto, ora non ho i dati”. “Eh”. “E il padre sapeva di questa vostra amicizia? Vi vedeva”?, pag. 87. “Ci vedeva, eh”. “E non diceva nulla”? “Mh”. “Vi salutava”? “Sì, i saluti”. “Lei conosceva anche Nesi Lorenzo, mi sembra”. “Come”? “Nesi lo conosce”? “Sì, sì, sì”. “Quando l’ha visto l’ultima volta”? “Gl’è poco… gl’è poco. Parecchio tempo fa”, “Dove l’ha visto”? “Eh, l’ho visto quand’ero in carcere”. “Lì all’ospedale dove ora ormai è venuto”? Vanni: “No, no. ‘Un l’ho mai visto più”. P.M: “AI carcere è venuto invece. Ma avete parlato”? Vanni:”Mh, qualche discorso s’è fatto”. P.M.: “E che tipo… ha parlato così, delle vostre cose, sue e del Nesi, perché siete amici”? Vanni: “No, siamo amici”. P.M.: “E’ venuto una volta? Più volte”? Vanni: “Sì”. P.M.: “Allora si ricorda di cosa avete parlato”? Vani: “Non me lo ricordo”. P.M.: “Ma il Nesi ha voluto parlare anche dei fatti che erano avvenuti a San Casciano, di tutti quei morti”?, pag. 89. Vanni: “Sì”. P.M.: “E lei che cosa gli ha detto”? Vanni: “Nulla gli ho detto io”. P.M.: “Ma quando Nesi le faceva le domande lei capiva o stava male”? Vanni: “Capivo, capivo”. P.M.: “Stava bene”? Vanni: “Sì, allora… allora sì”. P.M.: “Come stava oggi? Stava meglio o peggio”? Vanni: “Eh, insomma”. P.M.: “Stava bene. Ma siete dopo il carcere rimasti amici”? Vanni: “Si capisce, si capisce”. P.M.: “E che cosa gli chiedeva”? Vanni: “Icché s’è parlato? Delle nostre cose, dell’amicizia”. P.M.: “Ma di questi fatti che sono avvenuti a San Casciano”? E Vanni rispondeva: “Sì, siamo”… Giudice: “Noi stiamo stiamo per ricostruire le vicende con sincerità, ha capito”? “Bravo, bravo”, rispondeva Vanni. P.M.: “ma quando Nesi è venuto da lei, Pacciani! 17 era già morto o era ancora vivo”? Vanni: “L’era vivo, l’era vivo”. P.M.: “E’ sicuro? E cosa voleva sapere dal Pacciani? Cosa gli chiedeva”? Vanni: “Mah”. P.M.: “Gli ha chiesto se il Pacciani aveva una pistola, gli ha chiesto il Nesi”? Vanni: “Mah, io ‘un lo so”. 

17 n.b.: si era nel giugno dell’anno 2003!!!!!!

P.M.: “Lei non lo sa. Ma il Nesi gliel’ha chiesto”? Vanni: “Mah, me l’ha chiesto, ‘un lo so”. P.M.: “Lei ricorda cosa ha risposto? Cosa ha risposto lei”? Vanni: “Ma, io non lo so”. P.M.: “Non lo sa. Tanto non importa continuare”. “Tanto gl’è tempo perso”. “Eh” – diceva il Pubblico Ministero – “tanto c’è una registrazione, eh, del vostro colloquio. Lei dice al Nesi che il Pacciani aveva due pistole, che andava nel bosco”. Vanni: “No, io ‘un lo so. lo gli ho detto quest’affare qui… io ‘un gli ho detto quest’affare qui”. P.M.: “Non l’ha detto”? Vanni: “No, no”. P.M.: “Non lo ricorda”? Vanni: “Non lo ricordo, no”. P.M.: “Ma per caso il Nesi le ha chiesto chi era che faceva gli omicidi ai danni di quelle coppie”? Vanni: “Sì”. P.M.: “Gliel’ha chiesto. Gliel’ha chiesto, gliene ha parlato”? Vanni: “Ho parlato, ma non me lo ricordo. Che vuole, gli è passato parecchio tempo”. P.M.: “E perché gli ha parlato di un negro? A proposito di cosa”? Vanni: “Mah, non mi ricordo”. P.M.: “Gliel’ha detto che questo negro si chiamava Ulisse”? Vanni: “Sì”. P.M. “Gliel’ha detto lei al Nesi”? Vanni: “Sì”. P.M.: “E chi è questo”? Vanni: “E lo sapeva anche lui”. A pag. 93: “E lo sapeva anche lui”. P.M.: “Lo sapeva anche il Nesi”? Vanni: “Ma si capisce”. P.M.: “Cioè? Mi spieghi, che cosa sapeva il Nesi di questo Ulisse”? Vanni: “Mah”. P.M.: “Chi era questo Ulisse”? Vanni: “Un lo so”. P.M.: “Però se lo sapeva chi era questo negro di cui parlavate”… Vanni: “Mah”. P.M.: “Perché avete parlato di questo negro di cui il Nesi lo sapeva anche lui”? Vanni: “Eh, s’era… s’eramo amici”. P.M.: “Voi eravate amici di questo negro”? Vanni: “No, volevo dire del Nesi”. P.M.: “Ah”. Vanni: “Oh, via”. P.M.: “E chi era questo negro? Se era amico… lei lo ha mai visto”? Vanni: “Chi”? P.M.: “L’ha mai visto questo negro”? Vanni: “No”. P.M.: “E dove l’ha visto”? Vanni: “lo ‘un l’ho visto”. P.M.: “No”. Vanni: “Un l’ho visto”. P.M.: “Prima ha detto di sì”. Vanni: “No”. “E poi”, diceva l’avv. Filastò… “ha detto di no”. ” Giudice, interveniva: “Allora, le ha chiesto il Pubblico Ministero se avete parlato di un negro a nome Ulisse”. Vanni: “Sì”. Giudice: “Una persona… e le ha chiesto se lei lo ha mai visto questo Ulisse”. Vanni: “io non l’ho mai visto, non l’ho mai visto”. “Perché”… – il Pubblico Ministero riprendeva a parlare del nero – “ma cosa faceva questo negro”? Vanni: “Mah, ‘un lo so”. P.M.: “Però lei in questa registrazione che s’era fatta nel carcere ha detto al Nesi che era questo nero che ammazzava le coppie. Ha capito”? Vanni: “Si, ho capito”. P.M.: “Gliel’ha detto lei al Nesi”? Vanni: “Sì” – Pag. 95. P.M.: “Perché gli ha detto così”? Vanni: “Mah”. P.M.: “Ma lei lo sa cosa faceva questo negro e chi era? Questo negro lei sa se è vivo o è morto”? Vanni: “E’ morto”. P.M.: “Allora lo sa”. Vanni: “Mh”. P.M.: “E come sa che questo negro è morto”? Vanni: “Mah, dalla televisione”. P.M.: “Ma alla televisione parlano di tanti negri e di tanti bianchi che muoiono” – osservava il Pubblico Ministero. Vanni: “Sì”. P.M.: “Perché ha parlato di questo”? Vanni: “Eh, non lo so”. P.M.: “Non lo sa. Non lo sa e non lo sa”. P.M.:”Sì, perché avete parlato di questo”? Vanni: “Ma così, mentre si parlava insieme”. P.M.: “A proposito di che cosa? Di quei morti”? “Sì, sì”. Vanni diceva: “Dice gl’aveva morto un monte di persone”. E il Pubblico Ministero: “Chi lo diceva”? Vanni: “Eh, la televisione”. P.M.: “Ah, ecco”. Vanni: “Mica io”. P.M.: “E la televisione diceva anche il nome”? Vanni: “Sì, eh”. P.M.: “E dove è morto? Lei lo sa dove è morto”? Vanni: “Mah”. P.M.: “Come è morto”? Vanni: “Non lo so”. Quindi si proseguiva con il controesame del difensore del Calamandrei avv. G. Zanobini. A domanda: “Si sente bene in questo momento”? La risposta era sempre la solita: “Sì, bravo” – a pag. 99 -: “Che attività faceva prima di andare in pensione”? Vanni: “Il postino”. “Per quanti anni ha fatto il postino”? La risposta: “Sei”. “Solo sei anni”? Vanni: “Sei anni”. A pag. 102 il Vanni cominciava a cantare “Faccetta Nera che già l’ora si avvicina”. E il Vanni concludeva con: “Viva il Duce”! Poi, parlando delle cene di tutti i paesani – a pag. 103 – indicava tutti i nominativi suggeriti dal difensore. Pag. 113, a domanda: “Senta, Vanni, e il Pacciani e il Lotti ha detto che li ha visti anche insieme al Calamandrei. Va bene?”, Vanni “Sì”. E a domanda: “Dove li ha visti”? Vanni: “In farmacia. Siamo andati insieme”. Domanda: “Ah. Perché siete andati insieme, Vanni”? E lui rispondeva: “Mah”. “E dov’è che facevate per incontrarvi”? “Eh, in piazza, in piazza Pierozzi”. : Avv. Zanobini: “Ma lei andava a prendere le medicine. Andava sempre insieme al Pacciani e al Lotti o andava anche da solo”? Vanni: “No, io andavo da me”. Poi: “E vi siete trovati insieme”? “Sì”. Pag. 114. “Eh” – Vanni – “in via Machiavelli”. “Ah, in via Machiavelli”. Avv. Zanobini: “Vi siete trovati insieme lì e anche poi a prendere le medicine”? E Vanni: “Sì”. Avv. Zanobini “Lei, Vanni, e Lotti”? Vanni: “Sì” – Pag. 115. Quindi a domanda se conoscessero anche l’altra farmacia Parrini Vanni diceva “sì, sì”. E se conoscesse anche lui (il farmacista), Vanni: “sì, eravamo amici”. E a domanda: “Vanni, ma per lei cosa vuol dire essere amico”? Vanni: “Mah, siamo paesani”. A domanda: “La capisce la domanda”? rispondeva: “Siamo paesani”. “Quindi per lei” – domanda, a pag. 115 – “essere paesani e conoscersi vuol dire essere amici”? Vanni: “Sì, bravo”. Avv. Zanobini: “E quindi a San Casciano quanti amici lei aveva”? Vanni: “Parecchi”. Domanda: “Ma lei conosceva anche il sindaco”? – pag. 116. E Vanni rispondeva: “SÌ, Ciapetti”. A domanda: “Era amico anche del sindaco”? “Sì, ero amico anche dei comunisti”, “Senta, si è trovato qualche volta al bar col sindaco a bere”? Vanni: “Sì, anche al bar,eh”. Avv. Zanobini: “Con il sindaco”? Vanni: “Ha voglia, il sindaco Ciapetti, al Bar Italia. O sennò nel piazzone”. Poi: “Allora, ascolti, non si può dire che lei con il Calamandrei aveva un’amicizia particolare e diversa da quella che aveva con gli altri paesani”? pag. 117. Vanni: “Sì, era amico”. Avv. Zanobini: “Come con gli altri paesani”? Vani: “8]”. “Senta, lei dice una cosa, io ho capito, quando la interroga il signor Canessa, come dice lei”… “Eh”, faceva il Vanni “a proposito di questo Ulisse e che lei ha detto”… “Sì, ne abbiamo parlato”. “Eh”. “Ma lo sapeva anche lui”. “Cioè, vuol dire il Nesi”? E lui ribadiva, pag. 117: “Sì, sì”. Avv. Zanobini “Quindi, e avete… il Nesi le ha parlato di questo Ulisse anche a lei”? Vanni: “S]”. Avv. Zanobini: “Prima che lei ne parlasse al Nesi”? Vanni: “Sì, prima che ne parlassi al Nesi”. Avv. Zanobini: “E quando”? Vanni: “Eh, parecchio tempo fa”. Domanda: “Cioè quando veniva a trovarla in carcere”? Vanni: “Sì, bravo”. Pag. 118. Avv. Zanobini: “E che cosa le diceva il Nesi di questo negro, di questo Ulisse”? Vanni: “Mah, e che diceva? L’aveva sentito dire alla televisione”. Avv. Zanobini: “Anche lui? Senta, e poi a proposito di questo Ulisse, lei ad un certo momento dice che questo negro ha ammazzato tutti e sedici lui, vero? E poi hanno trovato la pistola. Se la ricorda”? Vanni: “Eh, l’hanno trovata di certo”. Avv. Zanobini: “A proposito di questo Ulisse, ad un certo momento lei dice che questo negro ha ammazzato tutti e poi hanno trovato la pistola. Se lo ricorda”? Vanni: “Eh, l’hanno trovata di certo”. Avv. Zanobini: “La pistola”? Vanni: “Alla televisione s’è saputo”. “Dice una lettera e ogni cosa, e poi lei dice che questa roba l’ha presa il Giudice”. E lui rispondeva: “Sì, eh”. “Eh”. Vanni: “Le ha prese il Procuratore”. Avv. Zanobini “E chi era questo Procuratore”? Vanni: “Mah, ‘un lo so”. Avv. Zanobini: “E lei dove l’ha sentito di questo Procuratore che ha preso questa roba”? – sempre pag. 118. Vanni: “Icché gli ho a dire? Non lo so”. Avv. Zanobini: “Però si ricorda di averlo detto”? Vanni: “Ma di certo”. Avv. Zanobini: “Quello che conta dice lei. Chi è il Procuratore che conta”? “Come”? “Lei dice le ha prese il Procuratore, quello che conta. Chi è il Procuratore”? Vanni: “Non lo so”. “Che conta per lei”? “Non lo so”. Avv. Zanobini: “Però si ricorda di averglielo detto al Nesi.Vanni: “Sì”. Poi interveniva il Giudice: “Gli ripeta questa domanda per verificare se ha capito bene….”. e il Vanni: “l’ha prese il Procuratore”… e “chi è per lei”?… e lui diceva “non lo so”. E poi: “Ma si ricorda di averlo detto oppure non se lo ricorda”? 18 Vanni: “Ma certo”. Poi si si

18 n.b.: prima aveva detto che se lo ricordava…

proseguiva e Vanni continuava a dire che andava in farmacia a prendere le medicine, ripetendo ancora che il Pacciani e il Vanni erano amici non solo del Calamandrei ma di tanti altri paesani – pag. 123; poi a domanda: “Lei conosce Don Polidori”? Vanni: “Sì”. Avv. Zanobini: “E’ stato in casa anche da lui”? “Sì, anche lì. Siamo amici”. ” Avv. Zanobini “Eravate amici anche di tutti quei paesani che venivano a cena insieme a lei”? – pag. 123. Vanni: “Sì, sì, sì, sì. Anche lì, anche lì”. Avv. Zanobini: “E com’è che fissavate”? Vanni: “Sì, si fissava in piazza e s’andava, poi si decideva lì per lì”. Avv. Zanobini: “Ed eravate amici anche con quelli che gli stavano… che gestivano questi bar”? Vanni: “Sì, amici, siamo amici, perché no”? Avv. Zanobini: “Come eravate amici con il Calamandrei”? Vanni: “Sì, bravo”. Avv. Zanobini: “Senta, Vanni, lei andava in chiesa”? Vanni: “Eh sì, andavo in chiesa”. Avv. Zanobini: “Alla messa”? Vanni: “Sono andato sempre alla messa”. Avv. Zanobini: “Lo conosceva il prete”? Vanni: “Sì, Don Polidori”. Avv. Zanobini: “Era amico anche di lui o andava soltanto alla messa”? Vanni: “Sì, andavo alla messa io”. Avv. Zanobini: “Era amico anche di Don Polidori lei”? Vanni: “Sì, lo conoscevo bene”. Avv. Zanobini: “Lo conosceva bene”? Vanni: “Sì, ha voglia”. Avv. Zanobini: “E ci parlava anche quando non era in sagrestia, quando non andava in chiesa”? “Sì, ci parlavo”. Avv. Zanobini: “Anche nella piazza”? Vanni: “Lo stesso, ha voglia”. Pag. 125 – “E’ stato a volte anche a casa di Don Polidori”? Vanni: “Eh”. A domanda: “Eh, c’è stato anche a casa di Don Polidori”? “Sì”. Avv. Zanobini: “Com’è la casa di Don Polidori”?. Vanni: “Grande, più bella della mia”. Avv. Zanobini: “Conosce bene anche quella. Senta, che è stato anche a casa del sindaco Ciapetti”? Vanni: “Sì, sono stato”. Avv. Zanobini: “E com’è anche quella”? Vanni: “Fra amico”. Avv. Zanobini: “E quando andava a casa di Don Polidori di che parlavate”? Vanni: “Si parlava delle nostre cose”. Avv. Zanobini: “Può darsi che abbiate parlato delle vostre cose”? Vanni: “Sì, eh, mah”. Pag. 127. Vanni riferiva che anche quando andava a casa di Don Polidori e del sindaco Ciapetti parlavano delle loro cose, come con il Calamandrei. “Eh, siamo amici, siamo paesani”. “Di che cosa parlava con il sindaco Ciapetti”? “Mah, lui è comunista”. Avv. Zanobini: “Spesso dice… senta, e quando dice appunto anche “con il Calamandrei si parlava delle nostre cose”, “delle nostre cose”, no”? “Sì”. “Ma delle vostre cose ne parlavate soltanto con il Calamandrei o ne parlava anche con gli altri amici”? Vanni: “Anche con il Calamandrei”. “Anche con il Calamandrei”. “Sì”, “Ma anche con il Ciapetti, per esempio”? Vanni: “Sì, ha voglia”. Pag. 127. Avv. Zanobini: “Ah e anche con tutti quegli altri amici”? Vanni: “Sì”. Z. “Quindi delle vostre cose non ne parlavate soltanto con il Calamandrei”? V.: “Sì”. Z.: “Si può dire questo? Aspetti, gliela ripeto piano piano”…”Delle vostre cose non ne parlavate soltanto lei e il Calamandrei”? V. “Mh, eh, sì”. Z.: “Ne ha parlato anche con quegli altri amici”? V. “Sì”. Avv. Zanobini: “Eh, non avevo capito bene” e l’avvocato Filastò: “Ha detto sì”. Avv. Zanobini: “Quindi, per esempio anche con il dottor Mancini, con il dottor Biagiotti, con il Torricelli? Sempre delle vostre cose parlavate”? Vanni: “Era amico, era amico”. Vanni diceva che quando andava a casa di Don Polidori e del sindaco anche loro gli offrivano un bicchiere di vino e il caffè, come il Calamandrei. E a domanda: “Quando” – a pag. 129 – “andava in casa del sindaco, no”? V. “Sì”. Z. “Che gli offriva anche lui un bicchiere di vino”? V. “Sì, ha voglia”! Z. “Per caso glielo offriva anche Don Polidori”? V. “Sì”. Z. “E quando andavate…e quando andavate a casa del sindaco”… V. “Sì, in casa”… Z. “dov’è che stavate a parlare delle vostre cose? In salotto? Dove”? V. “Sì, in casa, in casa”. Z. “Quante stanze c’ha la casa del sindaco”? V. “Parecchie”. Z. “Era grande”. Z. “E quanti salotti c’aveva quella del sindaco”? V. “Un paio”… Z. “Eh, lo credo. La conosce bene anche la casa del sindaco”. V. “Sì”. Z. “E quando andavate a casa di Don Polidori dove stavate a parlare, in salotto”? V. “Sì”. Z. “Quella della canonica”? V. “Anche quella grande”. Z. “Senta, e a casa del Ciapetti ogni quanto ci andava”? Pag. 131. V. “Di quando in quando”. Z. “Ogni quanto”? .V. “Ogni tanto”. Z. “E a casa di Don Polidori”? V. “Sì, uguale”. Z. “Uguale, ogni tanto. Ogni tanto come a casa del Calamandrei”? V. “Eh, eh, ha voglia”. Z. “Ha voglia vuol dire forse di più che… di più da loro che dal Calamandrei”? V. “Eh, eh”. Z. “E quanto è durata l’amicizia con il Ciapetti, con il sindaco”? V. “Per sempre”. Z. “E quella del Calamandrei, invece”? V. “Uguale”. Z. “Cosa vuol dire poi tanto tempo per il Calamandrei”? V. “Eh, andavo a piglia’ le medicine”. Poi Vanni parlava delle lettere, scritte a tutti i paesani – pag. 132. Vi era il controesame dell’avvocato Patrizio Pellegrini, difensore di una delle parti offese, che a pag. 136, chiedeva: “Gliel’ha presentato lei il Pacciani al Calamandrei”? E lui rispondeva: “No, io non ho presentato nulla”. P. “Ecco, quando cominciò ad abitare a Mercatale? Com’è che diventò amico del Calamandrei”? (si riferiva al Pacciani). Vanni: “Mah”. Sempre l’avv. Pellegrini: “Senta, a queste cene c’era anche questo omone nero di cui si è parlato”? Vanni: “Mah. No, mai, non l’ho mai visto”.. “Alle cene non c’era nessuno di fuori”? “Erano circa una ventina, anche di più, tutti paesani”. Pag. 138. V. “No, tutti di paese, anche di più di venti, ha voglia”. Poi vi era il controesame dell’avv. Vieri Adriani, altro difensore di una p.o.: “Vorrei mostrare al testimone una fotografia che è allegata al verbale di sommarie informazioni della signora Ghiribelli” – pag. 139 – “e chiedere se riconosce in questa fotografia una delle persone che frequentavano queste cene”. Vanni rispondeva: “Sì”…il Vanni non aveva capito, detta fotografia era allegata all’interrogatorio della Ghiribelli e l’avv. Filastò gli diceva: “Sì, si ricorda la Ghiribelli”? E lui: “Sì, bravo, sì, quella signorina che è morta, che era contro di noi. La Ghiribelli, che bestia”! Quindi l’avv. Adriani: “Ecco, io le chiedo se lei riconosce in questa fotografia qualcuna delle persone con le quali si accompagnava a queste cene”. Gli veniva mostrata la fotografia a pag. 140, e il Vanni rispondeva: “Pucci Fernando, sì, di Monte Firidolfi”. “Questo signore lo riconosce”? “Sì, è il Pucci”. E l’avv. Adriani: “A me non sembra il Pucci”. L’avv. Filastò diceva: “Lui ha detto il Pucci, perché sotto c’è scritto Pucci Fernando….invece quello lì è tutt’altro che il Pucci”. Allora l’avvocato Adriani insisteva: “Ma lei lo riconosce, ai di ià del nome che c’è scritto sotto? Questa persona lei la riconosce”? “lo lo riconosco, è il Pucci”. Poi, a pag. 144, anche il Giudice insisteva a fargli vedere la foto. E Vanni ripeteva, per la quinta volta: “E’ Pucci Fernando, con questa barbona”. Poi, ancora, a pag. 145, veniva mostrata al Vanni altra foto, sempre dall’avv. Adriani, Vanni sicuro rispondeva: “Questo non lo conosco davvero. No, non lo conosco. Sono sicuro”. La foto che gli veniva mostrata era la numero 8, allegata alle s.i.t. della Pellecchia, corrispondente al Narducci Francesco. Poi Vanni non riconosceva, a pag. 146, neppure lo Jacchia. L’avvocato Saldarelli mostrava di nuovo al Vanni la prima foto, e Vanni, ancora una volta rispondeva: “Gli è Fernando” (Pucci).

All’esito dell’incidente probatorio i P.M. decidevano di sentire il Vanni in data 25.1.2005; a pag. 6 si domandava, da parte del Pubblico Ministero: “La vengono a trovare i parenti”? “Sì” – faceva Vanni – “poi c’è il mi’ fratello” 19. Il dott. Canessa riprendeva il discorso dell’incidente probatorio: “Si ricorda lei quando era stato in casa del Calamandrei… l’aveva ben descritta, due bagni, due salotti”? “Un me lo ricordo, ‘un me lo ricordo”. A pag. 12. “Lei ha conosciuto la moglie, la signora Ciulli, mi pare, vero”? “Sì”. “Ci ha anche parlato”? “Sì, c’ho parlato”. “In casa”? “Eh”. “Diciamo, era un’amicizia, una conoscenza come col Calamandrei o al solo buonasera”? “Sì, sì”. “Sì cosa”?

19 (Vanni non risulta che abbia fratelli!!!)

domandava il dottor Canessa. “Di che cosa parlava con la signora Ciulli”? “Delle medicine”. “Ma la signora Ciulli non stava in farmacia”? “Mh”. E gli dice, siccome fa “mh”… “E’ una domanda: la signora Ciulli stava anche in farmacia? Vendeva le medicine lei”? “Sì”. Tuttavia tale circostanza non ha  trovato alcuna conferma. “Ah”. “Sì, sì, andava, sì”. Si prosegue, a pag. 14. “lo le avevo chiesto l’altra volta, prima, anche questo: ma quando c’erano queste persone che lei ha detto che andavate a trovare Calamandrei, il Pacciani”… “Sì”… “E il Lotti, e ha detto alle volte il Pucci, poi, lei è stato abbastanza dettagliato sul punto, le ho chiesto: come mai andavate a casa e di cosa parlavate”? E Vanni: “Delle medicine”. E il Pubblico Ministero: “Capisce, Vanni, andare in casa per le medicine, sembra quasi inverosimile. Lei deve dire la verità. Eh, non può cavarsela dicendo “per le medicine”. Andavate in quattro per le medicine. E’ difficile crederla. Di cosa parlavate? Il Pacciani, era più amico il Pacciani di Calamandrei”? Vanni: “Sì”. P.M.: “Sa come si erano conosciuti il Pacciani con il Calamandrei”? “No, non lo so”. “Gliel’ha presentato lei”? Pag. 15. “Sì”. E il P.M.: “Sì, nel senso lei ha presentato il Pacciani al Calamandrei”? Si vuol fissare bene il punto. E il Vanni: “Il
Pacciani”. “E come mai? Come mai? Qual’era il motivo? Calamandrei cosa cercava? Perché gli presentò il Pacciani”? “Mah, che gli ho a dire io”? P.M.: “Vede che lo sa? Lo vedo come da lei… ormai io e lei ci si conosce, Vanni”. E allora diceva: “Perché gli presentò il Pacciani”?, pag. 15. “Calamandrei, capisce, era uno… non so, forse cercava qualche donna, qualche prostituta”? Vanni: “Non lo so”. “Non lo sa. E il Lotti perché glielo presentò lei”? “Sì”. “E il Lotti glielo presentò lei”? “Sì, anche il Lotti”. “Anche il Lotti”. Pag. 16. “Ma oltre che a casa per caso voi quattro, voi tre, andavate, non so, a mangiare o a bere qualcosa fuori, nei locali, il Pacciani e il Calamandrei”? Vanni: “Sì, a mangiare”. “A mangiare andavate insieme”? “Sì”. “E dove andavate a mangiare”? “Eh, al Ponte Rotto”. “Veniva anche Calamandrei con voi”? “No”. “Ah”. P.M.: “Ecco, lui mai. Invece la mia domanda era se vi è mai capitato di andare da qualche parte voi con Calamandrei”. Vanni: “No”. “No. Lo incontravate solo in casa”? “Chiaro”. “E però, capisce, noi dobbiamo cercare di capire, ci interessa Pacciani e Lotti, non lei”, fa il Pubblico Ministero. “Come mai Pacciani era presente? Ma erano diventati amici? Si vedevano parecchio”? “No”. “Eh”? “Siamo amici, così”. “Scusi, ho paura a volte che non riesce a capire le mie domande”. “lo domando, le chiedo: l’amicizia, se c’era un’amicizia fra Calamandrei e Pacciani. Erano diventati amici? Si frequentavano”? “Sì, andava lì a piglia’ le medicine”. Poi domandava il Pubblico Ministero: “M’ha detto gliel’ha presentato lei, eh”? Vanni: “Sì”. “Ma fu Pacciani a chiedere di conoscere Calamandrei”? a pag. 18 – “o fu Calamandrei che chiese”? Vanni… “o fu Calamandrei che chiese”… Vanni: “Calamandrei”. Quindi era il Calamandrei che chiese di conoscere il Pacciani. P.M.: “Ho capito. Calamandrei gli chiese: fammi conoscere il Pacciani, eh? Perché voleva conoscere il Pacciani”? “Mah, ‘un lo so, ‘un lo so il motivo”. “Ma come le disse? “Voglio conoscere il Pacciani perché è il Pacciani” o le disse “voglio conoscere una persona così, così, così”? “Ho Capito. Calamandrei gli chiese: fammi conoscere il Pacciani. E perché voleva conoscere il Pacciani”? “Mah, ‘un lo so, ‘un lo so il motivo”. “Ma come le disse? “Voglio conoscere il Pacciani perché è il Pacciani” o le disse “voglio conoscere una persona così, così, così”? Vanni: “Mah. O icché gli ho a dire
io”? P.M.: “No, me lo dica, perché vede, ci s’arriva, eh? Cioè, Calamandrei aveva bisogno di qualcuno, di conoscere qualcuno che gli serviva a
qualcosa”. E il P.M. proseguiva: “E cosa doveva fare? A cosa gli serviva al Calamandrei conoscere il Pacciani”? Vanni: “O che lo so io”? P.M.: “Ma perché lei Vanni scelse proprio il Pacciani per questo, da presentargli? Cosa cercava? Di chi aveva bisogno? Di chi aveva bisogno? Di qualcuno”? “Non lo so”. “Ma quando Calamandrei gli chiese” – pag. 19 – “di conoscere il Pacciani, lo conosceva già”? Qui interveniva il P.M. dottor Crini: “Lo conosceva già lui il Pacciani? Sapeva già chi era”? La risposta del Vanni: “Ha voglia”! “Ha voglia”. Pubblico Ministero. “Ci Spieghi cosa vuol dire “ha voglia”. Perché lo conosceva già? Sapeva già chi era”? “Mah”, rispondeva il Vanni. Pubblico Ministero Canessa: “Com’è che l’aveva saputo? Da chi”? “Non lo so”. “Ha detto “ha voglia”. “Non lo so”. “E la prima volta glielo portò lei”? Vanni: “Si”. “E dove glielo portò”? “Alla farmacia”. “E andaste anche su in casa”? “Sì”. “Eravate voi tre soli o c’era qualcun altro”? “No, eravamo noi soli”, “E insomma, Vanni” – diceva il Pubblico Ministero – “è chiaro che noi non la crediamo; noi la crediamo quando dice che fu lui a chiedere di voler
conoscere il Pacciani. Però di cosa parlavate? Ce lo deve dire”. Vanni: “No, non lo so mica io”. “Ma qua, davanti a lei, cosa gli disse il Calamandrei? Glielo portò lei per la prima volta. Si ricorda in che epoca”? “Si parlava delle medicine”.. “Ho capito”. “D’altre cose… che gli devo dire? Sennò”… Dottor Canessa: “Glielo dico io perché in questo noi non la possiamo credere”. Allora interveniva il dottor Crini: “Può darsi… da dove stava lui per venire fino a San Casciano, per le medicine, sembrava un pochino una storia, perché a Mercatale c’è la farmacia. Quindi perché il Calamandrei le disse “fammi conoscere il Pacciani””? “Mh”, la risposta del Vanni a pag. 21. Ancora il dottor Crini: “Perché? Se gli interessavano le Medicine sarebbe stato il Pacciani a dire “presentami il farmacista perché ho bisogno di sapere un po’ meglio di queste medicine”. . “E quindi perché lo voleva conoscere? Cosa gli disse a lei”? “C’ho da andare per le medicine, per la mi’ moglie, per i soliti discorsi”. “E lei quando andò da Pacciani, Vanni, cosa gli disse? Guarda, c’è il farmacista” – a pag. 21 – “Calamandrei che ti vuole conoscere”? “Sì, sì, sì”. Pubblico Ministero: “Ma stava già a Mercatale”? Vanni: “Sì, a Mercatale”. Il P.M.: “Allora scusi, ma lei fece ad andare da Pacciani e dirgli “vieni con me da Calamandrei””? “No”. “Come vi vedevate”? Pag. 23. “Eh, lo chiamai”. “Come lo chiamò”? “Sì, per telefono”. “Aveva il telefono”? “Sì, eh, ha voglia, c’aveva il telefono”, il Pacciani, eh? In quel momento… lo vedremo dopo quand’è che avrebbe dovuto avere il telefono. “E Pacciani gli disse” – Pubblico Ministero – “oh, ma icché vole da me questo Calamandrei”? “Eh, eh”, dice il Vanni. “Disse così o disse “no, no, vengo””? “No, disse a codesta maniera”. “Però venne lo stesso”. “Sì, sì, ha voglia”. “E poi? Dopo quella prima volta ci tornaste insieme”? “SÌ, sì. Sì, sì, sempre a casa, sempre a casa”. “Ma era il Calamandrei che diceva “vediamoci, portami il Pacciani, ci si vede””? Pag. 24. “Sì, a codesto modo”. E allora qui, cioè, bisogna che lei ci spieghi come mai Calamandrei vi voleva vedere. Perché vi chiamava”? Vanni: “Ma che… che… per le medicine”. Pubblico Ministero: “Ho capito, ma per chiamarvi cosa faceva? Telefonava Calamandrei a lei”? “Sì”. “A lei”? “A me”. “Ah. Gli telefonava e gli diceva “vieni a casa e porta anche il Pacciani””? Pag. 24. “Eh”. “E il Lotti? Come avvenne? Quand’è che portaste anche Lotti”? “Dopo un po’ di tempo”. “Dopo un po’ di tempo portaste anche Lotti. Chi lo decise di portare Lotti”? “Boh”. Pubblico Ministero: “La sento in difficoltà. Come mai”? “Mah”. A domanda: “Ma è una cosa brutta”? Vanni replicava: “No”. P.M.: “Allora io… la domanda era semplice: chi decise di portare Lotti dal Calamandrei”? Vanni:”Mah”. Pag. 25. “Quindi vuol dire che, se lei è in dubbio, vuol dire che lo decise lei, Vanni, eh”? “Mah”. “Lo decise lei, Vanni”? “Sì” “Ma come mai? Ce lo spieghi meglio, via, come portaste il Lotti una sera”? “Mah, io icché gli devo dire? Non lo so, boh, certe cose”… “Certe cose le capisco, però a noi invece ci interesserebbe capire come mai venne anche Lotti una sera”, pag. 26. “Ho capito”. “Il Calamandrei lo conosceva di già il Lotti o glielo presentaste voi”? “No, glielo presentai io”. “Oh, ha visto. Glielo presento lei. Ma il Lotti il Pacciani lo conosceva già a quell’epoca”? “Sì, sì”. “Ah, Andavate insieme al Ponte Rosso”? “Sì”. P.M.:”Portaste anche il Lotti”?..”Ma io non ho capito che curiosità aveva. Che cosa voleva da voi il Calamandrei? Quindi dica la verità, me lo deve far capire”. Vanni: “Medicine… ma che medicine”? “Sì, ma capisce, questo non la crediamo, ci sarà un altro motivo. Lotti ci poteva andare da sé a comprare le medicine. Perché il Calamandrei voleva voi”? “Mah, icché lo so io”? Pubblico Ministero: “Le ho chiesto se per caso il Calamandrei” era alla ricerca di qualche… può capitare, era separato, aveva dei problemi con la moglie” – pag. 27 – “cercava qualche… voleva venire con voi a qualche prostituta, eh? Che tanto l’avete detto andavate a prostitute. Forse voleva venire anche il Calamandrei con voi”? “Mah”. Dottor Canessa: “Eh”? “leché gli ho a dire”? Vanni. “No, se è così me lo dice”. Vanni: “Mh”. “E’ così”? Vanni: “Sì”. “Voleva andare da qualche prostituta”? “Mh”. “E da chi? “Mh” vuol dire sì? Sennò non si capisce”. Vanni: “Sì”. “E voi da chi lo portaste? A Firenze o lì”? E il Vanni risponde: “A Firenze”, “E non ci poteva andare da solo? Perché voleva venire”? Non si capisce, dice, parla a voce troppo bassa. “E da chi andaste? Se lo ricorda”? “No, non me lo ricordo ora”. Dottor Crini: “C’era da dire su questo, se lo ricorderà lei, da chi andava”? Dottor Canessa: “Anche perché l’avete detto da chi andavate, quindi se veniva anche il Calamandrei, si ricorda da chi andavate”? Dottor Canessa: – questa è |a domanda, eh” – “In centro a Firenze”? E Vanni: “Sì, a Firenze”. “A Firenze, Ma la sera o la domenica, il sabato? Quando ci andavate”? “A settimana”. “E veniva anche Lotti? E andavate in macchina del Calamandrei”? || Vanni risponde: “Sì”, E Canessa: “Mh. Che macchina aveva”? Vanni: “Mah, una bella macchina”, pag. 28. Dottor Canessa: “Di che colore”? .La risposta del Vanni “Una Ferrari”. “Ma era una macchina grande”? “Eh”. “Ma lei ha detto una Ferrari tanto per dire? C’aveva una macchina proprio Ferrari”? dottor Canessa. “Eh, c’aveva una macchina bella”. “Grossa”? “Grossa”. “Ma c’aveva anche una macchina sul colore verdolino, verde? Ce l’aveva”? “Ma, quello ‘un lo so”, “E dove andavate voi? Voi quattro e basta”? “No, solo noî”. Quindi… quindi… “E chi… e guidava sempre il Calamandrei”? “lo la macchina non la so mandare”. “E andavate dalle prostitute”? “Mh”, “Ma il Calamandrei era uno che gli piaceva andare insieme, tutti insieme, nella camera, a prostitute” E quindi lui dice: “Sì”… “sì”, poi dice “no”. A Pag. 31: “Ma pagava il Calamandrei”? “Eh”. “O ognuno pagava il suo”? “Ognuno il suo”. “Ah”. Sj fa il commento: “Non era nemmeno tanto generoso”. “Si capisce”, dice il Vanni. “Ma dov’era? Era sempre la stessa? Perché… perché ce n’era una brava che vi andava bene a tulti e quattro”? “Sì”. “Ce n’era una”… “Una brava, sì”, ” chi… e chi era questa? Dove stava”? “A Firenze”. L’aveva già bell’e detto. Dottor Canessa: “Volevo Sapere chi era questa, perché sa, se ci andavate doveva essere una particolarmente disponibile a fare una Cosa in quattro. E’ così”? “Eh, bella”. “Come si chiamava”? e lui dice: “Elena”. “Elena, le pare. Ma la conoscevate… lei, voi? O la conosceva lui”? “Non la conosceva”. “Ce l’avete portato voi”? “Sì”. Eh, lo so che non è piacevole, però è così. “Ce l’avete portato voi? Da che parte della città stava”? Pag. 32. “Eh”. “Dove la stava questa donna”? “Quasi in centro, vicino al centro”. Dott. Canessa! “Vicino al Duomo”? “Sì, bravo, l’era il Duomo, vicino al Duomo”. “C’aveva una casa da sola”? Eh, lo so, è da ridere, mi fa ridere anche me, ma io non posso. “Sì, sì”. “Elena, ha detto”? “Mi pare”. “Si ricorda il cognome”? “No, il cognome no”. “Quanti anni l’aveva? Ha detto era bella, era giovane”. “Una quarantina”. E qui bisogna soffermarsi. “Una quarantina”, Perché si entra, con la pazienza che si deve avere, nella cronologia. “Una quarantina”? “Una quarantina boni, sì, sì”. “Bionda? O si fingeva”? “No, no, era bionda, era ben messa…” “E riusciva…” — pag. 34 – “e riusciva a tenervi tutti”? “Eh, ha voglia”! “Tutti insieme”? “Eh, sì”. “Vanni, oh, e glielo chiedo perché ci andava lei a trovarla, non si meravigli”. La risposta di Vanni: “Era una bersagliera”. “E in questa casa voi ci andavate di sera o di pomeriggio”? “Mah, all’ora di sera”. “Di sera. Dopo che lui aveva chiuso la farmacia”? “Dopo desinato”. “No, dopo desinato o dopo cena”?, gli si domandava. “La cena”. “Ah, la sera, al buio”. “Eh, proprio”. “Ma quando ce l’avete portato la prima volta l’indirizzo come gliel’avete dato? AI Duomo, come avete trovato la casa? Voi ci andavate già”? “Sì”. “Come l’avete trovata la casa vicino al Duomo”? Pag. 34, E poi, Pubblico Ministero: “In che epoca siamo? Lei quanti anni aveva quando questa donna aveva quarant’anni”? La risposta del Vanni: “Erano sui trentasette”. “Ah era giovane”. 20 “Quindi” – diceva il dott. Canessa – “si trattava di una trentina d’anni fa”? “EN, mi sembra, suppergiù”. “Diceva quaranta, mi pare, vero? Gli anni della prostituta”? dice il dott. Crini, “Eh, così”. E il P.M.: “Quindi a trentasett’anni, se è così”. “Eh, beh”. “E’ un po’ di tempo. Perché? E avete cambiato”? “Sì”. “E da chi siete andati dopo”? “Da un’altra”. “E quell’altra come si chiamava”? Vanni: “Eh, ce n’è tante di queste donne”. “Però volevo sapere dopo l’Elena come si chiamava quella dopo, quella dopo”, a pag. 36. Vanni: “Giuliana”. “Ah. Quella dopo Giuliana. E com’era”? “Bella, anche questa”. “E questa chi la conosceva? Come mai andaste dalla Giuliana”? Pag. 37. “Chi la conosceva? Come la conosceste la Giuliana”? “Mah. La conosceva il Pacciani”. Dott. Canessa: “Anche questa”? Vanni: “lo andai con lui”. “E Giuliana dove stava”? “Eh”? “In che parte stava”? Vanni: “In via Cavour, mi pare”. “In via Cavour”. “Mh”. “La Giuliana. A che piano”? “Eh, al secondo”. “Secondo piano”. Dott. Canessa: “Via Cavour, vicino al Duomo”. “Sì”, “O vicino a Piazza San Marco”? “Vicino al Duomo, vicino al Duomo”. “E Giuliana come si chiamava di cognome”? “Non me lo

20 Se il Vanni, quando andava da Elena e dalle altre prostitute, aveva l’età di trentasette anni, essendo nato nel ’27, l’anno di riferimento doveva essere il 1964; all’epoca di queste spedizioni il Narducci, essendo nato nel 1949, aveva quindici anni, mentre il Pacciani era ristretto in carcere (risultando essere stato detenuto dall’anno 1951 all’anno 1964).

ricordo”. “Ma ci veniva anche il Calamandrei”? pag. 38. “Veniva anche il Calamandrei dalla Giuliana”? “Sì, anche lui, anche lui qualche volta. E l’era una bella donna, anche questa, bionda”. “Quanti anni avrà avuto”? “Era più giovane della Angela”, mi pare dice, vero? Sì. “Una quarantina”. “Era più giovane, più giovane dell’Elena”. “Anche questa Giuliana era disposta a fare tutti e quattro? Ma quanto spendevate per andare in quattro da questa”? “Eh, suppergiù” – Vanni – “una cinquantina”. “Per uno”? “Eh”. “Quindi voleva duecentomila lire per prendervi tutti e quattro”, pag. 39. “Eh, ci credo”. “Senta una cosa, siamo tutti uomini, ma il Calamandrei in questa situazione era uno che era un attivo? C’aveva dei problemi? Che guardava e basta”? “No, veniva con noi”. “Sì, ma con la donna voleva fare qualcosa anche lui”? “Sì, sì”. “Ho capito”. “Ma c’era qualcun’altra dopo la Giuliana? Da chi andaste”? “No, poi non lo so”. “Lei si ricorda questa Elena” – Pubblico Ministero, a pag. 40 – “e questa Giuliana. Quando ha detto la Giuliana stava in via Cavour vicino al Duomo… e invece l’Elena rispetto a via Cavour da che parte stava”? “Ah, non lo so ora”. “Vicino? Vicino”? “Mah”. Dott. Canessa: “Ma il Pacciani come la conosceva? Ci andava anche con qualcun altro”? “Sì”. “Con chi ci andava”? “Con il Lotti”. “Ho capito. Il Pucci ce l’avete mai portato a prostitute insieme con il Calamandrei”? “No, lui non è mai venuto”. “Non sa mica che fine hanno fatto queste prostitute”?, a pag. 41. “No”. “Sa mica per caso se sono morte”? “No, io non credo, poi”… “No, perché sa, a Firenze dicevano che in quegli anni ammazzavano le prostitute”. Ma non erano gli anni ’64, eh? “Queste due qui quindi erano più grandi di lei, era più giovane”? “Più giovane, io ero più giovane”. “Era il più giovane”? “Si”. “Ma quando andavate da queste c’era anche altra gente? Gli telefonavate”? “No, gli si telefonava, ci si sentiva”. “Voi quattro”? “Eh”. “In quella via Cavour”. “Sì”. “AI piano secondo”. “Secondo, secondo. Si saliva poco”. “Queste donne però” – dice il dott. Canessa – “non avrebbero… noi avremmo bisogno di capire qualcosa di più, perché noi crediamo che lei dica la verità, però capisce, ci farebbe comodo capire chi sono, per chiedergli se si ricordano..”. Pubblico Ministero: “Avevano un soprannome”? “No”. Pubblico Ministero: “No, ma m’ha detto… com’era? Bersagliera? Una bersagliera”? Avvocato Filastò: “Nel senso che era, dott. Canessa, una bella donna, arrapata, arrabbiata”… “Sapeva come fare, era attrezzata”. Poi si chiedeva a Vanni se fosse disposto ad andare a indicare la casa dell’Angela e della Giuliana, in via Cavour, e se fosse in grado di farlo e Vanni acconsentiva. A pag. 48, a domanda del Pubblico Ministero: “Se noi la volta che andiamo a vedere la casa della Giuliana la portiamo, lei ci sa indicare anche dove stava l’Elena o no”?, Vanni replicava: “Sì”. Pubblico Ministero: “Erano vicine parecchio”? “Eh, parecchio”. Allora domandava: “L’Elena a che piano stava”? Vanni: “AI secondo”, “Ah, anche l’Elena”. “Erano vicine parecchio”? “Eh, parecchio”. “L’Elena stava al secondo piano”. “Anche l’Elena”, A pag. 49, Pubblico Ministero: “Ma perché, scusi il Calamandrei voleva venire con voi a prostitute? Perché non ci andava da solo”? Vanni: “Mah, e voleva venire con noi”, Pubblico Ministero: “Lo disse lui”? “Sì”. Pubblico Ministero, pag. 50: “I figlioli ce li aveva? Erano piccini o erano già grandi”? Vanni: “Eran piccini”. Pubblico Ministero: “Si ricorda se ha avuto sempre la stessa macchina o se cambiava Macchina, a volte, quando siete andati”? Vanni: “Mah, io ho sempre visto la solita”. Pubblico Ministero: “Con quella rossa”? “Eh”. Pubblico Ministero: “Sicché Quando facevate questi viaggetti a Firenze” – pag. 51 – “col farmacista, era il periodo che questi ragazzi erano ragazzini”? “Sì, sì”, P.M;: “Andavano a scuola? Cioè, che età avevano, potevano avere”? “Mah, ora”… Pubblico Ministero: “Dieci
anni? Quindici anni? Tre anni”? “No, una decina d’anni”. A pag. 53: “Eppure è strano che ha voluto venire con voi il Calamandrei, no? Come mai? E come… come lo cominciò il discorso”? Vanni: “Come”? “Il Calamandrei com’è che vi disse? “Voglio venire con voi a prostitute”? E Vanni: “No, disse “Vengo anch’io”. La venga, la Venga, gli si rispose noi”. Pubblico Ministero: “Pacciani fu d’accordo subito a portare anche il Calamandrei”? “SÌ, sì”. P.M.: “Lo propose lei, Vanni”? “Sì”. Pubblico Ministero, pag. 54: “Gli è stato chiesto in corso di incidente probatorio se – e io gliela rifaccio così la domanda sa se il Calamandrei frequentava un medico? Gli è stato chiesto in corso di incidente probatorio e io gliela rifaccio così”. P.M. “Sa se il Calamandrei frequentava un medico, conosceva un Medico più giovane di lui”? Vanni: “Non lo so”. Pubblico Ministero: “Uno elegante”. Vanni: “No, non lo so” Pag. 54. Si passava poi alla individuazione fotografica del Narducci. Pubblico Ministero: “Se io le faccio vedere delle fotografie di una persona che tanti dicono che conosceva il Calamandrei, lei mi può solo vederle e dirmi se l’ha mai visto, eh”? “Mi faccia vedere chi è”, diceva Vanni. “Gliele faccio Vedere, son delle foto, fatte per bene”. dice il dottor Canessa. “Le guardi un po’, sono sempre… non c’è nomi, eh? Non c’è nomi”. E mostravano la foto. Pag. 55. E la risposta del Vanni: “Questo l’è un omo”. “Eh.”. Dott. Canessa: “Eh, questo è un uomo”. Vanni: “Eh, lo credo”. “Ma lei” – domandava l’avvocato Filastò — “ lo conosce? L’ha già visto”? . “Sì, l’ho visto qualche volta”. Dott. Canessa: “L’ha visto col Calamandrei”? Vanni: “Col Calamandrei”, “Ma è giovane”. “Eh, l’è giovane sì”. “Erano amici”? Dott. Canessa, Pag. 56. “Sì”. “Ci Spieghi un po’ come mai erano amici”. “Ma come”? “Erano amici”. E Vanni: “Ma come, erano amici, io ‘un lo so mica come sta questa faccenda”, “E dove l’ha visto”? “Eh”. “Eh”? “Dove l’ha visto”? Vanni: “A Firenze”, “E perché ha detto subito, appena ha visto questa foto “l’è un omo””? “Mah, e ci vuol poco a conoscere”. “Ho capito. Ma lei” – Pubblico Ministero – “ha visto anche col Calamandrei che parlavano anche delle cose di cui parlavate voi”? “Sì”, dice Vanni. “Ma lo sa come si chiamava”? “No, il nome non lo so”, pag. 57. “Ma sembra una persona” – fa il Pubblico Ministero – “non so, così elegante, è una persona a modo, insomma, non è un contadino o un Operaio, eh”? “No”, risponde il Vanni. “Lei se lo ricorda così”? “Eh sì”. “Mi dica qualche altra cosa” – fa il Pubblico Ministero – “su questa persona”. “Non lo so”, Pubblico Ministero ancora: “Ma era di San Casciano o era di fuori”? “Di fuori, di fuori”. “Non era di San Casciano? E di dov’era? Lo dica. Di dov’era? Lo diceva”? “Mah, ‘un lo so, ‘un lo so dire da dove viene questo giovanotto”, “Lei dice era Un giovane” – Pubblico Ministero – “era un giovane… era più giovane di voi o era”…? “SÌ, era più giovane di noi”, “Parecchio”? “Eh”. “Era elegante” -fa il Pubblico Ministero – “vestiva per bene”. “Sì, vestito bene”. Dottor Canessa:; “Per bene vuol dire in cravatta”? ” |] Vanni: “Eh, lo credo”. “Quindi c’aveva anche la cravatta. Era alto? Fra magro? Era basso”? “Era più basso di me”. “Un po’ più basso”. “Sì”. “Ma era un ragazzo”? “Era un lagazzo, vestito bene”. “C’aveva la macchina lui”? Pag. 59. “Sì, anche lui”. “E che macchina c’aveva? Di che colore”? “Non lo so. Una Volkswagen verde, mi pare”. “Macchina tedesca. Di che colore”? “Verde”. “Verde”? fa il dottor Canessa. “SÌ, verde”, “Grossa questa o piccola”? “No, no, grossa”. “Di quelle a quattro porte, per intendersi”? “Sì, esatto”. “Verdolina, com’è che ha detto? Verde”? “SÌ, sì”. “Ma lei si ricorda se questa macchina era targata Firenze? L’ha mai visto? O era targata di fuori”? “Non lo so”. “Non lo sa. Su questa macchina lei ci è mai salito”? “Sì”. “Con lui”? Pag. 60, “Sì”. “Guidava lui”? “lo ‘un la so mandare”. “E dove siete andati”? “Eh”, “Eh”? Pubblico Ministero: “Non si ricorda? Dove siete andati”? “A Firenze”. “Con lui”? “SÌ”. “E il Calamandrei”? “E il Calamandrei”. “E anche il Pacciani”? “C’era anche il Pacciani, sì”. Pubblico Ministero: “E siete andati da una prostituta? E veniva anche questo con voi”? E il dottor Crini: “Vanni, quando andavate che c’era anche lui, prendevate l’auto questa verde”? Vanni: “Sì. Lui guidava. lo mi lasciavo portare”. P.M.: “E da chi andavate? Da quelle due o da altre”? “No, da queste due, dalle solite”, E quindi il periodo era il medesimo e all’epoca sicuramente il Narducci non poteva avere più di 15 anni essendo nato nel ‘49!I!l “Ma questo aveva una casa anche a San Casciano, da qualche parte”? domanda il Pubblico Ministero, Pag. 62. Vanni: “No, a San Casciano no”. Pubblico Ministero: “No. Dove ce l’aveva”? Vanni: “Un lo so”. “A Mercatale”, P.M.: “Ma con voi lo portò Calamandrei”? Vanni: “Calamandrei”. “Lo conosceva lui”? “Sì. Era amico. Si davano del tu. Era più giovane di tutti noi”. Pag. 64. Ora gli venivano mostrate le foto dell’album numero 4 del 2003, Pag. 64, tutte sempre del dott. Narducci. “Come si chiamava questo giovane? Come lo chiamavate voi”? “Giovanni”. “Lo chiamavate Giovanni”. “Sì, questo”, “Ma sa se era il vero nome o si chiamava in altro modo”? “No, non so”. “Ma che mestiere faceva”? “Mah, il muratore”. “Ah, il muratore” — fa il Pubblico Ministero – “però era elegante come muratore. Vuol vedere qualche altra foto se gli somiglia? Guardi, è la stessa persona, eh”? dott. Canessa. Le altre foto che gli si mostravano erano la numero 2, la numero 3 e la numero 4 dello stesso album 4/2003. Il Vanni alla foto n. 2 rispondeva: “Questo ‘un lo conosco”. Fa il Pubblico Ministero: “Ho capito. Guardi bene, però, perché”… “Sì” – fa il Vanni – “l’ho guardato bene”. “Guardi bene” – dice il Pubblico Ministero – “e s’assomiglia questo qui un po’, no? E’ la stessa persona. Glielo dico io. Andiamo avanti. Gliene faccio conoscere un’altra”. Perché il Vanni diceva: “Sì, sì”. “Un’altra”. “Questo non lo conosco. Nemmeno questo”. Pag. 65. “Bene. Quindi quello che dice lei è questo qui, il numero 1”? Allora poi c’è… non so che cosa e dice: “SÌ, sì, l’ho bell’e scritto”. “Allora no, a verbale non l’abbiamo detto, comunque lo diciamo perché rimanga nella trascrizione: si dà atto che è stato mostrato” – pag. 65 – “al signor Vanni l’album fotografico « numero 4/2003 della Polizia Giudiziaria, in particolare Gruppo G, Ministero dell’Interno… e che in tale album sono state mostrate le foto del numero 1, 2, 3 e 4, che il signor Vanni ha riconosciuto nel giovane la foto numero 1 dicendo che non conosceva gli altri. Quindi, numero 1 : Che ha detto conoscere come Giovanni”. “Ci dica qualche altra cosa di questo con la macchina verdolina, via. Che tipo è? Quando è venuto? Veniva spesso”? “Sì, tante volte, parecchie volte”. Pag. 66. “Ma veniva anche di giorno di lavoro o questo era uno che veniva il sabato e la domenica”? “No, veniva nei giorni di lavoro”. “No, veniva i giorni di lavoro”. Gli si domandava: “Era toscano”? “Toscano”, risponde il Vanni. “Era fiorentino o le sembrò di fuori”? “No, fiorentino”. “Le sembrò fiorentino. Cioè, aveva un modo, la voce”… “Eh”. Dice: “SÌ, la voce”, rispondeva Vanni. Pubblico Ministero: “Un modo di parlare. Qui c’ha una catenina al collo, vedo. Lei l’ha mai visto che c’aveva una catena al collo”? “Un lo so come mai”. “Ma con le donne, ma anche lui c’aveva la fissazione delle donne”?, a pag. 67. “Sì”. “Ma con le donne, quando andavate da queste Elena e Giuliana, come si comportava”? “Per bene”. “Per bene, piaceva di molto. E bravo”. “Andavate a cena insieme dopo”? “Sì, siamo
andati, sì, anche a cena”. “Si ricorda dove”? “AI Ponte Rosso”. “Anche lui veniva là”? “A volte”. “Il Ponte Rosso a quell’epoca chi c’era li, se lo ricorda”? “I Matteucci” 21. P.M.: “Quindi il Matteucci lo conosce lui”? Vanni: “E io credo di sì”. “Veniva spesso”? “Eh”.

A proposito di quest’ultima dichiarazione del Vanni occorre evidenziare che il 21.1.2005, a distanza, cioè, di sette giorni dall’audizione del Vanni, venivano sentiti i titolari della trattoria “Al Ponte Rotto”. Matteuzzi Alessandro, figlio di Silvano, che era all’epoca il gestore del locale, non riconosceva il Narducci, neppure come frequentatore della Trattoria, negando che Calamandrei si fosse recato lì insieme al Lotti, al Vanni, al Pacciani e al Narducci. Gli venivano mostrate quattro foto dell’album fotografico 4/2003 e dichiarava: “Sono invitato ad osservare le foto numero” – a pag. 2 – “1, 2,3 e 4:” – cioè Narducci – “posso dire che non ricordo di avere visto questa persona, né che è un volto da me conosciuto”.

Matteuzzi Silvano, il titolare del locale, in data 25.1.05 riferiva: “Confermo le dichiarazioni già rese alla Polizia l’8.01.97 e il 27.08.2003 al Pubblico Ministero Canessa e al dottor Crini. Lotti lo si conosceva perché lavorava alla draga, che è lì vicino accanto alla Trattoria del “Ponte Rotto”…”Sì, conoscevo sia Vanni che Lotti. Venivano nelle ore pomeridiane a bere un bicchiere di vino e frequentavano la mia trattoria nelle ore pomeridiane”… “Come ho già detto, Vanni veniva anche in compagnia di persone più distinte, che venivano a cena la sera”…: “Tornando alle persone benestanti che venivano a cena nei primi anni Ottanta insieme al Vanni, ho già riferito. Ricordo che sicuramente insieme al Vanni, che al termine della cena in genere cantava, c’era il signor Pucci Silvano, che ha un’agenzia A.C.I. a San Casciano, e il marito di una signora di origine siciliana, e che è stata direttore delle Poste a San Casciano. Vi era tale Fusi Dino, ora deceduto, soprannominato “il Coppi”; con loro a queste cene c’era anche il farmacista Calamandrei Francesco e altri benestanti, di cui non ricordo il nome. A questo punto vengono mostrate le foto dalla 1 alla 4, nelle quali mi viene espressamente detto che è raffigurato Narducci Francesco. lo ho sentito parlare” – a pag. 2 – “di questa persona sui giornali recentemente, ho anche visto alcune sue foto, sempre sui giornali e nell’album che mi venne mostrato la volta scorsa dalla Polizia. Dopo aver visionato le foto da 1 a 4, che mi sono state mostrate, posso dire che non mi ricordano nessuno che ho conosciuto di persona. Un altro che veniva a pranzo era il Nesi Lorenzo, che aveva una maglieria a San Casciano. Non ricordo di aver visto Nesi e Vanni venire insieme. Tornando alle volte in cui Vanni veniva a cena con persone

21 (la trattoria si chiamava, in realtà, “al Ponte Rotto” ed i proprietari Matteuzzi)

benestanti, ora ricordo che oltre al Calamandrei e agli altri c’era anche un certo Pippo, che lavorava nelle Officine Stiatti c’era un certo Pecci Lamberto, che lavorava alle Poste”….”Per quanto riguarda il Pacciani, debbo dire che ho pensato al fatto se mai l’ho visto nel mio locale e mi è venuto in mente che forse l’ho visto qualche volta a bere vino di pomeriggio. Mi è venuto in mente Un ricordo relativo ad una domenica pomeriggio d’estate, in cui un gruppo di persone beveva nel mio locale ed una persona, che mi sembra proprio Pacciani, teneva banco e gli altri gli andavano… nel senso cioè che appariva Paesana. Quando ho visto il Pacciani in televisione o sui giornali, mi è venuto in mente questo ricordo. Quel pomeriggio mi sembra che tra gli altri, sette o otto che erano con lui, vi erano anche Lotti, Vanni, Dori Mario, detto “il Coppi”, Muso Salvatore”. Non ha parlato però del Calamandrei. “Come ho detto, parlando delle persone benestanti che venivano a cena, vi era senz’altro il Calamandrei. Si tratta di cene di soli uomini al termine delle quali il Vanni faceva il chiassone. lui terminava sempre con il saluto romano. Cantavano anche canzoni partigiane. Calamandrei però a volte veniva anche con la famiglia. Non sono in grado di dire che macchina aveva il Calamandrei. Conosco l’auto Citroen modello DS. Non ricordo di aver mai conosciuto qualcuno che possedesse tale auto. Non ricordo di aver visto persone con un’auto simile di colore verde nel mio locale.”

Il PM, in vista di tali audizioni, emetteva un decreto di intercettazioni in via di urgenza il 20 gennaio 2005, delle utenze cellulari del Matteuzzi Silvano e del figlio Alessandro per la durata di quindici giorni, entrambe poi convalidate dal G.I.P. il 21 gennaio 2005, con esito del tutto Negativo. In sostanza, dunque, i gestori del locale smentivano in maniera Categorica la circostanza secondo cui i protagonisti di fale vicenda (Pacciani, Lotti e Narducci) avessero mangiato insieme al Calamandrei nella {rattoria (a parte il Vanni, nelle cene conviviali sopra menzionate); il Narducci, poi, non veniva riconosciuto né dal padre né dal figlio quale frequentatore del loro locale.

Tornando all’interrogatorio (pag. 68), interveniva anche l’avv. Filastò domandando: “Con il Nesi ci è mai andato a Cercare le prostitute”? “No, col Nesi no”. Pag. 70. “Col Nesi mai”? “No, davvero”. Filastò: “Nemmeno una volta 0 due, per caso”? “No, mai andato io col Nesi”. “Nesi andava qualche volta lui”? “Sì, andava da sé lui”. “Andava da sé” “Sì”. “Con lei non c’è mai andato”? domandava Filastò. “No, con me non è mai venuto”, “E’ sicuro, Vanni”? sì”… “sì, sì”… Poi Vanni, a Pag. 73, parlava della terza prostituta. A domanda: “Ma c’era anche qualche altra prostituta”? “Sì, sì”, “E quando”… no, ancora non ci siamo… “E quando andava da solo chi cercava lei”? “Nessuno”, “Cercava una donna”, dice Filastò. “Sì. Come? Una donna”. “E chi era questa donna”? “La Silvana”. Pag. 73. “La Silvana”? “Sì”. “Mh”. “E questa Silvana dove stava di casa”? “Eh, boh”, la prima risposta. L’avvocato Filastò: “Dove stava questa Silvana di casa”? La risposta del Vanni: “via Cavour”. Avvocato Filastò: “Anche lei stava in via Cavour”? E il Pubblico Ministero, dott. Canessa: “Tutte in via Cavour le stavano”? Vanni: “Le maiale”. Avvocato Filastò: “Le maiale tutte in via Cavour”? “E’ un ritrovo a Firenze, via Cavour, di tutte le maiale”. Pag. 73. “E anche lei c’aveva dove” avv.Filastò: “A che numero? Più o meno, insomma. Rispetto a Piazza San Marco, era più vicino a Piazza San Marco o più vicino al Duomo”? Prima aveva detto: “E’ più vicino al Duomo”, invece all’avvocato Filastò rispondeva: “Più vicino a Piazza San Marco”. E poi a domanda: “Ma più vicina la Silvana? Com’era la Silvana? Ce la può descrivere”? “Bella, bionda, piazzata bene”, “Lei ci andava da solo”? “Eh, sì, ha voglia”. “Anche sulla Sita”? “Sì, sì, anche sulla Sita”. E l’avv. Filastò: “lo vorrei si desse atto che Vanni, durante l’interrogatorio, lui alle domande in generale ha sempre risposto “sì”. E quindi gli si faceva presente che non si preoccupasse, perché tanto era tutto registrato. Il 17 gennaio 2003 veniva redatto anche il verbale di assunzione di informazioni, non registrato. All’ultima Pag. si ripeteva che “vengono inoltre mostrate al Vanni le foto 2, 3 e 4 del medesimo album, parimenti con il nome in calce coperto da post-it e Vanni dichiarava di non riconoscere le persone
ivi effigiate; si dà atto che tutte e quattro le foto mostrate a Vanni raffigurano Francesco Narducci”. AI termine dell’interrogatorio il difensore chiedeva che il Vanni venisse sottoposto a perizia psichiatrica.

Il 25 gennaio di quell’anno veniva effettuato il sopralluogo: il Vanni veniva condotto in macchina dalla P.G., alla presenza del suo difensore oltre che dei P.M., nelle vie del centro di Firenze – Piazza del Duomo, via Cavour – dandosi atto che si era percorsa quest’ultima via in entrambi i sensi di marcia, per circa due ore, ma il Vanni non era riuscito ad individuare la casa, continuando a dire che non era in grado di orientarsi per il buio. L’avv. Filastò, al termine, faceva osservare che, invece, la via Cavour era molto ben illuminata perché erano le ore ventuno, e le luci erano tutte accese, Si chiedeva ancora al Vanni delle prostitute chiamate Elena, Giuliana, ecc. ma egli non sapeva assolutamente riconoscere le loro abitazioni. Chiestogli del fisico dell’Elena ne ribadiva le fattezze piacenti, confermando che era bionda. Infine il difensore dell’odierno imputato chiedeva che si desse atto che indipendentemente dalle dichiarazioni del Vanni le vie Martelli e Cavour risultavano bene illuminate e i portoni ben visibili.

A riscontro se in via Cavour avessero realmente vissuto le prostitute indicate dal Vanni nel corso sia del lungo incidente probatorio che nell’interrogatorio svoltosi dinanzi ai P.M., entrambi sopra riportati per ampi stralci vi era una annotazione di servizio 22 ove si evidenziava che, essendo stati presi contatti con gli ufficiali di P.G. in pensione Musotti Bruno e Giovannoni Gianfranco, che negli anni Ottanta svolgevano servizio presso la locale Squadra Mobile e si occupavano della Buon Costume, era emerso che in via Cavour, al civico 37, nei pressi di Piazza San Marco, nel quale il Vanni aveva segnalato un appartamento ove veniva praticato meretricio e ove erano stati effettuati anche appostamenti, vi era effettivamente un appartamento occupato da una nota prostituta dell’epoca, particolarmente bella, con capelli biondi, e che parlava con spiccato accento toscano, identificata in Cusinato Giuseppina. Tale apparente riscontro, tuttavia, veniva smentito dalla seguente precisazione secondo cui: “Da accertamenti anagrafici risulta che la donna, sino al 10 aprile 1992 risiedeva a Campi Bisenzio e che in tale data, nel 1992, emigrava per Firenze al citato indirizzo di via Cavour, 37”. Quindi la Cusinato non risultava aver abitato di certo in via Cavour né negli anni Ottanta, né in precedenza.

Vi era poi altra annotazione effettuata dalla P.G. in data 15 settembre 2005, circa l’esito negativo del tentativo di individuazione nella zona di Piazza del Duomo – Via Cavour come luoghi indicati da Vanni di esercizio del meretricio di prostitute indicate dal Vanni nella quale si evidenziava testualmente: “Veniva effettuato anche un tentativo di individuazione nella zona di Piazza del Duomo, in via Cavour, allo scopo di identificare i luoghi ove esercitavano il meretricio le donne indicate dal Vanni nelle verbalizzazioni rese al Pubblico Ministero in data 17 gennaio 2005 e 25 gennaio 2005, con esito negativo”.

Ulteriore annotazione in data 28 ottobre 2005 ove si riferiva lo stesso esito negativo ed, infine, annotazione del 29 marzo 2005, sempre con esito negativo.

A pag. 3191 dell’incarto generale vi è l’elencazione, da parte del Vanni, di tutte le prostitute su un appunto sequestrato, anche con le relative cifre loro corrisposte. Vanni le elencava minuziosamente: “Milena, Piazza Santa 

22 del 20 gennaio 2005 – pag. n. 2381 dell’incarto generale

Croce, centocinquantamila, telefono”. Poi: “Poggibonsi, via Roma, campanello centrale; Licia; Luisa”, con appunto: “Portare uccello finto, vibratore”. Poi: “Adriana, stella rossa”. “Bettina, Concettina”, Il Vanni nelle sommarie informazioni rese il 197.90 aveva già elencato le prostitute, ma qui forniva altri nominativi, dichiarando che aveva conosciuto il Pacciani nell’anno 1980 circa e che non era mai andato a prostitute insieme a lui. Sul punto debbono richiamarsi le s.i.t. rese dal Lotti Giancarlo, del 26.3.1999, al termine del primo processo dei “compagni di merende” ove egli aveva parlato anche delle prostitute del Pacciani.

A pag. 3207 dell’incartamento generale, interrogato alla presenza dell’avv. Bertini, essendo nelle more stato condannato, il Lotti dichiarava (pag. 2): “Andavamo con Vanni anche dalle prostitute, come ho detto nel corso della precedente indagine; ricordo che andavamo spesso da una che batteva in macchina, vicino alla stazione; era la Maria, aveva i capelli neri; poi un’altra, Adriana Innocenti, che abitava dalle parti di Santa Maria Novella, e ci andava anche con il Nesi”. Il Lotti non ha mai nominato prostitute quali Elena, Giuliana, Silvana, di via Cavour.

Ancora sulle prostitute frequentate dal Vanni, vi sono le sommarie informazioni testimoniali rese da Nesi Lorenzo il 19.2.2005 il quale riferiva: “Circa le prostitute che Vanni ha frequentato, io sono a conoscenza di una certa Gina Manfredi, poi di un’altra che stava in via Giampaolo Orsini, poi ne aveva un’altra a Poggibonsi” 23 “non mi ha mai parlato di una prostituta bella, né con i capelli biondi, e mi sembra una frequentazione non in linea con quello che io conosco di Vanni. Il nome Elena non mi dice nulla, mentre qualcosa mi dice il nome Giuliana. Potrebbe essere riferirsi alla prostituta di Poggibonsi”. Ancora il Nesi, il 28.1.1999 ha parlato di una prostituta di Piazza Ferrucci e di una prostituta di Colle Val d’Elsa, con la quale usava intrattenersi comunque il pomeriggio, mai la notte. Ai P.M. dott. Vigna e dott. Canessa, il 18 marzo 1993, il Nesi ha, infine, riferito della Manfredi come abitante dalle parti di Piazza Dalmazia.

A tal punto occorre soffermarsi sullo stato di salute mentale e fisica del Vanni all’epoca in cui venne sentito dal G.I.P, nell’incidente probatorio e dai P.M. subito dopo.

23 ciò corrispondeva esattamente all’elenco sequestrato al Vanni

In particolare debbono qui esaminarsi le perizie cui è stato sottoposto il Vanni nel corso degli anni: in primis la C.T.U. effettuata dal Prof. Marchi, disposta il 21.10.2000 dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, dove si parla di “stato di coscienza che appare ipovalido, alternando momenti di lucidità a momenti di confusione e difficile comprensione”. E alla visita del Vanni da parte dello psichiatra in data 4.11.2000: “L’elemento di maggiore è dato dallo stato neuropsichiatrico nel quale emerge una situazione di deterioramento cognitivo su base vasculopatica cerebrale”. Si proseguiva “Abbiamo visto come le T.A.C. hanno evidenziato una sofferenza diffusa su base vascolare, che dimostra peggioramento su quanto era emerso ad alcune T.A.C, eseguite nel 1996”. Ancora: “L’aggravamento del quadro vasculopatico cerebrale è confermato anche dagli episodi confusionalie di assenza e di apatia segnalati nel 1998”. Altra perizia veniva effettuata dal prof. Piero Cioni sul Vanni un anno dopo, esattamente il 31.10.2001 e così concludeva: “In particolare le condizioni neurologiche sono peggiorate dal settembre del 2000, quando ebbe luogo la precedente visita, Si conferma l’accentuato decadimento mentale”. Dalla perizia Medico-legale sul Vanni del 30.11.2003, Sempre disposta dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza, al fine di valutare la compatibilità delle sue condizioni di salute con il regime Carcerario, si ricava, a Pag. 5, che alla fine del Mese di maggio del 2003 si erano verificati “momenti di alterazione psichica con completo distacco dalla realtà”. Infine, dalla annotazione Gides dell’8.1.2004 si ricava: “Si rileva che il dottor Cecere del Centro Clinico delia Casa Circondariale di Pisa, all’uopo contattato dall’ispettore Castelli, riferiva che il Vanni Mario alternava momenti di lucidità a momenti di completa confusione”, “Confronta annotazione citata che si allega Al documento 12″. Poi, alla cartella della casa circondariale di Pisa, nella data del 11 marzo del 2004 si leggeva la seguente annotazione: “Si richiede valutazione neurologica per valutazione demenza” , “Confronta copia pag. cartella clinica, documento 13”. Dalla scheda di pre-ammissione alla casa di cura “La Cupolina”, del 6.4.2004, a proposito del quadro clinico del Vanni si leggeva: “Aterosclerosi celebrale, con deficit cognitivi e mnesici”.

Conclusivamente sul punto occorre evidenziare come le dichiarazioni rese dal Vani innanzitutto nel colloquio come Nesi e, successivamente, nel corso del lungo esame avvenuto sia con l’incidente probatorio che con il suo interrogatorio dinanzi al P.M., entrambi sopra riportate per ampi stralci, porta ritenere che se inizialmente la pubblica accusa ha dato una enorme importanza ad esse, ed in primis al colloquio con il Nesi, laddove per la prima volta il Vanni, sia pure sollecitato da quest’ultimo, ha riferito di una persona, prima sconosciuta agli inquirenti, che addirittura avrebbe posto in essere materialmente tutti i sedici omicidi, escludendo una responsabilità in tal senso del Pacciani, tuttavia tale pista, oltre ad apparire del tutto inverosimile, essendovi stata la più volte citata sentenza della Corte d’Assise che aveva ritenuto colpevoli per i quattro duplici omicidi qui in contestazione lo stesso Vanni ed il Lotti, non ha contribuito in alcun modo a smascherare l’eventuale coinvolgimento del “nero Ulisse”- Parker in tali episodi delittuosi; anzi, la sua presenza all’interno della dependance de “La Sfacciata” non appare affatto certa, sulla base di quanto sarà riportato infra.

Anche per quel che concerne il riferimento alle prostitute che erano solite accompagnarsi, oltre che ad egli stesso, anche ai principali protagonisti di tale vicenda (il Calamandrei, il Pacciani, il Lotti ed il Narducci) appare comunque non provato, non essendovi stato alcun riscontro oggettivo a quelle dichiarazioni, rese, peraltro, nella forma che è stata riportata in precedenza, che lascia fortemente dubitare circa la capacità di prestare testimonianza del predetto. In ogni caso il Vanni non ha mai parlato della casa dell’Indovino come luogo teatro dei presunti incontri, ma solo di case Ubicate al centro di Firenze e men che meno di ville (rispetto alle quali comunque tutte le presunte partecipanti hanno escluso una presenza sua e del Pacciani).

In conclusione sul punto le possibili, iniziali ipotesi investigative offerte dal Vanni sono risultate tutte: prive di significativi riscontri oggettivi e di una qualche logica.

Si può quindi a questo punto fare un primo punto sulla situazione:

– Lotti aveva dichiarato che c’era un “dottore” che pagava per avere i feticci (escludendo peraltro che di trattasse di un farmacista e che, comunque, si trattasse del Calamandrei da lui ben conosciuto!!!).

– La Corte di Assise di Firenze ha ritenuto che gli esecutori materiali dei delitti fossero sicuramente Vanni e Lotti (essendo stata riconosciuta la loro colpevolezza per i presenti 4 duplici omicidi con sentenza passata in giudicato) in concorso col Pacciani (la cui posizione è rimasta, per così dire, nel limbo a seguito del suo decesso ma che, alla luce delle successive acquisizioni dibattimentali sebbene dalle successive indagini fosse emerso un suo ruolo ben preciso relativamente ai delitti attribuiti al “mostro di Firenze”, in sede giudiziaria non si è potuto acclarare essendo intervenuta nelle more la sua morte).

– Investigando su questi tre soggetti è emerso che fossero frequentatori di prostitute, spesso delle stesse donne. Non vi è certezza che frequentassero la stamberga di Via di Faltignano e, comunque, non insieme.

– Infine le cene effettuate anche con persone per bene sicuramente riguardavano solo il farmacista col Vanni ed altri “‘maggiorenti” del paese di S. Casciano ma non il Lotti (del tutto estraneo a questo gruppo) e ancor di più il Pacciani, che i titolari della Trattoria del Ponte Rotto hanno escluso di aver mai visto in compagnia del Calamandrei o di altri soggetti.

Vanni ha aggiunto:

– che frequentava la casa del Calamandrei, come pure il Pacciani ed il Lotti, ma in quello stato confusionale sopra evidenziato;

– che Calamandrei avrebbe chiesto a Pacciani ed a lui stesso di andare dalle prostitute da loro conosciute;

– che sarebbe venuto con loro un giovane che non sapeva chi era, amico del Calamandrei e che erano andati più volte con la macchina del Calamandrei (la già ricordata fiammante Ferrari rossa), individuando in una foto il Narducci, che avrebbe avuto in disponibilità una Vokswagen di colore verde, e che, secondo le sue dichiarazioni, si sarebbe chiamato “Giovanni” e faceva il muratore.

Aggiungeva nel colloquio col Nesi, un dato, che appare del tutto farneticante, e cioè che l’autore materiale di tutti gli omicidi delle coppie fosse un negro americano, morto, di nome “Ulisse” o “Uli”.

Le prostitute frequentate da CALAMANDREI e da NARDUCCI e da altre “persone per bene”.

Angiolina GIOVAGNOLI-

E’ la prostituta frequentata da sempre dal Calamandrei. Il suo numero telefonico (055 362432) compariva nell’agenda del Calamandrei rinvenuta nel corso della perquisizione effettuata nell’anno 2003. La GIOVAGNOLI abitava all’epoca a Firenze in Via Bellini, 41, e avrebbe dichiarato agli inquirenti di conoscere il Calamandrei, Circostanza confermata dal rinvenimento, tra i documenti della Giovagnoli, perquisita anch’essa, del numero di telefono del Calamandrei.

Sentita a verbale dalla Polizia, il 7.2.2003, subito dopo la perquisizione, pur mantenendo un atteggiamento di insofferenza, dichiarerà:

– che conosceva CALAMANDREI Francesco, avendo avuto rapporti sessuali con lui e riconoscendolo in fotografia;

– che Calamandrei andava da lei a Firenze;

– che non era mai stata a San Casciano V. di Pesa;

– che conosceva dal 1980 un’altra prostituta di nome Pellecchia Marzia, con la quale le era capitato di prostituirsi insieme con un solo uomo;

– che conosceva altre prostitute, delle quali forniva i nominativi: Miniati Loredana, Cantini Anna, e una tale Maria Teresa.

PELLECCHIA Marzia.

Veniva sentita dalla Polizia nei giorni 4 e 7 febbraio 2003, riferendo:

– che aveva partecipato ad alcune festicciole a luci rosse in un cascinale nelle campagne di San Casciano su consiglio della Giovagnoli, la quale si era prestata ad aiutarla economicamente, introducendola in un ambiente di prostituzione a suo dire “piuttosto particolare”;

– che si era prostituita facendo sesso con persone con problematiche sotto l’aspetto sessuale e con qualcuna che manifestava una certa brutalità;

– che aveva riconosciuto le foto di alcune persone con i quali aveva avuto rapporti sessuali: in particolare oltre Pacciani, Vanni e Lotti anche Calamandrei Francesco e Narducci Francesco, quest’ultimo da lei conosciuto come un medico di Prato del quale aveva fornito una descrizione di quest’ultimo che poteva corrispondere alla realtà: era più giovane di tutti gli altri uomini, portava al collo una medaglia a sportivo, alto 1,80 circa, capelli chiari, parlava dei viaggi fatti della Thailandia e di sport acquatici.

Costei veniva sentita dal P.M. il 13 febbraio 2007 e nell’occasione confermava le dichiarazioni rese alla P.G. aggiungendo: “ebbi un rapporto col medico di Prato, mi dette l’impressione che aveva delle problematiche, mi sembrò che con l’aggressività riusciva ad eccitarsi”. Ricordava che la casa ove avvenivano gli incontri era una vecchia casa colonica al piano terra e che l’anno poteva essere “il 1980, forse 81 no 82, c’erano i campionati mondiali di calcio” (che, com’è noto, avvennero nel 1982).

Data la discordanza tra le versioni rese dalle due donne circa la frequentazione della casa di San Casciano il P.M. disponeva il confronto tra la GIOVAGNOLI e la PELLECCHIA ma entrambe rimanevano sulla propria posizione. Tuttavia la Giovagnoli chiariva che se la Pellecchia aveva confermato la sua partecipazione ai festini ‘significa che è successo veramente perché lei non dice cazzate. Si vede che la mia mente ha deciso di cancellare questi ricordi perché troppo brutti”.

Su tutte tali dichiarazioni si ritornerà infra, analizzandole nel dettaglio.

I riscontri alla chiamata di correo di Vanni: il nero “ULISSE”.

Occorre ora verificare se la presunta chiamata di correo di Vanni abbia, come  sostenuto con forza dalla Pubblica Accusa, una qualche logica 0 se costui stesse farneticando o, comunque, depistando gli inquirenti anche alla luce delle sue condizioni fisiche e psichiche all’epoca. Il riferimento fatto nel colloquio col Nesi ad un “negro americano di nome ULISSE” poteva, in effetti, apparire sorprendente, essendone la prima volta che ne parlava. La presunta chiamata di correo risale al 7 Luglio 2003 e fino a quel momento, dopo l’iscrizione del farmacista nel registro degli indagati nel gennaio 2003, tra gli altri spunti investigativi si era cercato di raccogliere informazioni su di lui in tutti gli ambienti possibili. Nel dibattimento LOTTI/VANNI erano emersi testi ritenuti dalla Corte d’Assise attendibili quali Ghiribelli, Nesi, Pucci, a conoscenza degli ambienti e degli esecutori materiali degli efferati delitti. Nel marzo/giugno 2003, prima che Vanni parlasse di Ulisse, si era delineato un quadro più ampio di quello conosciuto intorno ai compagni di merende. Oltre ai festini nella casa di Indovino era emerso un luogo simile, ma ben più prestigioso, che secondo la Pubblica Accusa doveva individuarsi in una dependance della Villa “la Sfacciata”, abitata all’epoca da un tedesco. L’11 luglio 2003 la Ghiribelli, in sede di individuazione fotografica, riconosceva la persona di colore che abitava alla Villa ‘La sfacciata” in Parker Mario Robert nato nel New Jersey nel 1954 da padre americano e madre italiana, poi deceduto nel 1996 per AIDS, Dunque un americano di colore esisteva davvero ed era soprannominato proprio “ULISSE”, era deceduto e, contrariamente a quanto dichiarato dal Vanni, non si era suicidato e all’epoca dei fatti viveva o, meglio, era spesso ospite, secondo quanto riferito dalla Ghiribelli, a villa “La Sfacciata”. I risultati di tutti questi accertamenti venivano riportati nella annotazione riepilogativa del GIDES in data 17 novembre 2003.

Il “nero Ulisse” ed il tedesco che, secondo l’assunto accusatorio, vivevano in una dependance di Villa La Sfacciata.

Occorre ora verificare se il nero “Ulisse” avesse veramente a che fare con i delitti, dato che dimorava alla Sfacciata, luogo nei pressi del quale – 100 metri poco più in linea d’aria – era avvenuto il duplice omicidio del 1983, come sostenuto dal Vanni. Dagli accertamenti effettuati dai carabinieri proprio al momento del sopralluogo per quel delitto era emerso che vicino al furgone la mattina di domenica 10 settembre 1983, erano stati viste due persone, mentre il delitto era avvenuto la sera precedente. In particolare la P.G. negli atti dell’epoca, aveva riferito che entrambi erano stati visti da testimoni vicino al furgone con le loro rispettive auto. Il delitto, avvenuto nella tarda serata serata di sabato 9 settembre, non era stata ancora scoperto ne denunziato. Anzi dagli (ndr: atti) risulta che un soggetto, poi identificato proprio nel Reinecke, solo diverse ore dopo, e cioè alle 19.30 della successiva domenica 10 settembre aveva richiesto l’intervento dei carabinieri. Tali Circostanze erano State riferite da diverse pp.ii.ff. che avevano visto quella mattina le auto vicino al furgone. Dagli atti dei carabinieri che intervennero per i rilievi del delitto di Giogoli del 1983 emerse quanto segue: il furgone dei tedeschi era a poche decine, forse a centinaia di metri dalla villa, in pratica era in un campo che si trovava al di la della strada dove era ubicata la villa. In atti vi sono vari fascicoli fotografici redatti, all’epoca, dai Carabinieri, che ritraggono il furgone, la villa, i cortili prospicenti i vari appartamenti della villa e delle dipendenze. Occorre evidenziare da ultimo, anche una ripresa video filmata dalla P.G. in epoca recente, acquisita agli atti e che si è avuto modo di visionare all’udienza del 7.5.2008. I cadaveri furono ufficialmente scoperti intorno alle 19,30 della domenica 10 settembre 1983 su segnalazione del citato Reinecke, che abitava in una dependance della villa. Robert Parker, cittadino americano di colore, secondo le indagini espletate sia all’epoca che nel presente proc. pen, aveva a che fare con il Reinecke, ed entrambi vennero allora compiutamente identificati e sentiti quali pp.ii.ff. dai Carabinieri. La P.G. ha poi acquisito ulteriori informazioni sul loro conto, dalle quali si evince che entrambi risultano deceduti in epoche diverse, come già menzionato sopra.

Sul conto del Parker, in particolare, emerse che era uno stilista gay di madre italiana e padre americano ed aveva vissuto vari anni a Firenze in quel periodo, trasferendosi a Milano in epoca immediatamente successiva al duplice omicidio del 1983. Il tedesco Reinecke viveva da vari anni in una dependance della villa La Sfacciata insieme ad una cittadina svizzera e lavorava nel campo della lavorazione dei tessuti. Aveva sposato una donna italiana appartenente ad una famiglia titolare di una grossa ditta di lavorazione di lana a Prato, dalla quale si era separato anni prima. Sia il Parker che il Reinecke dichiararono all’epoca alla P.G. che non si erano accorti del furgone crivellato dei due giovani tedeschi né che i corpi fossero stati attinti da colpi di pistola. Detta circostanza, pur non risultando credibile, venne evidentemente sottovalutata dagli inquirenti. La sera stessa del duplice omicidio, però, il tedesco venne trattenuto dai Carabinieri ed interrogato dai P.M. Vigna e Della Monica, essendo stata effettuata presso la sua abitazione una perquisizione con rinvenimento di armi, tra cui alcune pistole e, successivamente, venne anche processato e condannato per omessa denuncia di un fucile e perché non in possesso di licenza per la collezione di armi.

Alcune pp.ii.ff., sentite nel corso delle indagini (soprattutto Ghiribelli, Nesi, Pucci), avevano parlato di tali due personaggi, entrambi da loro conosciuti. La Ghiribelli riferiva che, secondo quanto riferitole dal Lotti, costui doveva conoscerli bene, avendo ricevuto a volte denaro dal Parker, dotato di notevole disponibilità di denaro, aggiungendo che Lotti frequentava assiduamente la casa del tedesco e conosceva il nero americano come “ULI-ULISSE”. Infine la Ghiribelli dichiarava che il Lotti stesso le aveva riferito della consegna di denaro da parte del Parker. In tale contesto si inseriva quella strana chiamata di correo del Vanni che, nel colloquio avuto col Nesi nel carcere di Pisa, aveva indicato il Parker addirittura quale esecutore materiale di tutti i delitti del mostro di Firenze, escludendo qualsiasi responsabilità del Pacciani. I due inquietanti personaggi, dopo essere stati oggetto di accertamenti da parte della P.G., avevano lasciato in tutta fretta l’abitazione presso la Villa La Sfacciata. Infatti, dopo essere stati identificati e perquisiti dai Carabinieri, risultarono spariti dalla circolazione, il Parker essendosene andato a Milano ad occuparsi di Moda, il tedesco, che aveva una fabbrica in Italia a Prato sin dagli anni 70, avendo fatto ritorno a Monaco di Baviera, in Germania, con la sua compagna svizzera, lasciando l’appartamento della Sfacciata ed omettendo di pagare diversi canoni di locazione arretrati 24. Entrambi, dunque, nel 1984 erano già spariti da quella abitazione (circostanza che avrà il suo peso, come sarà evidenziato nel prosieguo della presente motivazione).

Secondo la prospettazione accusatoria l’appartamento del tedesco e dell’americano era un luogo dove avvenivano i cd. ‘festini”, specularmente alla casa di Indovino a Via di Faltignano. I festini, ammessa la loro effettiva sussistenza, però, in quel luogo, ovviamente, dovevano essere terminati prima degli omicidi del 1984 di Vicchio e del 1985 di Scopeti.

Le due case dei “cosiddetti festini”.

La casa dei “contadini” a Via di Faltignano e la dependance della Villa La Sfacciata a Giogoli frequentata dai cd. “mandanti gaudenti”.

A seguito della individuazione di “Ulisse” e del Reinecke, allontanatisi in fretta dall’appartamento della Villa La Sfacciata, gli inquirenti ritenevano che fosse indispensabile approfondire cosa avvenisse nelle due case, sulla base delle dichiarazioni rese dalle pp.ii.ff. Ghiribelli, Nesi, Pucci, ed, indirettamente, dalla Nicoletti. 25

24 Il proprietario, con atto di citazione del 7.3.1984, lo converrà in giudizio per circa 40 milioni di lire ed il tribunale di Firenze – II sezione civ., con sentenza del 19 ottobre 1987, lo condannava alla corresponsione di tale cifra.

25 Tutti gli atti sono contenuti nella nota in data 27 settembre 2004 della Polizia Giudiziaria del Gruppo GIDES del Ministero degli interni con i numerosissimi verbali allegati.

Orbene questo passaggio appare di fondamentale importanza nell’economia del presente procedimento: secondo la prospettazione accusatoria infatti i delle due case, soprattutto nelle ore notturne dei fine settimana, giungendo alla conclusione, che si rivelerà quantomeno non provata, secondo cui a casa del tedesco presso Villa la Sfacciata si svolgessero gli stessi “festini” di casa di Indovino a Via di Faltignano, con le stesse protagoniste femminili ma non maschili (ad eccezione del Lotti, unico soggetto ad essere stato presente in entrambi i luoghi) con un livello di perversione, però, nel primo luogo molto più elevato e sofisticato in quanto tra i presenti non c’erano contadini, bensì maggiorenti del luogo(i cd. “gaudenti”), dediti alle orge, a messe nere e a quant’altro. Ghiribelli Gabriella venne sentita a più riprese. Relativamente al gruppo di persone che frequentava la casa di Indovino ma soprattutto la Casa del tedesco Rolf Reinecke all’interno della Villa “La Sfacciata” riferiva fatti in gran parte appresi dal Lotti e dagli altri partecipi, raccontando nei dettagli cosa avvenisse in tali festini e chi li frequentasse. Tuttavia dalle parole della Ghiribelli non appare certa l’individuazione di detta villa (come si avrà modo di evidenziare infra allorché di esamineranno nel dettaglio le sue dichiarazioni).

Relativamente ai “festini” nella stamberga di Indovino in Via di Faltignano costei confermava ciò che aveva già detto in merito alla partecipazione, quasi come vittima predestinata, di Milva Malatesta e di minorenni che venivano portati dal fratello di Indovino Salvatore o dalla “Marisa di Massa”, identificata dalla Polizia nella prostituta Candido Veronica, anch’essa all’epoca minorenne, aggiungendo molti particolari dei quali non aveva mai parlato, tutti descritti nei numerosi suoi verbali, ma cadendo in numerose ed evidenti contraddizioni, circostanza quest’ultima spiegabile solo in parte con la mancanza della sua audizione dinanzi al G.I.P., essendo stata rigettata la richiesta, avanzata dai P.M., di incidente probatorio.

Confrontando le originarie dichiarazioni rese dalle principali protagoniste di Questa vicenda – la Ghiribelli, la Nicoletti, e la Pellecchia negli anni dal 1995 al 1997 – e quelle rese nella fase delle indagini relativa al presente proc. pen. (riferibili agli anni dal 2001 in poi) appaiono delle profonde discrasie, non facilmente motivabili solo con il lasso di tempo trascorso dalla prima data.

Le dichiarazioni concernano le due case, quella, fatiscente, frequentata dai contadini, di via di Faltignano, e quella degli “intellettuali”, indicata nella Villa “La Sfacciata” (sulla quale, tuttavia, deve nutrirsi più di un dubbio circa il fatto che fosse effettivamente questa la villa della quale hanno parlato le pp.ii.ff. come si vedrà infra).

La Ghiribelli, la Nicoletti e la Pellecchia (quest’ultima con un ruolo più ridotto) hanno descritto la vita nella casa dell’Indovino di via di Faltignano, per guanto a loro conoscenza.

Iniziando dalle dichiarazioni rese dalla Ghiribelli nelle sommarie informazioni testimoniali del 21.12.1995, costei riferiva testualmente: “Premetto che esercito l’attività di prostituta in Firenze, in via Fiume. Conosco Vanni perché abitava nella stessa via” 26 …”Conosco il Lotti. Ho avuto rapporti intimi con lui”, “Per quanto riguarda Pacciani Pietro io l’ho visto a casa di Indovino Salvatore quando arrivava il camper del personaggio che faceva il medium e che parlava siciliano”, (trattasi del soggetto individuato nel “Mago Manuelito”), Quest’ultima dichiarazione, peraltro, sarà smentita dalle successive sommarie informazioni testimoniali rese dalla Ghiribelli il 27.12.1995 (riferite infra). Subito dopo dette sommarie informazioni veniva registrata una conversazione telefonica, intercettata lo stesso giorno, tra Ghiribelli e Nicoletti, su utenza in uso alla Ghiribelli 27. Quest’ultima, parlando con Lotti Giancarlo diceva: “No, il Pacciani poi io non lo conoscevo”. Interveniva anche la Nicoletti, trattandosi di un’utenza in uso a quest’ultima, la quale diceva: “lo non l’ho mai visto”, riferendosi sempre al Pacciani, pag. 3. Ancora Ghiribelli: “E poi vogliono sapere chi era questo mago che veniva a fare le magie nere da Salvatore, veniva con un camper, siciliano”. Nicoletti: “Ma questo è successo dopo che sono venuta via io”. Occorre qui evidenziare un dato cronologico: la Nicoletti era stata convivente dell’Indovino dal 1978 fino all’84. Dagli atti risulta che nell’anno 1978, provenendo entrambi da Alessandria, dopo che l’Indovino era stato scarcerato, avevano preso casa nella famigerata stamberga sita in via di Faltignano e risulta che la Nicoletti era andata via da quell’abitazione nell’anno 1984, trasferendosi ad Arezzo con un nuovo compagno. La Filippa diceva: “lo l’ho visto sui giornali”. E la Ghiribelli invece: “Lui gli è andato a dire che io e te si conosceva il Pacciani”. Telefonata del 23.12.95, Ghiribelli, sulla stessa utenza, conversava sempre

26 la Ghiribelli risultava aver iniziato ad abitare a San Casciano, esattamente nella stessa via del Vanni, in Borgo Sarchiani, dalla seconda metà dell’anno 1984.

27 (fascicolo n. 5047/95 ngnr)

con la Nicoletti, cercando di far ricordare a Filippa il nome del personaggio che veniva col camper da Salvatore Indovino per le sedute spiritiche e Filippa diceva che quello del camper si chiamava “Manuelito”, aggiungendo: “ma noi non c’abbiamo visto fare niente” 28.

Sommarie informazioni rese dalla Ghiribelli il 27.12.95, alla P.G., in presenza del dott. Giuttari: “Confermo le dichiarazioni rese il 21.12.95, ad eccezione di due particolari…..La seconda circostanza che non confermo, in quanto non è stata da me riferita così come è stata verbalizzata, forse causata da me, che non mi sono saputa esprimere, è quella relativa alla presenza di Pacciani a casa Indovino Salvatore, in occasione dell’arrivo del personaggio da me indicato come medium, che giungeva con il camper. Devo infatti precisare che non ho mai visto il Pacciani Pietro né a casa dell’Indovino, nella circostanza riferita nel precedente verbale, né in altre circostanze. Ho visto Pacciani solamente in televisione o sui giornali”, Ci sono, dunque, due contrastanti dichiarazioni rese dalla Ghiribelli su tale punto. Poi vi è la telefonata della Ghiribelli alla Nicoletti del 28.12.95 nella quale la prima, che era già stata sentita, diceva: “Mi hanno chiesto se da Salvatore si facevano orge o sedute spiritiche, perché è stato fatto il nome di Luciano, della Grazia e di quello del camper, Manuelito”… “Io non l’ho mai visto fare”.

Sommarie informazioni rese dalla Ghiribelli l’8 febbraio 1996, pag. 7, dinanzi ai P.M. di Firenze: “Abbiamo abitato a San Casciano in Borgo Sarchiani 29 … l’Indovino, nel periodo in cui abitavo a San Casciano, era molto malato”…, “Tornando alle persone che il Sabato sera erano da Salvatore c’erano: Luciano, la Grazia 30, “il Sebastiano” 31 … ‘Manuelito e Agnello Domenico”. Altre dichiarazioni sono state rese dalla Ghiribelli all’udienza dibattimentale del processo Vanni-Lotti del 3 luglio 1997, fascicolo numero 15. Ghiribelli parlando del mago Indovino e della Casa di via di Faltignano riferiva: “L’unica cosa che a me faceva arrabbiare era perché facevano dei riti, una cosa e un’altra”. Poi ancora: “Vanni è venuto con me una volta sola, le altre due o tre volte andava con la Filippa Nicoletti” 32 “e con l’Antonietta Sperduto”. Ancora: “Era tutta una cricca, andavano tutti da Salvatore, lui, il Vanni, il Pacciani, il Giancarlo”. Quindi il 3 luglio 97 si contraddiceva rispetto alle

28 (quantomeno fino all’84, anno in cui la predetta andava via da quell’abitazione)
29 (nel periodo dalla metà dell’84 a tutto il 1986)
30 dovrebbe trattarsi della donna del citato Luciano.
31 fratello del Salvatore Indovino
32 che poi negherà tale circostanza

precedenti dichiarazioni rese il 27 dicembre 95. “Si trovavano sempre lì, soprattutto il sabato e la domenica, lo so perché le ho viste. C’era Giancarlo, c’era Mario, c’era Vanni, c’era l’Antonietta, c’era la Milva Malatesta”. Poi parlava delle prostitute del Vanni, frequentate a Firenze: “Lui se la faceva con due ragazze di Prato. Lui andava anche con quelle due di Massa, una era bionda e una era mora. Tra l’altro erano due sorelle. Andava a Firenze al “Mia Cara”, dietro a via Faenza, con la Filippa”. Il “Mia Cara” era una pensione; “io c’ero, ho visto il Vanni, ho visto il Lotti, il Pacciani, tutti quanti”…”No” – su domanda del Pubblico Ministero – “No, un momento, io non è che ho visto queste riunioni, specifichiamo. Ho trovato tante volte una stella a cinque punte, dei ceri, delle bottiglie vuote, dei preservativi; sul letto spesso c’era del sangue”. “lo ho visto anche un cartellone, c’era una lettera da una parte c’era un “sì” e da un’altra c’era un “no”. Poi c’erano tutte le lettere dell’alfabeto e nel Mezzo c’era sempre una tazzina di caffè”. Il Pubblico Ministero poi domandava: “Senta, ci può parlare di tutte le persone che lei a suo tempo ha memorizzato, che frequentavano questa casa? Finora ho capito Vanni, Pacciani, l’Indovino”. E la Ghiribelli diceva: “Cioè, il fratello di Salvatore, che era Sebastiano; poi c’era anche un altro che viaggiava con un camper 33 … poi c’erano delle persone che erano di Prato”; quindi parlava di nuovo di “Luciano che frequentava una ragazza piuttosto grassoccia. lo Salvatore l’ho conosciuto a Prato tramite il fratello Sebastiano”. Poi dirà che in questa casa “ce n’era tante di minorenni”. E a domanda : “E chi ce le portava”? Ghiribelli: “O Sebastiano… o quello lì, o quello là… Giancarlo anche, parecchie; le raccattavano a Prato loro, perché frequentavano questo bar, parlando in Piazza Duomo, e loro venivano tutti in Piazza del Duomo”, “Tutti chi”? “Giancarlo, Sebastiano, Salvatore, Lucianino e un certo Domenico Agnello”. Poi, a domanda del Pubblico Ministero, diceva anche che “Faltignano era frequentato anche da un certo Ezio, che aveva un negozietto e che era più che altro amico di Salvatore, comunque frequentava sia la Filippa che me. Salvatore faceva filtri, faceva le carte”. il Pubblico Ministero domandava: “Sa se la casa di Indovino era frequentata anche dai sardi”? Ghiribelli: “No, veniva Agnello, era siciliano, che però era amico di Vinci, quello che hanno ammazzato. Vinci Francesco e Domenico Agnello so che erano amici, perché venivano spesso a Prato, al Bar Rolando” 34 “C’era anche un certo Draculino, sardo, che frequentava la casa, però che si chiamava Sanna. Anche questo Sanna era amico del Vinci, perché tutti frequentavano il

33 il citato Manuelito
34 (negli anni ’78-’80)

Bar Rolando, che era un ritrovo proprio dei sardi”. Poi vi sono le dichiarazioni rese dalla Ghiribelli a partire dal 2003, cioè nell’ambito del presente proc. pen.

Sommarie informazioni testimoniali rese dalla Ghiribelli il 28 febbraio 2003: “Nel 1981 vi era un medico che cercava di fare esperimenti di mummificazione in una villa vicino a Faltignano, che da quello che sapevo sembra che l’avesse comprata sotto falso nome”35 in quell’occasione le veniva mostrato l’album numero 1 del 2003, che conteneva trentacinque foto; lei dopo averle esaminate dichiarava: “vedo l’orafo… l’altro medico di Perugia”… e poi riconosceva altri; testualmente, quasi in fondo, le venivano fatte vedere le foto numero 15, 22, 23 e 25 e su queste lei diceva: “Mi dicono qualcosa, ma non riesco a focalizzare bene”. In fondo alla pag. si dava atto che: “La foto 23 è quella di Calamandrei Francesco”. La Ghiribelli, dunque, in tale ambito rimaneva confusa davanti alla foto del Calamandrei, non riconoscendolo.

La Ghiribelli poi proseguiva:”…E di questo posto mi parlò anche Giancarlo Lotti in più occasioni e sempre negli anni ’80, quando ci frequentavamo”: poi alla pag. 2 parlava di una “Marisa” “che veniva da Massa unitamente alla sorella e alle ragazzine che portava; “…venivano da Marina di Massa, da Massa, da Viareggio, da Perugia; ricordo che venivano in pullman ed io personalmente ebbi modo di vederle insieme a queste minorenni; era sempre di venerdì e venivano a mangiare a casa mia a San Casciano. Devo precisare che venivano solo le due sorelle a mangiare, mentre i bambini sparivano”. Si è visto che i festini della “Sfacciata” sicuramente erano terminati nell’83, perché i due tenutari della dependance della “Sfacciata”, (in verità più il Reinecke che il Parker, per le considerazioni sopra svolte) che, secondo la prospettazione accusatoria sarebbero stati gli organizzatori dei festini, all’inizio dell’anno 1984, “se la erano data a gambe levate”. Ma, proprio seguendo la cronologia, dette dichiarazioni della Ghiribelli appaiono contraddittorie in quanto se la Marisa andava a mangiare da lei con la sorella, ma senza “i bambini” per poi recarsi alla villa la “Sfacciata”, la Ghiribelli negli anni 82/83 sicuramente non risultava abitare in San Casciano, ove, a suo dire, si era trasferita col suo compagno Galli solo nella seconda metà dell’84.
A quell’epoca, oramai, quantomeno nella villa o nella chiesetta sconsacrata

35 risulta pacifico che fino a questo momento, al 28 febbraio 2003, la Ghiribelli non aveva mai parlato del Calamandrei;

annessa alla villa non potevano più svolgersi i festini, non avendone più i protagonisti la disponibilità materiale.

Sommarie informazioni Ghiribelli del 1° marzo 2003 pag. 1: “Circa il dottore svizzero di cui ho parlato, lo vidi a San Casciano al Bar Centrale, insieme all’orafo e al medico delle malattie tropicali. Lo vidi viaggiare con un’auto di lusso, nera con le codine, che ho spiegato ieri” 36 …”Ricordo bene che in un’occasione lo svizzero si fermò con l’auto davanti al bar e fece salire l’orafo, come pure vidi bene la macchina; presero la direzione della villa. Ricordo che era di pomeriggio; all’epoca abitavo in Borgo Sarchiani”. Quindi lei doveva aver visto il medico svizzero, dentro l’auto, quantomeno dopo la metà dell’84, ma a quell’epoca questa persona (qualora corrispondente al Reinecke) numero 4, era stato proprietario dell’autovettura Innocenti Mini 90 targata FI946465 dal 24.3.1982.

Ghiribelli lo sfogliava e dichiarava: “Fra le macchine parcheggiate quella grande scura che si vede di profilo è proprio il tipo di macchina di cui ho parlato e sulla quale vidi lo svizzero insieme all’orafo”… “Da quello che ho saputo lo svizzero aveva comprato la villa sotto falso nome e viveva da solo, almeno come si diceva in paese”. Verbale ispezione Ghiribelli 1 marzo 2003 pag. 1:” Giancarlo mi fece vedere anche dove furono uccisi i due tedeschi e mi disse che il Pacciani l’aveva costretto, perché lui aveva visto la storia degli Scopeti”… “e allora gli disse che doveva Sparare a questi qui “così tu sei dei nostri””. Si trattava del duplice omicidio di via di Giogoli, in cui il Lotti era stato invitato a sparare, e lui di conseguenza aveva dichiarato: “ho sparato”, circostanza che la più volte richiamata sentenza della Corte d’Assise nei confronti degli imputati Vanni-Lotti su questo punto aveva messo anche in discussione, perché in essa si legge che, siccome i proiettili avevano centrato l’obiettivo e non poteva essere altro che una mano esperta ad avere sparato, si dubitava che questa circostanza, raccontata dal Lotti, fosse vera.

36 (avendo fatto l’individuazione di quella che avrebbe dovuto essere l’auto del Reinecke proprio il giorno precedente)

Altre sommarie informazioni testimoniali della Ghiribelli del 5 marzo 2003, già citate sopra, laddove diceva di non aver mai avuto come legale l’avvocato Fioravanti, che un giorno lo trovò in Pretura e che era interessato anche lui ai festini. E, in riferimento a questi festini, aggiungeva ‘”…posso dire che quando il venerdì notte avvenivano ed io ero presente, c’erano molte persone che partecipavano, tra cui c’era l’orafo, di cui vi ho già raccontato, il carabiniere di San Casciano, il medico delle malattie tropicali, la Filippa Nicoletti, la Milva Malatesta, Ezio, che è il droghiere, assieme alla moglie, il capo degli Hare Krishna, Sebastiano Indovino che si accompagnava con dei bambini minorenni di circa otto-undici anni”. Alla ulteriore domanda della P.G.: “Come mai quando ha riferito in passato dei festini a casa di Salvatore, non ha parlato anche della partecipazione dell’orafo e del medico delle malattie della pelle”? Ghiribelli replicava: “In verità io mi ricordo che durante il processo fatto a Lotti Giancarlo e Vanni Mario io parlai dell’orafo e del medico delle malattie della pelle, ma non venni presa in considerazione. Comunque, durante i verbali fatti in Questura non ne parlai perché le domande che mi venivano poste riguardavano il Lotti e il Vanni”. Alla domanda: “Sa dirmi dove avvenivano i reclutamenti dei bambini?”, la Ghiribelli riferiva: “Non sono a conoscenza di cosa facessero fare a questi bambini, in quanto io dovevo venire a Firenze a lavorare; comunque, questi bambini erano sempre diversi. So che provenivano dalla zona di Prato, ma non sono a conoscenza di come facessero a convincerli….lo ho anche parlato con loro, ma non ho avuto l’impressione che fossero stati costretti, i bambini di otto-undici anni”…. “Le feste avvenivano sempre a casa di Indovino, tranne una volta che andarono in un cimitero assieme al capo degli Hare Krishna, Infatti il giorno dopo c’era un articolo sulla “Nazione” che diceva che sconosciuti avevano scoperchiato le tombe. Il cimitero era nei dintorni di San Casciano e il periodo erano i primi anni Ottanta”.

Sommarie informazioni testimoniali del 5 giugno 2003: “Riconosco l’uomo la cui foto è contrassegnata con il numero 4, cioè il medico svizzero di cui mi aveva parlato Lotti. E’ quello che l’ho visto andare a bordo della macchina scura in compagnia dell’orafo di San Casciano”.?…”Sono certa altresì che si tratta della stessa persona che si accompagnava spesso con il medico di Perugia. Ricordo che il Lotti in merito a questa persona mi aveva riferito che il medesimo era entrato in possesso di alcuni papiri riguardanti la ‘ non l’aveva visto,quindi, per sbaglio una sola volta, ma diverse volte, in piazza a San Casciano, mentre entrava e mentre usciva dall’auto… mummificazione, ma lo stesso si lamentava che mancava una pag..” Peraltro la persona rappresentata dalla foto numero 4 non corrispondeva al Reinecke, trattandosi di tale Vitta Nathanel, che è un uomo molto corpulento e alto, il quale non ha mai abitato alla “Sfacciata”. La Ghiribelli aggiungeva: “E il periodo in cui ho visto queste persone, cioè il dottore svizzero e gli altri, che vi ho appena descritto, era l’82-’83; di questo periodo sono certa”. Tuttavia appare del tutto acclarato che negli anni 82-83 la Ghiribelli non abitava di certo in via Borgo Sarchiani, e, dunque, avrebbe dovuto venire appositamente da Firenze per vedere queste persone; la p.i.f. aggiungeva: “Ricordo che il Lotti mi raccontava che lui, con Pacciani e Vanni, quando trovavano un posto appartato frequentato da coppiette, lo dovevano riferire al medico svizzero, all’orafo e al dottore delle malattie tropicali”. Dette dichiarazioni non erano mai state rese dalla Ghiribelli in precedenza (dal 95 al ‘97, fino al processo Vanni-Lotti).

Sommarie informazioni rese dalla Ghiribelli 11.7.2003: “Ho visto questo individuo, (il Parker) dare soldi al Lotti. Queste somme erano costituite da svariate banconote da cento, credo che fossero qualche milione: credo che usava questi soldi per portare la nipote del Vanni al mare, o per andare con la Nicoletti Filippa a mangiare e a farci l’amore”. Anche questa dazione di denaro (semmai esistita veramente) doveva collocarsi cronologicamente negli anni ’82-’83, perché lo stesso Parker nell’84 oramai non era più in zona; ma non nell’82-83, la Ghiribelli non viveva ancora a San Casciano. Poi aggiungeva: “La sua autovettura, (vale a dire quella dell’Ulisse-Parker), era sportiva”. “Ora che ci penso ricordo che almeno in un’occasione ho visto il dottore svizzero, che ho già indicato e riconosciuto in una foto  38 …che mi avete mostrato in una precedente verbalizzazione, e l’Ulisse, insieme al Bar Centrale di San Casciano”…”nei primi anni Ottanta abitavo presso un albergo situato in via de’ Banchi; durante quegli anni all’interno dell’albergo ho conosciuto due ragazzine che ricordo chiamarsi una Marisa e una di cui non ricordo il nome” 39 che giungevano a Firenze il venerdì mattina, o il giovedì sera, ripartendo la domenica sera; la medesima è la stessa Marisa che portava i bambini ai festini che avvenivano a Faltignano e alla “Sfacciata”. Le veniva mostrata la foto numero 1, che corrispondeva alla Candido Veronica.

38 peraltro il soggetto che aveva riconosciuto nella foto non corrispondeva al medico svizzero!!
39 corrispondente alla prostituta denominata “Marisa di Massa”

Sommarie informazioni rese dalla Ghiribelli il 22.7.2003: “Sia il Lotti che il Galli mi avevano riferito delle feste alla “Sfacciata”. A dire del Galli erano feste davvero belle, dove ci si divertiva molto”. Anche il Galli aveva cominciato ad abitare a San Casciano, in Borgo Sarchiani, dalla seconda metà dell’84, insieme alla Ghiribelli.

Pratesi Attilio, sommarie informazioni testimoniali rese in data 1.8.2009, ex dipendente del Martelli, proprietario all’epoca della Villa “La Sfacciata”, ha escluso di avere mai visto il Parker abitare a Villa “La Sfacciata”. Alla pag. 6 di dette sommarie informazioni testimoniali, diceva: “All’interno della Villa “La Sfacciata” venivano organizzate molte feste. Ricordo in particolare quella organizzata dall’Alfa Romeo, a cui parteciparono molte persone e quella organizzata, dopo il 1984, dal Partito Socialista Italiano, a cui parteciparono molti invitati, oltre duecento. Queste feste però venivano organizzate dopo la morte di Martelli Martino, avvenuta nel mese di luglio dell’84, prima non si facevano”.

In questa prospettiva deve riportarsi anche una breve intervista alla Ghiribelli, che risulta effettuata nel corso dell’anno 2001 e trasmessa, peraltro, solo il 12 febbraio 2004, nella nota trasmissione “Un giorno in Pretura”. Detta intervista, su espressa richiesta dei P.M., veniva visionata nel corso dell’udienza camerale del 6.5.2008 e, nell’occasione, la donna così si esprimeva: “vi sto parlando con il cuore in mano”, “è la prima volta”, “ti ho già detto che non mi fido nemmeno della mia ombra”; e chiestole se “di tutto questo gruppo di merende, a San Casciano, sapevano”, rispondeva “sì, sì, lo sapevano, lo sa anche qualche altro, lo sa”; infine, chiestole se, secondo lei, “c’è qualcuno che sa e ancora non ha parlato”, affermava, rivolta all’intervistatrice, “anche in farmacia dovresti andare, però li devi prendere di brutto, a cattiva deviandare, eh !” cosicché, alla conclusiva domanda “perché loro, tu dici che loro sapevano?”, la risposta è secca: “come no !”. Dette dichiarazioni, secondo l’ipotesi accusatoria, nella loro convincente e sofferta spontaneità, costituiscono solo un semplice embrione delle assai più articolate dichiarazioni riportate sopra; esse hanno comunque la capacità di consegnare, con forza, tutto il profondo disagio della Ghiribelli nell’affrontare cerii argomenti, indirizzato nella direzione della “farmacia”, dove bisognava recarsi “prendendoli di brutto”, “a cattiva”, ritenendo costei intimorita e soggetta a possibili ritorsioni in quell’ambiente del tutto omertoso rappresentato dall’intero paese di S. Casciano. Tuttavia tale ricostruzione cozza irrimediabilmente anche sotto tale profilo con i fatti storici che saranno analizzati di qui in poi. Infatti, a richiesta del difensore dell’imputato, all’udienza dell’8.5.2008 venivano visionati due spezzoni televisivi relativi alle dichiarazioni rese dalla Ghiribelli nell’anno ’97 durante il processo in Corte d’Assise nei confronti degli imputati Vanni e Lotti. A domanda del Pubblico Ministero (minuto 19.50 della trasmissione), la Ghiribelli rispondeva: “Se ricorda la filastrocca <<Cicci cicci… tu sei il mostro di Scandicci>>? E noi da stronze si diceva così”…‘ma Giancarlo ha sempre negato. Fino a quella sera io non ho mai saputo”. (riferendosi alla sera in cui venne pubblicizzata dalla stampa e dalla tv la notizia che il Lotti era stato prelevato e messo sotto protezione, nel novembre dell’anno 1995). Subito dopo la Ghiribelli aggiungeva: “Ma si rende conto che io sono stata sedici anni a frequentare un essere del genere? Mi veniva in casa. A che rischio sono andata? Si deve rendere conto”. La Ghiribelli, dunque, nell’occasione assume di essere venuta a conoscenza delle terribili accuse mosse al Lotti solo nel novembre del ’95 e non prima. Poi al minuto 47 sempre della medesima udienza il difensore di parte civile avv. Colao le domandava, avendo ella in precedenza parlato sia del mago Indovino che di un altro mago, chi fosse il più bravo. E lei rispondeva: “Che ne so io, abbia pazienza. Che discorsi la mi fa? lo i soldi me li sono sempre guadagnati, non ho mai avuto bisogno di magia. Lei la venga a letto con me, poi si sta a vedere”. Dopo tale risposta si udiva chiaramente una risata generale dell’intera aula, che coinvolgeva lo stesso Presidente della Corte. Trattando questo delicato argomento dunque, la Ghiribelli all’epoca non si mostrava affatto preoccupata o intimorita. La Ghiribelli, invece, dimostrava di cambiare del tutto atteggiamento durante la dichiarazione resa alla giornalista Roberta Petrelluzzi nel corso della trasmissione televisiva: “Un Giorno in Pretura” , registrata nell’anno 2001 e mandata in onda nell’anno 2004. Nella requisitoria del P.M. dott. Canessa si evidenziava come esse avessero “il pregio dell’attualità” che, a suo dire, non vi sarebbe stato nei 2001, perché evidentemente del secondo livello a quell’epoca non si sarebbe parlato “nel modo più assoluto e categorico” (così testualmente si evince dalla deregistrazione) . Sotto tale profilo , tuttavia, il difensore dell’imputato alla medesima udienza produceva una serie innumerevole di articoli di stampa dimostrativi che l’indagine attinente ai possibili mandanti degli omicidi si situava temporalmente ben prima di detta dichiarazione della Ghiribelli. Ad esempio veniva prodotto un titolo Ansa del 24 marzo 1998: “Inchiesta ter su movente e mandanti”. Poi una copia del quotidiano “La Nazione” del 7 luglio 1998, che, con molta evidenza, titolava: “I delitti delle coppiette, inchiesta infinita” – “Mostro – Blitz in casa del farmacista di San Casciano – sequestrate agende, foto, dipinti. Come si evince, del resto, dalla nota riepilogativa redatta dal Gides in data 2.3.2005 a firma del dottor Giuttari, l’indagine ter a carico dell’odierno imputato era iniziata nell’anno 1998, allorchè nel mese di luglio venne effettuata la seconda perquisizione nell’abitazione del Calamandrei, da cui scaturiva poi il titolo e l’articolo de “La Nazione”, Ancora il 13 luglio sempre dell’anno 1998 compariva altro articolo de “La Nazione” sotto forma di un’intervista delgiornalista Mario Spezi al Calamandrei, nella quale il primo parlava del Calamandrei come del “mandante”, che avrebbe commissionato i feticci.

La stampa e la tv dunque si era occupata con enfasi e dettagliatamente del Calamandrei additandolo, a seguito delle indagini allora in corso e delle perquisizioni nella sua abitazione, proprio quale possibile mandante degli omicidi attribuiti al “mostro di Firenze” e la Ghiribelli, che ha sempre continuato ad abitare in quel contesto, non poteva certamente ignorare la assillante campagna di stampa e televisioni nei suoi confronti. Non appare credibile, dunque, allorchè, dopo circa tre anni da tale fatti e senza che nel frattempo fosse venuta a conoscenza di alcuna nuova circostanza, sembra adombrare una pista prima ignota (“dovete andare a cattivo alla farmacia..”).

Altra teste ritenuta fondamentale dalla Pubblica Accusa, insieme alla Ghiribelli, risulta Filippa Nicoletti, la quale venne sentita in numerose occasioni: sommarie informazioni testimoniali del 27.11.95: “Ho abitato in via di Faltignano fino al marzo del 1984. lo, quando stavamo insieme, non l’ho mai visto fare il mago. Non ho mai visto in vita mia il Pacciani. L’ho visto in televisione e sui giornali. Ho conosciuto Lotti Giancarlo nel mese di agosto del 1981, mentre il mio convivente, Salvatore Indovino, era in carcere. L’ho conosciuto in piazza a San Casciano. lo vivevo da sola e da quel giorno il Lotti mentre Salvatore era in carcere ha cominciato a frequentare casa mia e abbiamo avuto rapporto uomo-donna. Il Lotti non mi ha presentato mai nessun uomo. Ho visto in televisione, al processo Pacciani, il postino Vanni. Escludo di averlo mai conosciuto e tantomeno che il Lotti me l’abbia presentato”. Poi, anche lei venne sottoposta ad intercettazioni telefoniche richiamate supra a proposito delle dichiarazioni rese dalla Ghiribelli; intercettazione del 16/12/95, delle ore undici e quarantanove, tra Nicoletti e Lotti. Filippa diceva a Giancarlo: “Ma tu mica mi hai presentato qualche volta lui?” (riferendosi al Pacciani). Giancarlo: “No. Te non l’hai mai conosciuto per nulla”. Pag. 2. Filippa: “lo non l’ho conosciuto né tanto Mario, né al Pacciani. lo non li ho mai visti. Dice lì vicino ci abitava la Sperduto, ma io non ci ho mai parlato, buongiorno, buonasera”. “Perché” – a pag. 3 – “è la verità che noi non abbiamo mai avuto a che fare con queste persone, cioè Pacciani e Vanni”. Filippa, pag. 6: “Io li conosco a questi due per via della televisione”, ribadiva. Giancarlo: “Te non l’hai mai conosciuto come persona, te non l’hai mai conosciuto che persona è Pacciani, tu non sai nemmeno come è fatto, se è grosso, se è basso, se è alto questa persona qui”. Filippa: “Chi lo sa? lo non li ho mai visti” — ripeteva ancora una volta – “io li ho visti per TV e sui giornali”. aggiungendo: “Ma erano amici di lui”? “Ma amici di lui? Che ne so io”. Deve qui evidenziarsi che la Ghiribelli nelle sommarie informazioni testimoniali sopra riportate aveva detto, invece, che il Pacciani, il Vanni, frequentavano la casa di Indovino in via di Faltignano, salvo poi smentirsi helle successive dichiarazioni sopra riportate e tornare a sostenerlo durante la sua audizione dibattimentale. La Nicoletti su questo punto appariva categorica.

pag 84

Sommarie informazioni Nicoletti del 6 febbraio 1996: “Ho conosciuto Indovino
Salvatore ad Alessandria, dove io all’epoca abitavo con mio marito e due miei
figli, nell’anno 1976”. Nel 1976 la Nicoletti era ad Alessandria insieme al suo
convivente Indovino. Alla fine degli anni Sessanta, dunque, il mago Indovino

non era a San Casciano.

Dichiarazioni della Nicoletti del 6 febbraio 96: “Nel 1997” – pag. 2 – “insieme
ad Indovino andai via da Alessandria; poi siamo stati a Ramacca, paese di
origine di Indovino, prima a Firenze a prostituirmi, poi a Prato a casa di
parenti dell’Indovino; poi, nel ’78, avevamo trovato un’abitazione in via di
Faltignano di San Casciano e lì ci siamo trasferiti. Abitai in questa casa fino al
1984, allorché, a seguito di un litigio con l’Indovino, lo abbandonai ed andai
ad Arezzo, con un giovane nuovo amante. La casa di Faltignano era piuttosto
piccola, si componeva di un vano cucina, che era all’ingresso, una camera ed
un ripostiglio; per entrare in casa si doveva salire alcuni scalini, cinque-sei,
per cui era un piano rialzato”. Questa descrizione, che sarà ripetuta anche
dal Galli e da altre persone che avevano frequentato l’abitazione di via
Faltignano, porta ad escludere che la casa di cui poi parlerà la p.i.f.
Pellecchia nelle sommarie informazioni testimoniali che saranno riportate
infra fosse proprio quella di via di Faltignano. Sommarie informazioni
testimoniali del 10 febbraio 96, rese dalla Nicoletti ai Pubblici Ministeri Vigna
e Canessa: “Ho conosciuto proprio in quel periodo, ’84-’85, a casa di
Indovino, Ghiribelli Gabriella”. Secondo la Nicoletti, dunque, la Ghiribelli
nell’82-’83 non aveva ancora messo piede nella casa di via di Faltignano, ove
lei dimorava in pianta stabile, avendola conosciuta nell’84-’85, quando era

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andata ad Arezzo e da quel momento la Ghiribelli l’aveva in pratica,
quantomeno parzialmente, sostituita, come amica del Salvatore, a cui andava
a fare le iniezioni essendo gravemente malato, tanto che successivamente
morirà per un tumore. Da queste ultime dichiarazioni emerge un dato
assolutamente certo circa la non contestualità di frequentazione fra la lei e la
Ghiribelli nella stamberga di via di Faltignano di Indovino. Proseguiva: “Circa
le persone che venivano a casa dell’Indovino negli anni ’84-’85, quando io,
come ho detto, ci capitavo, ho visto Luciano” – a pag. 2 -” la Grazia,
Domenico Agnello, che ha portato una ragazza più giovane di lui, Margherita,
e ci sono stati quindici giorni, era il 1978. lo sono andata ad abitare con
Indovino in via di Faltignano nel marzo ’78 e ci sono stata fino al 30 aprile ’84.
Loro mi leggono le dichiarazioni di una persona sentita dal Pubblico Ministero
‘ che descrive di aver visto la casa di domenica mattina in completo disordine,
con preservativi usati, tracce di sangue sul letto, bottiglie di liquori, segni di
riti. lo escludo di avere mai visto queste cose. lo dico che tali cose non
le ho mai viste. lo escludo di aver parlato con chicchessia di questo sangue
e che qualcuno me l’abbia chiesto”. “A proposito di Manuelito, l’ho
conosciuto, era uno che stava dalle parti di piazza San Marco; faceva il
mago; sono stata a casa sua una volta, mi ci ha portato Salvatore; dall’84 non
l’ho più rivisto. Salvatore l’aveva conosciuto in carcere a Firenze nell’81.
Ricordo inoltre che quando era in carcere il Salvatore mi scriveva che si era
messo a studiare la psicologia e che era in grado di fare una scheda con le
iniziali dei nomi delle persone. Non ho mai visto né Pacciani né Vanni, che
ho conosciuto in TV, neppure a casa di Malatesta, che stava accanto a
me”. Alle sommarie informazioni del 10 febbraio 96 seguiva una
intercettazione telefonica dei 24 di marzo 96 intercorsa fra la Nicoletti e il
Lotti. “Ma tutto quello che sta dicendo la Gabriella, questa l’è matta”. La
Filippa parlava del Lotii e anche della condizione in cui si trovava costui. A
proposito del Pacciani si diceva: “Lui è furbo, si vede che è una persona
furba, anche per televisione”, “Eh, vedo che questo, da come parla, è furbo,
perché io di faccia non l’ho mai visto, né lui, né Vanni; io non li ho mai visti
tutti e due, e poi la Gabriella ha fatto scrivere sui giornali, dice che soltanto la
Nicoletti poteva soddisfare le voglie di Vanni. lo non l’ho mai vista questa
persona. Una volta voleva venire, ma poi non è venuto. E chi è che ho visto
io”? “lo ho visto Giovanni, detto “Albero Bello Uno”, ho visto Luciano, ho visto
Roberto Venturini, ho visto Mauro, quello che portava il gasolio”.

Sommarie informazioni Nicoletti del 23 aprile 96, davanti al P.M., a pag. 2:
“All’Indovino non dicevo che andavo con il Lotti, perché Indovino non lo

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poteva vedere. Ho conosciuto il Lotti nell’agosto ’81 al mercato di San
Casciano, quando Indovino era in carcere. Per quello che so io, nel 1980 la
Gabriella abitava a Prato. L’Indovino ha conosciuto la Gabriella a Prato, era
nel dicembre ’81. Erano insieme in ospedale, lei era alcolizzata”….”lo sono
andata via di casa perché non ne potevo più di questa situazione, il 30.3.84.
Quando tornavo in via di Faltignano spesso c’era la Gabriella, che diceva gli
faceva le punture. Era con il suo uomo Galli. Spesso c’era Luciano Paradiso
con la Grazia, che non sapevano dove andare per stare insieme, Lì
mangiavano e si divertivano e giocavano a carte anche quando Salvatore
stava male”. Poi viene esaminata anche all’udienza del 3 luglio 97, ripetendo
quanto già riferito dinanzi al. P.M. dottor Canessa ed in particolare: “Che io
sappia, quando abitavo insieme all’Indovino non faceva il mago”…”Indovino è
morto in Sicilia il 15 agosto dell’86”. Ricordava poi i frequentatori della casa di
Indovino elencandoli tutti: “Il fratello Sebastiano, Venturini Roberto, Luciano
con Grazia, Paradiso, Enza, la sorella di Salvatore, Domenico Agnello, la
Margherita, Manuelito il mago, Marzia Malatesta, amante”. Poi su domanda:
“Ho saputo che ospitava anche ragazze giovani erano, diciamo così, quelle
che trovava a Firenze, sbandate, però di venti, ventidue, ventitre anni, che gli
facevano pena e le faceva dormire lì, magari straniere, e poi il giorno dopo le
mandava via”. Poi ancora: “Ghiribelli e Vanni li ho visti a Faltignano da
Indovino dopo l’84, fino all’84 no, però sapevo che la Ghiribelli aveva
conosciuto l’Indovino in ospedale nell’81”. Ancora avanti: “lo non ho mai visto
in casa di Indovino segni di attività di magie, candele, roba, cose del genere”.
“Può essere che abbia visto un cartello con numeri e lettere con le scritte “sì”
e “no”, perché poi lui voleva fare le carte a quelli che erano in crisi di
matrimonio per vedere di rimetterli in pace. Ho conosciuto Manuelito”..,

“Pucci Fernando”.

Si passa poi alle sommarie informazioni rese dalla Nicoletti nel corso delle
indagini preliminari relative al presente proc. pen. : l’11 marzo 2003 riferiva:
“Ho vissuto nella casa di Faltignano di Salvatore Indovino fino al 30 aprile ’84,
giorno questo del suo compleanno; in questa data, a seguito di un litigio,
andai via, {rasferendomi a Castiglion Fiorentino. Fino a quando ho vissuto
stabilmente con Salvatore questi faceva una vita abbastanza regolare. Fino a
quando ho coabitato con lui non vidi fare nulla di magico, né vidi a casa
persone che lo trovavano per motivi di magia. So che era un amico del
mago Manuelito, che Salvatore conobbe in carcere nel 1981”. Poi gli veniva
mostrato un album fotografico, e lei riconosceva nella foto numero 15 il
Narducci e riferendo che era sicuramente il 1981, “forse nel periodo in cui

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riscontro un rassomiglio, ma quando lo conobbi io questa persona era proprio
com’è raffigurata nella foto numero 15″. La Nicoletti aggiungeva che aveva
conosciuto il Narducci una sola volta, a Firenze, in via Nazionale, e insieme
avrebbero mangiato alla Pizzeria “La Lampara”, senza averlo più visto.
“Ricordo bene che in qualche occasione Giancarlo mi parlò di un amico

Dichiarazioni rese da Galli Norberto, compagno della Ghiribelli, il 27,12,95
alla P.G., dottor Giuttari: “Negli anni Ottanta lavoravo presso il ristorante
“Mamma Gina” e da Donnini come lavapiatti. Nell’82 conobbi una donna che
si prostituiva, tale Ghiribelli, della quale mi innamorai e con la quale trascorsi
un lungo periodo di convivenza protrattosi fino al 1° di febbraio dell’88”. A
pag. 2 riferiva: “Con la Ghiribelli ho vissuto circa un anno in un appartamento
di San Casciano, in Borgo Sarchiani 80, mentre successivamente siamo
venuti ad abitare a Firenze, in un appartamento di via delle Belle Donne 5. La
Ghiribelli faceva la vita a Firenze, in via Fiume, ed era solita portare i clienti
alla pensione “Tamerici”. Ero io ad accompagnarla a Firenze e a riportarla a
casa a San Casciano”. A pag. 3: “Frequentai Indovino negli ultimi tempi; mi fu
presentato dalla Gabriella, che gli faceva le iniezioni. Mi risulta che tra gli

messo con la Filippa che era la donna di Indovino, quando Salvatore era in
Carcere”…. “Ricordo che a casa di Indovino ebbi modo di vedere due o tre

volte un altro mago con il camper, di nome Manuelito”.

Altre dichiarazioni rese dal Galli l’8.2.1996, ai P.M. di Firenze: “So che
Salvatore faceva o, almeno, diceva di fare, delle pratiche di magia. Ricordo
che c’era una stanzina che doveva essere il suo studio. Lì, sopra un tavolo,

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c’erano un libro e un pendolino. Non so che pratiche di magia facesse il
Salvatore, ricordo solo che un paio di volte era venuta da lui una bella signora
di Pistoia, che il Salvatore mi disse che aveva problemi con il marito. In
sostanza, capii che il Salvatore era professionalmente interessato per una
storia di rappacificamento tra la donna ed il marito”… “A casa di Salvatore mi
è capitato di incrociare alcuni meridionali residenti a Prato, tale Grazia, tale
Domenico e Manuelito”. Nessuno, tranne la Ghiribelli, con la contraddittorietà
già più volte sottolineata, ha riferito che la stamberga di via di Faltignano
fosse frequentata anche da Vanni e da Pacciani, né tantomeno da nessuno
dei cosiddetti “intellettuali”, in particolare dal Calamandrei. “Quanto al Lotti lo
conosco come una persona molto amica della Filippa. Il Lotti però non l’ho

mai visto dall’Indovino”.

Ulteriori dichiarazioni rese da Galli il 29.2.1996 ai P.M. di Firenze: “Non ho
mai visto in quella casa” (dell’Indovino) “Vanni; mai ho visto il Pacciani. lo di
riti magici e simili non ho mai visto tracce”…. “Posso solo dire, come ho già
riferito, che nella stanza in fondo, che ho indicato nel disegno come
camerina-studio, c’era un tavolo dove vidi un libro nero con accanto un
pendolino. Salvatore mi disse che gli serviva a fare riavvicinare moglie e
marito”. Dichiarazioni Galli 23.3.1996: “lo Vanni lo conosco, ma non l’ho mai
visto a casa di Salvatore. Escludo di aver mai visto il Pacciani a casa e
tantomeno a cena da Salvatore. Sono sicuro che quando iniziai a frequentare
la casa di Salvatore era il 1984, quando andammo a stare a San.
Casciano”…. “Mai ho partecipato a cene a casa di Salvatore con Pacciani,
Vanni, Salvatore, Sebastiano e la Filippa”. “Lei mi chiede se sappia o meno
che la Ghiribelli oggi pomeriggio ha rilasciato un’intervista in tal senso alla

T.V.; lo apprendo solo adesso da lei”.

Sul conto del Galli e della Ghiribelli, vi è in atti una annotazione di
informazioni, dell’8 febbraio 96, ove si riferiva che quest’ultima risultava
dedita alla prostituzione dagli inizi degli anni Settanta, essendo stata sorpresa
più volte in diverse zone della Toscana mentre era in attesa di occasionali
clienti, per cui fu munita di foglio di via da parte dell’Autorità di P.S.. In data
25.05.83 unitamente a Galli Norberto era stata denunciata dalla P.G. di Prato
per ricettazione continuata, contraffazione e alterazione di titoli di credito;
conviveva con Galli Norberto fin dagli anni Ottanta, abitando in Firenze e nel
Senese; in data 2.2.88 aveva denunciato il suo convivente per lesioni,
sfruttamento della prostituzione e ricettazione. Sul conto del Galli si riferiva
che era stato tratto in arresto dai Carabinieri di Siena per favoreggiamento e

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sfruttamento della prostituzione; era stato operato un altro fermo per
favoreggiamento ancora.

Altre persone informate sui fatti che hanno reso sul punto sommarie
informazioni sono: Indovino Sebastiano, fratello di Salvatore, il quale, sentito
il 30,12,1995 dichiarava: “Mi vengono chieste notizie sui miei rapporti con mio
fratello Indovino Salvatore e sulle sue amicizie e frequentazioni. Ho
frequentato mio fratello Salvatore soprattutto negli ultimi anni di vita;
soprattutto i fine settimana, e cioè il sabato e la domenica, ero solito andare a
trovarlo a San Casciano insieme alla mia famiglia”. “In occasione di tali visite
ho avuto modo di incontrare nella casa di Salvatore alcuni amici che lo
frequentavano: un certo Luciano, un tale Domenico Agnello, una tale
Gabriella, una certa Antonietta, la donna di mio fratello, Filippa”.

Sommarie informazioni testimoniali rese da Paradiso Luciano dinanzi alla
P.G. il 3 febbraio 96: “Ho conosciuto Indovino Salvatore dopo l’anno ’80 a
Prato, in Piazza del Duomo ed iniziai a frequentarlo… questi conviveva con
una donna di nome Filippa, che spesso si ubriacava…Tra gli amici di
Salvatore ricordo, in particolare, una persona alta e magra con la barba che
vidi un paio di volte e che , per come mi riferì Salvatore, faceva il mago…dal
quale aveva appreso l’arte della magia”.

Sommarie informazioni rese da Patierno Maria Grazia il 3 febbraio 96. “Ho
conosciuto Indovino Salvatore, credo fosse l’anno ’84-’85. Riconosco anche
nella foto numero 2 il noto Pacciani, che ho visto solo in TV”.

Sommarie informazioni rese da Venturini Roberto, l’8 febbraio 96: “Mi
chiedete le persone che ho conosciuto a casa di Indovino. Rispondo che,
oltre a quelle citate (parlava dello stesso Indovino e di altre persone da ui
conosciute sul lavoro presso la ditta Daviddi Ivo di impianti elettrici) ho avuto
modo di conoscere la donna dell’Indovino che si chiamava Filippa ed il
fratello di nome Sebastiano e che lavorava con me alla Daviddi…Mi viene
chiesto se sono a conoscenza che l’Indovino faceva il mago o comunque si
intendeva di magia e rispondo negativamente. Indovino non mi ha mai parlato
di magia, né ho sentito fare da altri discorsi che lui era esperto di tale arte”.
Sommarie informazioni rese da Pestelli Ezio, l’8 febbraio 96: “Mi viene
chiesto chi frequentasse l’abitazione di Indovino. Ricordo Sebastiano, che è il
fratello, Luciano di Prato con la convivente Grazia, tale Adelindo, che mi
risulta deceduto il Lotti Giancarlo, quest’ultimo non gradito all’Indovino per
come questi mi diceva. Frequentavano quella abitazione anche alcune donne
da me viste e che non conoscevo e delle quali, quindi, non sono in grado di
fornire particolari…. L’Indovino spesso ospitava nella propria abitazione

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ragazze sbandate che rimorchiava la sera a Firenze, non so però dove di
preciso. Queste ragazze si fermavano per alcuni giorni dall’Indovino e, prima
di partire da Faltignano, si fermavano nella mia bottega a prendere un
cappuccino con l’Indovino. Li vedevo poi andar via ma non so dove
andassero….Le avrò viste tre/quattro volte”.

Sommarie informazioni rese da Sassano Maria Antonietta, il 20 febbraio 96:
“Fu Manuelito a farmi conoscere Salvatore nell’86, lo stesso anno che
Salvatore morì”.

Sommarie informazioni rese da Ungredda Salvatore, 21 giugno 96: “Non ho
mai conosciuto Vinci Francesco, del quale ho sentito parlare solo sui giornali –

e in televisione”.

Pellecchia Marzia, altra prostituta collegata alla Giovagnoli, ha riferito di altri
incontri, qualificati quali “festini” sentita il 4 febbraio 2003 testualmente a
pag. 6 evidenziava: “La Lina l’ho conosciuta. lo feci uno spot pubblicitario per
il giornale “Il Marziano” ‘°… “Ci sarò andata per un anno, un anno e mezzo”.
Poi: “Con la Lina sono andata sì a San Casciano, nell’epoca che andavo
dalia Lina, negli anni Ottanta”, a pag. 17. “Si iniziò anni ’80, ’80-’81, giù di lì.
Era una casa di campagna, un rudere” – pag. 18 – “perché era diroccato. No,
no, giardino non c’era. La strada era con dei massi in terra. Era un po’
difficoltosa. Il pavimento era in cotto. Era uno dei pavimenti vecchi di prima,
c’era un camino, me lo ricordo perché cuocevano la carne lì gli uomini. In
questa casa andai con la Lina, quindi la Giovagnoli me lo propose lei. Trovai
uomini. C’erano uomini, tre-quattro persone. Non avevo mai visto queste
persone”. “Poi, un’altra volta” – pag. 21 – “andai anche con un’altra signora,
sempre amica della Lina, tale Loredana Miniati”. “Andai massimo tre volte,
una con la Lina e la Miniati e due con la Miniati e la Lina non c’era”, – pag. 22.
Poi a precisa domanda su che tipo di prestazioni venissero richiedeste da
questi soggetti, a pag. 24 riferiva: “No, le prestazioni che venivano fatte erano
normali, normali, no, no, normali. Erano atteggiamenti, erano persone un po’
, scortesi con le ragazze, volgarotti, gente che beveva, sì”. A pag. 25: “Un po’
contadinotti, le solite facce di sempre”. Negli anni Ottanta lei ricordava di
essere stata in una casa di campagna diroccata, mezza diroccata,
aggiungendo “non c’era la superstrada”. Poi descriveva la casa, che era sul
piano terra e non su due piani. Poi, a pag. 32, descriveva le ragazze viste a
casa della Lina, in via Bellini ove c’era la Giovagnoli, che, come risulta dagli
atti e come definito del resto dallo stesso difensore dell’imputato nella sua

‘ (ciò avvenne nell’anno 1978)

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Dott. Silvio DE LUCA

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arringa, doveva essere definita la prostituta “di fiducia” del Calamandrei. La
Pellecchia riferiva sul punto: “Ragazze viste a casa della Lina in via Bellini:
Angela, che stava a Prato, l’Emma, una volta ci vidi una brasiliana. A San
Casciano invece c’ero io, poi la Lina, poi la Angela Giovagnoli e poi Anna
Cantini”…. “Una volta ho visto un medico:” – a pag. 33 – “diceva che faceva il
medico e lui si era portato la sua donna: l’ho visto due volte, una volta venne
solo e una volta portò una ragazza, bella, giovane, alta un metro e
settantacinque; questo medico non era fiorentino”, Pag. 35: “Io ho smesso di
andare sia a Firenze, sia in via Bellini, sia nella casa di campagna a San
Casciano, nell’anno ’82-’83”. “Ho smesso” – pag. 36 – “perché la Lina mi
disse che non se la sentiva più. Sull’82 così si finì”, “Oltre a San Casciano” —
Pag. 37 – “sono stata anche in una casa a Prato”. Poi a domanda su che cosa
avvenisse in questi incontri, la Pellecchia diceva: “c’erano sempre e solo
queste tre o quattro persone, molto volgari”; a domanda se si facessero orge,
lei rispondeva testualmente a pag. 38: “No, ma di molti si andava ognuno per
conto proprio”. Poi gli si chiedeva: “Che c’era qualche cosa di strano? Aveva
notato qualche cosa di strano”? “No, non c’era niente di strano, roba di droga,
niente, bevevano tanto, io non ho visto che si drogassero”…”Gente
volgarotta, si spogliavano, si mettevano a ballare nudi”, “si cominciava alle
sette, sette e mezzo, le otto, fino alle ore ventiquattro”, pag. 40. Veniva
mostrato alla Pellecchia l’album fotografico numero 4 del 4 febbraio 2003 e
alla foto numero 1, le veniva chiesto: “Le mostro la foto numero 1 e poi lei mi
dice quale cosa questa foto oppure se non le dice nulla”. E la Pellecchia
rispondeva, pag. 42: “Mi pare di conoscerlo, questo è il Pacciani”. Poi altra
domanda : “Ma di quale foto sta parlando?” E lei rispondeva: “Di questa, della
foto numero…Francesco”… non si capisce. “Questo signore poi mi pare di
averlo già visto”. “Dove, signora”? La Pellecchia: “Non mi ricordo se a San
Casciano o in via Bellini”. E lei poi diceva: “SÌ, non è una faccia nuova,
ecco… anche questo non è una faccia nuova”. “Di chi sta parlando, signora”?
“Della foto numero 2” – sempre a pag. 42 – “Della foto numero 2, non mi è una
faccia nuova” (trattasi del Vanni). Poi veniva mostrata altra foto, (la numero 3)
e la Pellecchia riferiva: “Anche questo, il seguente signore, io l’ho visto o a
San Casciano o in via Bellini”. La foto numero 3 era quella del Lotti. Poi la
foto n. 4. “Anche questo io l’ho visto o in via Bellini o a San Casciano”. “Di
questa… di questo è sicura, della foto numero 4”? “Dj queste… di queste
sono più sicura di tutte”. Poi vi era la foto n. 5 bis, (Vinci Salvatore), e diceva:
“Anche questo mi pare di averlo visto o a San Casciano o in via Bellini”, pag.
43. Poi alla foto n. 6 la Pellecchia evidenziava. “Anche questa l’ho già vista, o
a San Casciano o in via Bellini, più a San Casciano”. La foto numero 6

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corrispondeva al Calamandrei. E a precisa domanda: “Ma dov’è che l’ha
visto? E’ sicura, signora?” la Pellecchia replicava: “Ora… eh, son foto” – pag.
44 – “che di vent’anni fa è un po’ un problema; mi sembra più di averlo visto in
via Bellini; forse l’anno scorso andrei sul sicuro, foto di vent’anni fa potrebbe
essere, l’ho già detto”. Poi gli si mostrava la foto n. 7. “Anche questo l’ho già
visto”. “Di chi parla, signora”? “Eh, questo è lo Zucconi”. Le si domandava:
“L’ha vista anche questa persona?”. “Sì, sì”. “Lei guardi bene la fotografia
numero 7 e ci dica che cosa le dice”. “Mi dice che io l’ho già vista anche
questa persona qui, non sono sicura dove l’ho visto. L’ho visto a San
Casciano o in via Bellini, anche qui sono incerta, sono incerta”. Poi le veniva
mostrata la foto n. 8, corrispondente al Narducci, e la Pellecchia riferiva:
“Sono incerta”. E a domanda: “Incerta in che senso?”.. “Incerta in dove lo
posso aver visto”. “Ma lei è sicura di averlo visto”? “Sì. Può anche darsi che
lo abbia visto, non sono sicura però”. “E che cosa le dice? Qual è il
ricordo”? “Una persona di buone maniere, molto raffinata, di buona
educazione”. Poi a pag. 48 si parlava della foto n. 8, “Le sembra”… “potrebbe
essere anche questo, però non ne sono sicura. Mi disse “sono dottore””. Si
trattava sempre del Narducci. Poi si passava alla foto n. 9: “A me non mi pare
di averlo visto in nessun posto”. E poi si continuava: “Nemmeno questo”,
diceva la Pellecchia a pag. 48. “Di che sta parlando?”…. “Della foto numero
10″. La foto numero 10 corrispondeva al Calamandrei. Quindi, quest’ultimo
era stato riconosciuto nella foto numero 6, mentre nella foto n. 10, a pag. 48
non veniva riconosciuto dalla Pellecchia, avendo detto prima di “non averlo
visto in nessun posto”. Poi si passava, pag. 49, alla foto n. 11 (corrispondente
ancora al Narducci). “E questo l’ho visto a San Casciano”, E a precisa
domanda: “Ah. E’ sicura di questo”? La Pellecchia replicava: “Sì, sì, questo
sì”…: “Se lo ricorda bene? Le disse chi era questo signore”? “No, no”. “Le
disse che lavoro faceva”? “No, no”. “Era venuto in macchina” – sempre a pag.
49 – “poteva essere un industriale”. Poi si passava a chiederle in quali altri
posti lei ricordava di essere stata; e lei diceva: “Sono stata anche in una
villetta a Poggio a Caiano”. A domanda se ricordasse qualche nome delle
persone con le quali si incontrava, a pag. 51 rispondeva: “Non mi ricordo di
aver conosciuto qualcuno di nome Francesco di San Casciano. Sono
persone che ho visto due volte in questa casa, ci sono stata due volte e
basta, sto parlando della casa di San Casciano”… “Queste feste nella casa di
San Casciano venivano fatte infrasettimana, mai di sabato né di domenica, e
venivano fatte dalle diciannove e trenta a mezzanotte”, A pag. 56 a domanda:
“Ci ribadisce le donne che venivano con lei nella casa di San Casciano?”, la
Pellecchia le elencava: “La Angiola Giovagnoli, detta Lina, l’Anna Cantini, che

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abita in via della Casella, vicino a me, e la Loredana Miniati. Non ho mai visto
ragazze minorenni”, pag. 56. Poi, pag. 61, a domanda: “Ma il proprietario di
questa casa di San Casciano chi potrebbe essere?”, “Ma, potrebbe essere
quello rappresentato dalla foto numero 4”, corrispondente a tale Faggi, che
era un coimputato nel processo dei “Compagni di merende”, insieme al Vanni
e al Lotti, e che venne assolto nella sentenza della Corte d’Assise di primo
grado, confermata in appello e passata in giudicato. Circa la foto num. 11,
ove era rappresentato il medico Jacchia, la Pellecchia diceva: “Anche questo
mi pare, ma non son sicura, non lo so, La casa a me non dava l’idea di
essere abitata, era diroccata”. Poi a pag. 67 le veniva mostrato un appunto e

a domanda: “Ma questo signore che è scritto su questo foglio intestato qui” —

pag. 67, che il sovrintendente Natalini riferiva essere Francesco Calamandrei
– “le dice nulla?” la Pellecchia rispondeva: “No, non saprei”. Poi a domanda:
“Ma è sicura?”, a pag. 68 lei testualmente rispondeva: “io non lo conosco
questo Francesco Calamandrei”. “Non le dice nulla?”, E lei rispondeva:
“Nulla”. Poi a domanda: “Ma fra questi uomini c’era qualcuno, li ha mai sentiti
parlare di Perugia, dell’Umbria”? “No, io non li ho mai sentiti parlare di
Perugia e dell’Umbria”, pag. 74. A domanda: “Ii nome Narducci Francesco
l’ha mai sentito nominare”? Pellecchia replicava: “Nz”, che sembrerebbe un
no. La P.G.: “E in questi ambienti qui si parlava di magia nera, si parlava di
riti?”, la Pellecchia replicava: “No, no, non ho mai sentito parlare”….- pag. 76
– : “Nemmeno che riguarda le messe nere, le sette sataniche, così, crocifissi,
questa robaccia qui. Non ho mai visto mai roba così, mai vista”.

Sommarie informazioni rese dalla Pellecchia il 7 febbraio 2003. “Mi viene
chiesto di spiegare con più dettagli la descrizione della colonica di San
Casciano di cui ho parlato e dei personaggi”. E lei rispondeva: “la casa
colonica si trovava fuori dal paese di San Casciano, si raggiungeva dopo aver
percorso circa cinque minuti con la macchina, una strada sterrata… di queste
persone… ma più sicuramente doveva essere a San Casciano; mi viene
chiesto di spiegare la personalità di questi personaggi; erano sicuramente
persone con problematiche, anche sotto l’aspetto sessuale, qualcuno era più
violento, nel senso che nella presa era più manesco e irruente, come ad
esempio il medico di Prato, di cui ho parlato e con cui in un’occasione ho
avuio Un rapporto sessuale”. Poi parlava di “Loredana”, che era infermiera,
aggiungendo che lei si recava anche a Poggio a Caiano. Anche nelle citate
sommarie informazioni la Pellecchia non aveva mai parlato del Calamandrei.

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In data 8.2.2003 il P.M., ritenendo che vi fossero contraddizioni tra le
dichiarazioni rese dalla Pellecchia e quelle rese dalla Giovagnoli, decideva di
effettuare un confronto tra le due pp.ii.ff.. La Pellecchia insisteva sul fatto che
i festini avvenissero nella casa diroccata dicendo: “S’andò a queste feste con
i “gozzilloni””. E la Giovagnoli: “Ma chi c’era”? La Giovagnoli: “Io non mi
ricordo, non mi ritorna niente”. Dottor Giuttari: “La signora Pellecchia ha
riferito circostanze precise, che è stata in questa casa, che ce l’ha
accompagnata lei, che guidava lei”. “Se lo dice lei sarà vero, ma io non me lo
ricordo”. E allora ancora la Pellecchia: “Ma della Loredana te la ricordi? Una
volta venne anche la Loredana”. Giovagnoli: “La Loredana la frequentavo
poco, la Teresa sì. lo sono andata là al Nord, poi ci è andata lei”. Interviene il
dott. Giuttari: “Allora, lei non se li ricorda perché erano fatti brutti? Questo
lavoro l’ha scelto lei, quindi se li ha cancellati erano fatti brutti”. La Giovagnoli:
“Per me era sempre brutto quando non c’è l’amore”. E quindi rimangono tutte
e due sulle loro posizioni e la Giovagnoli concede alla Pellecchia solo quella
frase “se lo dice lei sarà vero” negando, però, la sua frequentazione nella
casa di San Casciano insieme alla Pellecchia, tanto che concludeva:
“Confermo le dichiarazioni fatte a verbale, ma le feste non me le ricordo”.

Ancora in data 8.2.2003 venne effettuato altro confronto tra la Pellecchia e la
Miniati, quest’ultima trattandosi di una prostituta che si sarebbe recata alle
feste della casa diroccata di San Casciano. La Miniati dichiarava di
conoscere la Pellecchia solo di vista, negando nella maniera più assoluta di
essere mai stata ai festini in compagnia di quest’ultima. In particolare a
domanda se fossero andate insieme a San Casciano, pag. 1, Miniati riferiva:
“Lo nego, non sono mai stata, sono sicura di questo”, mentre la Pellecchia:
“Siamo andate insieme, Loredana, a San Casciano o a Poggio a Caiano”.
Ancora la Miniati: “Non siamo andate insieme da nessuna parte” e la
Pellecchia: “Posso sbagliare posto, può essere San Casciano”. Miniati: “lo
non ci sono stata”….’Se tu mi hai conosciuta, in che anni mi hai
conosciuta?”, Pellecchia: “Negli anni Ottanta. Tu non mi conosci”? Miniati:
“No, la conosco solo di vista, ma non il nome”. L’Ufficio chiedeva alla Miniati
se fosse stata in macchina insieme alla Pellecchia e la Miniati rispondeva:

“Non lo ricordo, Ai festini non ci sono mai stata”.

Sommarie informazioni rese dalla Pellecchia il 13 febbraio 2003, ove
quest’ultima riferiva: “I fatti che ho descritto relativi alla mia frequentazione di
uomini, di feste con la Giovagnoli, risalgono al periodo ’80-’82. Ricordo bene
che sono andata in quel posto d’estate, mi sembra di ricordare tre volte,

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faceva caldo. Era il mese di giugno o di luglio, però poteva essere il 1980 o
forse l’81-’82. Ricordo che era un’estate in cui c’erano i campionati di calcio”
(e quindi doveva essere l’estate dell’anno 1982, allorchè si svolsero i mondiali
di calcio in Spagna) “In quella casa di campagna che ho indicato alla Polizia,
ubicata in San Casciano io ci sono Stata una volta con la signora Giovagnoli e
due volte con la signora Miniati”, A Pag. 2 riferiva: “c’era un uomo giovane
che con me si qualificò come Medico; gli altri lo chiamavano “dottore”: mi
disse che era di Prato e una volta venne con una ragazza; non ricordo la
forma del viso”. Occorre evidenziare che in precedenza, nelle s.i.t. registrate
e trascritte il 4.2.2003, alla Pag. 49, a domanda “che lavoro faceva questo
giovane?”, lei replicava: “poteva essere un industriale”…”Erano foste che si
svolgevano sempre in giorni della settimana, mai di sabato o di domenica”,
Circa il “dottore giovane”, già riconosciuto nella foto n. 11, peraltro con un “mi
sembra”, ora evidenziava: “Non ricordo la forma del viso”. Poi, alla pag. 4:
“Dopo averle guardate, le foto, le dico che il medico di cui ho parlato mi
sembra quello della foto n. 11; anche la foto n. 8 sembra raffiguri il medico di
cui ho parlato”. Nel verbale delle S…t. del 4.2.2003 invece – pag. 46 – circa la
foto n. 8 aveva riferito “sono incerta” e a pag. 49 circa la foto n. 11 aveva
riferito: “potrebbe essere, però non sono sicura”. Poi le veniva chiesto come
si facesse per arrivare a quella casa, e lei rispondeva: “Non ricordo se per
arrivarci si passava da San Casciano. lo non ricordo esattamente dov’era il
posto dove si andava, faccio Un po’ di confusione”….”Il paese di San
Casciano non lo conosco. Mi sembra che si trattasse di una casa posta in
pianura”. “Mi sembra di ricordare una zona tutta piana, non percorrevamo
salite per arrivarci”.”Non ricordo se si passava per arrivarci dal paese di San
Casciano, non ricordo esattamente dov’era il posto dove s’andava. Mi sembra

di ricordare che loro dicevano che s’andava a San Casciano, però faccio un
po’ di confusione”.

All’esito di dette dichiarazioni veniva effettuata l’ispezione luoghi in data
26.2.2003. Nei verbale sj dava atto: “Da casa di Giovagnoli, in Firenze, via
Bellini, si arriva a Mercatale, presso Villa Corsini, come possibile casa dei
festini”….”Si è proceduto per recarsi nelle vicinanze dell’abitazione della
Giovagnoli, indicato quale punto di partenza. Si specifica che la signora
Pellecchia ha riconosciuto il civico n. 41, indicando le finestre. Si percorreva
via Maragliano, via di Novoli, via Forlanini, via Guidoni, fino all’imbocco della
bretella autostradale Firenze Nord”…”Al termine di detto tratto la Pellecchia ci
indicava di proseguire in direzione dell’ex Motel Agip, oggi Holiday Inn. AI
casello di Firenze Nord ci indicava di proseguire in direzione Roma. In questo

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frangente riferiva di riconoscere la chiesa sita sullo svincolo. Percorrendola in
direzione Roma, dopo quindici chilometri si usciva al casello di Firenze
Certosa e la donna precisava che dovevamo andare non in direzione
dell’Autopalio, ma verso la via Cassia”. “Giunti nelle vicinanze dell’indicazione
di via degli Scopeti la Pellecchia affermava che la strada era quella che lei
aveva fatto per andare ai festini, specificando che ricordava sia la strada che
| saliva, sia la vegetazione intorno e proseguendo sulla strada in direzione di
San Casciano ci fermavamo in prossimità di una strada sterrata sulla destra,
ma la signora affermava di non riconoscerla. Si dà atto che trattasi di un
viottolo sterrato posto prima di giungere al luogo del duplice omicidio ai danni
dei due cittadini francesi. Proseguendo si raggiungeva l’incrocio con via di
Faltignano”. “Percorrendo quest’ultima, la signora non la riconosceva”. “Si
fornava indietro e si proseguiva in direzione di quest’ultima, si proseguiva in
direzione di San Casciano. Passato il paese, si svoltava verso Mercatale.
Raggiunta la via Grevigiana, la strada sterrata, la imboccavamo, e la signora
Pellecchia esclamava: “La strada per arrivare alla casa era uguale a questa”.
Continuando a percorrerla, siamo arrivati a due costruzioni. Qui la Pellecchia
dichiarava di riconoscere la casa contraddistinta dal numero civico 4/A come
molto simile alla casa dove aveva effettuato i festini a luci rosse. Inoltre
esclamava: “Lo spiazzale era questo”, riferendosi all’aia e al muretto che la
delimita, ricordando che il piazzale era fatto di pietre. Si rappresenta che
continuando a percorrere detta strada, questa si interrompe davanti al
cancello della villa dei Corsini”. “Per meglio vedere il luogo e la casa si
scendeva dall’auto e, recatasi nella parte ove la donna diceva trovarsi
l’entrata, questa non vi era, Ma all’interno del porticato si è notata la presenza
di una porta. Inoltre non ricordava la parte estrema della casa, che era fatta
ad archi e stondata. Durante il ritorno, la Pellecchia ribadiva che sia la strada

che la casa erano molto simili, però non era quella”,

Sommarie informazioni rese dalla Pellecchia il 3 settembre 2003: le veniva
mostrata la foto n. 10, che riproduceva la persona informata sui fatti Martellini
Tamara, la quale, secondo le sue precedenti dichiarazioni, aveva
accompagnato il “medico di Prato” identificato nel dott. Narducci e la
Pellecchia dichiarava: “Direi che la persona raffigurata nella foto gli somiglia
molto, direi, come ho già detto in precedenza, era una ragazza molto schiva,
che parlava molto poco, che non parlava molto”. “lo ricordo che era castana
scura o mora, ed aveva i capelli sciolti sulle spalle, come sulla foto che
mostrate; era bellina di viso e mi sembrava indossasse o dei pantaloni o una
minigonna, non era comunque vestita elegante e nemmeno portava i gioielli”.

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Le venivano mostrate altre foto dell’album fotografico n. 15 del 2003, e lei,
dopo averle viste, riferiva: “Voglio precisare che vedendo la foto foto n. 4,
ovvero quella ritraente una persona di colore, quando l’ho vista ha fatto
scattare in me il ricordo della stessa. Non ricordo comunque in che contesto,
ma io ho visto questa persona, ma di certo se si fosse trovato alle feste a cui
andavo a San Casciano me lo sarei ricordato. E’ molto più probabile che io
l’abbia visto in via Bellini”. “Per quanto riguarda le altre persone raffigurate
nelle foto, non ne riconosco nessuna e non le ho mai viste”. La prima foto era
quella di Ceccatelli Giovanni, marito della Martellini; la seconda foto era di
Vitta Jonatha; la terza di Vitta Nathanel, del quale la Ghiribelli aveva parlato
quale “medico svizzero”; poi vi erano raffigurati il Reinecke, il Parker, la
Candido Veronica (detta “Marisa di Massa”),

Occorre ora esaminare le sommarie informazioni testimoniali rese da Miniati
Loredana, già protagonista del confronto con la Pellecchia in precedenza
riportato. Dette dichiarazioni risalgono al 7 febbraio 2003. Alla Miniati veniva
mostrato nell’occasione un album fotografico contenente sedici foto, titolato
“Album fotografico 07 febbraio 2003”, “Dopo averlo attentamente visionato la
stessa dichiarava di riconoscere il professor Zucconi, conosciuto in quanto
lavorava presso l’Ospedale di Careggi nello stesso reparto dove prestava
servizio la Miniati”, ivi svolgendovi le mansioni di infermiera. La Miniati non
riconosceva nell’occasione il Calamandrei, non citandolo proprio. Poi: “A
specifica domanda risponde di non conoscere assolutamente Pellecchia
Marzia”. Veniva chiesto alla Miniati se ricordava di avere avuto incontri a luci
rosse a San Casciano, nei dintorni o di aver partecipato a festini particolari e
la P.G. dava atto che la Miniati replicava: “In maniera decisa nega di essersi
mai recata a San Casciano e dintorni e di aver mai preso parte a festini in
compagnia della Giovagnoli e di altre persone. L’Ufficio mostra alla Miniati
l’album, riconosce lo Zucconi; riconosce nella foto numero 13 la Pellecchia”.
La Miniati aveva riferito di conoscere quest’ultima sin dagli anni 82-83,
negando, però, di essersi mai recata con lei ai festini. Infine l’ufficio di P.G.
dava atto che non riconosceva nessun altro fra cui Pacciani, Vanni, Lotti,
Calamandrei e Narducci”. A seguito delle citate ss.ii.tt. i P.M. ritenevano
necessario procedere al confronto tra la Miniati e la Pellecchia sopra

riportato.

Altro soggetto ritenuto dagli inquirenti di un particolare interesse investigativo
è Giovagnoli Lina, definita dallo stesso difensore dell’imputato quale
prostituta personale di fiducia del dottor Calamandrei. Nelle sommarie

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informazioni del 7 febbraio 2003 costei riconosceva il Calamandrei nella foto
numero 10. E poi a domanda: “Si è mai recata a cene o incontri con alcuni
amici in compagnia di qualcuna delle sue amiche Cantini Anna Maria, Miniati
Loredana, Marzia Pellecchia”? Rispondeva: “Non mi sono mai recata a
nessuna festa ed a nessuna cena in compagnia delle persone che mi avete
detto”. Poi si passava al riconoscimento fotografico e la Giovagnoli
relativamente alla persona riprodotta nella foto n. 1 dichiarava “ha una
fisionomia che non mi è nuova”. Poi si passava alle foto numero 2, 3 e 4. E la
p.i.f. riconosceva Vanni Mario nella foto numero 2, Lotti Giancarlo nella foto
numero 3, Faggi Giovanni nella foto numero 4, aggiungendo: “Credo di averle
viste pubblicate sui giornali”. La foto numero 5 bis era quella relativa a Vinci –
Salvatore. “Mi sembra quel sardo che era sul giornale”. La foto numero 6,
Calamandrei Francesco: “Non lo conosco”. Poi, Vinci Francesco: “Mi sembra
il Vinci del giornale”. Zucconi Giulio: “Non lo conosco”. Narducci Francesco:
“Mi sembra una fisionomia conosciuta, non saprei dove”. Verdino Francesco:
“Non lo conosco”. La foto n. 10, Calamandrei Francesco: “Mi sembra che
assomiglia al Calamandrei di San Casciano”. Circa la foto numero 12,
corrispondente a Jacchia Gian Eugenio, dichiarava: “Ha una fisionomia, in
particolare della bocca, che mi ricorda qualcuno che conosco”. A specifica
domanda: “Ci può spiegare dove ha conosciuto il dottor Calamandrei di San
Casciano?” la Giovagnoli replicava: “Conosco il Calamandrei da circa
quarant’anni” – a pag. 4 – “Io ricordo come un tipo simpatico, con molta voglia
di vivere, sempre molto plateale, frequentava spesso la mia casa di via Bellini
negli anni Settanta. Ricordo che in quegli anni si accompagnava con altri due
amici, uno più giovane di lui, molto distinto e simpatico, con i capelli scuri,
mentre dell’altro non ricordo assolutamente nulla. Con il Calamandrei ci
siamo anche sentiti spesso al telefono senza incontrarci, dove parlavamo
sempre di tante cose. Ad un periodo di frequentazione, in cui il Calamandrei
veniva a trovarmi di tanto in tanto, da solo, nella mia abitazione di via Bellini,
41, per rapporti sessuali, poi le visite sono cessate ed ho ricevuto solo
telefonate di tanto in tanto. Due volte l’ho incontrato per strada, la seconda
volta mi sembrava un po’ sciupato. A_San Casciano ci andavo perché lei
c’aveva questo amico dentista da cui si faceva curare. Sono stata chiamata in
passato dalla Polizia, in un’altra occasione, non ricordo, ma penso negli anni
Novanta. Mi chiesero sempre le stesse cose e cioè se ero stata a feste in villa
a San Casciano e altre cose che non ricordo”.

A fronte dell’esame analitico delle dichiarazioni rese nel corso degli anni dalle
principali protagoniste non è emerso che costoro abbiano saputo indicare con

000000000000 000000000000000009400 900000000

GUP DottrSilvié DE LUCA

00000000000 00000000000000NA 000000000000 AO A00 000000 98 / 212

Proc. n, 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG. GIP

90000000000000000000 000 0000000000000000 00000 00000000000000 000000000 0000000000000 0000000000 000A000 0000000000000 00000000

precisione le due case che, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero state le
basi ove si riunivano i “gaudenti”, dapprima col gruppo dei contadini e poi con
quello degli intellettuali. Infatti da un lato è emerso che Pellecchia e la
Giovagnoli non avessero alcun contatto con l’altro gruppo di prostitute
costituito dalla Filippa Nicoletti, dalla Ghiribelli, dalla “Marisa di Massa”.
Occorre distinguere i frequentatori della fatiscente casa di via Faltignano, dai
frequentatori della “Sfacciata”‘’. Secondo l’assunto accusatorio la
frequentazione del Calamandrei con la Giovagnoli dovrebbe essere la prova
ed il dato di riscontro delle dichiarazioni del Vanni, rese nella sua audizione
del 17 gennaio 2004. Da quanto si apprende dalle dichiarazioni della
Giovagnoli sembra confermato solo che costei era la prostituta di fiducia del
Calamandrei relativamente agli anni Settanta. La Giovagnoli però non è in
rapporto con le altre prostitute che si recavano alla villa (forse la “Sfacciata”)
mentre il Calamandrei non può essere additato come uno dei partecipanti a
quei festini con i bambini che avvenivano nella villa.

Secondo la Pubblica Accusa i festini avvenivano nella dependance della casa
in disponibilità del tedesco Rolf Reinecke presso Villa la Sfacciata a Giogoli:
dovrebbe essere la villa frequentata “dagli intellettuali” di cui ella non aveva
parlato prima per paura, un posto frequentato da persone per bene. Non è un
“casino di pessimo profilo” come Nesi definisce la casa di campagna di
Indovino. Pacciani e Vanni per quanto a conoscenza della Ghiribelli non
frequentavano la Villa: costei aveva riferito che Lotti aveva conosciuto il
tedesco e gli aveva fatto conoscere le ragazze e le persone che
organizzavano i festini a Via di Faltignano, convogliando in buona sostanza
nella villa una parte delle stesse persone che organizzavano i “festini” che
erano vere e proprie orge. Venivano fatti in piena notte, fino alle prime luci
dell’alba nei fine settimana e vi si faceva uso di cocaina. | partecipanti erano
individuati oltre che nel padrone di casa e nel suo amico “Uli” (l’americano
Bob Parker), nel Lotti, in Indovino Salvatore, in Milva Malatesta, nella “Marisa
di Massa”, nel medico di Perugia Francesco Narducci, che dormiva nella villa
del tedesco (elemento assolutamente non accertato e che, anzi, porta _a
ritenere che la esatta sede degli eventuali festini non fosse villa la
Sfacciata),nonchè in giovani ragazze minorenni ivi portate dalla Marisa. Vi
sarebbe stato anche un appartenente alle forze dell’Ordine, l’appuntato dei
Carabinieri Filippo Neri Toscano, e altri uomini che si limitavano a guardare.

“ ammesso poi che si tratti proprio di detta villa, (sull’argomento si parlerà infra)

0000000 000000000000900000000000000 000 000000000 000000 99 / 2 1 2 2000000000 0000 0000000000000

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2000000000 09000000000090000000000NE9N0PFN000I00F00A0000009000I00AHA0P0000P0HP0I6d00000000999000000000000000000000000000

| numerosi verbali della Ghiribelli contengono dettagli sulle frequentazioni
delle due case dei festini, sul fatto che “Marisa di Massa”, che era stata
conosciuta dalla Ghiribelli a Firenze, insieme alla sorella, all’epoca entrambe
minorenni, portavano bambini e ragazzine, riferendo, altresì, le orge che
avvenivano in quei luoghi ed i partecipanti. Il Lotti avrebbe riferito alla
Ghiribelli che “quando andavano alla Villa si divertivano molto perché qui
avvenivano le orge dove interveniva anche la Marisa che portava i bambini.
Giancarlo mi raccontò anche che i bambini dovevano prima “scopare fra loro”
poi intervenivano gli altri che a turno “scopavano i bambini””,

Secondo l’accusa la Ghiribelli doveva aver partecipato personalmente a tutti i
festini delle due case, avendo riferito dettagli così precisi che farebbero
propendere per una sua diretta partecipazione ai festini che avvenivano nelle
due case: tuttavia anche tale circostanza non trova alcun riscontro oggettivo,
avendo sempre sostenuto costei di aver appreso tali notizie solo dal Lotti e
ciò non ha trovato alcuna smentita dalle carte processuali.

Il gruppo delle cosiddette persone “per bene” indicato dalla
GHIRIBELLI.

La Ghiribelli ha elencato, inoltre, una serie di persone, a suo dire amiche tra
loro e in qualche modo legate da frequentazioni con il medico svizzero ed il
negro americano Bob Parker. Si tratta di persone che aveva. visto
personalmente insieme, a gruppi, nei bar di san Casciano con il farmacista
Calamandrei, con i proprietari della villa, con il medico di Perugia. Il Lotti le
avrebbe poi confermato i legami tra loro e con il tedesco. Costei ha elencato
nelle persone dell’odierno imputato, di un medico delle malattie tropicali, di un
orefice di San Casciano, di un imprenditore, di un ortopedico, citando vari
episodi in cui li aveva visti insieme e intuendo che si frequentavano. Li aveva
parzialmente riconosciuti negli album che le erano stati mostrati, riferendo
solo che facevano parte di quella compagnia, ma non fornendo alcun
dettaglio sulla loro specifica frequentazione della Villa La Sfacciata. A seguito
di ulteriori accertamenti svolti a carico delle persone sopra evidenziate, i P.M.
hanno dichiarato di aver provveduto da tempo, escluse ovviamente le
persone decedute, alla loro iscrizione nel registro degli Indagati della Procura
di Firenze e che le indagini sono ancora in corso.

In particolare nel verbale dell’1 Marzo 2003 la Ghiribelli aveva specificato che
ai festini partecipava anche un carabiniere di San Casciano identificato in
Toscano Filippo Neri, che riconosceva in foto al “mille per mille”. Le indagini

990000000060 0000A00 0000 AA 000000000 000000000000 000000 100 / 2 1 le)

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0000000000000 000 00000000000000000000000 0000 000000000000 000 0000000000000 00 0000 00000000000 0000000 000000000000 0000000000000

si sono interessate a lungo di questo militare che secondo l’assunto
accusatorio avrebbe frequentato anche la casa di Via Faltignano, dove
abitava anche la Sperduto e sarebbe la stessa persona che, secondo quanto
dichiarato dalla Sperduto e dai suoi figli, soprattutto dal figlio Luciano,
avrebbe costretto la Sperduto a lasciare il marito e la casa della Sambuca,
dove la famiglia abitava nel dicembre 1980, nella quale pochi giorni dopo il
marito era stato trovato impiccato. Costui all’epoca svolgeva le funzioni di
appuntato dei Carabinieri della Stazione di San Casciano dell’epoca, già
appartenente negli anni precedenti alla soppressa stazione di Mercatale, e
conosceva bene Vanni e Pacciani. | P.M. hanno riferito dell’esistenza di un
proc. pen. a suo carico quale possibile fornitore delle armi ai killer, avendone

parlato in tal senso il Lotti.

NESI Lorenzo

Si tratta di un soggetto del quale si è già parlato supra avendo effettuato il
colloquio in carcere con il Vanni, ritenuto dalla Pubblica Accusa di notevole
importanza, il quale ha effettuato le sue dichiarazioni per gradi .Venne sentito
dalla P.G. il 4, 8 aprile e 22 maggio 2003 e, dopo aver riconosciuto nell’album
fotografico mostratogli tra altri, che, a suo dire, frequentavano il Vanni, un
soggetto che apprese nell’occasione chiamarsi Narducci Francesco, riferiva
sul suo conto: “Correva voce che fosse gay”, aggiungendo di averlo
sicuramente visto a San Casciano: “Ne sono proprio certo e credo che
abitasse in una villa vicino alla Chiesa di San Martino”. Si diceva certo di
averlo visto a piedi nelle vicinanze di quella chiesa quando passava in
macchina, aggiungendo di averlo sicuramente visto in compagnia del
farmacista Calamandrei, nonché anche insieme alla sorella ed al cognato di
quest’ultimo negli anni ira il 1975 ed il 1982. Successivamente dichiarava
che, secondo quanto riferitogli dal Vanni, nella casa di Indovino venivano
fatte cose strane, tipo orge, avendo capito che era un “casino di infima
classe”, tanto che lo stesso Vanni ne rimaneva disgustato. Circa la persona
che apprese chiamarsi Narducci forniva la seguente descrizione: persona dal
fisico atletico, che all’epoca poteva avere 28/30 anni :”credo che praticasse
sport tipo tennis”, specificando di averlo visto con una borsa con racchette da
tennis. Inoltre riconosceva varie persone in fotografia che, a suo dire,
avrebbero fatto parte di un giro altolocato ed eccentrico di cui facevano parte
anche il farmacista Calamandrei ed il Narducci.

0000000000000 000000000000 0000000000000 00000000 000000 101 / 212 000000000 000000000000000000

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20000 0000000009000d0000000000000000000000000000900IN00000000P0000000000000009000000000000000000090000d000d0000I0000 00000

PUCCI Fernando

Si tratta del soggetto che insieme con Lotti aveva svolto il ruolo di “palo” sul
luogo del duplice omicidio del 1985 a Scopeti. Sentito dalla P.G. il 3.6.2003
dichiarava che nel bar di San Casciano, da lui frequentato insieme a Lotti,
aveva Visto che quest’ultimo era in confidenza con varie altre persone, che
prendevano in giro Giancarlo dicendogli “sei buco”, aggiungendo di non
avere mai parlato con queste persone. Riconosceva nelle foto mostrategli sia
il Narducci che altri. A proposto del Narducci precisava: “era un tipo alto e
magro tipo finocchino” aggiungendo: “Ricordo che Giancarlo andava in una
villa nei dintorni dove c’erano minorenni con cui facevano sesso”.

Nel verbale del 4 agosto 2003 il Pucci confermava di aver sentito parlare
Giancarlo Lotti del fatto che andavano in una villa vicina a fare sesso, ma
aggiungeva di non conoscere la villa. Confermava i riconoscimenti delle
persone precedentemente effettuati. Riconosceva nella foto n. 15 Candido
Veronica (nota come “Marisa di Massa”), riferendo sul suo conto: “Era una
specie di troia perché partecipava ai festini”. Riconosceva nella foto n.13 il
farmacista Calamandrei affermando che era del gruppo e che lo aveva visto
parlare al bar con la “Marisa”.

MARTELLINI Tamara

Costei era una conoscente del Calamandrei, essendo all’epoca moglie
dell’architetto Ceccatelli Giovanni, amico di vecchia data del Calamandrei, dal
quale si separerà in seguito: sentita dalla P.G. il 17 settembre 2003 aveva
riferito circa la presenza di Parker Mario Robert in San Casciano negli anni
80 , aggiungendo che era “nero di colore, alto, magro, ben vestito”, nonché
circa la presenza del Narducci Francesco nella farmacia, intento a palare con
il Calamandrei, avendolo anche riconosciuto in foto: “Sono proprio sicura di
averlo visto nella farmacia di Calamandrei. In quella occasione aveva gli
stivali da equitazione. Era un giovane molto fine delicato, era poco più alto di
Francesco Calamandrei ed aveva un fisico da sportivo. Era nella prima metà
degli anni 80. Ricordo che nell’occasione indossava una maglietta Lacoste

blu”.

90000000000 0000000 000000000 0000000000000 000000000000 102 / 2 12

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“O OTTIT7022111002022010050000100000080 0000000000080 00000 nn EIA RG, GIP

BAGNOLI Maria Rosaria

S.i.t. rese il 27.12.2007 ‘2 Costei era stata anche sentita dalla P.G. (GIDES)
il 30.7.2003. Dinanzi al P.M. dichiarava di aver conosciuto il marito Sertoli

moglie Mariella Ciulli in quanto costui era amico del Sertoli, avendo altresì,
conosciuto anche Ferdinando Zerini, zio di Francesco. Tra l’altro nel 1982

che aveva fatto nel 2001 per maltrattamenti, era stato poi assolto, e,
comunque, lei non si era costituita parte civile. In seguito fece un’altra
denuncia per le escandescenze in cui dette allorchè ricevette l’ordinanza di
allontanamento dall’abitazione, denuncia che tuttora risulta pendente,
evidenziando che per tale reato era orientata a costituirsi parte civile. Circa
eventuali frequentazioni di suo Marito a San Casciano rispetto a quando lo

aveva conosciuto, la Bagnoli confermava che di non avere conoscenze
ulteriori rispetto a quelle del Calamandrei e dello Zerini. Il Sertoli molti anni
prima le parlò di una Specie di goliardata che fecero in occasione di una
serata a San Casciano dove C’erano degli amici tra Cui, a quanto aveva
capito, proprio Calamandrei e Zerini. Tra l’altro il marito aveva una fiat
seicento nuova che gli amici gli nascosero per fargli uno scherzo. Nella
circostanza, secondo il racconto di suo marito, il gruppo, composto di soli
uomini, era andato per una serata dal Mago di San Casciano. A quanto le
riferì il Sertoli erano andati lì per divertirsi un po’ e per vedere quale era
l’ambiente, Le parlò anche del fatto che aveva una sorta di aiutante e lei
inquadrò la circostanza nell’ambito di una relazione omosessuale. La Bagnoli
veniva informata dai P.M. che, nell’ambito di una attività di indagine tecnica a

e_N ll

‘ il cui verbale, depositato dal PM all’udienza del 6.5.2008, è stato acquisito ex art,
441 c.p.p.

20000000009000900090990000A000000000I000090006000000 103 / 2 1 2

Proc. n. 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG. GIP

0000000000000000000000 000000 00000000000000000000000000 0000.000000 000000000 000000000000000000000000 000000000000 00000000000

carico di suo marito, risultava intercettata una conversazione tra ella stessa e
il Sertoli nella quale, dopo l’interrogatorio che la Bagnoli subì all’epoca della
perquisizione, gli diceva di non aver parlato del Mago di San Casciano,
ottenendo da lui l’invito a stare zitta. Dopo aver ricevuto integrale lettura del
passaggio di detta conversazione e fattole presente che, da come esponeva
la circostanza, sembrerebbe un discorso più ravvicinato rispetto a come da
lei riferito in precedenza, la Bagnoli riferiva: ” Per quanto mi riguarda non
posso che confermare ciò che ho dichiarato. In realtà è possibile che di
questa visita al mago si sia parlato nel corso degli anni anche in epoca più
recente ma non sono assolutamente in grado di individuare alcun contesto di
riferimento. Lo considero solamente come un aneddoto che mio marito ebbe
a riferirmi. Gli ho dato rilievo, come risulta dalla conversazione telefonica, per
il fatto che erano stati in casa sequestrati dei libri attinenti a materie tipo
l’astrologia e simili”. La Bagnoli dichiarava che il mago, di cui, sul momento
non ricordava il nome, si chiamava proprio Indovino, come le veniva detto dai
P.M., ricordando esattamente quel nome così particolare per averlo fatto suo
marito al tempo del suo racconto. Ne riparlarono anche dopo la perquisizione
ed egli, a suo dire, le confermò che lui c’era stato una volta soltanto e che si
era trattato di una goliardata, tanto per divertirsi. Lui non le aveva parlato
della presenza di donne nel corso di quella serata e lei si era fatta l’idea, dai
discorsi del marito, che era più che altro una questione a livello di seduta
spiritica o simili, cui sì erano recati per curiosità. La Bagnoli dichiarava poi di
non avere altri elementi da fornire sui contatti del marito a San Casciano ed in
particolare sui suoi rapporti con Calamandrei anche perché rammentava che
all’epoca in cui quest’ultimo ebbe un’operazione al fegato, negli anni ’90,
chiamava il marito che sostanzialmente si negava in quanto non lo voleva
vedere, e lei era rimasta sorpresa di tale comportamento. All’epoca non era
emerso ancora nulla circa i sospetti su un coinvolgimento di Calamandrei
nelle vicende di San Casciano o, forse, si era nel momento in cui egli le disse
che Mariella aveva iniziato ad accusare il marito. Lei gli diceva che
sicuramente il suo amico lo chiamava perché aveva piacere di parlargli, ma
lui le faceva presente che preferiva non incontrarlo per non dover stare ad
ascoltare tutte le sue lamentele. Da quello che capì il marito considerava in
quel momento il Calamandrei un depresso al quale non dare ascolto. Quanto
alle accuse di Mariella al marito, della quale ella effettivamente le parlò,
probabilmente già in quel periodo, ricordava che in un primo tempo le disse
che sicuramente era una vendetta della moglie nell’ambito della separazione;
successivamente le disse che Mariella era diventata matta o qualcosa del
genere. | suoi contatti con la Ciulli erano stati piuttosto sporadici. L’aveva
rivista nel 2000 al matrimonio della figlia e nell’occasione le parve provata.
Dopo la separazione ebbe modo di vederla soltanto una volta essendo
capitata al negozio dei Ciulli in Via Pindemonte, dopo il 1990, facendo
riferimento all’età dei suoi figli, nel senso che si era recata per comprare del

000000000000 0000000000000 00000 0000000000 000000000000 104 / 2 12 0000000000 0000000 0000000000,

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0000000 00000A00A 00000000 000 000900000000 009000A000000A00AA0VA0FP0P 000000 000000000 L00000 ANNA 00000000000 00000000 0000000

materiale per qualche lavoretto Scolastico. Mariella viveva in Via San Niccolò
dopo che si era definitivamente separata dal Calamandrei perché la
convivenza si era rivelata ormai impossibile. Era al lavoro in negozio e non le
parve affatto disturbata, comunque non entrarono in discorsi più
particolareggiati. A_quel punto il P.M. mostrava l’album fotografico n. 4 del
2003 in atti e la Bagnoli riconosceva la foto del marito, quelle di Francesco
Calamandrei, mentre relativamente alle foto del Narducci, Lotti, Vanni e
Pacciani dichiarava di averle viste solo sul giornale. Poi Precisava che, dopo

foto in cui queste persone erano ritratte insieme; lei ne chiese conto al marito
ed egli lo escluse. Nell’occasione, poiché già si parlava della vicenda di
Narducci, e poiché egli aveva avuto ‘una costante frequentazione
dell’ambiente perugino avendo fondato, col Prof. Lisi, una associazione di
dermatologia tosco umbra, gli chiese se per caso avesse conosciuto
Narduccì. Egli le rispose di non sapere assolutamente chi fosse. Della
vicenda della serata del marito e gli altri dal mago Indovino ne aveva parlato
solo con i suoi genitori e con il suo amico Maurizio Cianferoni, Maresciallo dei

Carabinieri al Galluzzo.

SERTOLI Achille

All’udienza del 22.1.2008 veniva acquisito‘ anche il verbale delle
dichiarazioni rese dal Sertoli, alla presenza del suo difensore di fiducia
avendo il P.M. provveduto in data 16.6.2003 alla sua iscrizione in ordine ai
reati p. e p. dagli artt. 81, 110, 575, 577 n. 3, 61 n.5, C.P, commessi in
provincia di Firenze fino al 9 settembre 1985, nonché al reato di cui all’art.
416 C.P. nei confronti, oltre che del predetto, anche di Vitta Nathanel e di
Filippi Fabio, il 20.12.2007 dinanzi ai P.M. : nell’occasione costui aveva
riferito: “ Ho visto l’atto che mi è stato notificato e quali sono i reati ed i fatti in

nel 1957. Ho poi conseguito la specializzazione in dermatologia ed
immunologia nei primi anni sessanta. Nei primi anni dopo la laurea ho
frequentato l’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze per poter conseguire
la specializzazione. | miei genitori abitavano a Pistola ed io, per poter
frequentare l’ospedale, ottenni dal Primario e dalla amministrazione una
stanza con bagno dentro l’ospedale dove di fatto abitavo. In cambio io
garantivo l’attività di medico di guardia nelle ore notturne e le domeniche.
Tramite il primario cui si era rivolto il titolare della farmacia di San Casciano
che era di proprietà del padre di Francesco Calamandrei, nei primi anni
sessanta, cominciai a frequentare l’ambulatorio di quella farmacia una volta la.

‘ sempre ai sensi del disposto di cui all’art. 441 C.p.p.

200000000000000009000990000000000P0000I0000A0P000000 1 05 / 212 2000000000000 009000000 0000000000009 “asts)

Proc. n. 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG, GIP

“O TTToT77y7001100000001130000090000000000000902000NI009900AFTFNNNI0090FFFI 0 I RE. GIP

Dr. Calamandrei padre e conobbi cosi anche suo figlio Francesco che

anno della facoltà di farmacia e poi, poiché quella facoltà non gli piaceva, era
passato alla facoltà di architettura. Ricordava che uno dei medici che
frequentava gli ambulatori della farmacia che egli conobbe all’epoca era il dr.
Zerini, che faceva il pediatra e che era parente della moglie del Calamandrei
padre. Il Dr. Zerini era più grande di lui e di Francesco. Dopo un po’ divenne
amico di Francesco Calamandrei, tanto che all’incirca all’epoca della
alluvione a Firenze nel 1966 prese in affitto un appartamento dalle parti del
Viale Machiavelli vicino al piazzale Galilei, proprio insieme a Francesco
Calamandrei. Avevano una camera per uno e fu ben felice di condividere la
Casa con il Calamandrei perché, avendo egli pochi soldi, venivano divise le
Spese. Il Sertoli dichiarava che egli in genere andava a letto presto mentre il
Calamandrei, che era ancora studente e aveva molti più soldi di lui, spesso
tornava tardi la notte tanto che pensava che frequentasse night e facesse vita
notturna. Ricordava che una mattina si accorse che |l Calamandrei aveva
portato a dormire una ragazza in casa perché la mattina la vide in bagno ma
non sapeva dire chi fosse. Dichiarava di essere specialista in dermatologia ed
allergologia e di non essersi mai occupato di malattie tropicale. Non ricordava
di avere conosciuto alcun amico del Calamandrei e non aveva presente

insieme al Calamandrei né sapeva che lui ne frequentasse. Preso atto di
alcuni stralci di intercettazione telefoniche, dei quali non conosceva
l’esistenza e a contestazione circa il contenuto di una conversazione

Casciano”, al che lui la zittiva, dichiarava che si trattava di una vicenda che
riteneva di poter datare verso la fine degli anni 60 e, comunque, certamente

all’arrivo a questa casa furono tirati dei sassi alle finestre per svegliare
Indovino. Ricordava che, comunque, l’Indovino li fece entrare in quanto,
come potè constatare dai saluti che si scambiavano, presumeva che i due si

Era presente un altro uomo che ritenne di poter qualificare come una sorta di
aiutante. La visita non durò molto tempo e, comunque, Indovino volle di

Proc. n. 613/04 RG. GIP

0000000000000 00000000 0000000000

Proc. n. 1277/03 RG. NR

99900000 100000000009090000000A000AAPP0F00P0FIH0000HA000000000000I0000A00000A0NNP000000000)1

leggergli la mano. Quanto all’identità del mago, ricordava ancora, nonostante
il tempo trascorso, che quella sera il Calamandrei aveva espressamente
detto di “andare tutti dal Mago Indovino”. Circa le sue frequentazioni con il
Calamandrei ricordava di avere fatto con lui un paio di gite una a Venezia, di
un paio di giorni, con due ragazze di cui non conosceva il nome ed una al
lago Trasimeno, ove si recarono una domenica insieme allo Zerini che portò
un gommone con un carrello con il quale lo Zerini ed il Calamandrei fecero un
giro nel lago mentre egli rimasi ad aspettarli ad un bar. Relativamente ad altra
contestazione del contenuto di una conversazione telefonica avuta con suo
cugino Luigi di Torino del 24 gennaio 2004, nel corso della quale il Sertoli
diceva espressamente a suo cugino che “Calamandrei potrebbe anche
essere un mandante, la mano sul fuoco al contrario non la metterei”
precisava che si trattava di un discorso che effettivamente aveva fatto ma era
una semplice sua deduzione, non fondata su elementi specifici, pensando
unicamente al tipo di vita che, per quel che ne sapeva, faceva il Calamandrei.
Essendogli espressamente contestato che dal tenore delle parole usate
appariva una sua convinzione specifica sul punto il Sertoli ripeteva che si era
trattato solo di un discorso telefonico fatto sulla base delle considerazioni che
aveva appena fatto. Gli veniva mostrato l’album fotografico n. 4/2003 in atti,
contenente numero 52 foto a colori. Riconosceva soltanto alle foto 33 e 34
Francesco Calamandrei ed alla foto 42 il noto Pacciani Pietro per averlo visto

sul giornale ed in televisione.
DICHIARAZIONI DELL’AVVOCATO FIORAVANTI.

L’avvocato Fioravanti veniva sentito quale p.i.f. il 5 dicembre 2002 dal dott.
Giuttari e a domanda : “Cosa ci sa dire su un ipotizzabile significato esoterico
o magico dei duplici omicidi di Firenze, considerato che anche tra i motivi di
appello alla sentenza Pacciani ha fatto riferimento, al primo punto, a rituali
satanici”? rispondeva: “Ho tratto quel tema dopo essermi documentato,
anche contattando alcuni esperti, ma sopratutto dopo averne parlato col mio
cliente, il quale diceva che queste storie sono Minestre del diavolo, questi
omicidi sono studiati a tavolino e la storia di questi omicidi è dentro lo spirito
guida, intendendo per “spirito guida” la magia”. E poi diceva: “Mi ricordo che
di questo me ne parlò Pacciani, ma me ne parlò anche un’altra persona, mi
aveva detto… mi aveva parlato delle riunioni magiche nella casa di Indovino,
chiedendomi che la difendessi in un processo; quando seppe che avevo
difeso Pacciani non si fece più vedere: si tratta della prostituta che poi venne
a testimoniare nel processo contro Vanni e i suoi compagni, tale Ghiribelli,
che mi contattò in un arco di tempo collocabile tra la fine del processo
Pacciani e l’inizio di quello dei suoi compagni”. Occorre subito evidenziare

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‘0000000000000000000000 0000000000 00000000000 00A0A00N AAA C0N AVO 00000000000 VARO VAVVAC0VOV000000000000000000000000000000

che quest’ultima sul punto, essendo stata sentita dalla P.G. in data 5 marzo
2003, nelle sommarie informazioni a domanda: “Ha mai avuto come legale
l’avvocato Fioravanti”? replicava:”No, non è mai stato il mio legale. L’ho
conosciuto tramite una mia amica di soprannome “Cicci”. All’epoca in cui ero
amica della Cicci ricordo che un giorno in Pretura incontrai Fioravanti,
parlammo del più e del meno e poi ricordo che commentai il fatto che dovevo
andare a San Casciano e che sarei dovuta passare da casa di Indovino.
Cominciammo a parlare delle feste che avvenivano da Indovino. Fioravanti mi
confermò di essere già a conoscenza dei festini, tanto che commentò
dicendo che anche lui voleva andarci”. Poi più avanti a pag. 2 l’avv.
Fioravanti dichiarava: “Tornando alla notizia che avevo appreso ricordo bene
che Pacciani mi parlò del farmacista di San Casciano, il cui nome è
Calamandrei, come persona interessata a questi discorsi di magia,
chiaramente facendo riferimento ai delitti del “Mostro”, nonché di un medico
di Firenze che non era buono a trombare e che faceva l’ortopedico. Nei
discorsi che mi fece mi parlò per l’appunto di riti e di magia legati agli omicidi
del “Mostro di Firenze” e mi spiegò che il Pacciani c’entrava con questa storia
perché riordinava la villa dopo che avevano fatto i festini. Non mi fece i nomi
dei partecipanti a questi festini, ma mi disse che c’era anche qualche
avvocato, che c’era anche qualche giudice, concludendo che comunque
erano persone importanti”. Voglio consegnarvi una fotocopia di una lettera
anonima consegnatami da Pacciani per il dottor Perugini”.

L’avv. Fioravanti veniva di nuovo sentito il 17 dicembre 2002 dalla P.G., la
quale dava atto che mostrava al predetto una lettera manoscritta indirizzata
allo stesso Fioravanti da Pietro Pacciani, esistente agli atti, siccome rinvenuta
nel corso di perquisizione domiciliare nell’abitazione del Pacciani. Dopo aver
visionato la lettera l’avv. Fioravanti dichiarava: “Ricordo bene questa lettera
che in effetti ho ricevuto. L’avevo portata con me anche in occasione della
precedente assunzione di informazioni in questi uffici il decorso 5 dicembre,
ma non c’è stata l’occasione di mostrarvela”. Il 5 dicembre aveva detto che il
Fioravanti, tuttavia, aveva sostenuto che Pacciani gli avrebbe riferito che |
Calamandrei era coinvolto con la magia, riti esoterici, messe nere, minestre
del diavolo, ecc. Dalla lettera redatta dal Pacciani all’avvocato Fioravanti si
evince testualmente: “Avvocato Pietro Fioravanti, lei sta facendo tutti imbrogli
di raggiri, di parole, rovesciamenti, accusando ora questo ora quello,
mettendo calunnie, zizzanie da ogni parte. Si può sapere che strada
percorre”? … “Lei si è presentato in Procura insieme alla Carlizzi e non ha
risolto un fico secco. Lei ha parlato di sensitive e ne ha interrogate molte e ne

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ha fatto i nomi, streghe, messe nere e tante altre buffonate. E ora ha citato
che a Poggio a Grilli, Villa Verde, si fanno queste messe nere. Lei le ha
inventate. Fu lei, avvocato Fioravanti, a parlare di queste sette sataniche che
si recavano a Roma, che c’è un tempio; ha parlato di streghe e di magia nera,
del processo dei sardi. Non è stato lei che ha parlato anche di sensitive e ne
ha interrogate una decina? C’ho le lettere. E ci ha messo di mezzo pure il
P.R.” (forse riferito al Procuratore della Repubblica) “e poi tutti in bianco”. ..”E’
stato lei, signor avvocato Fioravanti, che ha mandato tutte calunnie addosso
alla gente, inventa ora, leggo e dice “il Pacciani parla di messe nere”, è lei, io
non ho mai creduto a queste buffonate, balle, io ho solo servito le messe
bianche”…. “E’ stato lei, avvocato Fioravanti, che ria mandato tutte le

calunnie addosso alla gente….”.

Ulteriori Sommarie informazioni testimoniali sono siate rese dall’avv.
Fioravanti il 22 gennaio 2003: “Ricordo che quando si preparava il processo
di primo grado, tra i primi del ’93 e l’inizio del ’94, avendo chiesto se avesse
sentito parlare del Narducci, del quale si parlava in un atto avendogli chiesto
se avesse sentito parlare del Narducci, il Pacciani mi rispose testualmente:
“Ma questo è quel medico che aveva una villa in affitto a Vicchio e a San
Casciano””. In entrambe tali località non è mai stata rinvenuta alcuna villa ©
abitazione facente capo al Narducci. La p.i.f. poi dichiarava: “Il Pacciani
sottolineava in particolare il ruolo del farmacista di San Casciano, il dottor
Calamandrei. A questo proposito, anche durante il primo processo il Pacciani,
nel mese di maggio ’94, verso le diciannove di sera, dopo che era venuta a
trovarmi la moglie del Calamandrei, su indicazione di un giornalista mi
telefonò in studio proprio il marito, chiedendomi: “Narducci, a quanto riferitomi
dal Pacciani, era inserito in questo ambiente e questo l’ho saputo anche per
degli accertamenti che ho fatto di mia iniziativa, ma sempre nell’ambito della
difesa Pacciani”. E poi aggiungeva: “Oggi sono sicuro, rivedendo tutto in
maniera retrospettiva, che le indagini sulla morte del Narducci furono
bloccate dall’alto, sia a Firenze che a Perugia, e a Firenze forse anche per un
intervento esterno. Sono successe cose piuttosto strane, molto strane, nelle
indagini sui duplici omicidi attribuiti al “Mostro di Firenze””….”Posso
riassuntivamente dire la mia impressione: posso dire… posso dire questo: le
mie fonti sono solo le parole del Pacciani… si dice che ormai nei luoghi dei
fatti sono sulla bocca di molti”…. “Circa il coinvolgimento nei fatti del Narducci
– del Corsini e del farmacista ho già riferito che cosa mi aveva detto Pacciani
– ho anche capito che i discorsi del Pacciani sul punto li fanno ora in molti a
San Casciano e molti parlano di medici coinvolti nella storia e in particolare

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del medico di Perugia. Ho sentito, sia nei discorsi in giro, sia al Ristorante
“Da Nello” a San Casciano, che da persone che l’hanno saputo, da gente che
praticava la farmacia di San Casciano”…”A questi discorsi mi riferivo quando
al dottor Mignini ho detto, quando sono stato sentito, che avevo fatto una mia

attività di verifica”.

Vi è poi un’annotazione del 22.11.2004, della P.G. a firma del sovrintendente
Borghi dalla quale si evince: “Continuando a parlare il Fioravanti raccontava
che stava preparando un libro sui fatti del “Mostro di Firenze”. Il legale riferiva
inoltre di essere a conoscenza che Francesco Narducci aveva in sua
disponibilità due stanze all’interno di Villa Corsini. Inoltre aggiungeva che
qualcuno avrebbe dovuto spiegargli, oltre al fatto appena citato, anche le
motivazioni della frequentazione del Narducci nel retro farmacia

Calamandrei”.

Vi è anche in atti il verbale in forma riassuntiva, dove il Fioravanti sosteneva
che il Narducci era stato visto insieme al farmacista Calamandrei, avendolo
sentito dire in bar e in ristoranti della zona, aggiungendo: “Durante il processo
ho tentato di parlare del Corsini ma il Presidente Ognibene mi riprese”. “Nel
1991 la ex moglie del farmacista mi ha parlato di giubbotti insanguinati, di
freezer e nella circostanza credo c’era pure il figliolo. E quindi praticamente jo
mi sono occupato della parte storica e l’avvocato Bevacqua della parte
tecnica. Riguardo alla denuncia che ho preso dall’avvocato Zanobini, in cui
durante la difesa Pacciani ho accusato il farmacista, devo dire che il
farmacista si accusa da solo. Ricordo anche un episodio in cui il farmacista di
San Casciano mi invitava a casa SUa presso le Terme. Tale circostanza è
avvenuta dopo che la sua ex moglie era venuta nel mio studio e mi aveva
parlato di giubbotti insanguinati. La moglie del farmacista in quella occasione

mi apparve del tutto cosciente e in perfetto stato mentale”.

Sommarie informazioni testimoniali rese dal prof. Mario Bellucci il 14.5.2002
al P.M. di Perugia dott. Mignini : “Dopo la morte di Narducci sulla stampa
fiorentina si alludeva al Narducci come coinvolto nei delitti del “Mostro”…
“Ricordo anche che qualche tempo dopo la sua morte apparvero sulla
stampa fiorentina degli articoli che alludevano ad un possibile coinvolgimento
di Francesco nella vicenda dei delitti del cosiddetto “Mostro di Firenze” e sO
che il professor Ugo, tramite il legale di fiducia, fece arrivare una sua diffida al
giornale, diffida che fu poi pubblicata”. “Nulla so di eventuali conoscenze

fiorentine di Francesco”.

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Anche tale figura, ritenuta dagli inquirenti di una qualche importanza in
quanto dovrebbe servire ad integrare e riscontrare le dichiarazioni di altre
pp.ii.f non appare aggiungere nulla di significativo al quadro accusatorio,
anche perché, oltre a riferire circostanze apprese de relato dal Pacciani
nell’ambito della sua attività difensoriale, risultano smentite dalla principale
p.i.f. Ghiribelli, nonché dallo stesso Pacciani, trovando una vaga conferma
per il solo riferimento alla “Marina di Massa” ,in un ambito, tuttavia, che non
apporta alcun significativo contributo alla ricostruzione dei fatti.

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In conclusione, per quanto riguarda tale aspetto della vicenda, secondo
l’assunto accusatorio si sarebbe acclarato da un lato che i festini erano legati
ai delitti essendosi acclarati i luoghi ove avvenivano e, cioè, nella stamberga
di Indovino frequentata dai contadini a Via di Faltignano ma, soprattutto,
quelli più esclusivi e più forti, nella dependance della villa “la Sfacciata”, a via
di Giogoli, abitata dal tedesco Reinecke (e dal “nero Ulisse”, Parker),
frequentata dagli intellettuali ove si sarebbe anche fatto uso di cocaina. Alcuni
dei protagonisti erano i medesimi sia a Faltignano che alla Sfacciata, almeno
quelli femminili più importanti, non appare acclarato il coinvolgimento del
Calamandrei nei due distinti luoghi: infatti la Ghiribelli ne ha parlato in
maniera del tutto contraddittoria, in alcuni casi negandone la presenza ,in altri
ammettendola; la Nicoletti, che più direttamente avrebbe dovuta parlarne per
cognizione di causa, avendo abitato stabilmente sino all’anno 1984 in via di
Faltignano, non ne ha mai parlato e neanche la Pellecchia e la Miniati. Altri
testi, ritenuti attendibili nel processo Vanni-Lotti (il Nesi e il Pucci) ne parlano,
come si è visto, solo de relato e senza una conoscenza diretta, limitandosi a
. riportare, per lo più, voci correnti nel paese. Le donne che apparentemente
facevano “le cose più forti” erano Milva Malatesta, la Candido Veronica (detta
“Marisa di Massa”), con le ragazze minorenni da lei portate, i minori, che si
accoppiavano tra loro mentre gli uomini presenti li guardavano o facevano
anche loro sesso con i bambini.

Pestelli Ezio, droghiere del negozio vicino alla casa di Indovino, ha
confermato la frequentazione della casa da parte di ragazze molto giovani.

Il Sertoli e la sua ex moglie Bagnoli hanno riferito di una visita effettuato negli
anni 60 dal Calamandrei a casa dell’Indovino per goliardia, avendo, peraltro,
notato il Sertoli una certa loro familiarietà essendosi salutati con calore; tale

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particolare, tuttavia, non appare corroborato da altri e più significativi riscontri,
avendo escluso lo stesso Sertoli di essere mai andato con l’odierno imputato
con prostitute o che nell’abitazione dell’Indovino avesse notato,

nell’occasione, qualcuna di quelle donne.

Alla Villa della Sfacciata lo spettacolo dei festini a luci rosse sarebbe stato
dello stesso tenore ed anche le protagoniste femminili erano identiche (Milva
Malatesta, la “Marisa di Massa” con la sorella), come pure il contenuto dei
festini e delle orge. A seguito dell’intervento dei carabinieri a Giogoli nel 1983,
però, il tedesco ed il “Nero Ulisse” (ma quest’ultimo non appare affatto
acclarato che vivesse in quel posto) avevano dovuto cessare tale loro aitività,
essendosi allontanati “a gambe levate” da quell’abitazione. Gli omicidi però,
sono continuati nel 1984 (Vicchio) e nel 1985, vicino agli Scopeti e a Via di
Faltignano. Peraltro in tutto tale contesto la presenza dell’odierno imputato si
riduce in spazi del tutto residuali, essendo collegato solo alla prostituta
Giovagnoli e non alle altre, le quali non hanno fornito alcun significativo
particolare sulla sua persona. Dalle dichiarazioni sopra riportate l’odierno
imputato appare ben lontano’dalla figura di una sorta di train d’union tra i due
presunti e diversi gruppi tracciata dalla prospettazione accusatoria, la quale
anche sotto tale profilo presenta non poche lacune e contraddizioni anche

evidenti.

La magia, i diavoli, il mondo dell’occulto come contesto delle
perversioni sessuali di alcune delle persone individuate nel corso delle
indagini.

Sono emerse in alcuni passaggi delle indagini, ma non vi è prova alcuna che
abbiano avuto una qualche influenza particolare con riferimento ai delitti. Si
parte dal tedesco Reinecke, il quale aveva una compagna svizzera, con cui
coabitava alla dependance della Villa “la Sfacciata”, che si occupava di magia
asserendo di essere una sensitiva. Quest’ultima aveva riferito ai Carabinieri
che aveva sentito, prima di vederli fisicamente, che nel furgone dei tedeschi
c’erano dei morti, ma il suo compagno Reinecke li aveva visti la mattina prima
del ritrovamento ufficiale da lui fatto la sera. ll figlio Marco lo ha descritto
come una persona vestita di nero con collane e bracciali con diavoli e simili.

Anche nei confronti del Pacciani gli atti del processo a suo carico contengono
elementi del genere: infatti sono stati rinvenute pubblicazioni sul diavolo nelle
perquisizioni effettuate nella sua cella e la P.G. riferì all’epoca che aveva in
cella una specie di altarino con cui celebrava una sorta di messa

00000000000000000 00000000 000000000 000000 000000000000 112 |} 2 12 0000000000000000000000 00000000, 000000000

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domenicale. Il Pacciani infine continuamente durante le udienze invocava Dio
o il diavolo riferendosi a chi aveva commesso (o partecipato) ai delitti per cui

veniva processato.

Altro personaggio legato al mondo della magia era il “mago” Indovino,
avendone parlato ampiamente la Ghiribelli fin dalle udienze dibattimentali.
Nella casa di Indovino alcune pp.ii.ff. (in primis la stessa Ghiribelli) riferivano
che avvenivano riti con galline sgozzate, altarini in una stanzina vicino la
camera da letto, smentita peraltro da altri soggetti (quali la Pellecchia o la
Nicoletti, compagna e convivente dell’Indovino). Sul punto vi sono anche le
dichiarazioni rese dal Sertoli circa la visita effettuata al termine di una cena
da egli stesso e da un gruppo di persone su indicazione del Calamandrei che,
nell’occasione, sembrava in rapporti di conoscenza con il predetto.

Anche questo aspetto risulta contraddittorio e, comunque, non provato,
trattandosi al più, di sospetti e congetture che non hanno avuto ulteriori

riscontri oggettivi.

Secondo la prospettazione accusatoria si sarebbe appurato che i cosiddetti
festini/orge venivano organizzati in due distinte case di San Casciano e
dintorni. Una è la più volte menzionata stamberga di campagna in Via di
Faltignano a San Casciano, dimora del “mago” Indovino Salvatore, ove nella
casa accanto viveva un’altra prostituta giovanissima Milva Malatesta,
deceduta col piccolo figlio in circostanze non accertate, nel corso del
processo Pacciani. L’altra è un appartamento che secondo la Pubblica
Accusa si troverebbe in una dependance della Villa La Sfacciata a Via di
Giogoli, ove all’interno si trova anche una chiesetta sconsacrata (in ordine
alla quale veniva prodotto dai P.M. all’udienza dell’8.5.2008 anche album
fotografico redatto dalla P.G.). Nei pressi di queste due case risultano essere
stati commessi gli omicidi del 1983 (avvenuto a Giogoli e del 1985 (avvenuto
in Via degli Scopeti, ove tuttavia oramai non abitava più l’Indovino). Dalle
testimonianze raccolte si presume che presso questi due luoghi si sarebbero
tenuti festini a luci rosse ed orge periodicamente, in genere nei fine

settimana, in ore notturne.

La dependance all’interno della villa “La Sfacciata” e la sua
frequentazione.- :

Dagli accertamenti effettuati dalla P.G. nel corso dei lunghi anni di indagini è
emerso che detto immobile era sicuramente nella disponibilità del tedesco

)

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#10 DE LUCA

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Proc. n. 1277/03 RG. NR Proc, n. 613/04 RG, GIP

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fisso il nero Ulisse”, identificato in Robert Parker, indicato dal Vanni come
esecutore materiale dei delitti. In particolare da una nota dei carabinieri del
25.11.1983 risulta: “in un appartamento di un caseggiato di proprietà di
Martelli Martino, Situato nella via di Giogoli, abita il cittadino americano di
colore Parker Mario Robert, il quale oltre all’autovettura Citroen Visa targata
FI A 78728, di colore rosso, dispone della vettura Fiat 126, personal 4, di
colore bianco, targata LI 229653. La targa di detta autovettura è di quelle di
nuovo tipo e tra le due prese d’aria per il motore, situate nella parte

poteva essere la sua”. In allegato veniva trasmesso il verbale di sommarie
informazioni testimoniali, redatto 24.1 1.1983, dal quale, oltre alle circostanze
riassunte nella nota, risultava che il Parker, nella Circostanza, diede come

Martelli, sito in via di Giogoli n. 2/6. Prima di allora abitavo sempre in Firenze,
ove domicilio dalla fine del 1979 perché esercito la professione di stilista, in
via B. Fortini n. 6…” La P.G. rilevava che, in Considerazione degli elementi
all’epoca acquisiti, tra cui le affermazioni del Vanni circa il “nero americano”,
coinvolto con Pacciani e Lotti nei fatti di sangue, aveva effettuato ulteriori
approfondimenti sia sul Reinecke e la sua fidanzata che sul Parker, dai quali
era emerso che non esisteva alcuna traccia di soggiorno del Parker negli
appartamenti del Martelli, così come dallo stesso dichiarato ai carabinieri nel
1983. Infatti detta Circostanza risultava smentita da plurime informazioni di

appartamenti affittati, tra cui anche la dottoressa Impresa, presentata al
Martelli dal funzionario di polizia Marcello Carmineo, che andava a trovarla,

Proc. n, 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG. GIP

“O OT2IITDCoo2nOoo2tPoooaroooAROnONINIGNANIIIFTNIFVANVIFGGN0IIFIIIIIITIIIVI e RI. GIP

e, dopo averlo esaminato, dichiarava: “escludo nella maniera più assoluta
che la persona raffigurata nella foto n. 57 abitasse negli appartamenti
annessi alla villa La Sfacciata. lo personalmente non l’ho mai visto e il nome
non mi dice niente. Può darsi che vi abbia abitato dopo che io sono andato in
pensione nel 1992. Anche perché quando lavoravo a La Sfacciata io ero tutto
il giorno in giro nella proprietà e quindi lo avrei per forza notato…ribadisco, e

Considerare che più volte ero io ad indicare al postino che doveva recapitare
corrispondenza dove abitavano i destinatari della stessa” A proposito della
presenza nella villa di una Fiat 126, il Pratesi riferiva: “Non mi risultano auto
Fiat 126 presenti nel complesso ed appartenenti agli inquilini che si sono
succeduti nel tempo.” A proposito poi del tedesco Reinecke, dichiarava: (vi
abitava) “un tedesco di nome Rolf, che era un uomo di circa 45 anni, molto
alto e grosso con capelli biondi sul rossiccio, radi. Non ricordo che attività
Svolgesse; aveva allacciato una relazione con una Signora svizzera che
abitava nell’appartamento sito a fianco al suo sempre all’interno di villa La
Sfacciata. Non ricordo il nome della signora svizzera ma posso dire che era
una signora molto alta, con capelli lunghi ricci biondi, di corporatura molto
robusta e non credo che svolgesse nessuna attività lavorativa. Il Rolf aveva
una grossa auto, forse un BMW di colore scuro. Sono a conoscenza che lo
Stesso è la persona che negli anni 80 aveva rinvenuto i cadaveri dei due
tedeschi uccisi in via di Giogoli. Anzi preciso meglio, mi disse che notò la
targa del furgone dei tedeschi e mi disse che erano proprio della sua città

“(quella del Parker)

2090000000990 900000000009 000000000 00V000 00000000000 115 / 2 1 2

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ALA LI

natale. Fu lui ad accorgersi per primo del delitto. Andò via dalla Sfacciata
credo dopo del 1984 e, comunque, dopo che era morto Martelli Martino,
insieme alla cittadina svizzera con la quale aveva una relazione. Aveva

nella cintura dei pantaloni e mi disse che non le piacevano le persone in quel
modo. ll Rolf era un po’ strano, specialmente quando beveva diventava
prepotente. Era un tipo schivo e sempre da solo. Non ricordo che qualcuno
andasse a trovarlo,” Spontaneamente aggiungeva: “quando venne ad abitare
la svizzera ricordo che il Martino Martelli mi disse che aveva dato
l’appartamento in affitto per 100 mila lire al mese ad una ragazza svizzera
che viveva da sola. Era un appartamento grande di 4 stanze e a me sembrò

tempo veniva a trovare questa svizzera un omino piccolo che la donna mi
disse era originario di Napoli e faceva il posteggiatore. In effetti notai che
l’Uomo indossava in testa un cappellino con la visiera di quelli che di solito
Usano i parcheggiatori. Della svizzera ricordo adesso anche che aveva
un’autovettura A 112 di colore bianco. Quando poi la svizzera conobbe e si
mise con il tedesco l’omino napoletano scomparve.” Ed ancora a domande
dell’ufficio, rispondeva: ” Questo omino napoletano poteva essere alto 1.60
Mt., era proprio piccolo di statura ed aveva il viso tondo. lo quando andavo
via dalla villa lo lasciavo insieme alla svizzera ma non so dire se a una certa
ora andava via o se pernottava nell’appartamento della svizzera… Il tedesco
dall’idea che mi ero fatto era Una persona con tanti soldi. Si vedeva che era
Una persona che stava bene e non aveva problemi di soldi. Il Martino non mi
spiegò mai come aveva fatto a trovare questo inquilino…Il tedesco venne ad
abitare dopo circa un anno che già abitava la donna svizzera…Sia la svizzera
che il tedesco da Quando sono andati via insieme non l’ho più rivisti e
neppure li ho mai incontrati..Quando il fedesco e la svizzera sj misero
insieme, il tedesco lasciò il suo appartamento ed andò ad abitare |

il marito e due o tre figli. Gestiva dei ne
abbigliamento Benetton, anzi di borse, a
Mercedes 5000 scuro.”

9000000900.00000000P0000000006009000000A000A00A000000 1 16 / 2 12

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Sbraci Adriana, ex moglie di Martelli Franco, figlio di Martino, sentita in data 1
agosto 2003, riferiva di aver abitato nella villa La Sfacciata dal 1983 fino al
1998, data in cui la villa fu venduta. Tra gli inquilini degli appartamenti,
ricordava il tedesco Reinecke, ma non ricordava che vi avesse abitato un
cittadino americano di colore, come pure di non aver mai sentito nominare il

nome di Parker.

De Giorgio Amelia, convivente negli anni 80 di Martelli Franco, altro figlio di
Martino, sentita il 30 luglio 2003, negava categoricamente che nella villa in
quegli anni vi avesse abitato un americano di colore. La circostanza veniva
negata anche dalla figlia della predetta Francesca Reger, anche lei abitante

in quegli anni nella villa,

Pieri Violante, figlia dei proprietari della villa di via B. Fortini, presso cui il
Parker aveva dichiarato di aver abitato prima di prendere il domicilio in via di
Giogoli, sentita il 30 luglio 2008, riferiva che la propria famiglia aveva abitato
in quella villa dalla data dell’acquisto, (nell’anno 1965) fino al 1982 circa,
allorché fu venduta a seguito della separazione dei genitori. In relazione al
Parker riferiva che si trattava di un amico di famiglia, che abitava a Livorno e
che aveva frequentato la villa di via Fortini, nella quale la madre gli aveva
messo a disposizione una dependance annessa alla villa, dove l’amico
alloggiava quando veniva a Firenze. Del Parker poi raccontava: “Robert era
per me come un fratello. Era una persona dolcissima, spiritosa, ricordo che
vestiva molto elegantemente ed era molto curato nella persona. Era molto
alto, circa 1.90 mt., con una corporatura adeguata all’altezza, non passava
certo inosservato. Anche se lui personalmente non ha mai dichiarato di
essere gay, lo sapevamo tutti che lo era…Ricordo comunque che aveva un
orologio tipo Rolex, mi pare di ricordare un Sub Mariner oro e acciaio, ma di
questo non ne sono assolutamente certa…Quando Robert frequentava la villa
di via Benedetto Fortini, lavorava presso la ditta GIBO’ di Tavarnelle che
produceva abbigliamento. Non ricordo se era disegnatore o seguiva la
produzione di detta ditta. Successivamente si trasferì a Milano a lavorare per
PRADA; dapprima viveva in una casa in affitto in via Castelmorrone, dove io
sono stata anche ospite, e successivamente acquistò un appartamento al
piano alto di uno stabile sito forse nella stessa via, comunque molto vicino
all’appartamento che aveva in affitto. Era un appartamento piccolo, bella e
curato.” Circa le amicizie del Parker, raccontava: “Per quanto riguarda le
amicizie di Robert devo dire che lui è sempre stato una persona molto
riservata e non mi ha mai raccontato la sua vita privata. Sono comunque a

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900000000000 GINO 00000000 0000000000000 000 00000000000 0000000 000000000000 0000000000000 0000000000000 000000000000000000000

conoscenza che la sua migliore amica era la signora Silvia che abita a Milano
e che io ho conosciuto. Ricordo che in una occasione, negli ultimi tempi poco
prima che Robert morisse, io mi sono recata a Milano a trovarlo e la signora
Silvia mi venne a prendere alla Stazione ferroviaria e mi accompagnò presso
l’appartamento di Robert e successivamente mi riaccompagnò alla Stazione.
L’ultima volta che vidi Silvia fu in occasione del funerale di Robert che si è
svolto a Pisa in quanto lui era ricoverato presso l’Ospedale della città. Di
Silvia ricordo che all’epoca era una signora di circa 40 anni, con capelli
castani, alta, magra, ed aveva dei figli, non ricordo altri particolari, posso
presumere che la stessa è conosciuta dai genitori di Robert….”

MASI Barbara, inquilina dei Martelli in uno degli appartamenti di loro proprietà
in via di Giogoli dall’anno 1983 fino al 1986/87, sentita a verbale in data 26
settembre 2003, dichiarava di non sapere che in uno degli appartamenti vi
avesse abitato in quegli anni un uomo di colore. Anche l’individuazione
fotografica comprendente tra le altre anche la foto del Parker dava esito

negativo.

BEVERIDGE Elisabetta, madre di Pieri Violante, sentita l’11 settembre 2003,
alla richiesta di notizie sul Parker, dichiarava: “Era il mio figlio adottivo, sin da
quando aveva quindici anni. Per sette anni ha vissuto con me in via
Benedetto Fortini n. 6 a Firenze, in una dependance della mia villa. Poi
quando nel 1981/1982 ho venduto la villa a tale Ferretti, Bob andò a vivere a
Milano, credo per tre o quattro anni, dove lavorava per Prada e per Gucci
sicuramente. Negli ultimi due anni di vita tornò a Firenze lavorando per Gucci
ed andò ad abitare in via Dei Serragli. Durante gli anni in cui Bob ha vissuto
a Milano è capitato che io sia andato a trovarlo, come è capitato che lui sia
venuto a trovarmi ed io l’ospitavo oppure andava a Livorno dai suoi genitori.
L’ultima estate è stato con me ospite nella mia casa di Positano. In pratica
Bob era per me uno di famiglia.” Circa altre abitazioni del Parker, specificava:
“Non mi risultano assolutamente altre abitazioni di Bob a Firenze. In questo
caso lo avrei sicuramente saputo dato il rapporto che avevo con lui. Sulle
amicizie a Firenze, specificava che Bob non ne aveva, oltre ai titolari della
ditta GIBO’, presso cui lavorava. Aggiungeva: “So che aveva un amicizia a
Grosseto di un ragazzo che è morto anni prima di lui ed un altro amico, anche
lui italo-americano, che morì in un incidente con la moto, circa dieci anni fa.
Anche questo italo americano era alto come Bob, uno splendido ragazzo.
Studiava per dentista.” Alla domanda specifica se le risultassero
frequentazioni di Parker a Firenze o di ville vicino Firenze, nella zona di

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2009000000000090000000000000000000000000NNAPAHP00PAPPH00ANAA000P0NAHP00000000A000000000000000000000A0000POV00000000 00000

Scandicci o Impruneta, lo escludeva categoricamente. Riferiva: “Lo escludo
perche ero io che conoscevo un po’ tutti e quindi anche le persone che
frequentava Bob. In pratica Bob me lo portavo dietro io. L’unica cosa che
conosco che Bob fece senza di me fu una sua partecipazione ad una. festa
del famoso Gelli. Mi disse che lui conosceva la figlia ed era stato invitato. Mi
raccontò che era una cosa da morire dalla risate perché si trattava di gente
bussa, nel senso che non erano signori; in pratica per lui erano stati dei
cafoni.” In relazione al tipo di macchina posseduta dal Parker, dichiarava:
“Non ricordo che macchina avesse Bob in quegli anni, ma comunque non si
trattava di una macchina di lusso. E so che era una macchina normale e gli è
stata rubata a Milano. A domanda specifica, rispondeva: “Non mi risulta che
Bob avesse in uso una fiat 126 di colore bianco e ne io l’ho visto mai con un
auto simile. Anzi a me sembra impossibile che potesse guidarla perché era
molto alto, quasi due metri.” Allorché l’ufficio le faceva poi presente che
risultava agli atti che il Parker nel 1983 utilizzava una Fiat 126, notata in via di
Giogoli nei pressi della villa dei Martelli, rispondeva: “faccio presente di
essere andata spesso alla villa dei Martelli essendo amica di tutti i proprietari.
Sono stata spesso al ristorante Giogoli che appartiene alla villa, gestito da
uno dei nipoti dei Martelli che credo si chiamasse Guido. All’epoca era di
moda frequentare quel ristorante e può essere capitato che qualche volta ci
sia stato Bob con gli amici della moda. lo non ci sono mai stata con Bob.” Ed
ancora, richiestole se le risultasse che Parker le avesse detto di abitare in
una pertinenza della villa Martelli o comunque di avere una casa a Giogoli,
rispondeva: “assolutamente no. Mai. Lo escludo perché in questo caso l’avrei
sicuramente saputo. Bob ripeto che per me era come un figlio e me ne
avrebbe parlato. Dovete sapere che quando è ritornato a Firenze per lavorare
da Gucci l’ho aiutato a cercar casa e poi è stato lui ad averla trovata in via dei
Serragli. Questa casa l’ho visitata anch’io. Non è possibile che abbia abitato
in quella zona perché, come ho spiegato, dopo che è andato via dalla mia
casa di via Fortini nel 1981/1982, andò prima a Livorno e poi a lavorare a
Milano, dove andai a trovarlo.” Infine, riferiva: “ripeto che Bob ha vissuto con
me circa 7 anni e poi è andato a Milano. Se controllassi le foto e la data di
vendita della villa potrei essere più precisa…Bob vestiva sempre
elegantissimo e talvolta indossava anche un cappello tipo Borsalino. Non
sempre, ma ricordo che lo portava.”

La P.G. nella citata nota riferiva anche degli accertamenti svolti nel contesto
delle nuove indagini sul conto del Parker avendo individuato le autovetture da

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egli possedute”. Il Parker risultava deceduto per cause naturali, presso
l’Azienda ospedaliera di Pisa e la causa iniziale della morte era dovuta ad
“A.1.D.S.” e per causa intermedia complicazione con sarcoma dikaposi e per
causa terminale, che ne ha provocato direttamente il decesso, “edema
polmonare acuto”. La Questura di Milano, interessata per gli accertamenti In
quel comune, riferiva che il Parker, sebbene anagraficamente residente in via
Castel Morrone 11, risultava deceduto a Pisa il giorno 11.8.1996 e che, agli
ultimi due indirizzi di residenza in via Castel Morrone 2 ed 11 era conosciuto
come un omosessuale e come persona molto educata e rispettosa; la
Telecom, interessata per conoscere l’intestatario dell’utenza 2047157 fornita
nel 1983 dal Parker ai carabinieri quale recapito telefonico, comunicava che
detta utenza fu assegnata per la prima volta il 9.9.1986.

Per quanto concerne, invece, il Reinecke e la fidanzata svizzera la P.G.
riferiva che gli ulteriori accertamenti avevano consentito di rilevare che
l’ultima traccia dei predetti risaliva all’anno 1984 allorché, come dichiarato dal
Pratesi, essi si erano allontanati dalla villa. Gli accertamenti esperiti sia negli
uffici anagrafici, che negli archivi del Ced ed in quelli della Questura di Prato,
dove vi sarebbe stata la sede di lavoro del tedesco, davano esito negativo.
Gli unici dati che era stato possibile raccogliere erano i seguenti: all’interno
del rapporto n. 192/15-83 di prot. del 10.10.1985 del Nucleo Operativo dei
carabinieri di Firenze, diretto alla Procura della Repubblica di Firenze, veniva
riferito sulle segnalazioni anonime in merito al duplice omicidio Rontini-
Stefanacci (fascicolo II). Infatti, al foglio 52 esiste la scheda di accertamenti
relativi a Martelli Guido, residente all’epoca in via di Giogoli 10 (nipote di
Martelli Martino, proprietario all’epoca della villa La Sfacciata), indicante
quale motivo della segnalazione “lettera anonima”. Allegata alla scheda, vi
era una relazione di servizio dattiloscritta, recante la data del 29.8.1984 priva
di firma in calce, nella quale si leggeva: “Oggi 29 corrente mese mi sono
recato in Via di Giogoli al civico presso l’abitazione del Sig. Martelli Guido,
per accertamenti di Polizia Giudiziaria. Giunto sul posto notavo che il cancello
era chiuso a chiave,e dopo alcuni minuti è arrivato tale Martelli Nerio, fratello
dello stesso Martelli Guido,che dopo essermi presentato e avergli chiesto se
c’era il di lui fratello mi diceva che non c’era in casa e che anche lui lo stava
cercando. Dopo alcune insistenze da parte mia lui mi diceva che non sapeva
se poteva farmi entrare vista l’assenza di suo fratello. Dopo le mie continue

4% (BMW 32511 Touring targata MI 7L2353, VW GOLF GTI Turbo targata LI 326554,
CITROEN VISA targata FI A78728 (LI 384730), VOLVO 240 D targata MI 25570Z (LI
430690), immatricolata il 28,11.1985, intestata a BAI LEASING S.p.A.

000000000000000 0000000000 000000000 000000 000000000000 120/212 E
GU . Silvio DE LUCA

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insistenze riuscii a farmi portare da suo fratello, che si trovava all’interno del
giardino ad effettuare alcuni lavori. Presentatomi al Martelli Guido gli
spiegavo di cosa si trattava la mia ricerca e lui mi diceva di non potermi
aiutare in quanto non aveva mai visto il soggetto da me indicato comportarsi
in detto modo. Alla domanda se in quella abitazione vi fosse mai abitato una
donna tedesca oppure svizzera lui rispondeva con sicurezza di no. Mentre io
sapevo benissimo che tempo addietro vi era detta donna che vi abitava con
suo marito di provenienza inglese. Confidenza dataci da certa persona degna
di fiducia, faccio inoltre presente che alla Stazione Carabinieri di Scandicci il
Comandante ha asserito che tempo addietro trovarono all’interno della sua
tenuta un’autovettura con a bordo un uomo carbonizzato, e che quel caso

rimase un po’ dubbio”.

Sempre all’interno del medesimo fascicolo Il, vi è la nota n. 153/17-1984 –
192/15 -97 di prot. del 14.5.1985 del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei
carabinieri di Firenze, diretta alla Procura della Repubblica di Firenze, avente
il medesimo oggetto della precedente nota, sopra indicata, con cui venivano
trasmessi i verbali di s.i.t. delle persone interrogate in relazione alle
segnalazioni in questione. In detta nota si leggeva: “In esito alla richiesta…si
trasmettono i verbali di sit…ad eccezione di Martelli Guido, sul conto del
quale il Nucleo Operativo del Gruppo CC di Firenze con foglio n. 192/1583
datato 10.10.1984 aveva compilato e trasmesso a codesta Procura della
Repubblica la scheda di “accertamenti relativi alle segnalazioni di sospetti
maniaci”. In allegato alla citata nota del 14.5.1985, vi era il verbale di sit rese
da Bindi Edoardo, il quale, sentito il 7.5.1985 dichiarava: “prendo atto di
quanto mi comunica. lo non sono in grado di stabilire chi abbia potuto avere
interesse a calunniarmi affermando con una telefonata anonima che io potrei
essere interessante alle indagini sul cosiddetto “Mostro” di Firenze in quanto
tale anonimo mi ritiene per altro un “guardone” ed “omosessuale”. lo non
sono mai stato un “guardone” nè mi ritengo un omosessuale. Chi ha voluto
fare tale segnalazione credo che abbia voluto farmi uno scherzo di cattivo
gusto…Fino a qualche anno fa ero colono ed avevo la disponibilità di un
terreno sito in località “Giogoli” nel quale coltivavo le piante e seminavo
qualche oitaggio ed in particolare allevavo conigli e galline. Per tale motivo,
quando ero libero dal servizio mi recavo in detto terreno per eseguire | lavori
di cui prima ho parlato. Nelle vicinanze di detto appezzamento di terra era
sita una villa di proprietà di un certo Martelli; sempre nelle vicinanze di detto
terreno vi era una casa colonica affittata da un cittadino tedesco che convive,
almeno credo, con una donna di nazionalità “svizzera”. AI riguardo posso dire

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i IRSA LA

che tale donna era solita fare qualche giro sulla bicicletta,nella zona,in
costume da bagno…” Dalla lettura dell’atto si evince che il Bindi era stato

degli anni 80, quando mi recavo a lavorare nel podere del Nordico vedevo
spesso il signore tedesco passeggiare con la signora Svizzera, di cui non so
fornirvi i nomi e coi quali, a parte i convenevoli, non ho mai intrattenuto
nessuna conversazione”. AI Bindi veniva mostrato un album fotografico
contenente anche la foto del Parker e lo stesso, dopo averlo visionato,

era della stessa età della persona in fotografia. Bindi Claudio, figlio di
Edoardo, sentito anche lui il 22 settembre 2003, dichiarava: “Ricordo che,
negli anni in cui mi recavo con mio padre a lavorare nei campi di via dei
Giogoli, verso la fine degli anni 70 – inizio anni 80, spesso mi capitava di
vedere un signore di nazionalità tedesca in compagnia di una signora
svizzera che passeggiavano in via Giogoli. Gli stessi abitavano negli
appartamenti ristrutturati dei Martelli ubicati dietro la villa La Sfacciata. Posso
descrivere il signore tedesco come una persona di circa 35 anni, alto,
robusto, viso tondo, capelli corti, mentre la Signora svizzera era una donna di
28-33 anni,alta circa m. 1,90, capelli lisci lunghi e chiari,molto attraente,
Ricordo che la stessa girava in bicicletta nei pressi della villa. In quegli
anni,non mi ricordo la data precisa in quanto ero molto giovane,la signora
svizzera chiese a mia madre se io potevo andare ad aiutarla a passare dei
cavi elettrici all’interno del suo appartamento; mia madre acconsentì ed io mi

lampadari. Ricordo che nell’occasione la signora mi confidò di essere una
donna sportiva e mi mostrò degli anelli ginnici che usava per fare ginnastica
ma non notai niente di strano.”

2099000000009000090000 PPP AVA AV00HHPCVAA0VAI000I0000 122 / 2 12 L00090 ANN NNN00000000000 00000090800000000

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iii tI

Il 15 giugno 1963, in Prato, il Reinecke aveva contratto matrimonio con
Bartolini Lucia, deceduta ed il successivo 29.6.1987 il Reinecke aveva
presentato ricorso al Tribunale di Firenze per ottenere lo scioglimento del
matrimonio; il Tribunale, con sentenza del 16.11.1987, dichiarava la
cessazione degli effetti civili del matrimonio. Dall’unione nacquero tre figli:
Caterina, nata il 30. 9 1964; Marianna, nata il 29.12.1971; Marco, nato il
24.7.1966. Costui risultava socio della s.n.c. “Carbonizzo La Rocca di
Reinecke & C.” con sede a Vaiano (FI) località “La Briglia”, costituita il
29.11.1958 e cessata il 31.12.1973, avente ad oggetto “la lavorazione di
carbonizzatura lana e altre lavorazioni tessili”. L’altro socio era Baldacci
Francesco, cognato del Reinecke per averne sposato la sorella della moglie
di quest’ultimo. La P.G. riferiva che, per quel che concerne le auto di sua
proprietà, era stata accertata un’autovettura Innocenti Mini 90, targata FI
946465. All’epoca risultava residente in via di Giogoli n. 4; il Reinecke risulta
essere stato condannato in data 28.6.1985 dal Tribunale di Firenze per porto
abusivo e detenzione illegale di armi (proprio a seguito della perquisizione
presso la sua abitazione effettuata a seguito del duplice omicidio del 1983),
nonché, in data 31.1.1973, per contravvenzione al codice della strada.
Martelli Martino, proprietario della villa “La Sfacciata” con atto del 7.3.1984
conveniva in giudizio il Reinecke per ottenere il pagamento dei canoni d’affitto
arretrati, non pagati, relativi all’appartamento di via di Giogoli 4/6. Il Tribunale
civile di Firenze – Sezione Il – con sentenza del 19.10.1987 condannava il
Reinecke al pagamento della somma di lire 40 milioni più accessori. Dall’atto
di citazione si evince, tra l’altro, che il Reinecke aveva preso in locazione
l’immobile di quattro vani più servizi il 15.3.1978. Nel ricorso per sequestro
conservativo, depositato dal Martelli il 59.12.1984, si legge: “Sta di fatto che il
ricorrente è venuto a Sapere che il Reinecke, ospite di tale Francoise Walther,
e proprietario solo di una autovettura, intende entro pochi giorni lasciare
l’Italia, sottraendosi così all’eventuale soccombenza nella causa …”

La P.G. sentiva quale p.i.. Baldacci Francesco, in data 7 ottobre 2003, in
relazione ai suoi rapporti con il Reinecke, il quale dichiarava: “Alla fine degli
anni 70, inizi anni 80, sono Stato titolare della ditta LA ROCCA, ubicata a
Vaiano in località La BRIGLIA. Tale società che si occupava della lavorazione
per conto terzi di stracci, i quali venivano “carbonizzati” e cioè lavorati con
l’acido cloridrico e con apposite macchine dai quali ne usciva la cosiddetta
“lana meccanica” e cioè non lana di pecora. Tale società la gestivamo io e
mio cognato Luciano Ciatti, successivamente l’abbiamo ceduta ad un terzo
cognato, un tedesco di nome Rolf Reincke, il quale aveva Sposato la sorella

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SUP Neff. Silvio DE LUCA

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più piccola di mia moglie, Lucia Cornelia Bartolini. Attualmente questa è
morta da circa 5 anni di leucemia.” Circa la conoscenza da parte della
cognata del Reinecke specificava: “negli anni 60/70, il padre di
Rolf,rappresentava una grossa azienda della Baviera, e noi come Lanificio
BARTOLINI eravamo uno dei tanti fornitori. In occasione di uno dei viaggi del
padre Gerard, venne accompagnato anche dal figlio Rolf. In uno di questi
viaggi in Italia il Rolf conobbe la mia cognata Lucia. Si innamorarono e
successivamente si sposarono credo alla fine degli anni 60. La coppia non
volle mai stare a Prato e fu così che il padre di Rolf acquistò per loro una
casa a Firenze in via Pietro Tacca, nella quale attualmente vive una delle
figlie, Marianna.” Quanto alle abitazioni ed alle abitudini di vita del cognato,
dichiarava: “mio cognato Rolf, fino al 1977,1978, ha sempre abitato con la
famiglia, in via Pietro Tacca a Firenze, in quegli poi, dopo la separazione
credo fosse andato ad abitare in affitto in qualche posto nei dintorni di
Firenze, ma non so dirvi dove di preciso, in quanto dopo la separazione i
rapporti si sono rotti ed io non l’ho più visto. | motivi per i quali si è arrivati alla
separazione tra mio cognato e mia cognata, sono stati legati più che altro alla
differenza caratteriale che vi era fra il Rolf e mia cognata Lucia. Mi spiego
meglio, il Rolf, per come mi ricordo io era un tipo molto autoritario e strano,
aveva un carattere molto burbero, al quale non piaceva molto lavorare, gli
piaceva molto di più andare a fare girate per il Chianti e stare lontano dalla
famiglia. Infatti durante il giorno lui era spesso in giro e rientrava solo la sera
per cena o non rientrava affatto. Mia cognata Lucia invece era di carattere
opposto a lui, in quanto era una donna che si perdeva dietro alla famiglia ed
ai figli.” Sulle caratteristiche fisiche del cognato, spiegava: “di mio cognato
Rolf, mi ricordo che era un omone alto circa m. 1.90/2.00, pesava circa
90/100 kg, aveva capelli corti e biondi, riccioli, occhi azzurri e per un certo
periodo ha portato barba e baffi, aveva i lineamenti molto regolari.” Sulla
reperibilità del predetto: “sono a conoscenza che il Rolf, circa dieci anni
orsono è tornato in Germania, non so dirvi dove, ed ha allacciato una
relazione con una donna di laggiù dalla quale ha avuto anche una figlia. Non
sono a conoscenza dove il Rolf vivesse in Germania dopo avere lasciato
l’Italia. Sono a conoscenza soltanto che la sua famiglia viveva a Bambergh in
Baviera. Sono altresì a conoscenza che lo stesso, circa sei anni orsono, è
deceduto per motivi di cuore. Questa notizia credo che l’abbia comunicata la
madre, a mezzo telefono a mia moglie”. Circa le amicizie del cognato: “Non
sono a conoscenza di eventuali amicizia che il Rolf aveva, ricordo soltanto
che per un periodo lo stesso ha frequentato un mio dipendente di nome Gori
Osmeno, il quale è deceduto qualche anno orsono. Ripeto non sono a

9900000909 0000 00000000 00000000000 A000A0N000000000000 124 / 212

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conoscenza di altre amicizie, anche perché come ho detto con il carattere
che aveva non legava molto con la gente.” Ed ancora: “il Rolf non aveva
hobby particolari o praticava sport. lo non ho mai saputo che avesse una
passione per le armi. Mi sembra di ricordare che per un periodo ha
frequentato il Mugello, se non ricordo male Scarperia dove aveva acquistato
un elmo con due spade incrociate, del quale andava molto fiero e teneva
appese nella casa di via Pietro Tacca.”

La figlia del Baldacci, Francesca Marianna, sentita a verbale in data 9 ottobre
2003, in relazione allo zio Reinecke, dichiarava: “Di quello che ricordo il
matrimonio è durato circa 14 anni, anche se dopo i primi due anni mia zia
Lucia si lamentava del carattere di Rolf in particolare per la sua rudezza.
Negli anni lo stesso Rolf peggiorava e sempre, da racconti fatti dalla mia zia,
a volte rimproverava e picchiava i figli anche senza valido motivo; eccedeva
nel bere e per tali motivi diventava violento… nel 1977/1978, mio zio
Reinecke abbandonò l’abitazione di via Susini e non so se andò ad abitare
subito dalle parti del Galluzzo, in via di Giogoli, io non ci sono mai stata. Noi
in famiglia apprendemmo nel 1983, dai giornali che aveva rinvenuto due
ragazzi tedeschi morti all’interno di un camper nei pressi della sua abitazione
di via di Giogoli. Ricordo che in famiglia commentammo il fatto, pensando al
dispiacere che aveva potuto avere nel ritrovare i cadaveri di due persone…”
Circa armi in possesso dello zio, raccontava: “Non sono a conoscenza se mio
zio Rolf avesse l’hobby delle armi, ricordo soltanto un episodio, riportatomi da
lui e da mia zia, nel quale mi raccontarono di un litigio avuto negli anni 70 con
dei vicini in quanto Rolf aveva sparato o impallinato un gatto, in quanto gli
dava fastidio. lo non ho mai visto armi in casa anche perché all’epoca della
mia frequentazione vi si trovavano i figli piccoli, e quindi anche se le avesse
avute non le avrebbe certo tenute in giro.” Sulla reperibilità, spiegava: “Sono
a conoscenza, che negli anni 90 dal momento che il Rolf aveva dei problemi
finanziari tali, che decise di tornare definitivamente in Germania. Con lui si
trovava anche la seconda moglie, che so essere una signora di origine
Svizzera, che insegnava tedesco a Firenze, dove si erano conosciuti. Non
sono a conoscenza del suo nome. So che da questa donna Rolf ha avuto una
bambina. lo l’ho sentita nel 1996, quando ha telefonato a casa, e piangendo
mi disse che Rolf era a Bambergh, e che aveva lasciato lei e la figlia in
precarie condizioni economiche. Da quella volta la seconda moglie di mio zio
Rolf, non si è fatta più sentire. Credo che i figli Marco, Marianna e Caterina
abbiano avuto dei contatti successivi per la questione legata all’eredità. Per
quanto ne so io tali contatti si sono limitati a quelli tenuti dai rispettivi legali.”

9900000000000 000 000000000000 000000000000 000000000000 125 / 2 l 2 00000000000 AGNO 000 A N00 0000000000008 2.

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9000000000000000 000000 000000000000 600000000 0000000 000000000000 00000 00000000000 000000000000 0000000000 00000000000000000000

Sulla personalità: “Che io sappia, mio zio Rolf era una persona molto
solitaria, gli piacevo molto andare a mangiare in ristoranti in campagna e
specialmente nel Chianti, dove gli piaceva molto andare a mangiare. So che
andava anche spesso ad acquistare del vino nel Chianti, ma non so in che
luogo di preciso…Ricordo .che negli ultimi tempi, e cioè alla fine degli anni 70,
Rolf nonostante la sua altezza, si era molto appesantito ed aveva messo su
pancia, aveva la barba bianca e grigia, era stempiato ed i capelli erano striati
di bianco, portava spesso gli occhiali da sole, che se non sbaglio erano con la
montatura marrone rettangolari in quanto aveva gli occhi chiari e delicati ed
era alto circa ml. 1,95. Ricordo che si vestiva molto casual, indossava spesso
giacche di pelle, e mi pare ne avesse una anche con delle frange, ricordo che
in alcune occasioni indossava un cappello a tesa larga, tipo cow boy, e
ricordo che spesso indossava anche degli stivali tipo buttero.” Precisava
inoltre di non essere a conoscenza di dove fosse andato, dopo l’ultima volta
che lo aveva visto e che risaliva alla fine di agosto – i primi giorni del mese di
settembre 1984. Nella circostanza, la Baldacci consegnava alcune foto dello
zio risalenti agli anni 60, scattate in occasione del matrimonio. Da queste foto
si rileva una forte rassomiglianza con l’identikit redatto durante le indagini sul
duplice omicidio del delitto ed in orario particolarmente significativo, così
come il luogo, aveva notato la persona descritta alla guida di un’auto sportiva
incrociata su un ponte. (Vedasi dichiarazioni di Parisi Rossella). La P.G.
rilevava altresì che la descrizione dell’abbigliamento appariva perfettamente
sovrapponibile con i dati forniti in precedenza dalla Ghiribelli allorché fece
riferimento allo svizzero, amico del Lotti, che abitava in un appartamento
della villa “La Sfacciata”. Vi era poi la conferma di quanto già appreso da altri
testi (vedi Pratesi Attilio) sulla circostanza che il tedesco nel 1984 avesse
lasciato l’appartamento di via di Giogoli insieme alla donna svizzera senza
più farsi vedere. Nell’ottobre 1981 erano stati svolti accertamenti sulla coppia,
tanto che erano state chieste informazioni a Martelli Guido, che aveva negato
la circostanza della conoscenza dei due. Venivano sentiti a verbale anche i
figli del Reinecke, Marco, Marianna e Caterina apprendendo ulteriori notizie,
tra cui il fatto che il loro genitore nel 1983/1984 era tornato, senza dire loro
nulla, ad abitare in Germania, che odiava la moglie, tanto che era stata la loro
madre a chiedere la separazione, che era morto per infarto in Germania nel
1995, che la nuova moglie, Francesca (la svizzera Walther) era interessata
alla magia e frequentava maghi ed astrologi. Marco, il 16.10.2003, tra l’altro,
dichiarava: “in merito al duplice omicidio dei tedeschi avvenuto a Giogoli nel
1983, ricordo quanto segue: mio padre la domenica del duplice omicidio o i
giorni immediatamente successivi, poteva essere la domenica successiva, si

000000000000 ao 000000000

GUP

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Silvio DE LUCA

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giustificò di un ritardo o di un mancato appuntamento, in quanto trattenuto
dalle Autorità competenti a seguito del ritrovamento dei due ragazzi tedeschi
uccisi a Giogoli. Mio padre mi disse che la sera prima del ritrovamento dei
due corpi, sul tardi, aveva visto un furgone Wolkswagen appartato in un
boschetto. L’aveva rivisto la mattina successiva nello stesso punto con un
vetro rotto. Si avvicinò e vide due ragazzi morti, notò i capelli lunghi e per
questo non capì se si trattava di due uomini o un uomo e una donna. Disse
che aveva spontaneamente consegnato una pistola calibro 22, che lui

Giogoli.” In una successiva occasione, il 17.11.2003, lo stesso Reinecke
Marco aggiungeva che il padre era socio nel Club nautico di Carrara e di
quello di Cala Galera, vicino a Porto Ercole e che possedeva un motoscafo
abbastanza grande con due motori fuori bordo. Aggiungeva anche che in una
occasione il genitore lo aveva portato al Lago Trasimeno a visitare il Museo
dell’aviazione. Circa il racconto fatio in relazione alla scoperta dei due
cadaveri, va rilevato che, dagli atti, risulta che il Reinecke all’epoca ebbe a

altresì, che non risultava che lo Stesso avesse consegnato una calibro 22, né
che, a seguito della perquisizione eseguita nella sua abitazione, fosse stata
rinvenuta un’arma di detto calibro. In relazione alla sua fidanzata svizzera
Walther Francoise i militari accertavano che costei era immigrata dalla
Svizzera in data 12.4.1978; risultava titolare di impresa individuale con sede
in Firenze, via di Giogoli 6, con inizio attività il 1.9.1978 e data di cessazione il
31.3.1980, avente per oggetto: “agenzia di commercio per viaggi -studio
all’estero” e che all’epoca degli accertamenti la predetta viveva, con una
figlia avuta dal Reinecke, nella città di Bemberg, vicino Monaco di Baviera.
Queste, dunque, sono le risultanze obiettive emerse a seguito delle
dettagliate indagini di P.G.: esse portano ad escludere la presenza del “nero
Ulisse” nella dependance della villa “La Sfacciata”, come hanno sostenuto

000009990900000009900A 009 A00AA000000APNA0PP 00000000 127 / 2 l pi

Proc, n. 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG. GIP

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tutte le principali pp.ii.ff. sentite ripetutamente dai militari, mentre appare
acclarata la presenza del solo Reinecke e della sua compagna svizzera

all’interno della villa.

Secondo l’assunto accusatorio ai festini e alle orge che avvenivano all’interno
della Villa non risulta che fossero stati mai presenti nè Vanni nè Pacciani.
Era, invece, presente Lotti oltre al tedesco, mentre, come si è appena visto,
appare fortemente dubbia e, comunque, non acclarata la presenza in quel
luogo del nero “Ulisse” oltre che del Narducci,.il quale quando era nella zona
di Firenze sicuramente non viveva nella villa del tedesco. Ad entrambi i luoghi
dei festini, inoltre, avrebbe partecipato l’appuntato dei carabinieri FilippoNeri
TOSCANO, della stazione dei carabinieri di San Casciano, ma su questo
punto sono ancora in corso indagini e tale assunto, dungue, non può di certo

ritenersi acclarato.

Dagli atti emerge che subito dopo il duplice omicidio del 1983 a Via di Giogoli
il tedesco ed il nero venivano individuati dai Carabinieri; solo la sera, alle
19,30, il tedesco avvertirà i Carabinieri e quella stessa notte fu perquisito,
processato e ,come si è detto Supra, condannato per detenzione di una
collezione di armi, fucili e pistole. Subito dopo, il Reinecke e la sua compagna
si davano a precipitosa fuga dalla Villa, trasferendosi in Germania. | festini,
ammesso che avvenissero realmente nella dependance della Sfacciata,
necessariamente terminavano in quell’anno. Gli omicidi, tuttavia,
continuavano fino al settembre dell’anno 1985. Subito dopo l’ultimo delitto
Narducci Francesco, medico di Perugia, moriva, presumibilmente non di
morte naturale. La Procura di Perugina ipotizzava un omicidio volontario,
indagando anche il Calamandrei (proc. poi archiviato). La sua conoscenza
con il farmacista Calamandrei e con gli ambienti dei delitti, pur non
apparendo incontrovertibile, può ritenersi acclarata e induce ad ipotizzare che
sul punto l’odierno imputato abbia mentito, avendo con forza escluso ogni

sua conoscenza con detto personaggio.

L’organizzatore – impresario” doveva ritenersi, secondo la Pubblica Accusa,
per la stamberga di via di Faltignano lo stesso Salvatore Indovino, il quale,
tuttavia, non può di certo considerarsi tale per quanto concerne la villa, non
essendo emerso alcun ruolo in tal senso. La dependance della villa “la
Sfacciata” tuttavia, veniva abbandonata definitivamente dopo il duplice
omicidio del 1983, sebbene gli omicidi fossero continuati nel 1984 e nel 1985,
ed allora deve chiedersi dove fosse ubicata la sede dei successivi festini

20009000900000000 9000000000 A000000000000000000000000 128 / 2 I 2

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0000000000000000000000 00000000 0000000000000 000000000 000000000000 000000000 0000000000 0000000000 000000000 0000000000000 00000

(ammesso che ne sussistesse una..), anche perché il “dottore” avrebbe
continuato a pagare i feticci, avendo il Lotti dichiarato di averlo visto mentre si
recava a prendere i feticci dal Pacciani dopo il delitto del 1985 in cambio di

denaro.

Appare del tutto non provata la circostanza secondo cui l’odierno imputato
fosse inserito stabilmente nel gruppo di “gaudenti” e che fosse vicino al
Pacciani e al Lotti, emergendo tale ipotesi accusatoria prevalentemente dalle
dichiarazioni, in gran parte da ritenersi farneticanti, rese dal Vanni.

La moglie Mirella Ciulli lo aveva chiamato pesantemente in causa sin dal
1988, prima, quindi, della individuazione del Pacciani ma sul punto si è già
evidenziata la poca attendibilità delle sue dichiarazioni complessive alla luce
delle sue condizioni di salute mentale.

La articolata testimonianza di CIULLI MARIELLA, già moglie
dell’imputato.

Uno dei motivi della particolare attenzione riservata dalla Pubblica Accusa
alla posizione di Calamandrei, sotto forma di vera e propria scelta selettiva, è
costituito dal complesso di affermazioni accusatorie effettuate nel tempo da
Ciulli Mariella, moglie dell’imputato all’epoca delle propalazioni e, poi,
divorziata. In punto di valutazione delle affermazioni della Ciulli occorre
innanzitutto procedere alla “contestualizzazione” temporale delle sue
dichiarazioni, che va indubbiamente indicata, quanto meno, nella primavera
dell’anno 1988. All’epoca si era ancora nella direzione del serial killer
solitario, per scoprire il quale, ovviamente, non si poteva che partire da una
analisi di compatibilità rispetto alla materialità dell’esecuzione (quindi,
precedenti omicidari, periodi di detenzione, ecc…). Fatta questa premessa,
occorre ora stabilire se le dichiarazioni della Ciulli, nel loro complesso,
rientrino o meno nell’area del puro vaneggiamento delirante, come pure si
evince con una certa chiarezza dalla perizia d’ufficio, redatta dal prof.
Giovanni Battista Traverso, ordinario di Psicopatologia Forense presso il
dip.to di Scienze medico-legali e socio-sanitarie dell’Università di Siena,
disposia dal G.I.P. nella fase delle indagini preliminari a seguito di incidente
probatorio e depositata in data 26.8.2005. Secondo la Pubblica Accusa essa
sarebbe carente rispetto a quella effettuata dal consulente del P.M. prof. Ivan
Galliani, redatta il 9.9.2005, in quanto l’attività integrativa d’indagine, tesa a
mettere in luce le condizioni reali della Ciulli, attraverso l’ascolto delle sue
frequentazioni dell’epoca non venne posta a disposizione del Perito dal

0000000000000000000000000 000000000000 000000000000000 129 / 212 0000000000 00000000000 non 00000 0a goa gdo copSooca0o

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Giudice, il quale non ammise, in quella fase, tali produzioni. In sostanza
secondo i P.M. la lettura del memoriale della Ciulli, risalente al 26.4,1991, ha
maggiormente sollecitato l’attenzione del prof. Traverso, il quale lo ha
richiamato espressamente anche nelle sue conclusioni, limitandosi, al
momento della perizia, a chiedere alla Ciulli chi fossero le persone alle quali
ella aveva fatto espresso riferimento in quello scritto, se ne poteva facilmente
trarre un complessivo giudizio di confusione generale, attuale e risalente; un
vaneggiamento, cioè, che toccava il suo apice, una sorta di sublimazione del
farneticare, nell’incongruo racconto riferito al primo duplice omicidio,
avvenuto a Castelletti di Signa nel lontano 1968. Secondo l’assunto
accusatorio, invece, occorre confrontare quei ragionamenti con le persone a
cui costei si riferì, non tanto per sostituire le loro opinioni con l’odierno
giudizio di incapacità esposto dal Perito, quanto per verificare se le cose
riferite dalla Ciulli all’epoca fossero o meno attendibili e orientate, sia pure sul
solo piano della effettività degli accadimenti. Secondo la Pubblica Accusa il
Perito Traverso non avrebbe effettuato tale accertamento perché non aveva
l’incartamento e ciò avrebbe viziato le sue conclusioni. Si avrà modo di
evidenziare infra che tale critica avanzata dai P.M. non può condividersi,
Nella presente trattazione si terranno presenti sia le conclusioni cui è
pervenuto il perito prof. Traverso, sia quelle della consulenza del prof.
Galliani, raffrontandole proprio con quanto è emerso nella fase delle indagini
a seguito delle dichiarazioni rese dalle principali (in tale ambito) pp.ii.ff.

Negli atti è stato ampiamente ricostruito quale è stato il comportamento della
moglie del farmacista già da epoca antecedente alla individuazione di Pietro
Pacciani. Costei, sempre in una sorta di delirio, aveva riferito molti particolari
ai suoi conoscenti, i quali sono stati tutti sentiti dal PM ed i relativi atti si
trovano nel fascicolo, mentre la gran parte li aveva trascritti in un
‘memoriale’, recante la data dell’anno 1991, acquisito al presente proc. pen.

Veniva effettuata una prima richiesta di incidente probatorio dal P.M., diretta
all’audizione della Ciulli quale teste sui fatti a sua conoscenza, come esposti
in precedenza e nel suo memoriale. Detta richiesta però veniva respinta dal
Gip dopo l’esame della documentazione medica prodotta nell’occasione dal
difensore dell’odierno imputato.

La richiesta, tuttavia, veniva reiterata dal P.M., essendo motivata dal fatto
nuovo costituito da una nuova perizia disposta nell’ambito di altro proc. pen.
(n. 18923/00 rgnr nei confronti di Calamandrei Marco, figlio della Ciulli e

0000000000000 0000000 00000000000 0000000000000 000000 130 / 212 900000 H0N 000000000 00000000000 009000000 000000

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00000000090000000000000d00000000000000N0000000000000000 0000000000000 VA FNNAT00N 0 0A000VI00000000000000N000A000000000000

dell’odierno imputato), nel quale la Ciulli, parte offesa denunciante, doveva
essere sentita quale teste. In tal caso la perizia veniva redatta dal dott. Pietro

Manetti e depositata il 6.3.2002.

Il Gip, nell’occasione, disponeva in un primo momento l’assunzione della
Ciulli quale testimone e, contestualmente, disponeva affidamento peritale
finalizzato ad appurare, per l’appunto, se la Ciulli fosse in grado di rendere la
sua testimonianza. Veniva, così, affidato l’incarico peritale al prof. Traverso
con incidente probatorio, e nell’elaborato si fa riferimento ad una prima
consulenza, redatta dalla dott.ssa Lucia Astore |’11 settembre 2001,
effettuata nell’ambito di un procedimento civile promosso dai familiari per la
dichiarazione di interdizione della Ciulli. La dott.ssa Astore concludeva, dopo
una parte motiva, per una diagnosi di “schizofrenia paranoide, psicosi
cronica, insorta in epoca adolescenziale”. Vi è poi altra C.T.U., disposta
nell’ambito del proc. civ. relativo alla interdizione della Ciulli, depositata il
20.12.2002 dal dott. Fulvio Carbone, psicologo, il quale, dopo aver visitato la
Ciulli, e consultato gli atti, evidenziava che la Ciulli aveva avuto una serie di
ricoveri iniziati nell’ammo 1985, con una prima diagnosi di “psicosi
schizofrenica di tipo depressivo”. Agli atti vi è poi un parere redatto redatto
dal prof. Adolfo Francia, consulente della difesa dell’odierno imputato,
riportata anche nella successiva perizia del prof. Traverso, che parla di
“pensiero frammentato e incoerente”, adoperando termini quasi simili a quelli
poi utilizzati nella parte medico-legale conclusiva della perizia del professor
Traverso. In tal caso il prof. Francia ha riferito di “una mente caratterizzata da
una chiara patologia psicotica”, richiamandosi all’episodio riferito dalla Ciulli,
risalente all’anno 1968, che si riferisce al primo duplice omicidio in località
Castelletti, per il quale a suo tempo intervenne sentenza passata in giudicato
della Corte d’Assise di Firenze che condannava l’unico imputato Mele,
riportato a lungo e dettagliatamente nel memoriale redatto dalla Ciulli
nell’anno 1991. In particolare nella sentenza il passaggio relativo a “Natalino”,
che era sulla stessa macchina dei due soggetti poi uccisi e che nottetempo,
verso le ore una e trenta/due della notte, si trovava nella campagna di Lastra
a Signa, loc. Castelletti, solo ed abbandonato e che poi, ad un certo punto,
qualcuno avrebbe portato ad una vicina casa di contadini. In quella vicenda si
discusse molto perché vi erano delle contraddizioni, prima di arrivare a
definire, sulla base della confessione esplicita dell’imputato Mele, che
Natalino, figlio della coppia, venne portato da lui stesso presso la casa dei

contadini.

0000000000000000000 000000000000 000000000000 CO 000000 131 / 212 ca000000 00000000000 0000000000000.

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0000000000000 00000000000000 0000000000000 000000000000 00000000 0000000 000000000000000000 000000000000 000 00000000000000000000

Ciulli Mariella in data 21.3.91 si presentava presso la Questura di Firenze, e
rendeva alcune dichiarazioni, allegando un memoriale (allegato agli atti del
presente proc. pen.). Nelle dichiarazioni la Ciulli riferiva sostanzialmente
quanto segue: a fine estate ’68, dopo essersi recata col Calamandrei (allora
per lei soltanto un amico, conosciuto attraverso il giornalista della “Nazione”
Piero Magi) a casa di una signora che “toglieva il malocchio”, si era appartata
in auto con lui in campagna in località “Castelletti”, quando avvertì alcuni
spari; dopo pochi istanti videro un bambino, il quale piangeva dicendo che la
mamma era morta, indicando, un’altra auto parcheggiata nei pressi; il
Calamandrei andava a vedere e tornava dicendo che nell’auto nonc’era
nessuno, poi accompagnava il bambino con una bicicletta che si trovava nei
pressi, attraversando un ponticino; mentre attendeva il ritorno del
Calamandrei, vedeva passare “un uomo in bicicletta…indossava una mantella
scura ed un cappello ed era di corporatura piccola, si soffermò un attimo a
guardarmi ma proseguì verso l’auto più grande dove si fermò ad osservarla
per poi proseguire…”; osservando meglio vide nella vettura due persone “una
con la testa più eretta, l’altra con la testa reclinata verso la prima…”; poiché
lei si sentiva male, tornarono a casa dell’amica, dove la Ciulli fu fatta
stendere su un letto. Il giorno seguente il Calamandrei, agitato, le chiese
telefonicamente di accompagnarlo in un luogo dove era stato a pescare in
precedenza, e dove aveva perso il mulinelio; la portò nello stesso luogo della
sera precedente;mentre lui rovistava nell’erba passarono tre uomini in divisa,
forse Carabinieri, ed il Calamandrei, nel vederli, inaspettatamente l’abbracciò
“per impedirmi di rispondere alle loro domande”; quindi il Calamandrei si
diresse verso l’auto della sera precedente, prese qualcosa e, subito dopo, la
portò via. La Ciulli riferiva, altresì, che il marito era stato possessore di armi
(una propria, una ereditata dal padre), che gettò in mare a Punta Ala dopo il
delitto degli Scopeti; che il marito, dopo il delitto degli Scopeti, reagì
stringendola al collo solo perché “io manifestavo il desiderio che il delitto
venisse scoperto”; che lei, dopo essersi consigliata con una amica, aveva
deciso di parlare delle sue “perplessità” ai Carabinieri di Borgognissanti; che
lei stessa, nei dicembre 1990, aveva consegnato un memoriale su questi
punti all’avvocato Lena. Il memoriale veniva fatto leggere alla Ciulli, e la
lettura veniva registrata su nastro magnetico.

In. data 11.4.91, chiamata dalla Questura per integrazioni a verbale,
specificava, tra l’altro, che da un sopralluogo da lei effettuato poco tempo
prima nella zona di Castelletti, la casa dell’amica “che toglieva il malocchio”
era stata da lei individuata in una villetta posta al civico 22 di via Castelletti.

00000000 00000000 000000000000 000000000000 000 000000000 132 / 218 0900000000000 00000 0000000600 0000g000pd00pd 000000

Proc. n. 1277/03 RG. NR Proc. n, 613/04 RG. GIP

9000000000000000000 000000 00000000000 0000 000000000000 000000000000 0000000000000 0000000000000 0000000000000 00000000000000

Dapprima confermava, relativamente all’episodio del ’68, di essere tornata col
Calamandrei sul posto della sera precedente, di aver visto l’auto della sera
precedente, e di aver preso lei stessa qualcosa dall’auto. All’obiezione che
l’auto era stata posta sotto sequestro dalla mattinata, la Ciulli replicava:
“Prendo atto di tale particolare, mi sento sollevata, vuol dire che quella che

vedemmo quel pomeriggio non è l’auto dell’omicidio”.
p

Agli atti risulta anche una comunicazione dei Carabinieri di Firenze diretta alla
Procura della Repubblica di Firenze, in data 21.9.88, in cui si affermava che
in data 28.6.88 “persona conosciuta…che ha chiesto di rimanere anonima”,
aveva riferito sospetti su Calamandrei Francesco, come possibile autore dei
duplici omicidi. Circa il delitto di S. Casciano Val di Pesa, la persona riferiva
che i suoi sospetti si sarebbero rafforzati se il delitto fosse stato commesso
nella notte tra il sabato e la domenica, perché la notte successiva il
Calamandrei era stato sempre in sua compagnia. A seguito della
segnalazione, veniva effettuata perquisizione domiciliare al Calamandrei, sia
a S. Casciano, che nel villino di Punta Ala, che sulla barca, di sua proprietà

senza alcun esito.

Occorre ora soffermarsi sulle informazioni relative alla storia clinica della
sig.ra Ciulli, desunte dalla documentazione sanitaria presente agli atti e

costituita da:

1. Cartella Clinica del Centro di Salute Mentale Infanzia – Adolescenza
Firenze/3 del novembre 1985;

2. Relazione Clinica del MOM infanzia Adolescenza Fi/3 del 15-5-2001;
3. Relazione Clinica del MOM Infanzia Adolescenza Fi/3 del 15-2 2005;

4.Cartella Clinica del Centro di Salute Mentale del Servizio Salute Mentale
della USL di Firenze 10/B dal 22-5-92 al 2005;

5. Cartella Clinica del ricovero dal 30-7-92 al 3-8-92 c/o Unità Sanitaria
Locale 10/D di Firenze;

6. Cartella Clinica di ricovero dal 16-10-92 al 30-10-92 c/o Ospedale Santa
Maria Annunziata della USL 10/h;

7. Cartella Clinica di ricovero dal 5-7-96 al 25-7-96 c/o Casa di Cura “Villa
dei Pini”;

000000000000 0000 000000000000 000000000 000000 000000000 133 / 2 12 20000000000 0000000 0 0000000000000 0000000

Proc. n. 613/04 RG. GIP

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Proc, n. 1277/03 RG. NR

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8. Cartella Clinica di ricovero dal 30-7-96 al 16-8-96 c/o Casa di Cura “Villa
dei Pini”;

9. Cartella Clinica di ricovero dal 29-3-99 al 11-5- 99 c/o Casa di Cura “Villa
dei Pini”;

10. Cartella Clinica di ricovero dal 13-12-99 al 19-1-2000 c/o Casa di Cura
“Villa dei Pini”;

11. Relazione Clinica del 9-5-01 della dr.ssa Zani dell’USL di Firenze

le quali sono state tutte esaminate e riferite sia dal Perito Traverso che dai
C.T. di parte e che saranno trattate infra.

Nella perizia del prof. Traverso si analizzava il memoriale della Ciulli laddove
si sosteneva, in particolare che costei si sarebbe trovata in loc. Castelletti la
notte del 22 agosto 1968, insieme al Calamandrei, in occasione dell’episodio
omicidiario, aggiungendo che il Calamandrei avrebbe preso la bicicletta,
appoggiata ad un albero, per portare il bambino nella casa dei contadini. La
Ciulli riferiva, altresì, che mentre avveniva ciò c’era anche un signore con un
pesantissimo mantello nero e un cappello nero (si era in pieno agosto…) il
quale stava passando lì anche lui con una bicicletta; e poi aggiungeva che in
quella occasione lei era stata portata in una casa, nella quale, oltre al
Calamandrei, vi era anche altra gente, fra cui tale Piero Magi (poi identificato
dalla P.G. quale, all’epoca, giornalista del quotidiano “la Nazione” e
successivo direttore responsabile) il quale, insieme al Calamandrei, l’avrebbe

narcotizzata.

Nel memoriale, poi, si riferiva che il Calamandrei, sempre con la Ciulli,
sarebbe tornato il pomeriggio del giorno successivo e, cioè, del 23 agosto e
che la macchina era ancora lì, aggiungendo che non c’era nessuno, e che il
Calamandrei sarebbe entrato nell’autovettura e avrebbe preso un beauty
case, nel quale, secondo una successiva dichiarazione, si sarebbe trovata
una pistola calibro 22 del “Mostro”. Secondo la perizia redatta dal prof.
Traverso – pag. 51 della relazione – “alla lettura del memoriale ci si accorge
subito che i concetti espressi sono slegati, sfilacciati, incoerenti”, e quindi,
concordando con la constatazione clinica del prof. Francia, aggiungeva che
“la paziente è cronicamente affetta da un disturbo delirante di tipo
persecutorio; è una diagnosi che è stata formulata in vari modi dalle strutture
che l’hanno avuta in cura; alcune hanno parlato di parafrenia, alcune di

00000000000000000000000000000000000000NA000000000009 134 / ZIZ 000000000000000000000 000000

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disturbo psicotico, alcune di disturbo della personalità paranoide, psicosi,
eccetera; comunque sia, risulta evidente, sia dalla lunga storia clinica della
paziente, sia dalla conclamata sintomatologia caratterizzata da un delirio
megalomanico di persecuzione e di riferimento, incentrato sulla convinzione,
anche questa delirante, che il marito sia depositario di segreti del cosiddetto
“Mostro di Firenze”, al pari del dottor Vigna e di altri personaggi”. La C.T. del
prof. Francia sul punto evidenziava: “Il nucleo fondamentale del delirio sta
proprio in queste convinzioni che l’hanno indotta a sporgere denunce” – pag.
53 -“a chiedere perquisizioni domiciliari, a stilare memoriali; le accuse che ha
‘mosso al marito sono frutto di confabulazioni a cui cerca di dare un alone di
veridicità attraverso fili associativi che non reggono all’esame della realtà. Il
memoriale del marzo ’91 rappresenta, nella struttura narrativa, nella
costruzione e nel linguaggio, una chiara manifestazione di patologia in atto;
emergono allusioni, fatti indimostrati e indimostrabili, che non reggono
all’esame della realtà, come l’episodio del dottor Canessa”. A pag. 125 della
relazione Traverso si legge testualmente: “A proposito dei fatti
immediatamente precedenti l’episodio dell’omicidio del ’68, la paziente
afferma fra l’altro che quella sera sarebbe dovuta andare al cinema, dove
c’era anche Paolo Canessa, che era al cinema ad aspettare di entrare
insieme al Vannucci. La paziente poi aggiunge: “Eravamo amici, io e Paolo,
amici da bambini, abitavamo vicini di casa e si giocava insieme”, fatto,
peraltro, questo dell’amicizia con il dottor Canessa, almeno in assoluto,
plausibile, come spesso plausibili sono i contenuti a struttura coerente e
sistematizzata dei soggetti affetti da disturbo delirante, specie paranoico,
anche se, nel caso specifico, assai improbabile”.

Il prof. Traverso, poi, elencava tutti i dati della documentazione medica,
partendo dall’anno 1985, riportando il contenuto del diario clinico del Presidio
di San Felice a Ema – pag. 58 della sua relazione – : “La situazione emotiva di
Mariella è fortemente improntata in senso depressivo; tutto questo le fa
apparire coloro che la cirerondano come nemici e quindi consiglio alla signora
Ciulli di farsi aiutare farmacologicamente in questo momento così delicato e
di rivolgersi pertanto ad uno psichiatra”.

Nel successivo mese di giugno dell’anno 1988, altra relazione, come emerge
dal diario clinico del Presidio di San Felice a Ema, dalla quale si evince che:
“Compaiono sempre più massicciamente pensieri legati alle vicende del
“Mostro””. A tal proposito deve evidenziarsi che in quell’anno avvenne la
prima denuncia della Ciulli, che provocava una perquisizione nell’abitazione

È
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del Calamandrei, effettuata dal colonnello Rotellini e dal maresciallo Di Meo,
alla ricerca dell’arma e dei “feticci”, che la Ciulli riferiva essere contenuti nel
freezer (sul punto la Ciulli si soffermerà anche a pag. 88 del memoriale) e se
ne parlava anche nel primo libro dello scrittore Mario Spezi, essendo attribuiti
a un ginecologo, tale prof. Gentile, il quale avrebbe inserito i feticci nel suo
freezer. Nella .Citata relazione si affermava che “questo pensiero stia
diventando una ossessione; le cose che dice di ricordare sono frammentarie,

confuse”.

Altra relazione, contenuta nel diario clinico del Presidio di San Felice a Ema
frequentato dalla Ciulli, redatta dalla Dott.ssa Adima Ringressi nel gennaio
1989 che recitava testualmente: “Mi ha riferito di avere avuto bisogno di
andare a parlare alla S.A.M., Squadra Anti Mostro, perché i pensieri che le
assillavano la mente potessero essere valutati e sperando che le potessero
togliere quella idea fissa”. Sempre dal diario clinico del Presidio di San Felice
a Ema nel successivo maggio 1990 si riferiva: “I pensieri di Mariella sono
sempre più di tipo immaginativo; compare qualche idea delirante”, riportato a
pag. 60 della relazione del prof. Traverso.

Ed, infine, nel giugno 1991 altra relazione evidenziava: “Mariella si è
comunque finalmente decisa ad affrontare un po’ seriamente una cura
farmacologica, è seguita dal Servizio di Psichiatria di Zona”. Occorre
sottolineare come nell’anno 1991 vi erano state numerosissime denunce

della Ciulli alla S.A.M.f,

Infine, essendo divenuto di dominio pubblico che il Pacciani era stato iscritto
nel registro degli indagati ed era uscito dal Carcere, quello stesso anno la
Ciulli si era recata a far visita anche al Pacciani.

Il prof. Traverso riporta anche – pag. 81 della sua perizia – due certificazioni
delle specialiste del Presidio di San Felice a Ema, vale a dire della dott.ssa
Ringressi e della dott.ssa Chelazzi.

Prima ancora, vi era stata una certificazione della dott.ssa Zani, direttrice di
un centro di psichiatria della A.S.L., che aveva sempre seguito la Ciulli sin dal
1991, secondo cui: “La signora Ciulli Mariella è seguita continuativamente dal
nostro servizio, fino dal 1992, in seguito ad un primo ricovero in turno medico

‘14 marzo, 21 marzo, 16 aprile; nell’aprile di quell’anno la Ciulli veniva sentita dal
P.M. dottor Canessa ed avveniva la sua visita al signor Renzo Rontini, padre di una

delle vittime

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Proc. n. 1277/03 RG, NR Proc. n. 613/04 RG, GIP

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durante il quale fu già verificato, sulla base di alcune consulenze
specialistiche, un disturbo delirante cronico, già in passato era stata in
trattamento psicoterapico per disturbi comportamentali. Da quel primo
ricovero la signora è in terapia con neurolettici e talvolta con cicli di
antidepressivi. Anche nella famiglia di origine, soprattutto due fratelli, sono
descritti con disturbi del carattere. Ha sempre lavorato con il padre,
mostrando spesso atteggiamenti bizzarri e contraddittori, alla base dei quali è
emerso un deliro megalomanico con temi persecutori che tuttora permangono

aggravati”,

Estratto del certificato medico del 15.5.2001, redatto dalla dott.ssa Chiara
Chelazzi: “La signora si è presentata al nostro servizio per problemi del figlio
minore nel novembre dell’85. Nei colloqui emersero elementi che lasciarono
pensare all’opportunità di un intervento psicoterapeutico, rivolto anche alla
signora stessa…La signora aveva portato il figlio Marco, minore, perché
pensava che lui avesse dei problemi da dover essere trattati con
psicoterapia”. “Il sintomo iniziale più evidente era rappresentato da una
sindrome D.A.P., Disturbo di Attacco Panico. Nel corso della terapia si andò
via via sempre più manifestando disturbo di alterazione dell’affettività e del
tono dell’umore, sia nel senso della depressione che nel senso
dell’esaltazione. Col passare del tempo il pensiero della signora divenne
ossessivamente rimuginativo, con spunti deliranti e persecutori”, adoperando
quest’ultima espressione, identica a quella riportata nella C.T. del professor
Francia : “che facevano pensare aduna psicosi schizo-affettiva di tipo
depressivo. Fu così consigliato alla Ciulli di rivolgersi ad uno psichiatra per
farsi sostenere anche farmacologicamente. La signora inizialmente accettò,
ma dopo ci furono momenti di rifiuto di qualsiasi cura. Le sedute si diradarono

fino ad interrompersi nell’anno ’92”.

Vi è poi la certificazione medica del 15 febbraio 2005, a firma della dott.ssa
Adima Ringressi, ancora insieme alla dott.ssa Chelazzi, le quali riferivano:
“Nel novembre del ’95, nel momento della presa in cura con sedute di
psicoterapia, ia signora Mariella Ciulli presentava sindrome di disturbo D.A.P.
collegata a sentimenti di ansia e di separazione che la signora aveva
sviluppato in relazione a vissuti problematici e ambivalenti nei confronti delle
figure genitoriali. Cominciano a comparire modalità di pensiero di tipo
rimuginativo collegato a forti stati d’ansia che, verso l’88-’89 assunse
caratteristiche di pensiero ossessivo. Nel ’91 il pensiero della signora Ciulli

‘8 come si evince a pag. 81 della relazione Traverso

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virò in maniera fortemente patologica con la comparsa di deliri di
persecuzione”.

E quindi, con tali premesse, il prof. Traverso arrivava alle considerazioni
medico-legali e alle conclusioni (pag. 117): “Dal punto di vista psicopatologico
la Ciulli è affetta da lunga data da una sindrome delirante e allucinatoria
crenica, sviluppatasi su una iniziale sintomatologia ansiosa, poi virata in un
turbe francamente ossessivo con emergenza di spunti deliranti persecutori”.
Nella successiva pag. 118 si riferiva: “La paziente sembra avere
sperimentato elementi di grosso disagio psichico fin dalla prima infanzia”.
“Nel diario clinico dell’ottobre dell’anno ’92” – pag. 120 – “la paziente data
l’inizio dei suoi problemi nel 1979, quando, a seguito della morte per TBC di
una sua amica, cominciò a sviluppare timori patologici, a soffrire di turbe
psichiche e ,contemporaneamente al deterioramento del rapporto con il
marito, a sviluppare il convincimento delirante del coinvolgimento del marito
nella vicenda del “Mostro di Firenze””, A pag. 122: “Tutto questo che lei dice
le fa apparire coloro che la circondano come nemici”. Poi più avanti si
evidenziava: “appare come una grave malata cronica, caratterizzata
innanzitutto da un certo apprezzabile deficit della sfera intellettiva, cognitiva,
compromissione dell’attenzione, della memoria, etc.; a livello del contenuto
del pensiero, soprattutto in riferimento al cosiddetto “Mostro di Firenze”, si
evidenzia una costruzione delirante che ingloba, nella narrazione della
paziente, non solo il marito ma anche e soprattutto si direbbe il dottor Vigna,
nonché il padre della stessa ed altri personaggi” – pag. 124.

Le conclusioni del prof. Traverso erano le seguenti: “sull’idoneità o meno a
festimoniare, nessuna idoneità perché affetta da grave disturbo delirante
cronico, che produce gravissimi difetti del giudizio e della critica e che induce
in lei anche un apprezzabile, seppur non grave, decadimento mentale”.

Preso atto di tali conclusioni il Gip revocava la propria ordinanza ammissiva
della testimonianza della Ciulli e l’incidente probatorio si concludeva in data
17.9.2005. Oltre al quesito sulla idoneità o meno a testimoniare, il Gip aveva
posto al perito anche l’altro quesito relativo allo stato mentale della Ciulli al
momento in cui lanciava le accuse e la sua consapevolezza circa la realtà
che la circondava. Il prof. Traverso circa tale secondo quesito riferiva a pag.
129: “Insorgenza del quadro clinico attorno al 1979.

Ultima conclusione sul quesito se l’insorgenza della malattia mentale, nel
momento in cui veniva clinicamente visitata nel 2004-2005, fosse compatibile

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Proc. n. 1277/03 RG. NR

Proc, n. 613/04 RG. GIP
e te 61308 RG, GIP

autentici, anche se parziali o a tratti”. Il prof. Traverso concludeva, circa la
prima domanda, in relazione al Quesito secondario: “sj PUÒ rispondere
affermativamente, in senso in via generale, ma per il Caso specifico Ciulli
ritengo” – pag. 130 – “e il mio giudizio è Suffragato da dati Oggettivi contenuti

Vicende narrate a terze persone, ovvero descritte nel memoriale, fossero già
presenti elementi fortemente patologici legati allo Sviluppo del disturbo
delirante cronico dal quale anche attualmente ella risulta affetta, atti ad
inficiare la sua realistica percezione ed un corretto esame di realtà degli
anni ’88-’89-’90-’91 e seguito”.

trascrizione dell’incidente probatorio, dell’esame del perito, il prof. Traverso
affermava: “Nel valutare le risultanze dei colloqui ho tenuto conto
evidentemente e ho frasfuso nella mia relazione perché venisse dimostrato
tutti gli atti… ho tenuto conto di tutti gli atti che mi sono stati consegnati e
soprattutto dell’amplissima documentazione Medica, dato che una parte dei
Quesiti riguardava anche lo stato psichico anteriore della Signora e questa
documentazione ritengo sia stata molto importante anche per fare una
ricostruzione storica della malattia cronica, lungamente cronica, sofferta dalla
signora”. Si proseguiva, a pag. 18: “La Ciulli è affetta da lunga data, il primo

in turbe di tipo ossessivo e poi con emergenza di spunti deliranti persecutori
che fecero pensare ad una psicosi schizo-affettiva”. Pag. 19: “Questa è una
, da quelle persone, da quei

sanitari che videro quella signora diciamo in prima battuta”.. “adesso non c’è

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Proc. n. 1277/03 RG. NR Proc. n, 613/04 RG. GIP

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quella coerenza – pag. 21 – pur all’interno del delirio, che probabilmente era
propria della situazione di alcuni anni fa. Abbiamo riscontrato questo disturbo
delirante cronico, che io qui dico è insorto all’incirca una ventina di anni fa
sulla base di una personalità premorbosa caratterizzata da tratti paranoidei,
che sono sospettosità, diffidenza, rigidità, eccetera, e qui la documentazione
medica ci è stata di grande aiuto” – pag. 23 – “e di capire che già allora, già
moltissimi anni fa, le esperienze familiari erano state profondamente
disturbate”, Pag. 26: “Oltre la documentazione nella genesi viene dato peso
sia a fattori di tipo genetico-costituzionale, più latamente biologico e poi a
fattori psicologici. Oltre la documentazione medica abbiamo tenuto conto
anche di tutte le perizie e consulenze e quindi anche di tutta la
documentazione psichiatrico-forense e medico-legale”, pag. 27. A domanda
del Gip, il perito rispondeva a pag. 29: “Il problema della genesi: questo è
abbastanza secondo me ben visibile nella documentazione medica che ho
citato, in particolare diario clinico ottobre ‘92”. Pag. 30: “La paziente racconta
di aver visto a casa una pistola e di aver pensato e di aver pensato che il
marito fosse il custode dell’arma del “Mostro”. Il problema dell’aggancio fra la
realtà e la patologia qui secondo me va considerato in modo molto
particolare, nel senso che è una persona che a un certo punto della sua vita e
sulla base di interpretazioni deliranti, anche se collegate a qualche elemento
di realtà, non dimentichiamo che il paranoico sviluppa il proprio delirio anche
a partire da elementi che possono avere anche un certo aggancio nella
realtà, però poi interpreta questo faito, che può essere un fatto del tutto
banale, che non c’entra niente in realtà, e lo ingrandisce e lo sviluppa”. “Per
esempio, ad un certo punto, sulla base del fatto della conoscenza di questa
arma” – ancora pag. 30 – “comincia a maturare il dubbio che questa arma sia
collegata a che il marito sia depositario dell’arma del “Mostro” e allora va,
nella sua patologia, a tentare di ricostruire nelle esperienze passate, anche di
molti anni precedenti, quello che potrebbe essere successo, quindi”- pag. 31
-“si costruisce retrospettivamente tutta la vicenda, ma io ritengo che, da
questo punto di vista, se anche nello psicotico ci possono essere,
ovviamente, degli aspetti del reale che vengono mantenuti, in questo
specifico sviluppo patologico è un qualche cosa che ingloba nel delirio la
ricostruzione, cioè non esiste un elemento di realtà. Che so, si parla del
delitto del ’68 nel memoriale, che erano in macchina e che è successo tutta
una serie di cose che sono successe, ma secondo me in realtà questa è tutta
una sua ricostruzione”. Ancora: “In realtà questa è tutta una sua
ricostruzione. lo ho pensato molto a fondo, ho valutato attentamente, dal
punto di vista psichiatrico, gli elementi che avevamo posti dagli atti, che

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venivano posti dagli atti. Quella documentazione medica” – pag. 32 -“che è
data di allora, attraverso qualche elemento di realtà che può di fatto essere
presente nella sua storia, riguarda una sua ricostruzione; quando a lei si
chiede di cosa andava a dire alla signora Sali Morella, dice “ricostruivo il 68″,
cioè le viene il dubbio, ed il dubbio è alla base del delirio, l’idea ossessiva, la
patologia psichiatrica comincia con il dubbio. Gli elementi che abbiamo avuto
a disposizione non si riesce a pensare, a ricostruire, al fatto che sia davvero
esistita quella sera, quei comportamenti, la pillola presa, la cartomante che ti
dà la pillola sono tutti elementi che vengono anche nel delirio, il fatto che ad
un certo momento pensava che nei bar” – pag. 33 – “somministrassero delle
pillole che mettevano nel caffè e la signora, sulla base di alcuni elementi di un
momento, ricostruisce una serie di situazioni che poi, evidentemente, è anche
nel certificato, una serie di situazioni che leggeva sul giornale, perché era,
come dire, alla ricerca di notizie; si è fatta accompagnare più volte dal marito
della Sali sul luogo del presunto omicidio duplice del ’68, dico, è tutta una
ricostruzione patologica, perché oggi, da matta, fra virgolette, da psicotica,
cerca di ricostruire un qualche cosa, cioè non è che lo ricostruisce da sano,
va alla ricerca di un’esperienza evidentemente avuta, ma nel suo sviluppo
delirante; è tale il suo sviluppo delirante, che non riguarda la attualità. Lei va
a ricostruire nel passato”- pag. 35 -“qualcosa che ha attinenza con quello che
lei pensa in termini deliranti, quindi se lei pensa che il marito sia depositario
dell’arma del “Mostro”, e quindi pensa che il marito sia il “Mostro di
Firenze”,va alla ricerca della prova. Il delitto di Signa le fa ricostruire una
ipotetica sera, voglio dire, non è che i posti e i luoghi non esistono, è chiaro
che esiste una casa, che esiste un ponticello. Il documento memoriale è un
documento molto confuso, io ho ascoltato la cassetta, anche se mancano
alcune parti e non so perché. Lo stesso documento, a ben vedere, a ben
esaminare, contiene delle situazioni di confusione e di dimostrazione di una
patologia psichiatrica in evoluzione, ma già fortissimamente connotata,
sostanzialmente una paranoia” – pag. 36. A quel punto il consulente del
Pubblico Ministero introduceva un ulteriore argomento: il perito, per affermare
che la Ciulli all’epoca era farneticane, delirante, ed inattendibile, aveva
esaminato la Ciulli e quindi aveva tratto la conclusione secondo cui la Ciulli,
essendo in quel momento delirante e farneticante, doveva esserlo anche
all’epoca delle prime sue propalazioni, parlando del cosiddetto “effetto alone”
– pag. 37. Il prof. Traverso rispondeva: “Circa l’effetto alone, cioè quello che
vedo oggi dice va bene anche per allora, no, la amplissima documentazione
medica che fa tutta la storia, permette di escluderlo. Esiste una elevata
probabilità, la certezza è solo del delirante, che l’interpretazione clinica che

0000000000000000000 000000000 000000000000 000000000000 141 / 2 1 2

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stiamo dando, che è poi quella che da vent’anni danno i medici, gli psichiatri
che l’avevano vista, sia di quel tipo, cioè sviluppo delirante, che è parte
della interpretatività” – e a pag. 38 -“che non è ancora delirio; il “viraggio” si
situa attorno all’88, in senso patologicamente grave e anche di spunto
interpretativo, non solo di ossessione”. “Quindi situazione pre-psicotica in cui
c’è ancora un certo controllo della realtà, ma quando questa situazione si
perpetua per due-tre volte, allora questo dubbio diventa sempre più una
situazione di irreale, si va a cercare la prova, cioè altri elementi che
corroborino il dubbio;” – pag. 39 – “è questo lo sviluppo, che non è dall’oggi al
domani, ma prende un certo tempo per diventare delirio”. “Prende un certo
tempo per diventare delirio. In questa fase l’interpretatività è già patologica,
ha tutte le caratteristiche della verosimiglianza”…”In questo caso,
fortunatamente, abbiamo tutta una storia, i diari che ho citato… che ho citato
sono estremamente importanti per la ricostruzione storica della malattia.
Devo dire che da questo punto di vista esprimo piuttosto chiaramente il
fatto che ho ben pochi dubbi. Poi, ovviamente, se vengono riscontrate
prove oggettive”…”Ma proprio perché dall’85 ci sono diari clinici di sedute
psico-terapeutiche” – pag. 44 -” di colloqui, dettagliatamente, quello che la
signora riferiva, ci sono anche situazioni’ e quindi a pag. 46: “Del ’68,
sembrerebbe che lei non conoscesse nemmeno il marito” invece si
apprendeva che la Ciulli si era sposata nel ’69 e non nel ’70, e quindi
nell’anno 1968 costei poteva aver effettivamente conosciuto il marito nel ’68.
Il prof. Traverso ha riferito che i dati obiettivi per ricostruire la storia della Ciulli
erano i seguneti: annotazione colonnello Rotellini dell’88, perquisizione;
interrogatorio della Ciulli da parte del dottor Canessa del 1991 circa il delitto
del ’68; coinvolgimento del dott. Vigna, sempre dell’anno 1991, anno del
memoriale. “Quando ho risposto al Giudice ” – prof. Traverso pag. 50 –
“dicendo che il pericolo dell’effetto alone era il nucleo centrale da dirimere è
stato, nella mia interpretazione, non solo tenuto conto ma in qualche modo
esaminato e concluso rispetto alla documentazione fornitami”.

Occorre ora esaminare la relazione del C.T. del P.M. dott. Galliani, del 9
settembre 2005. Anche in tal caso veniva effettuato l’excursus di tutta la
documentazione clinica, facendosi riferimento alle conclusioni dei vari
consulenti tecnici e periti intervenuti e quindi la consulenza della difesa
dell’imputato redatta dal prof. Francia, la consulenza del dott. Carbone, la
perizia del prof. Manetti; parlando poi dell’esame diretto che egli aveva

4° per esempio, che si è coniugata nel ’69

00000000000000000000000000000000000000 00 000000000000 142 / D: 1 2

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Firenze”, Questi non sembra facciano attualmente Parte del repertorio
delirante dell’esaminata”…”Altri Numerosi e frequenti riferimenti hanno come

Favoni, sosteneva: “E’ uno dei tanti delitti del “Mostro di Firenze” commessi
da Vigna, nel Quale Vigna disse a Francesco:”scansati” A pag. 51: “Per

G.T.a narrare, la Ciulli riferiva: “Si doveva andare al cinema, era pieno, c’era
anche Paolo Canessa; eravamo amici, io e Paolo” Poi si passava alla storia
clinica della Ciulli e il prof. Galliani riportava le risultanze del diario clinico del
Presidio di San Felice a Ema, del maggio ’87, del giugno ’88, del maggio ’90.
Poi a pag. 59, sempre in riferimento al Presidio di San Felice a Ema, diceva:
“Sulla natura delirante di Queste ideazioni si possono nutrire in realtà dubbi”.
E poi aggiungeva: “Occorre in ogni caso sottolineare che in questo periodo
non erano presenti | Sintomi di alienazione che SI sono presentati
Successivamente in maniera tanto inequivocabile da divenire evidenti anche
a persone non professionalmente Qualificate, mentre le testimonianze di
amici e conoscenti, relativamente a Questo periodo” . con riferimento alla
Sali, al Caramelli e a Quant’altri -“parlano di una donna preoccupata,

’92”. Quindi secondo l’assunto di tale consulenza il racconto della Ciulli,

recedeva Significativamente alla somministrazione dei Neurolettici”. E poi
passava al capitolo de “Il delirio e le sue ideazioni sul “Mostro”” e riferiva che
nell’ottobre del ’92 risultava che la figlia Francesca avesse accompagnato la
madre in Ospedale, perché era in una fase di “delirio elevato”, che non
consentiva neppure l’anamnesi personale della Ciulli. Galliani a pag. 64: “Le
anamnesi, attraverso la figlia Francesca. E’ comprensibile che Francesca
Calamandrei e parenti abbiano coltivato e continuino tuttora a coltivare il

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pensiero-sentimento e la fervida speranza che i sospetti della Ciulli fossero
solo farneticazioni, idee balzane, come dire, come se nell’ottobre del ’92 la
figlia Francesca avesse pensato che disgraziatamente, ma certamente
anticipatoria nel gennaio del 2004, suo padre fosse entrato in questa vicenda
kafkiana e quindi si precostituisse e precostituisse per il padre un’anamnesi
che potesse portare poi a dire “guardate, io temo che fosse Vero, ma però io
vi dico “non ci credete””. Poi Specificava a pag. 66: “Si può agevolmente
ricavare, dalla documentazione esaminata, che gli psichiatri in effetti hanno
mutuato dai resoconti anamnestici di Francesca Calamandrei l’ipotesi che
rientrasse nella voce “delirio” tutto ciò che si riferiva ai sospetti della Giuli nei
confronti del marito”. Quindi proseguiva il prof. Galliani: “Occorre invece
esaminare se all’epoca delle testimonianze rese e della stesura del
memoriale le condizioni di mente della Ciulli fossero tali da far dedurre che |
contenuti relativi alle tematiche oggetto di testimonianze fossero di matrice
delirante o comunque patologica, ovvero vi fossero spazi di lucidità da
rendere la Ciulli capace di testimoniare”. Si soffermava sull’analisi del
memoriale, dicendo che la struttura del memoriale appariva “razionale,
linguaggio fluido, espressivo, spontaneo, la narrazione” – pag. 70 – “ha un
carattere di tipo associativo proprio di un racconto che avviene per la
giustapposizione di frammenti, di ricordi successivi, come vanno riemergendo
nella memoria, allorché si stia tentando di riordinare ricordi di vicende lontane
nel tempo”. “In questo tipo di ricordi prevalgono nessi associativi, più che
nessi logici, quindi basati su ricordi influenzati da stati d’animo, come
ritornare in luoghi frequentati all’epoca dei fatti”… “Si tratta di rievocazioni
mnestiche, oppure associazioni ad altre rievocazioni mnestiche, in un
processo di integrazione delle rievocazioni stesse che consente anche una
riattribuzione di significato”. “I| procedere per associazioni, per attribuzione di
Significato, toglie alle rievocazioni” – pag. 74 – “complesse, di fatti remoti, la
linearità e la compattezza che si ha nella narrazione di un evento recente,
quindi erra il professor Francia quando afferma che i concetti espressi sono
slegati, sfilacciati, incoerenti” – Pag. 76 – “Non emergono illogicità, le
apparenti contraddizioni vengono sottolineate dalla stessa Ciulli, con
commenti o punti interrogativi e fanno parte del processo associativo di
rievocazione mnestica. Non sono presenti frasi illogiche o incoerenti,
particolari che contrastino con l’esame della realtà. Il memoriale contiene
frammenti di ricordo implicitamente veri”. A pag. 77, circa l’episodio del ’68
riferiva: “In qualche punto l’integrazione è stata fallace, però la Ciulli non ha
mai parlato di altri delitti se non di quelli del ’68 e dell’85”. Tale asserzione
risulta non corrispondente a verità in quanto la Ciulli, oltre ai citati delitti, ha

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parlato anche di quello che doveva essere l’ultimo duplice omicidio nel
dicembre del ’91, che, come riportato supra, sarebbe dovuto avvenire alla
Madonna del Sasso, come riferito con dovizia di particolari dal parroco don
Belladelli. Poi a pag. 78 “L’incontro con Rontini®, ma non del delitto Rontini e
Stefanacci dell’84, che mai ha collegato al marito”. “La Ciulli ha sempre” –
pag. 79 – “la consapevolezza di essere all’interno di un procedimento di
rievocazione mnestica e in molti punti della difficoltà di tale operazione”. “Le
contestazioni a questo proposito” -pag. 80 -“del professor Francia”… che
parla già di idee e di intuizioni deliranti, che si ricavano dagli elencati singoli
elementi, la mammana, il bambino in bicicletta, l’uomo con la mantella, l’auto
che prima è vuota e poi con persone che scendono, la pistola del
Calamandrei che preleva, il numero delle pistole che poi diventano due… non
c’entrano nulla.” Poi a pag. 82: “Circa l’auto che per la Ciulli sarebbe stata
presente il giorno dopo, ma risultava già prelevata, non è un’idea delirante, è
un errore mnesico, verosimilmente di tipo associativo”. “I] resoconto” – pag.
85 -“dei primi sospetti e delle loro conseguenze non ha assolutamente le
connotazioni di un’intuizione delirante, ossia una convinzione che insorge con
i caratteri della subitaneità con i caratteri della subitaneità della illuminazione
improvvisa, della assoluta certezza soggettiva. Si tratta invece” – pag. 86 – “di
un sospetto che si è insinuato lentamente nella mente della Ciulli per i graffi,
l’ambiguità, gli atteggiamenti strani del marito”… “Ma i particolari che lei cita,
ma vogliamo scherzare che non siano particolari, che sono caratteristici di un
racconto vero? La maschera di Carnevale” – a pag. 87, avendo ella riferito
che, dopo il duplice omicidio degli Scopeti, il marito aveva portato in casa una
maschera di Carnevale, volendo far intendere un suo pieno coinvolgimento
nell’azione omicidaria, “La borsa insanguinata, i guanti da chirurgo, il fagotto
in freezer, con le mammelle e l’organo genitale femminile sono reali pezzi di
un mosaico”. Poi il prof. Galliani passava al capitolo dello stato di mente della
Ciulli all’epoca dei fatti narrati e all’epoca di insorgenza delle prime ideazioni
sul coinvolgimento del marito nella vicenda del “Mostro”, e – a pag. 92 –
contestava l’espressione usata dagli psicologi del M.O.M., riferita alla Ciulli,
secondo cui: “L’instaurarsi di meccanismi di negazione della realtà delle cose
significhi una sua incapacità di attribuzione alla realtà di un significato
razionale”. “Ma cosa dicono? Gli psicologi del M.O.M. non sono competenti
per trattare la patologia psichiatrica degli adulti”. A pag. 93, anche circa lo
stato depressivo e gli attacchi di panico rilevati dagli psicologi del M.O.M. il

® Del quale ha riferito lo stesso imputato nelle ss.ii.tt. rese alla Questura di Firenze
in data 7,7.1998, prodotte dal difensore all’udienza del 28.3.2008

00000000000000000000000 00000000000 000000000000 000000 145 i 21 2

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Galliani dichiarava che erano rilievi “incongrui”, che però potevano coesistere
con l’inizio del disturbo.

Il Galliani, a pag. 101, riportava la parte delle certificazioni del Presidio di San
Felice a Ema dall’85 all’89, laddove le psicologhe riferivano: “Nel tempo
cominciarono a comparire modalità di pensiero rimuginativo che verso l’88-
‘89 assunse caratteristiche di pensiero ossessivo”. E poi : “Nel ’91 il pensiero
della Ciulli virò in maniera fortemente patologica, con la comparsa di deliri
persecutori”. Secondo Galliani invece: “Anche in queste ricostruzioni a
posteriori, tuttavia, le comunicazioni inerenti al “Mostro” non trovano
collocazione all’interno della ritenuta patologia delirante. Occorre quindi
dedurre che nel periodo in cui la Ciulli fu seguita dalla psicologa del M.0.M.
non fosse ancora iniziata la storia clinica nel senso psichiatrico della
Ciulli”…”ciò è perfettamente in linea con la documentazione clinica
successiva, secondo la quale la sintomatologia è iniziata nel 1992″. Poi
passava all’analisi in parallelo delle ideazioni sul “Mostro” e della storia
clinica. Si parlava, a pag. 105 della “Sintomatologia ansiosa depressiva,
dovuta ai sospetti nei confronti del marito. Quest’ultimo fattore sembra l’unico
in grado di spiegare l’insorgenza della sintomatologia, con sintomi fobici
specifici quale il timore di salire in auto”. A pag. 108 diceva: “La Ciulli sta
cercando di focalizzare i ricordi inerenti a fatti 1968; a livello colloquiale
appare assolutamente credibile nelle cose che dice”. Pag. 109. Con
riferimento al periodo marzo-aprile ’91 il Galliani diceva: “Nell’aprile viene
sentita la Ciulli sia dal dottor Canessa, sia dinanzi al maresciallo Di Leo;
posta di fronte a contraddizioni inerenti il giorno dopo, rispetto al delitto del
‘68, ne conviene, senza insistere nella propria versione”, e questo, secondo il
consulente, rappresenterebbe il sintomo non di un delirio, ma di un “sospetto”
sul quale lei rimuginava, quindi “ricordo mnesico”, dimostrazione di
comportamento non delirante, a pag. 109: “Questo atteggiamento ci pone
una volta di più di fronte alla capacità della Ciulli di esaminare la realtà con

adeguatezza”.

Tuttavia dall’annotazione di P.G. del 26 aprile ’91 emergeva: “Nella mattinata
odierna Ciulli Mariella telefonava a questo ufficio per fare ulteriori
dichiarazioni da lei ritenute utili alle indagini svolte sul cosiddetto “Mostro di
Firenze”: pertanto la Ciulli veniva accompagnata in Questura e le sue
dichiarazioni, da lei scritte su fogli di carta, venivano formalmente ratificate.
La Ciulli ipotizzava poi che, allorquando il Calamandrei frugò nell’abitacolo
della vettura bianca in località Castelletti di Signa, poteva essersi

0000000 0A0000000 0000000000000 a 0000 000000000000 000000 146/2 12 RI
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impossessato di una pistola. A tale proposito dichiarava che il Calamandrei
girava diverse armerie “per acquistare un imprecisato tipo di proiettili”…

A pag. 113 della C.T. si evidenzia: “Quindi i primi contenuti, qualificabili come
deliranti, compaiono alla fine del ’92. Le ricostruzioni amnestiche che
retrodatano il delirio prima del ’92 appaiono arbitrarie, condizionate da un
effetto alone, costituito dal raffronto fra il resoconto fornito dalla figlia, che
riteneva di poter collocare all’interno del delirio anche i primi sospetti della
madre, e dalla presenza di delirio nell’osservazione attuale. Il precipitare della
sintomatologia delirante vera e propria ha fatto seguito ad una serie di stress
esistenziali e al senso di solitudine ed isolamento esperito dalla Ciulli a
seguito dell’inanità delle proprie rivelazioni”. “Conclusioni circa l’epoca di
insorgenza della malattia: dall’analisi della documentazione si ricava che
la patologia non è iniziata prima del 1992. Poi a pag. 116: “Possibili cause
della insorgenza della malattia. Come per tutte le patologie deliranti non sono
note le cause di insorgenza, però non va sottovalutata in particolare la portata
patogena del prolungato stato di angoscia derivante dalla presenza di
sospetti nei confronti del marito e dalle concrete esperienze che hanno
indotto tali sospetti nonché dal senso di solitudine ed isolamento esperito
dalla Ciulli a seguito dell’inanità delle proprie rivelazioni. Questi ultimi fattori,
ovviamente, sembrano quelli che si ricollegano maggiormente alle produzioni
deliranti, sia all’epoca dell’insorgenza che al momento attuale. Prima
dell’insorgenza della malattia la percezione del reale non era viziata” – pag.
117 -“in particolare non erano presenti elementi tali da inficiare la percezione
della realtà vissuta, né nel ’68 né nell’85″…”Tra il 1985, epoca di insorgenza
dei primi sospetti, sulla base di esperienze coeve ed il 1992, epoca di
insorgenza della patologia, periodo in cui sono stati elaborati ricordi relativi
alle vicende narrate nel memoriale Ciulli, capace di una realistica percezione
e di un corretto esame della realtà”. Pag. 118: “In detto periodo, 1985-1992,
la Ciulli ha messo in essere un processo di integrazione mnestica, attraverso
un normale processo di tipo associativo che consentiva l’ancoraggio dei
ricordi, o frammenti di ricordo, ad altri fatti, e quindi di collocare
cronologicamente i ricordi stessi. In questo periodo, in cui la Ciulli ha parlato
confidenzialmente con più persone e di cui sono agli atti le testimonianze,
non sussistevano sintomi psicopatologici atti ad inficiare l’esame di realtà, né
sul punto della percezione del reale né sul punto della corretta percezione del

0000000000000000000000 00000000 0000000 0000000 00000000 147 121 2

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ricordo”. …”L’esame di queste deposizioni denota una piena padronanza
delle capacità mnemoniche, intellettive e di critica”. “Analisi del memoriale.
Riscontri positivi agli atti su molti dei particolari segnalati dalla Ciulli, anche
quelli apparentemente bizzarri; assenza di patologia nel corso… o dei
contenuti del pensiero; assenza di patologia del linguaggio; assenza di
incoerenza; efficacia comunicativa”. E quindi concludeva: “Ponendo come
premessa che non è compito né facoltà di un perito consulente valutare la
veridicità o meno e la sincerità o l’insincerità, la corrispondenza o meno al
reale vissuto delle rievocazioni mnestiche, elementi di valutazione della prova
che vengono riservati al Giudice e al suo convincimento maturato attraverso i
riscontri processuali e agli altri elementi di prova, si può quindi ritenere, com’è
dimostrato, “ – pagg. 119 e 120 -“sul piano tecnico, tecnico-valutativo,
psichiatrico forense, che all’epoca delle deposizioni e della stesura del
memoriale non sussistevano nella Ciulli alterazioni psichiche tali da inficiare
un corretto apprezzamento della realtà, una corretta rievocazione mnestica
entro i limiti consentiti dai normali meccanismi rievocativi, un corretto
apprezzamento dei contenuti mnestici rievocati,una corretta comunicazione

degli stessi”.

Occorre a tal punto esaminare le dichiarazioni delle persone, in ordine
temporale, che hanno riferito circa le accuse della Ciulli, sulle quali si sono
soffermati sia i rappresentanti della Pubblica Accusa che il consulente prof.

Galliani.

Sommarie informazioni testimoniali di Ciulli Pietro, fratello della Mariella Ciulli,
del 23.7.2003: “Da quindici anni circa mia sorella soffre di problemi psichici.
So che i problemi sono sorti dopo il secondo figlio, cioè dopo il ’74”.

Sommarie informazioni testimoniali di Guerrieri Patrizia, moglie di Pietro Ciulli
e, quindi, cognata della Ciulli, del 19.9.2003. La Guerrieri ricordava di avere
accompagnato la cognata da Don Belladelli nel 1991 alla Sambuca,
aggiungendo testualmente: “Conosco bene Don Attilio e ricordo benissimo
l’episodio del ’91, anche se è passato molto tempo. Spiegherò perché lo
conoscevo, ma perché mi arrivò a casa sia il parroco, sia il maresciallo dei
Carabinieri. Era poco prima di Natale e a casa mia venne mia cognata Ciulli
Mariella, dicendomi che avrebbe voluto confessarsi perché aveva avuto una

illuminazione. Fu così che la accompagnai da Don Attilio.,..”,

° Deve evidenziarsi come in tale ambito risulti incluso il memoriale della Ciulli,
redatto nell’anno 1991!!!

)

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Sommarie dichiarazioni testimoniali di Dongarrà Raffaele, amico di famiglia,
dell’11.8,2004: “Ricordo che negli anni Ottanta venni a sapere che Mariella
non stava bene, però sapevo, intuivo che nella donna c’era qualcosa che la
disturbava. Successivamente ho saputo che era stata ricoverata per una
malattia di nervi, che era stata tenuta abbastanza ben nascosta dai familiari”.

Sommarie informazioni testimoniali di Giani Alessandra dell’11.8.2004: “Ho
lavorato presso l’Ospedale Villa Ognissanti fino al 1978. Non ricordo in quale
periodo, ricordo però una volta la Ciulli venne ricoverata”.

Sommarie informazioni testimoniali di Mancini Pietro, del 20.8.2004:
“Conosco la Ciulli dagli anni Settanta. Ho saputo da circa una decina d’anni
che la Ciulli aveva accusato il Calamandrei di essere il “Mostro di Firenze”,
non so in che occasione né in che termini,perché erano voci di paese e
venivano addebitate alla scarsa salute mentale della Ciulli”.

Sommarie informazioni testimoniali di Midollini Graziella, del 24.8.2004:
“Dopo il matrimonio con Francesco la Ciulli manifestò atteggiamenti non
ortodossi, quasi schizofrenici”.

Sommarie informazioni testimoniali rese dalla sua amica Martellini Tamara,
del 17.9.2003: “L’implicazione del Calamandrei nei delitti mi fu poi raccontata
più in dettaglio dalla Ciulli, sicuramente quando già viveva per conto suo a
Firenze. Devo dire che in un’occasione iniziai ad avere qualche perplessità
ed è stato quando la Ciulli mi raccontò che era stata a cena dal dottor Vigna
ed a lui gli aveva raccontato ancora più cose, fornendogli, a suo dire, prove
inconfutabili, tanto che, mi disse, il dottor Vigna l’aveva messa sotto
protezione e che erano stati messi tutti i telefoni sotto controllo. Questo
particolare mi fece dubitare perché pensai che se effettivamente avesse
fornito prove inconfutabili, ii dottor Vigna avrebbe dovuto arrestare Francesco
Calamandrei più che mettere sotto protezione la Ciulli. Mi risulta che la Ciulli
era effettivamente amica con la moglie del dottor Vigna”. Sommarie
informazioni testimoniali rese da Ceccatelli Giovanni, già marito della
Martellini, dell’8.10.2003: “Non ricordo in che occasione mia moglie mi aveva
riferito di aver saputo dalla moglie del Calamandrei di essere a conoscenza
che il marito era il “Mostro di Firenze” e che della cosa ne avrebbe parlato
con la moglie del dottor Vigna, del quale era amica. lo non detti molto peso
alla cosa, in quanto sapevo che la Ciulli aveva un carattere molto
particolare”….”Non ricordo se tali notizie mi sono state riferite anche dalla
Ciulli stessa, in occasione di qualche incontro. lo comunque non ho mai dato

0000000 00000000 0000000000000 000000000000 000000000000 149/212 000000000000 a00 0000000000000 opa

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peso più di tanto, in quanto tali fatti mi erano stati riferiti in un contesto
generale ed io supponevo legati alla separazione in atto fra lei e Francesco”.

Sommarie informazioni di Giorgetti Anna, del 18.2.2004:” Una mia
conoscente, che credo si chiamasse Brunella, di Quarrata, la quale mi
raccontò, all’epoca in cui accadevano ancora i delitti del “Mostro”, che aveva
conosciuto la moglie del farmacista Calamandrei e che questa donna, che lei
definiva “matta”, le aveva detto che il marito era coinvolto con i delitti e che
credo l’avesse conosciuta in un soggiorno in ospedale, forse psichiatrico.
Credo che quanto riferitomi dalla Brunella sia stato nella seconda metà degli
anni Ottanta e le indagini sul “Mostro di Firenze” erano condotte in prima

Sommarie informazioni ancora di Ciulli Pietro, del 6.4.1985: “Mia sorella si è
trasferita in via dei Bardi, a Firenze, dopo la separazione” (risalente al
novembre ’86) “credo che all’epoca mia sorella avesse già qualche problema

di testa”.

Sommarie informazioni testimoniali di Zerini Fernando, zio del Calamandrei,
medico di San Casciano del 31.8.2004: “Dopo il matrimonio del 1969
cominciarono i primi sintomi della malattia”.

Nell’annotazione della Questura di Pistoia, – pag. 3800 dell’incartamento
processuale, allegato 27- vi sono le spontanee dichiarazioni rese da
Caramelli Mario il 2 febbraio 2005: “La signora Mariella, moglie del
farmacista, come cliente di mia moglie, ci confidava lo strano comportamento
tenuto dal marito; in particolare un giorno, fra l’85 e il ’90 mi chiedeva di
essere accompagnata a Castelletti di Signa dove a suo dire si trovavano, nei
frigoriferi, in una villa resti di agazze trucidate dal “Mostro di Firenze. Poi
raccontava che il Calamandrei rientrava a casa graffiato e ferito… A dire di
Mariella il Vigna era al corrente di tutto”.

Sotto quest’ultimo profilo non può non evidenziarsi l’incredibile e sconcertante
importanza attribuita dagli inquirenti a detto episodio, che contribuisce a
ritenere la Ciulli, nelle dichiarazioni contenute nel memoriale del 1991, del
tutto vaneggiante e oramai in preda a quel “delirio” di cui ha parlato
efficacemente il prof. Traverso nel suo elaborato. Basti pensare che nella
nota riepilogativa a firma del dott. Giuttari del 3.3.2006 risultano essere state

2000090009000000090000P000P 0 AA000AI0AFAVVIVA0000000 150 2 12

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effettuate lunghe ed elaborate indagini, riportate da pag. 98 a pag. 120, nelle
quali si doveva accertare, anche attraverso approfonditi sopralluoghi,
effettuati ad oltre 40 anni dai fatti remoti, avvenuti nel lontano 1968 e
conclusisi con sentenza passata in giudicato nei confronti di Mele Stefano,
oramai deceduto, se alcune incredibili e farneticanti dichiarazioni della Ciulli
potessero trovare il conforto di un qualche riscontro oggettivo (naturalmente
inesistente). Ancora più sorprendente risulta poi alla successiva pag. 132
l’affermazione secondo cui…’ Calamandrei è possibile, alla luce delle nuove
emergenze (sic !!) che abbia svolto un qualche ruolo nel delitto del 1968, in
occasione del quale, come dichiarato dalla moglie, si è potuto impo sare
dell’arma del delitto, che poi comparirà in tutti i duplici omicidi fior i e che
porterà per tanti anni a indagare l’ambiente sardo a suo po rimasto
coinvolto in quel lontano episodio”. Dunque le “nuove emergenze” sarebbero
rappresentate dalle dichiarazioni farneticanti della Ci relative ad un
episodio oramai già giudicato in maniera definitiva e ri | quale vi è la
più assoluta estraneità dell’odierno imputato, il qual è mai stato in alcun
modo coinvolto in tale vicenda, pervenendosi o all’affermazione
secondo cui egli si sarebbe impossessato d del delitto, adoperata
anche in tutti gli altri duplici omicidi (e, dunq lamandrei, secondo tale
originale prospettazione, sarebbe addiri esecutore materiale di tutti gli

omicidi del “mostro”!!!). Deve evidenziarsi,
riferito che le sue rivelazioni prende
infatti nell’interrogatorio reso dina

ella dichiarava testualmente: “|

prima ai Carabinieri e poi a li
bambino che quell’auto di otte mi sembravano essere gli stessi del

primo omicidio del mai

punto dalla lettura dei giornali:
bblico Ministero, il 16 aprile 1991

Nell’anno 1994 veni e nato presso la Procura della Repubblica di
Firenze il proc. pen. n. 1742/94 R.G. mod.45 sulla base delle dichiarazioni
rese da Sani circa il “Mostro” di Firenze. La Sani aveva riferito ai suoi

uto confidenze da una donna, che asseriva essere la
iaco assassino, e tali affermazioni erano state pubblicate in un
o su “La Nazione” il 14 luglio 1994, mentre era in corso il

legali di aver

ale contenente le confidenze ricevute negli anni 1988/89 dalla sua amica
Ciulli Mariella. Le dichiarazioni della Sani venivano riassunte nella nota n.

0000000000000000000000000000000000000000000 000000000 151 / 2 1 2

0000000000000000000000 00000000 00000000 00000000 000000000000 000000000000 000000000000 00000000000 0000000000000 00000000000000

2/37 di prot. del 25.8,1994 della Sezione P.G. carabinieri presso la Procura
della Repubblica di Pistoia. Da tale nota si evinceva che le notizie alla p.i.f.
erano state fornite dalla Ciulli, la quale, sebbene angosciata dalla tremenda
scoperta, appariva “nelle sue piene capacità intellettive” (facoltà – riferivano i
carabinieri – che invece sembrava non possedere più alla data dell’inoltro
della nota, risultando affetta da gravi turbe di natura psichica), che in
relazione al delitto del 1968 la Ciulli aveva riferito a lei e al proprio marito,
Caramelli Mario; che la notte del delitto ella si trovava insieme al marito ed
aveva partecipato a una seduta presso una veggente nel corso della quale
sicuramente le era stato propinato qualche medicinale o intruglio e Cc

ricordava vagamente di essersi recata col marito (allora fidanzato luogo
del delitto e di aver corso durante la notte con un bambino in b o. Per
ricordare maggiori dettagli la Ciulli si era fatta accompagnare dal Caramelli
sul luogo del delitto del 1968 (si dava atto che il Caramelli al momento non

era stato ancora sentito né identificato, come pure Piero Magi, giornalista de
“La Nazione”, di cui la Ciulli aveva parlato spiegando e costui quella
notte si trovava nella casa della donna che toglieva il m chio e che aveva
capito dovesse avere una relazione con questa); che l’omicidio di una
prostituta, verificatosi nel 1984, in qualche me ollegato al marito della

Ciulli, il quale una sera sarebbe stato chi a persona con cui aveva
fissato di lì a poco un appuntamento inv oro a Firenze. Dopo qualche

giorno la Ciulli aveva appreso che More sera in un’abitazione di
quella via era stata uccisa a E prostituta (riferivano i carabinieri
che il 13.10.1984, in effetti, ri essere stata uccisa Meoni Luisa
all’interno della sua prg Ro) Firenze, via della Chiesa, 42°); per il
delitto della Meoni a suo ten LE stato sospettato Vinci Salvatore, ma il
delitto di via del Moro in re quello ai danni di Giuliana Monciatti, anche
lei prostituta, uccisa por partamento il 12.2.1982 con violente coltellate
e, quindi, secondo | oveva ritenersi che si trattasse dell’omicidio di cui
aveva parlato la \ Sa dorea era rimasto ad opera d’ignoti ed in un
servizio del giornalista Mario Spezi,° veniva collegato alla vicenda del Mostro
a proposito dell’omicidio della Monciatti riferiva che in
ione l’assassino aveva sottrato la borsetta della vittima,
attro mesi dopo uno dei delitti del “Mostro”, ma non per rapina,

verificatisi a Firenze nell’arco temporale dal 12.2.1982 — ai danni di Monciatti
a, al 12.10.1984 — ai danni di Meoni Luisa ( pag. 2626 dell’inc. gen.)
b

blicato su “La Nazione” il giorno 11.12.1988 dal titolo: “Mostro – identico
coltello usato su due prostitute”

152 / 212 000000000000 0occoopoccoo0offonoo gh gàgà [eJeJeleJe]eJel-Je]oJo]

GUP\Detfffsilvio DE LUCA

000000000000000000000 0000000000000 000000000000 000000

Proc. n. 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG, GIP

000000000000000 0000000000 000000000000 0000000000 0000000000000 000 0000000000000 000000000000 000000000 0000000000 0000 000000000

non contenendo la borsetta alcunché di valore, nè gioielli o denaro che furono
tutti trovati nell’appartamento. Il giornalista aggiungeva che la borsetta
scomparsa rimandava direttamente ed in maniera inquietante ai delitti del
“Mostro”. In quasi tutti, infatti, anche se inspiegabilmente, era stato riscontrato
che l’assassino aveva preso le borsette delle sue vittime, in qualche caso
ritrovate aperte a qualche centinaio di metri di distanza dal luogo
dell’omicidio, più spesso mai rinvenute. Nel citato articolo poi si menzionava
altro omicidio, ai danni di Clelia Cuscito, anch’essa prostituta uccisa a
coltellate nella sua abitazione sita in Firenze, via Orsini il 14 dicembre
tre mesi circa dopo l’ultimo delitto del “Mostro”, la quale, come la
era stata assassinata per sadismo, come rilevò l’esame effettua
Maurri sulle 17 ferite riscontrate sul suo cadavere. Ancora oltre i nalista
scriveva: “Ancora una considerazione accosta gli omicidi delle due prostitute
a quelli del Mostro: furono tutti premeditati. Chi infatti e perché se ne

andrebbe a trovare una donna con un lungo coltello in se non avesse
vere
e

già deciso di ucciderla? E quale altro movente può pinto l’assassino
visto che non fu quello della rapina o quello SN scatenato da un

litigio?”.
Dalla nota della squadra mobile d 16.2 82 relativa alla prima
segnalazione dell’omicidio si rilevava, tr altro, che sul luogo del delitto ed

indosso al cadavere nulla sembrava , all’infuori di una borsa o di un
grosso borsellino che la Monciatti olita portare con se, normalmente
contenente le chiavi degli appartame dell’auto e i soldi che guadagnava,

peraltro somme modeste. Nel cestino dei rifiuti del locale in uso alla vittima
venivano rinvenuti 3 profatii 2p arentemente usati nella serata che, come
richiesto dal P.M. dr. Nan@og enivano consegnati all’istituto di medicina
legale.

L’odierno impuato risultava in possesso di due pistole, di cui una
20 °o canna lunga®*. a anome suo o del padre ed altra, una Beretta calibro

22 a canna lu

La Ciulli iferito che le due pistole sarebbero state gettate in mare dal
marito il delitto del 1985, per disfarsene. Da accertamenti effettuati dalla
P.G erso che il Calamandrei non risultava possessore di armi, mentre

est’ultima sarebbe stata mostrata dal farmacista a un dipendente della sua farmacia che subito
dopo sarebbe stato licenziato identificato in Cocchini Gianfranco di San Casciano — loc. Decimo, mai

ascoltato).

00000000000 00000 000000000000 00000 0000000000000 000000 153/212 9000000000000 000000000000 g000 a gv cn00 000000

Froc. N. 14///U5 univa
000000000000 0000000000000000000000000 000000000000 0000I0000NV CONAN C000T0I000000000NC0VN0000000000000000000000000900

suo padre Calamandrei Gioacchino, deceduto nel 1971, aveva in vita
effettivamente il possesso di una pistola automatica marca Beretta cal. 9
matricola 649933 che, dopo la morte, non risultava consegnata ai competenti
CC ovvero presa in carico da altre persone, per cui risultava arma da
ricercarsi. La Ciulli sosteneva ancora nel memoriale che la notte del delitto
del 1985 il marito era tornato a casa “graffiato in volto” ed in altre parti del
corpo. La P.G. con nota del 21.9.1988 riferiva che i sospetti della Ciulli erano
venuti meno per tale fatto in quanto essendosi il fatto verificatosi tra la notte
della domenica e quella del lunedì, il Calamandrei sarebbe stato sempre in
sua compagnia. Peraltro nei giorni successivi ella aveva avuto m
rinvenire nell’abitazione alcuni oggetti che avevano richiamato a
attenzione: una maschera da carnevale in lattice o gomma dei fig
in più punti, una borsa di plastica macchiata di sangue on guanti da
chirurgo, una mammella femminile e l’organo genitale femminile co
freezer all’interno di un fagotto, che il marito le aveva d onteneva cibo
per cani. Dopo tale rinvenimento, la Ciulli collegando i (il coniuge non
riusciva ad avere rapporti sessuali normali a segui trauma subito da
bambino, aveva acquistato bisturi e stivali da barca,
autovetture, la sera dell’uccisione dei due raga (> chi le aveva detto che
usciva per un riunione di farmacisti) si ‘o ta che il marito fosse il
“Mostro” tanto che, poco dopo l’omicidio, veva esternato i suoi sospetti,
venendo aggredita e chiusa in un ripostiglio. Dopo di ciò la Ciulli, consigliata
da una non meglio indicata persona ave gettato via tutto ciò che aveva
trovato e che poteva accusare il marito. Costei indicava una serie di persone
che avrebbero potuto fornire ° o alle sue dichiarazioni.

a anche di aver saputo dalla Ciulli che il
to un brutto giro, composto da persone poco
ettatore d’oro di Pistoia, alcune delle quali non di
ulli definite “meridionali, brutti, con certi ceffi”.
er saputo che il marito della Ciulli non era in grado di
uali normali per cui, nei rari rapporti avuti per la

Nel verbale Sali Morella
marito aveva sempre fr
raccomandabili, tra cui
origine toscana

Precisava, altresì, di
avere rapporti Se

procreazione, riusciva a possederla solo da dietro. Una volta la Ciulli l’aveva
sorpres Seven allo specchio con la bava alla bocca ed invasato che
stava o che “odiava le donne e sfidava la legge”. A proposito
de to dei bisturi precisava che la Ciulli le aveva raccontato che in una

ione questa aveva accompagnato il marito a Borgo San Lorenzo.
cisava anche che la Ciulli le aveva lasciato un appunto in cui era segnato

0000600000000 00000000000 0000000000000 0000000000000 154 / 2 Il 2

Proc. n. 613/04 RG. GIP

Yroc. n. 15///V3 KG. NK
100000000000 00H0HHH00H0000000000

Po o NoN 0000009900 9909090009GA00000000000000A000 0000090000000 900900I0000000000000660500

il nome e l’indirizzo di una donna che a suo dire era molto intima del marito e
con cui aveva avuto una feroce litigata®£.

Questa in sintesi la “vicenda di Ciulli Mariella”, la quale venne senz’altro
presa in considerazione, soprattutto all’inizio delle sue dichiarazioni, avendo
la P.G. effettuato anche perquisizioni presso la sua abitazione alla ricerca del
feticci nel freezer e non ritenendo, giustamente, di effettuare ulteriori
investigazioni allorchè la predetta iniziò a coinvolgere nei suoi racconti
persone del livello del Procuratore Vigna, del dott. Canessa, del di e
della Nazione Piero Magi o del filosofo Eugenio Garin.

Riscontri al racconto della Ciulli sono arrivati a ritenersi?” addiri il fatto
che di un uomo con una mantella avesse parlato Nesi Loren proposito
dell’uomo da lui notato presso la prostituta a nome Manfredi, allorché aveva
aperto la porta della camera da letto di costei per veder osse ancora lì

Vanni Mario !!!!°”; il fatto che, in relazione al delitto d i Scopeti, Frosecchi
Alberto, amico di Silvia Del Secco, aveva dichiarato che nella zona aveva
notato un uomo con una mantella nera sulle spalle verso le ore due della

notte e vicino al luogo del delitto verso giugno 1 che in tal caso non si
vede quale rapporto ci fosse con il marte cui aveva parlato la Ciulli nel
suo memoriale). Aveva spiegato anche n uomo con la mantella nera

l’aveva visto anche anni prima (all’i e el 77 o nel 78) mentre era
appartato con un’amica.

Altri riscontri, ritenuti significativi dla PG, sarebbero i seguenti: l’esistenza
di un ponticino, chiamato N e Palle”, vicino al luogo del delitto del

1968, risalente ad epoca r del quale aveva parlato la Ciulli nel suo
memoriale; l’esistenza, sempre vio al luogo di quel delitto, di un’abitazione,

con le caratteristiche d dalla Ciulli, ove costei aveva dichiarato che

all’epoca abitava un di cui si diceva che fogliesse il malocchio; la
sussistenza di un ot rapporto di amicizia tra il Calamandrei e il giornalista
Spezi Mario; l’esi , in Marina di Vasto, di un hotel denominato “Perozzi”,
circostanze delle li, pure, aveva parlato la Ciulli in data 24 aprile 1991,

m allorchè aveva riferito che durante il viaggio di nozze

o vi era scritto “Via S. Nicolò 105, 1 piano Volvo Rossa 480 Rosellina

% (v. orto della P.G. del 2.3.2003)
57 osservarsi il piccolo particolare che del mantello la Ciulli aveva parlato

relativamente al delitto avvenuto nel lontano 1968…)

9900 9A90000000000000000000AHA 0A IP000A00AA0N00N0 000000 155/2 12 L00000 NA 0N HAN 000000000

Proc. n. 613/04 RG, GIP

900000000 GA 0000000 00000000000

n ner itar

2022000 0000009000000P006000009000 000 0090000I00090009800000000000000000 00000 0000000090008

effettuato nella prima quindicina del 1969, durante un litigio col marito presso
l’hotel Perozzi di Marina di Vasto, questi l’aveva minacciata con una pistola
che custodiva nel cruscotto dell’auto. Lei si sarebbe impressionata e,
impossessatasi dell’arma, l’avrebbe affidata a Mario Spezi, loro comune
amico, consegnandogliela in un’abitazione che lo Spezi aveva in località
Sant’Angelo in Vado, vicino Vasto. Dopo due o tre mesi lo Spezi aveva
restituito l’arma al marito: in una nota senza data (verosimilmente una
minuta) firmata per il dirigente della squadra mobile dal dott. Bernabei si
asseriva che lo stesso se ne sarebbe disfatto e non era stata ri

Trattasi come si vede di notizie “neutre” (come nel caso dell’hotel
ove ella potrebbe senz’altro essersi recata in occasione del viaggio di nozze
o dell’amicizia sua e di suo marito con il giornalista Spe
rappresentano di certo riscontri oggettivi a dette dichiarazioni.

La Ciulli, inoltre, riferiva che il marito aveva una per. nalità Sessualmente
deviata, che frequentava prostitute e che soffriva di depressive scaturite
dal rapporto avuto con la madre, circostanze tutt vevano portato ad
avere una “contorsione” nei rapporti con le don “fe Gum ha, altresì, riferito
che i suoi rapporti sessuali con il Calamandri Li un primo momento erano
normali ma che, successivamente, he Seguito dei farmaci e
dall’assunzione di alcool, erano pratica e inesistenti. A volte egli era
preso da scatti di rabbia e violenza i su i confronti, tanto che una volta
minacciò di impiccarla alla trave di ca entre in un’altra occasione arrivò a

schiaffeggiarla e per quest’ultimo i ie) aveva sporto querela ai Carabinieri
di S. Casciano e si era fatta r all’Ospedale di Torre Galli nel giugno

del 1993. XS

Relativamente a quest’ io aspetto veniva sentita quale p.i.f. Mascia

Rossana, già compagna dei Calamandrei, la quale, sentita dalla P.G. in data
19.8.2003, spontaneamente riferiva di aver avuto una relazione sentimentale

con Francesco andrei, durata un paio di anni, agli inizi degli anni ‘90.
Nell’occasione, notizie che apparivano interessanti per delineare la
personalità amandrei, definito come un depresso, schizofrenico,
violento e ualmente impotente. Dichiarava, tra l’altro, infatti: “…all’inizio

Cascia he conosceva bene la famiglia Calamandrei, mi mise in guardia
sul s to dicendomi che era una persona pericolosa anche perché c’erano
a i sospetti su di lui relativi alla vicenda del “Mostro di Firenze”, che

faceva parte della Massoneria, che maltrattava la moglie e i figli, usava

156 “i 212 L0000000 500 A 0000000000000 900000p6pavc000

9900000 0000000000000A00000AFH000A0AA0AN0AVF000V00000

A GLU, 1lo 140/ IUS AVV: LVAL A RUC: dhe ULI/U*T IAP. IIAL

000000000000000 0000000000000 00000000000 0000 0000000000000 0000 000000000000 0000000000000 0000000000 000000000 00000000000

psicofarmaci e aveva dei comportamenti violenti. lo non diedi credito a queste
che mi sembravano dicerie. Nel novembre del 1991 fu ricoverato alla clinica
di Fiesole per depressione. Nel febbraio del 1992 il Calamandrei si trasferì
presso la mia abitazione di via Pisignano nr. 29. Sempre nello stesso mese
mi aprì un conto corrente presso il Monte dei Paschi di Siena a San Casciano
depositando circa 200 milioni, dicendomi che servivano per la mia sicurezza,
nel senso che con quei soldi avrei potuto far fronte ai miei impegni di lavoro
senza affrettarmi a vendere la casa .. .” In relazione ai suoi rapporti col
Calamandrei, specificava: “voglio raccontare un episodio successo d la
Pasqua del 1992. Ricordo che Francesco ricevette una telef
Farmacia dal sig. Rontini che lui conosceva come il padre di una
del “Mostro di Firenze”. Lo stesso chiedeva di incontrarlo per

Francesco chiamò l’avvocato Corsi, suo cugino, al quale chie siglio se
presentarsi o meno al colloquio. L’avv. Corsi gli consigliò di non presentarsi al
colloquio con il Rontini ma Francesco, saltando il consiglio
dell’avvocato, decise di andarci. Nell’occasione mi chiese di accompagnarlo

al colloquio per apparire il più normale possibi a che io feci. Ci
recammo quindi a Vicchio, a casa del Rontini .. nte il colloquio ho avuto
a

l’impressione che il Rontini lo avesse convoc ere un confronto e una
verifica sulla reazione di Francesco. rimase indifferente non
affrontando più il discorso con me. Dava colpa a sua moglie. Devo
precisare che non ho assistito a tutto i quio. | due vollero rimanere da
soli. Ebbi l’impressione che la mia p a frenasse il Rontini nel dire tutto

quello che voleva dire.” Ed a Ur) mpre in relazione all’incontro con
Ò fine quasi sollevato dagli esiti del

Rontini: “…Francesco si “A

colloquio, come se in pratica avesse scansato un pericolo. Ne trassi proprio
questa netta impressione. Gay precisare che in quell’occasione Francesco
mi portò con se al solo i dare a Rontini l’immagine di una vita del tutto

regolare che condu
Raccontava n altro episodio specifico appreso dallo stesso
Calamandrei Rio o un’altra circostanza che voglio raccontare. Francesco
mi raccontò che verso la metà degli anni 80, prese la pistola di suo padre che
custodiv casa di San Casciano sita sopra la Farmacia, e si portò a
ve prese la sua barca e, in compagnia dell’Architetto Gianni
marito della mia amica Tamara Martellini, si recò al largo e buttò
pistola in mare. Non mi ricordo l’occasione in cui Francesco mi raccontò
o episodio. Lui mi disse che buttò la pistola per non avere noie
burocratiche.” Sulla personalità del Calamandrei specificava: “Francesco

000000000000 000000000 0000000 000000000000 000000000000 1 57 / 2 1 2 00000000000000000000000000000 60000000090 000000

ARUO: Ile VLUI/UP INNI, IFLI

0000000000000000000000000000 000000000000 000000000000 000000000000 00000000000 000000000 0000000000000 0000000000000 0000000000

dipingeva dei quadri che rappresentavano scene di sangue, siringhe infilate
in masse di sangue; per me erano quadri ossessivi e violenti. Nei momenti di
sincerità, Francesco diceva di avere “il diavolo addosso”, di essere
“dominato” e di aver bisogno di assumere farmaci e cocaina per combattere
la sua depressione. Francesco aveva delle manifestazioni schizofreniche,
sembrava dominato da qualcosa più forte di lui: in questi frangenti diventava
violento tanto da spaventarmi.” Ed ancora: “Ricordo che circa nel 1993-1994,
Francesco frequentava un mago, di cui non so il nome, ma che dall’accento
mi sembrava pugliese. La loro frequentazione, in quel periodo, era conti
addirittura Francesco lo ospitava a casa; questo mago sembre alle
dipendenze di Francesco. Non credo che questo mago fosse conosciuto a
San Casciano, bensì credo che fosse un’esclusiva LE i

Francesco. Posso descriverlo come una persona che all’epoca aveva circa
40 anni, magro, alto circa m. 1,70, capelli scuri, vestito in maniera modesta.
Non posso essere più precisa su questo Mago perché all’epoca non
frequentavo più Francesco avendo in corso una_ vertenza
legale…Francesco comunque era molto interessato all agia e devo dire
che anche Gianni Ceccatelli era un’altra perso entata da Francesco
che era interessato alla magia.” Infine, la chiarava: “Ricordo che
Francesco prestava dei soldi alla gente ava in difficoltà finanziarie
speculando sui loro bisogni economici; a particolare atteggiamento di
piacere nel rovinare la gente. Ebbi l’imy ess ne vivendo con lui che in paese
fosse noto che Francesco era dispon bile A dare soldi in prestito. Anzi più che
un’impressione di questo ne SogoN invinta per avere assistito ad alcune

telefonate giunte a casa mi periodo di convivenza con le quali gli
interlocutori, per me a ciuti, gli chiedevano soldi in prestito. E da
quello che poi potevo rancesco glieli dava. Da qui intuii che

Francesco era in grado citare un certo potere dal momento che a lui si
rivolgevano persone ale trovavano in stato di bisogno. Circa il potere di
Francesco, mi ris lo stesso fosse legato alla Massoneria Fiorentina,
anche se non. rado di essere più precisa sul punto. Di questo però
ne sono sicura ermelo confidato lo stesso Francesco durante la nostra
convivenza, oltre che, come accennato, per averlo appreso dalla mia amica
Tamara. eve periodo in cui siamo stati insieme, lui cercò di apparire
non ci riuscì e si ricalò nella sua dimensione di assuntore di

psicofarmaci.”

s.ii.tt. sono quelle rese da Vivoli Alessandra, altra compagna del
farmacista, sentita il 26 settembre 2003, la quale, circa la personalità del

0000000000000 000000060 0000000000 00000000 000000000000 158/212

Proc, n. 613/04 RG. GIP

9000000000 0000000 0000000000000

2 rr anne dira

00000099999000000000090000000000000090000AA000HA0H0000000A00000A00P0PPP0AA000000F0000I000.

Calamandrei, tra l’altro, dichiarava: “I nostri rapporti sessuali erano
inesistenti. Lui non riusciva ad avere erezioni e faceva uso di punture che si
faceva sul pene ma nonostante questo non riusciva comunque ad avere
erezioni. Ricordo che una volta, dopo l’ennesimo fallimento, mi disse che se
volevo potevo fare l’amore con un’altra persona. Rimasi colpita da questo
fatto perché dentro di me pensai che lui non avesse moralità”.

Veniva sentito anche il dott. Giorni Gagliardi (esperto di esoterismo e già
sentito mesi prima dalla P.G. nell’ambito delle indagini allora in co il
quale inviava a mezzo e-mail un verbale di dichiarazioni rese dinanzi a lui da
Caramelli Mario di Quarrata negli uffici della squadra mobile cia il
giorno 2 febbraio 2005. Costui gli aveva raccontato alcu [4 tl
ricevute dalla signora Mariella, moglie del farmacista Calamandrei di San
Casciano in relazione alla vicenda del Mostro di Firenze. a ricerca agli atti
d’ufficio consentiva di appurare che il Caramelli era il ella Sani e che
risultava a suo tempo non essere stato ascoltato. Co ato telefonicamente,
il Gagliardi spiegava che si trovava a Pistoia per un lenza su una setta
e, nell’ambito dell’incarico, aveva avuto dichia i quest’ufficio modo di

ascoltare il Caramelli, il quale gli aveva Ù che avrebbero potuto

interessare le indagini per cui aveva ri redigere un verbale e di
trasmetterlo. .

In data 17 febbraio 2005 la P.G. pro »% pertanto, a sentire il Caramelli
nell’ambito dei procedimenti penali 17869/01 e 8970/02 del P.M. di Perugia.
In tale sede l’uomo data el mese di dicembre 2004 era stato

contattato da tale Reali, qualificatasi giornalista de “Il Tirreno” e abitante a
Quarrata, che le aveva chi izie su Ciulli Mariella, moglie di Francesco
Calamandrei, probabilm one aveva saputo che sua moglie Caramelli
Morella, deceduta nel 1997, aveva frequentato lui e la propria moglie. Il
Caramelli, riferendo circa le confidenze ricevute dalla moglie Sali Morella,
dichiarava che la Ciulli aveva raccontato i suoi sospetti anche al Vescovo di
Firenze e al | atore Vigna, il quale, sempre a dire della Ciulli, la
prendeva in anto che, durante le visite a casa di Silvia, veniva
la frase: “ecco … la moglie del Mostro”. Secondo il Caramelli
o di frequentazione (1988/1989) la Ciulli era molto lucida e

in quel

simpatica, tanto che con lei “si parlava bene”. Durante la visita a Castelletti
la aveva indicato un casolare che, a suo dire, era quello in cui si
i a la mancanza di lucidità della donna in quel periodo, peraltro, i dubbi, se non

le certezze appaiono evidenti, alla luce di quanto evidenziato supra)

0000000000000000000000000 000.00 00000000000 00000000000 159 / 212 2000000000000 0A N000000000001 00000)

Proc. n, 613/04 RG. GIP

ALe die Ade FI VI ANT, INI
9000000000 0000000000 00000000000

‘000000090000 000000000000000000PA0I0000EA0000A09 0000909900 A0000060009A00d0000000C00000000)

trovava nel 1968, in occasione dell’episodio del bambino. Il Caramelli si
dichiarava disponibile ad effettuare un sopralluogo, che venne eseguito lo
stesso giorno 17 febbraio 2005, subito dopo l’espletamento dell’atto di
assunzione d’informazioni. Il Caramelli indicava un gruppo di case vecchie e
apparentemente disabitate, che si trovano su un terreno su cui insiste anche
l’hotel Country di Borgo Villa Castelletti e Spiegava che si trattava dei luoghi
indicatigli dalla Ciulli e che, secondo le dichiarazioni della donna, era il posto
in cui ella si trovava la notte del delitto del 1968. Nella circostanza l’uomo
aggiungeva di ricordare che la Ciulli gli aveva riferito che la casa dove si
trovava la notte del delitto aveva un particolare del tetto o delle grondaie che

l’aveva colpita (la P.G. precisava che si trattava di un gruppo obili
ubicato sulla sinistra all’interno del cancello di entrata del citato hotel
composti da una struttura principale e da un fienile distaccato, to oramai

in evidente disuso da diversi anni e completamente disabi

Altra p.i.f. è Ciardi Vittorio, detto “Ciardino”, sentito i .2.2005, il quale
evidenziava che “la macchina era rimasta lì per ni, almeno per tre
giorni, fintanto che non la tolsero i Vigili del delli tuttavia, cozzava con

quanto emerso dal verbale di sequestro d ettura Alfa Romeo dal
quale si evince che la macchina era ito, SI a alle nove e trenta del 22

agosto ’68, mattina successiva al delitto. Si trattava di un’auto rinvenuta in
una strada poderale, che costeggia | nda destra del torrente Vingone,
custodita all’interno della Stazione dei i Lastra a Signa.

Negli atti del fascicolo Mele vi è a prima segnalazione, a proposito dei

riscontri effettuati in Castelletiy fa l’annotazione del 1° marzo 2005, relativa
ad una coperta,” ove si e idenziava: “Dalla visione del fascicolo fotografico

relativo al duplice omicidio Locci-Lo Bianco, alle foto indicate ai numeri 7,8,
15 si nota il cadavere di Loc xi Barbara che giace su una coperta a quadri che
ricopre parzialmente il sedile di guida. Detta coperta a quadri non venne
menzionata sia verbale di sequestro, sia nel verbale di ispezione, sia nel

verbale di sonda oggetti”. Quindi essendo stata scattata la fotografia nella
Caserma dei Carabinieri di Lastra a Signa il giorno stesso o il giorno dopo, la
coperta no va certamente essere stata presa dalla Ciulli.

Alce podi che hanno reso dichiarazioni concernenti la Ciulli sono:

?° alla pag. 7 della relazione di servizio,

9900000000 00000A 0009 90A PAVAN PP A0PVFVN0AVIVVV0000000 160 / 212 00000000 A 000 A0A00 000000000

A
bttrSiftio DE LUCA

GUP B$

4

Proc. n. 1277/03 RG.NR FTUUC, Ila VII/U*St IV: vas

Dn 10 IA 00000900909000000000GIPP000GPARGIVIIGCAVAP0OLI09G0GCINA0PAI09INRARORP0IONRONOPAPRONR I

dott. Acerbi Paolo che il 15.4.2005 dinanzi al P.M. riferiva: “In sintesi, le volte
che l’ho vista a cena con amici, o a casa sua 0 altrove, si collocano tutte
nell’arco di circa un anno dopo l’incontro del ’90”,… “Da altri ho saputo
successivamente che con qualcuno aveva accusato il marito di cose ben più
gravi, come quella di essere il “Mostro di Firenze”. Ricordo che il Raucci mi

disse che la Ciulli era stata anche ricoverata”.

Pelagatti Giorgio il quale dinanzi al P.M. il 15.4.2005, dovendo riferire di un
episodio risalente alla fine degli anni Ottanta, dichiarava che anche a lui la
Ciulli aveva raccontato delle pistole del marito, ritenendolo il “Mostro”, G
dell’omicidio degli Scopeti, allorché sarebbe rientrato graffiato, con
sporchi, con un lungo impermeabile, anche quello infangato, stivali
Mariella il giorno dopo non aveva più trovato. ll Pelagatti aggiun va poi
testualmente: “lo per la verità rimasi piuttosto perplesso di fro a questo
racconto. Ricordo ancora che di fronte alle nostre perple la Ciulli disse
che aveva preso, o forse che avrebbe preso, diretti atti con la Procura,
tramite la moglie del Procuratore, che era una sua vecch mica”.

Mar. Di Leo Francesco, che effettuò la perquisi ell’anno 1988, il quale

dinanzi ai P.M., il 18.4.2005 dichiarava: “F di avere effettuato una

perquisizione, ricordo che parlammo all nche della perquisizione, a

seguito di indicazioni di una fonte confida , ma che poi dopo si presentò,

ed era lei, con il colonnello Rotellini, € della perquisizione ricordo che la

Ciulli, a suo dire, era un’amica CO ria data della moglie del Procuratore
DE

dottor Vigna, che si era rivolto a lei per esternare i suoi sospetti sul marito e il
dottor Vigna l’aveva segnala olonnello Rotellini. …Ricordo che circa un

anno dopo, parlando con ga maresciallo Frillici, che all’epoca era in
servizio al R.O.S., ebbi l’i essione che loro avevano preso in mano la
situazione della Ciulli do anche che mi fece capire, il maresciallo Frillici,

e modo aveva riferito cose non vere e cioè che io avessi
che avance, e lo stesso, a dire del maresciallo Frillici, era
SUCCesso C n l’av ocato Lena. Poiché loro me lo chiedono, ricordo che nel
erquisizione guardammo anche nel frigorifero e l’unito freezer,
a Calamandrei; non trovammo niente di utile per le indagini.
do se il motivo di quel controllo era originato da discorsi della Ciulli O
erito alla conservazione dei reperti legati agli omicidi”.

r. Frillici Pietro, ex sottufficiale del R.0.S. dei Carabinieri, sommarie
informazioni testimoniali del 3.5.2005 ai Pubblici Ministeri: “Quando ho sentito

000000000 00000000000 0000000) 00000, 000000000

GUP ifio DE LUCA

0000000000000000000000000000000000000000000000000000 161 / 2 12

Proc. n. 613/04 RG. GIP

AGG Abe Adel FIUSI ANT IVI
90000000000 00000000000 000000000

2009000000000000000000090000000000000A00.000000000000000000000A000H00000000000000A00000000

il nome della Ciulli, poco fa mi sono venute in mente due donne un po’
particolari che nell’epoca venivano alla S.A.M.”.

Sommarie informazioni della cognata Guerrieri Patrizia del 5.5.2005: “Ho
sentito parlare delle accuse che anni fa mia cognata ha mosso al marito in
relazione alle vicende del “Mostro di Firenze. Personalmente non ho mai dato
particolarmente credito a questi discorsi…Devo dire inoltre che mia cognata
mi è sempre apparsa una persona piuttosto labile, quindi la ritengo poco
affidabile sui discorsi di questa portata. Mi parlò di avere avuto delle vi i e
delle rivelazioni, tanto che mi indussi a chiamare il prete della Sambuca, tale

don Attilio Belladelli”,

Sommarie informazioni testimoniali del 30.5.2005, di Minoli 4 Uro, già
maresciallo della Caserma di San Casciano, “E poi, a suo dire, conosceva

magistrati di Firenze che in qualche modo lo proteggeva cendo il nome
del dottor Vigna e del dottor Canessa,. Sommarie i oni testimoniali
Piccone Rosellina, del 31.5.2005: “Conobbi la Ciulli nel no ’84 o giù di lì;
ricordo anche un episodio particolare: era una no state, mi sembra del
1991, in cui Mariella si presentò scalza a casa a agosto, suonò, andò
subito in giardino e mi disse che sentiva del ci che le dicevano che
doveva scappare, perché c’erano d mbe; ricordo anche che

Sommarie informazioni testimoniali Attilio Belladelli, del 5.7.2007 ai
P.M.: “Il racconto della Ciulli era preciso e perentorio”, Don Belladelli
continuava: “E io sono allarmati . Perché? Perché il racconto della Ciulli
era molto preciso e perentorio, racconto non c’era nessuna componente
che denotasse in sé un qualche squilibrio. In altri termini, la donna parlava

ta a posto. In particolare, non cadde mai in
zione, da farmi sospettare che la cosa fosse
inventata, magari arsi importanza, o comunque che lei fosse fuori
di testa. || fatto a donna parlasse di un evento di quella stessa notte e il
realismo con cui ava, mi indussero a cercare un contatto immediato con
le Forze rdine, cosicché contattai telefonicamente il_maresciallo
Tagliaferri a conosceva bene”. Quest’ultimo faceva intervenire ; colleghi

successivamente fu ricoverata”. ; N

°° (rif si all’episodio avvenuto il 21 dicembre 2001 allorchè la Ciulli allarmò le
f l’Ordine in quanto riferì che a casa sua il marito e il dottor Vigna stavano
co Igendo anche suo figlio Marco per andare a commettere il nono duplice
omicidio in località Madonna del Sasso, Comune di Pontassieve)

200000000 000600 000000000009 0g 00500g000

GUP Dbtt 10 DE LUCA

900000000 0000000.000000000 00000 000000000 0000000 000000 162 /2 12

Froc, n, 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG. GIP

2000000000000 0000099909090000020099A0 NPA 00000 000000909 A0000Pdd0C0I000P00000000000000000000000 000000 0900000040010909068

della S.A.M., che stavano indagando sugli omicidi attribuiti al “Mostro” ed
arrivarono quattro poliziotti, fra cui il mar. Frillici, già menzionato supra. Don
Belladelli riferiva: “Poi, non basta, arriva un secondo gruppo di Carabinieri,
più esperti, sopraggiunsero, in un numero che mi sembra di ricordare non
fosse inferiore a quattro unità. Ricordo che in un primo momento conferirono
con il Tagliaferri e poi tutti ad un medesimo tavolo vollero sentire il racconto
da me, che mi era stato fatto dalla donna. Fu nel corso di questo racconto
che uno dei Carabinieri, sentendo che questa donna si agitava molto, mi
chiese nel dettaglio che tipo di movimenti costei faceva; a segui le
indicazioni che io detti mi fu detto che in effetti si trattava di perso loro
conoscevano, perché aveva già fatto a loro questo tipo di rivel i. Devo
dire con sincerità che fu solo in quel momento e a_segui questa
affermazione, che mi venne il sospetto che la donna potes ssere una
persona con dei problemi mentali e che quindi parlava esibizionismo o
millanteria. Dalle affermazioni che io resi, non mi pare are che fu fatto
un preciso verbale, come stiamo facendo in questo to; probabilmente
ciò si spiega con la ragione che il racconto si ad un evento così
imminente che le Forze dell’Ordine furono pre ‘urgenza di apprestare i
relativi controlli. Essendo i fatti tanto gravi er o secondo i CC svolgere
gli opportuni accertamenti in merito. lo, oa rte mia, tornai in parrocchia
talmente colpito dalla cosa che mir in preghiera, andando addirittura
in chiesa, che riaprii per questo spe copo. Seguii con apprensione le
cronache giornalistiche del giorno , rimanendo rinfrancato dall’assenza
di qualsiasi riferimento al racc to dalla Ciulli. Ricordo che addirittura
aprii il televisore alle sei dell . Per seguire i primi annunci di cronaca.
ei Carabinieri, oltre a quanto già riferito, si
O che la donna avrebbe fatto alla responsabilità
da lei raccontata, nonché al coinvolgimento del
marito. Il richiamo al figlio mi ha in effetti fatto

del marito, nella vice
figlio, causato dallo

SSOÙ

venire in ment onna disse che si era indotta a parlare con me di
questa vicend rio perché temeva il coinvolgimento del suo ambito
familiare, in per ; appunto, del marito e del figlio. Quanto al fatto che la
donna abbia dichiarato che vi era nel gruppo, a cui faceva riferimento anche

di persone legate alle indagini e addirittura del Procuratore.

un’impli
Ora c i mi dice che ciò risulta dall’annotazione di P.G., che io abbia
par questi termini al maresciallo Tagliaferri, devo dire… confermarglielo.

arsi che questi richiami siano stati anzi proprio quelli che hanno
contribuito a rendere ancora più impellente l’urgenza di parlarne con le Forze

dell’Ordine”.

9000900000000 0000 6A000.000 00000000 000000000 0000000000 163 / 212 90000000600000A00 00000000000) ‘000000 af0000000
GUP Do vio DE LUCA

000000000000000 0000000000000 00000000000 0000000000000 00000000 0000000000000 00000000) 00000000) VOOVOVUDL VU LVVVLVULVUVVVVU

Sommarie informazioni di Trallori Marta, del 5.5.2005: “Mi fece questa
confessione che mi lasciò molto meravigliata. Mentre parlava mi mostrava dei
fogli che aveva con sé su cui aveva, a suo dire, segnato tutte le date, i
movimenti sospetti sul conto del marito; mi parlò anche di episodi particolari
che l’avevano indotta a ritenere che fosse legato ai delitti del “Mostro di
Firenze”. Mi disse anche che nel freezer aveva visto dei pube di donna;
io la stetti a sentire e poi le chiesi se quelle erano delle fantasie, ma lei
mi disse che era la verità e che sarebbe andata a riferire ciò che sapeva

ai Carabinieri”.

Sommarie informazioni ancora del mar. Frillici, del 7.7.2005: “Vi è io
ricordo la presenza, accanto a Perugini, del dottor Bernabei, n rdo
come la persona più scettica sulla possibile attendibilità della Ciu ‘altra
parte, mi balza all’occhio il conclusivo richiamo che emerge nell otazione
alle accuse mosse al Procuratore della Repubblica, li. certamente
all’epoca furono elementi che contribuirono a sancire l’inattendibilità della
fonte. Preciso che, non mi ricordo in quale contesto, una successiva
battuta fatta dal Procuratore in ordine alle accuse iulli gli muoveva,
ebbi modo di ipotizzare che egli fosse a conosce gli atti da noi espletati
la sera in questione. Per quanto riguarda il coll o con Don Attilio Belladelli,
confermo che ricordo che egli ebbe a ra x e confidenze della donna,
successivamente poi individuata per la Ci ndo visione dell’annotazione
a mia firma del 23/12/’91, che sicura tata confezionata da me e dal

capitano Scricca”.

(I dichiarazioni rese con sommarie
ssi, il 10.10.1994: “Lei” – riferito alla Ciulli

arazione con il Calamandrei e dai colloqui

urita, con un sistema nervoso labile.”

Occorre qui far riferimento alle
informazioni da Don Gino Gam
-“si fece viva con me dopo
conclusi che era fortem

Relativamente alle indagini svolte dalla P.G. a seguito delle dichiarazioni rese

dalla Ciulli vi è. notazione di servizio del 23.12.1991, inviata anche alla
Procura della lica di Firenze, ove si specificava che la Ciulli aveva
parlato di un rai izzazione nella quale era inserito il marito in posizione di
spicco, e i e a lui persone che svolgevano funzioni importanti, nelle

ostro”; fra le persone, citate quali responsabili, vi era anche il
della Repubblica di Firenze. A questo punto la narrazione
icuramente frutto di una persona in stato di alterazione psichica
a avvalorato tale convincimento e, non appena ricevute dette notizie,

000000000000 000000 0000000000000 000000000000 000000000 164 1212

ARGAN dla Adel FIUI ANNFA LIAN FU, il V12/U4 KU. LIE
000000000 0000000000000 00000000000 A0000 000 d000 0000000000000 0000000000000 0000000000000 00T00A 000000 00A0000000000009

“venne allertata l’Arma di Pontassieve, che provvide a svolgere adeguati
servizi di vigilanza nella zona, con il concorso di altro personale del gruppo di
Firenze”, come si legge testualmente nella nota.

Nella annotazione del 17 giugno 2005,%’ risulta che la Ciulli telefonò alla
S.A.M., alle ore dieci e trenta del 30 aprile 1991, accusando l’intellettuale
Garin Eugenio di essere il “Mostro°. Alle successive ore undici la Ciulli
effettuava un’altra telefonata alla S.A.M., accusando, in tal caso, tale Tesi
Tiberio e denunciando la manomissione del suo ascensore. Altra telefonata
veniva effettuata dalla Ciulli il 24.4.1991, sempre alla S.A.M., nella quale
tornava ad accusare il Calamandrei e parlava della pistola, prelevata

in località Castelletti nel 1968, che sarebbe stata consegnata a Miro S

Sant’Angelo a Vado83,

Occorre ora far riferimento alla comunicazione del 12.7.2005, all’esito di tutte
le indagini fatte personalmente dai Pubblici Ministeri, a fi ott. Canessa e

dott. Crini, diretta al Procuratore Capo dott. i, nella quale si
evidenziava: “Facendo seguito alle anticipazioni verbali dei giorni scorsi, per
doverosa comunicazione e per tue deter ni ti segnaliamo che
nell’ambito del procedimento a carico di C rei Francesco sono stati
svolti i seguenti atti di indagine, sta ecessità di approfondire la

posizione di Ciulli Mariella e le dic iar nel tempo rese da costei alla
P.G., trattandosi di persona nei c onti della quale è tuttora pendente
l’incidente probatorio richiesto ., prossima udienza 16 settembre
2005”. Si elencavano i ver lle dichiarazioni rese dalle pp.ii.ff.
soprarichiamate :”Ti alleghi inoltre copia della documentazione acquisita
in copia presso il R.O.S. Carabinieri di Firenze, a seguito della deposizione
del brigadiere Scanu, asmessa con nota del 17 giugno 2005, che
comprende un’annotazione di servizio del 23 dicembre 19919 a firma
dell’allora coma del raggruppamento capitano Scriccia e del
maresciallo “O ‘epoca assegnato alla S.A.M., che non era presente

negli atti a zione di questo ufficio”. “Il citato documento riveste
©! pag. ell’incarto generale
£ (su to si evidenzieranno le successive indagini svolte dalla P.G. in data

25 , circa l’esistenza di un nipote del Garin, a nome Maurizio, che svolgeva

ità di assicuratore, amico di vecchia data del Calamandrei, peraltro del tutto
eo ai fatti per cui si procede)

g. 4017 dell’incartamento generale

“ relativa all’intervento effettuato a Madonna del Sasso

0000000000000 00d000 00000000000 000000000000 0000000000 165/212 0000000000000 00000 00000000000 pooageroo000go0000

A PUO: Bir 146 / FPUI ANO LUI rroc. n. 615/V4 KG, GIP
00000000000000000000000 0000000000000 000000000000 0000000000000 000 0000000000000 000000000 000000000000 00000000000

particolare interesse in quanto, nel dar conto delle accuse reiterate nel tempo
dalla Ciulli nei confronti del marito, in relazione alle quali è in corso l’incidente
probatorio di cui sopra è fatta menzione, precisa che nella circostanza” –
dicembre ’91 -“Ia Ciulli ebbe a raccontare particolari relativi al numero delle
persone implicate negli omicidi, figlia, Marco Calamandrei, Francesco
Calamandrei, alle tecniche di individuazione delle vittime, nonché alle
ritorsioni del gruppo nei confronti di possibili testi scomodi rivelatesi nel
prosieguo totalmente fondati. Infine è doveroso segnalare che, mentre alla
data della menzionata nota del R.O.S. era già avviata e pubblica l’indagine su
Pietro Pacciani, nessun procedimento esisteva invece a carico di |
maggio ’88, periodo al quale risalgono poi le iniziali confidenze della Ciulli ai
Carabinieri nei confronti del marito. Peraltro, i risalenti rapporti di

dichiarazioni rese sia al G.1.P. che a questo ufficio dal 0) se simo”.
tuzi

Vi è poi un’annotazione della S.A.M., che parla di “resti ne del fascicolo
1742 del ’94, relativo alle dichiarazioni rese a su da Ciulli Mariella,
esito accertamenti”. Si riepilogava l’intera stori rita dal sacerdote, e, ad
un certo punto, all’ultima pag. si annotava: ‘E 00 rtuno far presente che
Ciulli Mariella ha esteso le sue accuse ed i i sospetti anche ad una
moltitudine di persone, che arricchiva integrava tutte le volte che si
presentava dagli investigatori. Tali razioni sono agli atti nel fascicolo
17837/89, modello 44 e risultano tut te e controfirmate dalla stessa al
momento dell’acquisizione da pa P.G.”. Poi si diceva che la Ciulli:”….
così come si presentò a casa ini Renzo, verosimilmente deve essere
stata anche a trovare l’attuale | tato Pacciani Pietro, alcuni mesi prima che
questi venisse arrestato 1993-’94)” ….”Il suo arresto in seguito ad
emissione di custodia re che risale al gennaio del 1993. La visita si
può collocare nel i stivo-autunnale del ’92. La conferma di ciò deriva
da due fatti. Nel ei normali servizi di vigilanza a Mercatale, seguenti
alle ultime p isizioni, la S.A.M. ha appreso informalmente che una
signora, la cUNO rizione corrisponde a quella della Ciulli, chiese notizie di
dove abitasse esattamente il Pacciani, dicendo che era amica della moglie,
I negozio di abbigliamento posto in via del Sonnino… Tale
è stata confermata alla S.A.M. dalla Ciulli stessa, nel corso del
a della pausa estiva del dibattimento in Corte d’Assise”.

00000000000 0000000000 0000 0000000000000 00000 000000000 166/212

A UNI IE ai annoia aa

90000000000000000000000900N0000000000A0PIN00A0000000000000A00000000000000000000000A000000000000000000000000000909990009

dalla Ciulli al dottor Perugini, dove si diceva testualmente: “…ho conosciuto il
marito separato di una mia amica, o meglio conoscente, tale dott. Ugo
Cappelli, amico anche del dott. Paolo Acerbi e del dott. Pasquale Maiorano”?
“Il Cappelli mi vuole aiutare, però è legato alla mafia e quindi io non mi fido”.

Sulla vicenda Ciulli vi è una richiesta del 30 giugno 2004 del P.M. dott.
Canessa alla segreteria, dove si chiedeva: “Per ragioni di giustizia
concernenti il procedimento 1277/03° prego acquisire dall’archivio gli
originali dei seguenti fascicoli a suo tempo definiti e tutti concernenti gli
accertamenti a carico di Calamandrei Francesco, a seguito di esposti x
moglie Ciulli Mariella”. E la segreteria rispondeva: “Il procedimento 42
del ’94, (atti relativi a dichiarazioni della Ciulli riportate da Sali i ), è

stato definito con archiviazione del G.I.P. in data 7/12/94; l’altro procedimento
n. 740 del ’97, modello 45 notizie di reato””, è stato definito Ci i iviezione
del G.I.P. del 18/09/97″. In entrambe le istanze di arch ligne appariva la
medesima motivazione: “perché trattasi di pnita 4

ai

ico”.
Agli atti vi è la annotazione della P.G. del 2 o del 2005, con
accertamenti approfonditi anche su Piero i, che all’epoca era un
giornalista del quotidiano “la Nazione”, dive one poi direttore, e, in tale

sua veste, essendo stato ritenuto pers A\ ischio a seguito di minacce
brigatiste, era stato sottoposto a tut a corta di Polizia per circa otto
mesi, e che risultava deceduto nell’a ;

Dall’esame obiettivo degli atti riportati emerge che tutti i periti

coincidono nel dire che la Ciul Non appariva idonea a rendere testimonianza,
non era in grado di determi i liberamente o coscientemente, nè di

discernere criticamente il contenuto delle domande al fine di adeguarvi
coerenti risposte, no Gi edeva capacità mnemonica in ordine ai fatti
oggetto della deposizione, come si è avuto modo di verificare, in particolare,
dall’esame del ia Traverso (pagg. 128-133) e della consulenza Galliani
(pag. 57). Il | quale i due elaborati differiscono profondamente tra di
loro attiene al jodo di effettivo esordio della malattia della Ciulli e

all’attendibilità in primis del memoriale, redatto nel marzo dell’anno 1991,
dichiarazioni rese, quantomeno dall’anno 1988 in avanti.

asi di due magistrati all’epoca in servizio presso il Tribunale di Firenze)

oè il presente proc. Pen.)
relativo a lettere inoltrate dalla Ciulli

0000000 00000000000 0000000000 000000000000 000000000000 167/212

Ri ARE ATTS O LR Proc. n. 613/04 RG. GIP

9900000000000009000000000000000000000 0000AF0EVA00A0A0I00AP 000 FAP 00 00000000T000000000000000000000v 00A0VC000ITTIVC000A0000

Innanzitutto le conclusioni della perizia Traverso e della consulenza Galliani
appaiono in profondo contrasto circa l’esordio e l’evoluzione della
malattia della Ciulli. Il prof. Traverso, infatti, considera l’insorgenza della
malattia della Ciulli prima _del memoriale, rifacendosi ai primi contatti col
Centro di Salute Mentale Infanzia-Adolescenza risalenti all’anno 1985,
quando a causa del disturbo del figlio, le venne indicata una psicoterapia. Il
Disturbo delirante cronico, insorto una ventina di anni prima (quindi, all’incirca
nell’85), sulla base di personalità premorbosa caratterizzata da tratti
paranoidei sarebbe stato favorito da esperienze traumatizzanti e co
esperite precocemente nella famiglia di origine e poi nella famiglia i
datandolo sin dall’anno 1979 (v. pagg. 129-133). Il Galliani, di e itiene
che l’insorgenza della patologia della malattia debba situarsi 1006) ar data

dall’anno 1992, sostenendo che nel 1985 vi era stata l’insorg “dei primi
sospetti, sulla base di esperienze coeve”. +

Il Traverso si riporta alla citata perizia redatta dal dott. Ma ti, nell’ambito di
altro proc. pen. nella quale, rispondendo al quesit ava l’esistenza “di
spazi mentali tali da compromettere gravem la capacità a rendere
testimonianza, ma senza escluderla”, aggi o che tali condizioni
psichiche sussistevano anche all’epoca lo ci razioni che avevano dato
origine a quel procedimento e che la Culi affetta da “psicosi delirante
cronica”. N

Sotto tale profilo risulta difficile afferm La) on certezza assoluta l’esordio della
malattia delirante. | primi sospett a Ciulli secondo cui suo marito fosse
implicato nelle vicende del “mostro” risalgono all’anno 1987, in un contesto
ambientale sfavorevole, co ti depressivi. Proprio in quell’anno venne
psichiatrico e iniziò la presenza di ossessioni con
ro in crescendo. Dalla documentazione di quel
992) si evidenzia come, pur non essendo emersa la
diagnosi di “di elirante”, ciò non esclude un inizio graduale del delirio.
La diagnosi defi di “delirio”, infatti, venne formulata definitivamente solo
nell’anno 1992. | pensieri, che risultavano ossessivi e che dettero origine alle

confidenz terzi e alla successiva stesura del memoriale, possono
ritenersi stesso tempo inizio effettivo del delirio e manifestazione di
ele i verità. Non è possibile discernere quanti e quali dei contenuti, sia

hiarazioni rese dall’anno 1988 in avanti, che del contenuto del
iale possano considerarsi vero e proprio delirio e verità supportata dai
i. Tantomeno può appurarsi su base logica e scientifica se tali elementi

900000000000 000000 0000000 000000000 0000 0000000000000 168/212 9000900000000 ANNA ANN 000000008. 00000000

ALU: Ii ULI/UT ANNI: ILL

Proc, n, 152///U5 KU. INK
000000

60000000000000000000000090PA000000000000000000000000 00000000 N00 000000000 000000000 C00N00000000000000000000000 09900!

di verità si appoggino su fatti realmente vissuti e ricordati oppure se siano
stati ricostruiti a posteriori, includendo informazioni (deformate e/o
sopravvalutate) acquisite dalla realtà stessa. Un difficile miscuglio di pensieri
ed idee che hanno forme di ricordi, di ricostruzione e di delirio simile, riferite
anche a persone con la quale la Ciulli si confidava o con le quali era,

comunque, in rapporto di conoscenza.

Altra problematica attiene alla ricerca degli eventi gravi, realmente accaduti
nella vita della Ciulli (quali, ad esempio la separazione dal marito, la scoperta
nel marito di problemi sessuali e di alcol, il difficile rapporto co |
l’impossibilità di crearsi una nuova vita affettiva, il rapporto con la
origine) che possono avere facilitato sia lo scatenamento del
(attraverso meccanismi di scissione molto gravi) sia aver contribui
forma di “delirio non strutturato”, termine efficacemente
prof. Traverso nel suo elaborato, che successi nte prenderà
definitivamente la forma di delirio parafrenico o delirio

Anche per quel che concerne l’evoluzione della lattia appare una
discrasia tra la perizia del Traverso (v. pad Ve) sue dichiarazioni, rese
nel corso dell’incidente probatorio svoltosi al Gip e l’elaborato del
prof. Galliani; il primo, infatti, ha so ‘o che nella genesi e nella
successiva elaborazione delle vicer “Sala te a terze persone, ovvero
descritte nel memoriale fossero già (a i elementi (fortemente patologici,
legati allo sviluppo del disturbo delirante ronico) atti ad inficiare la realistica
percezione ed un corretto esa ì realtà della Ciulli. Il Galliani, invece, si
è soffermato nel suo pmnanic, a Ti sull’analisi del memoriale (pagg.
67-89), riferendo che ess senta una produzione coerente frutto della
modalità “associativa” ero tipica delle psicoterapie. Inoltre viene dato
valore di verità ai suoi nuti in relazione ai fatti descritti (pagg. 80-83).

Sotto tale profi e ritenersi che il resoconto riportato nel memoriale
appare sfilacci gico, a momenti confuso, riportando i nominativi delle
più disparat Nierse persone (dal marito, al dott. Vigna, al direttore del
quotidiano “La Nazione”….) con citazione di tanti luoghi che spesso si
sovra no e si confondono. Risulta difficile coglierne il senso principale
i sono problematiche che si incrociano, in quanto lo scritto procede
da un argomento all’altro. Nel contenuto, spesso, emergono
nti nei quali la Ciulli appare in evidente stato confusionale (si pensi
pisodio relativo alla presunta somministrazione di droghe prima

000000000000000 0000000 000000000000 000000000000 000000 169/212 0000000000000000000 0000000 po ge) 000090 0000000000

ICTUC. HH, 15/ //U9 IO, INI YToc. N. 01.34/U4 KG. Gli
0000000000000 0000 00000000000 000000000 0000000 0000000000000000 0000000000000 000000000 00000000000 0000000000000 0000000000000

dell’episodio di Castelletti di Signa). Inoltre il contenuto del memoriale
presenta elementi che suscitano, da parte della Ciulli, un forte bisogno di
qualcuno che le avesse chiarito le idee e che, se fosse vero quanto da lei
sostenuto (pur non apparendo in pieno convinta, dubitando su molti punti), si
fosse preso cura della situazione. Colpisce questa finalità, non apparendo in
effetti quale una denuncia chiara e certa di fatti ma, piuttosto, una richiesta di
aiuto di una persona confusa ed in evidente difficoltà. Sotto tale profilo può
senz’altro condividersi quanto sostenuto dal prof. Traverso circa il fatto che lo
sviluppo delirante, parte della interpretatività, non è ancora deli il
“viraggio” si situa ben prima del memoriale, e cioè attorno all’anno in
senso patologicamente grave e anche di spunto interpretativo, lo di
ossessione. Il memoriale, quindi, può essere inquadrato in ma di
delirio non strutturato, che successivamente prenderà definitivamente la
forma di delirio parafrenico o delirio cronico. Il delirio parafrenico è
caratterizzato dalla presenza di una ricca produzio lirante di tipo
fantastico, senza rilevante influenza sul comporta to, in assenza di
alterazioni grossolane del pensiero e dell’affettivi inizio tipicamente
tardivo (all’incirca intorno all’età di 45 anni)?®. ua

Secondo la scienza psichiatrica le modalità dii o della malattia appaiono
variabili, in quanto in alcuni casi sono len idiose, in altri immediate e si

configurano in una sorta di mutazion Na ica della relazione del paziente
col mondo. Sono stati evidenziati, in re, alcuni punti essenziali:

1) Pensieri Paralogici: in ques forme il pensiero delirante è sfrenato. Non
esiste una preoccupazione Aaa gerosimiglianza logica del delirio. La favola

delirante si può sviluppar fuori di ogni categoria di comprensione.
Spazio e tempo sono izio della fantasmagoria, la ambiguità delle

persone, la mescolan multiplicità, la simultaneità e la confusione
amalgama gli eventi struosità o la assurdità delle figure delle scene di
questa mitologi igliano alla produzione mitiche e alle creazioni

surrealistiche. SA deriva l’aspetto straordinariamente estetico di tale
immaginazione ordata.

ia: i temi di influenza (dominio malefico, spiritismo, procedure
o magiche di azione a distanza) temi di persecuzione, le idee di
mento o di trasformazione di organi, stregoneria fanno sentire il
te perseguitato. ll delirio di persecuzione ha qualcosa di

2) Meg
scienti
avv

* come si evince dal Trattato di Psichiatria di Henry Ey, edito da Masson.

00000000000 00000000000 000000000000 000000000 000000000 170/212 000000000000 0000000 n A00 000 n 000000 pov00000000

)@

A LUVa Ila AG FFUS EN DVI Proc, n, 613/04 RG. GIP

0000000000.0000 0000000 000000000 0000000000000 0000000000 0000000000000 000000000 0000000 0000000000000 0000 0000000 000000 00000000

megalomanico, ad esempio di partecipazione a eventi storici, nello spazio
terrestre o interplanetario il paziente si sente un giocattolo di una lotta

gigantesca.

3) Primato della componente fantastica su quella allucinatoria.

4)Integrità paradossale dell’unità della sintesi psichica: sorprende il
contrasto tra la concezione paralogica e la mitologia del delirio con il corretto
e a volte perfetto adattamento alla realtà. L’immagine dell’Io ad es. permane

inserita nella realtà con il suo vero sviluppo storico. Si interferi n
l’immagine delirante dell’io metamorfosato in una specie di dipl molto
caratteristica. | più fantastici dei deliri, di successi straordinari no disce
al malato di essere inserito nella realtà dell’esistenza quotidiana. apacità

intellettuale, la memoria e l’attività lavorativa come il comporta to sociale
possono rimanere intatti in modo notevole. *

La parafrenia evolve come delirio cronico, gener mento irreversibile e si
fissa indefinitamente sui temi essenziali. Ci può esse a evoluzione verso
l’incoerenza ideoverbale con un tipo di pensieri i volta più impenetrabile.

ica”, accertata dal perito
n prima della perizia Traverso

milabile a quella della parafrenia,
psichiatria classica anche se non
sificazioni”, dove risultano collocabili
nte” 0, più spesso, della “schizofrenia

Sicuramente la patologia di “psicosi deliri:
dott. Manetti sin dall’anno 2002 (e, dunque
e della C.T. Galliani) appare del tutto :
entità nosografica ben descritta dall.
riportata nelle più recenti cl
nell’ambito del “disturbo deli

paranoide”.

In conclusione sotto tale aspetto può affermarsi che, situandosi il “viraggio”
dello sviluppo delira non può ancora definirsi delirio, della Ciulli in

un arco temporale ben prima del memoriale, e cioè attorno all’anno 1988,
anche le dichiara rese dalla predetta, a partire quantomeno da
quell’anno, appaiono affette dalla grave patologia già in atto. Il memoriale,
invece, può es senz’altro inquadrato in una vera e propria forma di
trutturato, che successivamente prenderà definitivamente la
io parafrenico o delirio cronico. A ciò si aggiunga che le

i oggettivi, pur essendo state svolte approfondite indagini sui vari
dall’incredibile e allucinante racconto riferito al duplice omicidio di

© DS-IV-TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 2001, Masson)

000000000000000 000000000 00000000 000000000000 0000000 171/212 e SA
GUP Dott. Silw LUCA

ALU, Ila L4/ F/ US ANNI DUAN ALU, Ile ULI/U IU ILE

0000000000000000 000000000 0000000000000 0000000000000 0000000000000 0000000 ACC 000000000 0000000000000 00000000000 00000000

Castelletti del lontano 1968, all’altro episodio secondo cui avrebbe visto il
marito con graffi in faccia subito dopo il duplice omicidio del 1985, allorchè
ella stessa ammise di essersi sbagliata, avendo fatto confusione sul giorno,
all’ultimo, altrettanto incredibile, episodio del nono duplice omicidio che
doveva avvenire in loc. Madonna del Sasso, con mobilitazione di tutte le forze
di polizia, allertate dal parroco don Belladelli, in uno con le ripetute richieste di
intervento sin dall’anno 1988 alla ricerca di feticci che dovevano trovarsi nel
freezer del frigorifero di casa, circostanze tutte che, qualora lo stato di salute
psichico della Ciulli non fosse stato della gravità nei termini sopra riferiti
avrebbero senz’altro imposto l’immediata apertura di un procediment a

nei suoi confronti per il reato di calunnia aggravata e reiterata. ©)
ha mai

Deve, comunque, evidenziarsi che nelle sue esternazioni la Ciufl nò
nominato il Pacciani, il Vanni, il Reinecke, il Parker, facendo riferimento al

Sertoli quale medico che utilizzava l’ambulatorio della far e allo lacchia,
anch’egli quale utilizzatore dell’ambulatorio della farmacia. Ha poi nominato
tale Vitta, che era di San Casciano e lo vedeva n piazza, ove si trovava
ubicata la farmacia; ed, infine, un orafo e lo Z ni indicato, anche in tal
caso, quale medico che utilizzava i locali «9

+
ichiarazioni rese dalle sue

to del Calamandrei non certo

tto dalla Mascia, quale soggetto
Imente impotente, descrizione che,
combaciare con quella effettuata dalla
del marito, tuttavia anche per questo filone
e ipotesi investigative non hanno condotto
endo rimaste, per quanto sinora evidenziato,
iaria non avendo assunto quella consistenza ed
fondare l’affermazione di una responsabilità

Pur emergendo, soprattutto a seguito
successive compagne Vivoli e Masci
esemplare, essendo stato descritto,
depresso, schizofrenico, violento
unicamente sotto tale profilo, s
Ciulli circa la personalità ne
delle indagini, deve ritener.

ad alcun concreto risulta
al di sotto della sogli
efficacia tale da

dellimputato AN
*

Le con e investigative con le indagini della Procura di Perugia: Il
Dott ncesco NARDUCCI.-

$ do la prospettazione accusatoria basata essenzialmente sulle
onianze raccolte, il dr. Francesco Narducci risulterebbe, nell’ambito del
presente proc. pen., un personaggio strettamente legato all’ambiente di

0000000000 000000000 0000000000000 0000000000 0000000000 172/212 000000000000 00000000000000

Proc. n. 12///U3 KU, INK mimo e ne
000000000060000000000000000000000000000IA0I0000000000NAV000000A000V00V0000I 0000000000 00000A0000000000009999999990PA

persone e di luoghi esaminato: sono numerose le persone che lo hanno
descritto come presente con prostitute ed in vari luoghi di San Casciano e di
Firenze. Occorre anche subito evidenziare come altre pp.ii.ff. non hanno
riconosciuto questa persona o lo hanno riconosciuto in modo equivoco
(avendolo ad es. riconosciuto solo in una foto e non nelle altre dell’album
fotografico loro mostrato). Parallelamente il P.M. di Perugia portava avanti
uno spunto investigativo completamente diverso relativamente al decesso del
Narducci. In tal caso l’assunto accusatorio è partito dal presupposto che il
Narducci, morto nel lago Trasimeno un mese dopo l’ultimo duplice omicidio
del 1985, sarebbe coinvolto negli omicidi di Firenze e dintorni. | cara |
la Questura di Perugia hanno prodotto una amplissima mole

proposito. Le indagini nel momento centrale degli anni 2003/20 state
collegate a quelle effettuate dai P.M. di Firenze. | presupposti erano diversi: a
Perugia il proc. aveva tratto origine da segnalazioni di vario genere, nonché
da intercettazioni telefoniche a terzi. L’indagine pe si fondò sul
presupposto che il Narducci non fosse morto di morte naturale, come si era
fatto credere, e si scoprirà la sussistenza di un tività d avere. La famiglia

à

Narducci aveva in qualche modo ostacolato la i indagine su quella
morte, non essendo stata effettuata nem ‘autopsia del cadavere,
jali

sospettandosi favoreggiamenti di pubblici uffi l’epoca. Si pensava in un
primo momento ad un suicidio ma s bi agini si indirizzarono proprio
sul Calamandrei, il quale, insieme ad nne indagato per l’omicidio del
Narducci, ma nelle more della deci del presente proc. pen. giungeva
notizia che l’indagine perugin: era tata archiviata dal G.I.P. di quel
Tribunale. Sembrerebbero ate, sia pur nel modo contraddittorio che
sarà riportato infra, tanto | senza in San Casciano, quanto i rapporti
col Calamandrei, ma n più. Non è provata nemmeno la sua
partecipazione ai cd. “f , avendone parlato solo un paio di prostitute ma
più per occasionali rti sessuali. Le sue perversioni sono state descritte
da alcune pp.ii ite a Firenze e a Perugia. In particolare appaiono di un
qualche inter due verbali della A.G. di Perugia concernenti le
dichiarazioni ha ai suoi colleghi di Ospedale Farroni Ferruccio e Morelli
Antonio, sentiti dal P.M. ”°

sd

® (Farroni vol. Ill pag. 201-204, Morelli pag. 177)

0000000000 000000 0000000000000 00000 000000000 00000000 173 Ì 2 ] 2 p9O 00000000000

na i dae SRI 1 Ania SIA

000000000000000 0000 00000000000 0A 000 0000 0000000000000 0000000000000 00000000000 000000000000 000000000000 00000000 000000000000

Secondo l’assunto accusatorio”! le indagini di Perugia sul Narducci erano
confluite in modo specifico sul dato concernente il gruppo degli “intellettuali”
orbitanti nel comune di S. Casciano. Le indagini avevano portato gli inquirenti
a ritenere sussistente un’abitazione in un luogo nei pressi di San Casciano,
asserendosi che il Narducci sarebbe stato ospite della villa “la Sfacciata” ed il
P.M.?? ha evidenziato come tutto l’incartamento di Perugia dimostrerebbe
come quella indagine avrebbe chiarito bene il contesto della morte del
medico, essendosi risaliti alle sue frequentazioni, ai suoi contatti, alla sua
amicizia con il Calamandrei che sono scaturiti nella sua morte violente
relativa prova del fatto che costui si sarebbe ammazzato. Il P.M. – a pag. 76 –
ha parlato di “una situazione oggettiva”, maturata nel tempo, ch ® deva il

villa “La

presenza costante a San Casciano, ove dormiva pressc
. 89 della

Sfacciata”, essendo strettamente legato a Calamandrei

requisitoria si evidenzia un contributo notevole della Da Perugia, per
quel che riguarda la prova del binomio Narducci- o) da una parte, e
killer dall’altra. Nella discussione dell’Avv. coni arno di parte civile) a
pag. 44 ha parlato della vicenda Narducci “ ilevanza decisiva nel
processo”; a pag. 45 rilevava il legame S° la dependance della villa “La
Sfacciata” e con San Casciano. A pag. 1 dope che si era trattato di
un suicidio e sottolineava, anche, il cino nto serbato dalla sorella del

Narducci, laddove costei risultava ave cipato a sedute spiritiche e ciò
sarebbe significativo anche della Da che i familiari o, comunque, un
componente della famiglia aves quasi certezza sul coinvolgimento del

proprio congiunto.

Anche nella requisitoria si Pub Ministero Dott. Crini”® si è parlato di
finite “mistiche”. A un certo punto” il P.M.

dette sedute della so

sottolineava come | del Narducci “conduceva al movente della morte
del Narducci”. Qu imo, dunque, avrebbe rappresentato l’ultimo elemento
determinante. ontesto che portava al riconoscimento del Calamandrei

come trad donioni

*

” pag. 98 sempre della requisitoria del 21 gennaio

0000000000000000000 000000000000 000 000000000000 000000 174 É 2 1 2

Proc. n. 12///05 KG. NK Proc. n, 615/04 RG, GlP

0900000000 0000000 0000000000000 000000000000 0000000000000 0000000000 0000000 000000000000 000000000000 0000000000000 0000000000

Deve, perciò, partirsi dal dato della presenza del Narducci in San Casciano:
dall’annotazione di P.G. del 17.3.2005, relativa all’audizione di Tamara
Martellini, la quale era stata sentita, senza una vera e propria
verbalizzazione, presso la Caserma dei Carabinieri di San Casciano, emerge
che nel corso di un colloquio con la stessa, registrato a sua insaputa, la
Martellini aveva dichiarato di aver visto Narducci in farmacia una volta e poi
altre due volte nella piazza di San Casciano, sempre vestito con una polo e
sempre con pantaloni e stivali da cavallerizzo. Tale personaggio era stato da
lei notato tra il 1979 e il 1981. Nell’annotazione si aggiungeva che la Martellini
aveva circostanziato tale periodo, poiché lo riconduceva ad a sua

situazione di vita personale. Poi la Martellini riferiva che tale p ggio
l’aveva riconosciuto nelle fotografie mostrate dal Dott. Giuttari i sarà
risentita il 30 marzo 2005, e, cioè, tre giorni dopo, e nell’occas precisava
che il periodo non era quello dal 1979 all’81 ma quel 979 all’80,
essendosi ricordata che dall’81 non abitava più a sciano, ma a
Decimo. Poi aggiungeva che aveva chiesto al suo é o”, chi potesse
essere l’uomo con quei modi “eleganti e raffinati, v cavallerizzo”, e lo
stesso le diceva che poteva trattarsi di uno le | tennis del posto. Nel

n sottoscritta, venivano
e 3 dell’album fotografico
sione, ella riconosceva detto

corso di detta conversazione, registrata
mostrate alla Martellini le copie delle fo IC
predisposto dal Gides di Firenze e, n
soggetto nelle foto nn. 1 e 3, riferite e di Narducci Francesco. Non è
dato sapere se nell’occasione la P.G. se mostrato alla Martellini l’album
fotografico che in precedenza e o sottoposto anche ad altre pp.ii.ff., il
quale conteneva l’effige del ucci anche nelle foto nn. 2 e 4. Poi, sempre

relativamente alla St, in punto di presenza del Narducci a San

Casciano, vi sono le s.i.t. ai P.M. Dott. Canessa e Mignini negli uffici
della Procura della R a di Firenze il 30 marzo 2005 ove, però, non
risulta esservi stat iduazione fotografica, essendole state poste solo
Ilini, dopo aver confermato integralmente, a pag. 2,

delle domand
quanto det sia a arabinieri che alla Polizia in merito “a quel giovane
incontrato la fa acia del Calamandrei, vestito in maglietta Lacoste con

stivale per equitazione”, faceva una prima precisazione: “…vorrei precisare
che la era celeste e non azzurra”, aggiungendo: “Questo giovane,
oltr in farmacia, l’ho incontrato un altro paio di volte, oltre che nella
far anche un altro paio di volte. Era in piazza Pierozzi a San Casciano.

7 (/Arch. Gianni Ceccatelli, anch’egli sentito più volte nel corso delle indagini, che
già aveva riconosciuto e parlato del Narducci)

0000.000000 00000 0000000000000 00000000 00000 00000000000 175/212

FTrOc, Ml, 15///U5 tun INA

9000000000000 000000000000 0000A000A00V000 000 000000000000 00000000 00000000 A 000000000 A00 000000000000 00000 A 0000000000000

Era ugualmente vestito da equitazione con stivali e maglietta Lacoste. Era
solo. Non ci siamo salutati, era lo stesso periodo d’estate. Ricordo che aveva
gli stivali sporchi, quindi era già stato a cavallo, non saprei dire dove”.

Vi sono poi le dichiarazioni s.i.t. rese da Nesi Lorenzo il 4 aprile 2003 dinanzi
al Dott. Giuttari: “A questo punto l’ufficio” – pag. 2 – “mostra al Nesi un album
fotografico, contrassegnato con il numero 1 del 2003. E si chiede se conosce
qualcuna delle persone effigiate”. Il Nesi rispondeva: “la persona raffigurata
nella foto numero due l’ho vista sicuramente a San Casciano. Ne
proprio certo e credo che abitasse in una villa o comunque una
colonica grossa che si trova sulla strada che da San Casciano
Cerbaia e precisamente vicino alla chiesa di San Martino.
sicuramente una persona del posto e mi sembra di ricordare
insieme al farmacista di San Casciano che si chiam rancesco
Calamandrei. Su questo punto non sono proprio certo”, “ adisco con la
massima certezza che questa persona raffigurata nell mero due l’ho
vista a San Casciano. Questo è proprio fuori discussi ‘ho visto con un
omone, e ricordo che correva voce che fosse ga esi aggiungeva: “Mi
viene adesso in mente una persona che dai icordi mi sembra che
frequentasse sia l’omone di cui ho parlat sia lai sona contrassegnata con
la foto numero due, il Narducci. A occhi > Cr e l’arco di tempo va dal 75
all’82. La persona della foto nu ila anche dall’andamento delle
dichiarazioni, rassomiglia alla precagane, a la persona di cui ho parlato è
proprio quella della foto numero i ersona riprodotta nella foto numero
4 la riconosco ed è la stessa ri nella foto numero 2”. E l’ufficio dava

atto che le foto nn. 1, 2,3 e MA resentavano proprio le effigi del Narducci.
AI Nesi veniva nuevameni@og ato l’album fotografico e costui rispondeva
testualmente: “Apprend che la persona riprodotta nella foto numero 1
è la stessa delle fot 4. In effetti vi è una rassomiglianza specie negli
occhi. Ma io ques ona la conobbi come raffigurata nelle foto 2 e 4. Il
nome Narducci cesco non mi dice nulla”. A domanda, “ci dica quello che
lei ricorda sui Pò aggi del gruppo da lei definito altolocato ed eccentrico”,
pag. 4 il Nesi replicava: “Era un gruppo che era formato da questi personaggi,
ioé na che ho saputo chiamarsi Narducci, dall’omone, dal marito
del Calamandrei, da Francesco Calamandrei, dal cugino
Giorgio Albertazzi”. | militari chiedevano: “Si ricorda che macchina
Narducci Francesco?” e il Nesi rispondeva: “Aveva una macchina

1
00000000000000 00000000000 00000 00000000000 00000000000 176/212 000000000000000000 0000000000 0000000900900
GUP Dott. sy

0000000000000000000000000000000000 00000 000N 0000000 0000000N 0000000 0000000P 000000 00000000A0000000H 0000000000 00000000000

grande, però non so di più”. Alla successiva domanda: “come le risulta che
l’’omone e Narducci abitavano sulla strada per Cerbaia dopo la chiesa di San
Martino?”..‘Dove ha visto a San Casciano l’’omone e il Narducci?” il Nesi
replicava: “ricordo di averli-visti in piazza, al bar, quello stesso frequentato
anche da me e da Vanni”. Poi a pag. 5 costui precisava ancora: “la persona
di cui alle foto 2 e 4, Narducci cioè, la vidi sicuramente con Francesco
Calamandrei, poi col cognato pittore, poi con la sorella del
Calamandrei”….“Si frequentavano anche andando al mare o a cena”. “AI
mare andavano nel grossetano. Ma non so dire il posto preciso. Ai ristoranti,
credo che andassero al Ponte Rotto e poi anche all’Antica Posta e nei
più vari, li sentii parlare al bar che andavano a cena”.

Ulteriori sommarie informazioni testimoniali vennero rese dal aprile
2003 circa il gruppo degli intellettuali: “Confermo quanto da me dichiarato in
data 4 aprile. Successivamente alla verbalizzazione sono to a casa e ho

t lla giornata di

ripensato molto alle dichiarazioni da me rilasciate, |
sabato ho tentato di mettermi in contatto con qu Nella giornata di
lunedì sono riuscito a contattare il dottor Giuttari tramite il centralino della
Questura, al quale ho spiegato i nuovi partico mi sono ricordato. In

particolare ho ripensato alla persona da me toe come omone. Aveva una
camminata particolare, perché andava im a testa alta, ancora ricordo

u

che lo stesso si chiamava “Vitta”. “Ri rr oe a il Vitta la persona da me
indicata come l’omone. E che era ‘e insieme alla persona da me
riconosciuta nella foto due e a tro va in uso diverse auto di grossa

cilindrata, Mercedes di colore in massima parte targate Milano, e
voglio precisare con assolut zza che a San Casciano molte persone tra

cui il Vanni Mario, conosce il Vitta. Posso dire che in qualsiasi bar di San
Casciano all’epoca si parle | Vitta, conosciuto come persona facoltosa. ll
Vitta si accompagnava sso anche con il Calamandrei Francesco e con la
persona da me riconosciuta come il Narducci.” “Ricordo che il Vitta abitava in
una villa che si a proprio all’incrocio fra via della Mucciana e la strada che
discende vers baia. Della stessa ricordo che aveva un muro alto di cinta
e cipressi…. Vorrei aggiungere che da quello che ricordo probabilmente
anche Pie acciani conosceva il Vitta, perché se non ricordo male era
stato a | re come contadino presso i poderi di quest’ultimo.”

Altr sona informata sui fatti è Pucci Fernando, sentito il 3 giugno 2003
ettore Castelli e dal Dott. Giuttari. A domanda circa la sua
frequentazione del bar di San Casciano costui riferiva che lo frequentava

00000000 0cdo0a

. Silvio DE LUCA

0000000000 000000000 0000000000000 00000000 000000000000 177/212 000000000 0000000000 00000000

000000000000000000000 00000000 0000000000000 000000000 0000000000000 00000000 0000000 000000000000 000000 00000000000 00000000000

quasi sempre il sabato pomeriggio, e poi gli veniva mostrato l’album numero
4 del 2003. Il Pucci dichiarava: “a persona della foto numero 1 l’ho vista al
bar. Era magro, era un tipo “finocchino”. L’ho visto che chiacchierava con
Giancarlo, ma Giancarlo non mi ha mai spiegato nulla. La persona della foto
numero 3 è la stessa della precedente ma io ho un ricordo più preciso di
quella guardando la numero uno”. Sembrerebbe anche qui che il Pucci non
riconoscesse il Narducci nelle foto nn. 2 e 4. Poi, osservando la foto n. 33
(corrispondente all’odierno imputato) sosteneva di conoscerlo. A pag. 2
Pucci: “posso dire anche che tra tutte le persone da me riconosciute nelle
foto quella delle foto 1 e 3” (cioè Narducci) “la vedevo insieme a quel
foto 36”, (cioè Vitta)”, “mentre le altre nei miei ricordi erano….Ric
che l’omone nella foto 36, che mi avete detto chiamarsi Vitta, era
la persona della foto 1 e 3 che ho definito “finocchino”.

Anche Ghiribelli Gabriella a domanda specifica, se il cittadino di colore da lei
riconosciuto dal soprannome di “Uli”, fosse solito freque AP fiche il medico
di Perugia ribadiva: “Sono certa che si conoscess uanto in alcune
occasioni li ho visti parlare insieme, successiv andare insieme il
medico di Perugia e Uli, sempre a bordo d di quest’ultimo”. Tale
circostanza, peraltro, doveva essere inver perché la Ghiribelli era
andata ad abitare a San Casciano dop tà dell’84 dimorandovi fino
all’86, ma l’Uli, vale a dire il Parker, ins eineker ai primi dell’84 “se la
dette a gambe levate”, mentre lei a di essere certa di averla vista
anche a bordo della macchina di q vult o, cioè del Parker. Ancora a pag.
3: “Da quanto tempo non ha più

sparito dalla circolazione feed. da
che il Pacciani era stato in lo da i delitti del mostro di Firenze, da quel

periodo io non l’ho nell’anno no” appare un fatto notorio che il Pacciani sia
stato indagato solo nell’anno

Sommarie infor i rese da Ciulli Pietro, fratello di Ciulli Mariella, del 23
Luglio 2003, ell’incartamento generale: “Riconosco il Narducci, può
darsi che l’abb isto al matrimonio di mia sorella” avvenuto peraltro
nell’anno e all’epoca il Narducci aveva 20 anni. Però poi aggiungeva
e che poteva averlo visto anche in farmacia.

0000000000 0000000000000 0000000 0000000000000 000000000 178/212 000000000000000000000000000000

Proc. n, 1277/03 RG, NK ni

00000 011306 0900060000000000099000 000000000 C000C0000000000009I0G0F00NFF0V VIVO NV 0000000T000090000099900009900999999999

’80 a San Casciano e dintorni, preciso meglio, sono sicuro di averlo visto in
più occasioni a mangiare alla trattoria Ponte Rotto denominata “da Silvano”.
Ricordo che oltre a me…c’erano anche il Nesi Rolando…ricordo ancora che
in trattoria ho visto mangiare insieme in differenti occasioni la persona di
colore sia con il biondino che ho riconosciuto nella foto n. 2, che sarebbe il
Narducci, sia con Giancarlo Lotti”. Sul punto, tuttavia, occorre richiamare
quanto riferito dai titolari del locale e cioè Matteuzzi Silvano ed il figlio, che
hanno entrambi escluso di aver mai visto nel loro locale il Narducci. Poi a
pag. 2: “..riconosco senza dubbio la persona che si accompagnava e che
riconosco nella foto 3. Sono certo che la persona raffigurata nella fo
numero 1, Parker, l’ho visto più volte a mangiare insieme al biondino”

Sommarie informazioni rese da Pucci Fernando il 4 Agosto 2003, costui
parlava del Narducci, del Parker, del Sertori, dello lacchia, otti, “che
mangiavano insieme al Ponte Rotto e rombavano e paray@a gesti “Alla
trattoria del Ponte Rotto c’era anche la persona della foto ero 11 da me
riconosciuta la volta scorsa”” che chiamavano il “finocchino” e quest’ultimo
però non c’era spesso, mentre gli altri li vedevo di froquo te”.

Circa quest’ultimo teste il difensore deli allegava la relazione di
consulenza tecnica collegiale di ufficio d . Ugo Fornari e del prof. Marco
Ragazzi del 24.12.96, nella quale, er riferito della documentazione
antecedente al loro intervento, con ale il Pucci nel 1983 era stato
riconosciuto invalido al 100% pe oligofrenia, concludevano che “nel
Pucci c’è presenza di disturbi rsonalità e di un ritardo mentale non

esattamente quantificabile”.

Sommarie informazioni te oniali rese da Vanni Roberto l’11 Agosto 2004°8
: “Voglio riferire una ci cos anza, che lo scorso anno” mentre mi trovavo in
Umbria per una p di pallavolo del San Casciano contro una squadra

umbra che pero d cordo il nome, alcuni dirigenti della squadra avversaria,

quando seppe io ero di San Casciano mi dissero che loro sapevano
che il mostro era di Perugia, ed era un dottore che faceva parte di una setta
che co va questi delitti”, l’ufficio dava atto che veniva mostrata una foto

che ritraeva Narducci Francesco, e il Vanni dichiarava: “Posso affermare con
Ge he riconosco sicuramente la persona raffigurata ma in questo

he sarebbe il Narducci)
* pag. 1264 dell’incarto generale
? vale a dire il 2003

0000000 00000000000000 0000000000000 0000000 00000000000 179 / 212 000000000000000000 000000 PV rd

ALU: Hi VLS/U9 AVO» ILL
100000000000000000 000000 000000000 000000000000

ARA Lis dari LIV ANNE LD VAL

0000000000000000000000 00000000000 00000000000 000000000000 A CO IAVOC00I00!

momento non riesco a localizzare le circostanze in cui l’ho riconosciuto,
posso dirvi, che se la faccia non mi è nuova, significa che sicuramente è
persona vista più volte e non escludo in qualche altro posto che frequentavo,
preciso che intendo dire che questa persona l’ho sicuramente inquadrato in

quanto ha attirato la mia attenzione”.

Poi vi sono le ss.ii.tt. rese da Pellecchia Marzia, la quale aveva riconosciuto il
Narducci, come il giovane che faceva parte di un gruppo di “gozzilloni”,
insieme alla Martellini che se la portava dietro, pagg. 1 e 2, non però ella
Villa La Sfacciata, e nemmeno nella stamberga di via di Faltignano, avendo

parlato di un’altra catapecchia.
(Mv una

Anche Nicoletti Filippa, la quale già è stata menzionata supr

prostituta ben nota, compagna di Indovino e amica del Lotti, chiarato di
aver conosciuto il Narducci allorché, sentita dalla P.G. settembre 2003,
riconosceva una foto di quest’ultimo. Ella dichiarav all’epoca (anno

1981) il suo convivente Indovino era in carcere. ” proposito del soggetto
c

effigiato nella foto la Nicoletti dichiarava testualm che si trattava di
“persona molto fine ed elegante, che parlava he non era di Firenze”
ma non sapeva dire di dove fosse. Aggiunge Nel vero visto alla trattoria “La
Lampara” di Via Nazionale a Firenze, avevano mangiato insieme, ma
non ricordava se con lui ci fos “NI cun altro. Era stata una cosa
passeggera e forse si era presentaic me fotografo. Non ricordava se
avesse avuto rapporti sessuali con » a se c’era la Ghiribelli era un cliente
che si sarebbe tenuto certame e pei sé, non condividendolo, perché “non mi
ci faceva arrivare”. La Nicoletti ne tratteggiava le fattezze fisiche
descrivendolo come una ‘sona “con un fisico molto ben curato, alto,

atletico quando lo vidi

che poteva darsi che )
descrivendolo molto bene. Di questa persona la p.i.f. ricordava che aveva un

modo di fare vanitoso, ci teneva a dirle che era una persona buona e
risultava mol berante, avendo la medesima sua età all’epoca. Si
esprimeva in perfetto italiano, aggiungendo: “Ho un ricordo come se mi abbia

detto di a e a Prato. Non lo rividi più”.

i Tamara, già menzionata supra, rilasciava ulteriori dichiarazioni l’11
re 2003: le veniva mostrato l’album n. 2103 e riconosceva il Narducci,

indossava stivali da cavallerizzo – a pag. 3 – poi proseguiva: “la persona
raffigurata nella foto numero 15 non mi è un viso nuovo ma non riesco a

000000000000 00000000000 00000000 pR000pdo pese (eleletel*)

IAA LUCA

0000000000000000000000000 000000000 000000 000000000000 180 / 2 1 2

000000000600000000000000000 000000000000 0000N 00000 00000009000000V0000000090000099000990909 OVVIO ei via vivavivivaviiviriAivezlai

ricordare francamente dove l’ho visto; del fatto che andasse con il
Calamandrei non sono proprio sicuro ma non riesco francamente a ricordare
dove l’ho visto, ora che lo sto riguardando, ricordo di averlo visto in farmacia
e nell’occasione aveva gli stivali di equitazione”. Sul punto occorre riferire che
nelle sommarie informazioni testimoniali rese da Spagnoli Francesca, moglie
del Narducci, in data 28.09.2002 costei diceva: Francesco non ha mai avuto
stivali da cavallerizzo”. La Martellini poi riferiva: “Nella foto numero 2
riconosco Calamandrei, nella foto numero 4, voi mi dite che si tratta sempre
del Calamandrei” pag. 3, “io vedo una forte somiglianza con il rappresentante
all’epoca della casa Christian Dior – settore profumeria e che era un otti

amico del Calamandrei.”

Sommarie informazioni testimoniali rese ancora da Ceccatelli
dell’8 Ottobre 2003: “La persona raffigurata nella foto numero 10 ha un volto
a me conosciuto, lo associo ad una persona vista, se non lio a Viareggio
insieme al Calamandrei, in occasione di una visit di una barca che
Francesco voleva acquistare”. V

Sommarie informazioni testimoniali rese il 6 e 2001 da Jorge Emilia

Maria Alves, che all’epoca dei fatti frequenta . Giuseppe lommi, uno
degli amici del Calamandrei, nelle quali “om Ì to al Narducci dichiarava

che, essendosi rivolta ad un’agen ia di investigazioni, che si
chiamava “La Segretissima”, le fu rif to c e la persona che le era stato

indicato quale “Francesco di Foligno” Perugia era considerato come “il
mostro di Firenze”, in realtà si c améva arducci e che apparteneva ad una
famiglia molto importante di , che era stato trovato morto annegato
nel lago Trasimeno un mes ’ultimo delitto.

oniali rese da lommi Giuseppe il 10.4.2003
o l’avvocato Alberto Corsi che lei mi dice essere
di San Cascian onosco invece l’avvocato Francesco Corsi che è
professore di rito ommerciale. Lo conosco perché è il nipote dell’avvocato
Guido Rocchi c ui iniziai a lavorare negli anni 68-69 e nel cui studio sono
a sua morte. Lei mi chiede se conosco qualche avvocato che
sciano ed io le dico che a San Casciano non conosco Nessun
avvo —. Conosco l’Avvocato Giorgio Lapi. Anche lui era nello studio

insieme all’avvocato Sacchettini. L’avvocato Lapi non esercita più da
, abita all’Impruneta da tantissimi anni. Mi è capitato a volte di andare a

Sommarie informazioni
dinanzi ai P.M.: “No

® (ex marito della Martellini)

600000000000000.00000000000 00000000000 F000000C0000000 181 / 212 00000000000 000000000000)

000000000000000000000000000 0000000000000 ON00VAT0 VAN0C00T 0000000000000 00000000000 00000000000000000000000000000000

casa sua all’Impruneta o di pomeriggio o a cena anche in compagnia di mia
moglie e dei miei figli. E’ capitato anche che lui sia venuto a casa
nostra…Conosco Perugia per aver a volte visitato le sue bellezze artistiche
ma non ho amici a Perugia. Ho avuto invece rapporti professionali per molti
anni perché ho avuto varie cause in quella città. Tutto nacque negli anni 84-
85 ma, se necessario, potrei verificare le date esatte. Si è trattato di incarichi
che ho avuto a seguito di una sollecitazione di professionisti di Perugia che
mi hanno portato a curare cause di due loro clienti che già avevano come
legale l’avvocato Lamberto Bigi di Siena. Le clienti erano due signore di
Siena ed esattamente la signora Erika Bartsch vedova Stoppini e Maria

Stoppini le quali avevano l’albergo Palace Bellavista di Perugia di proprietà
della s.n.c. Fratelli Stoppini. Quest’incarico ha riguardato varie su: e finite
intorno al 98 e chiuse con una faticosa transazione. Mi è capitato per questo
motivo di recarmi spesso a Perugia sia presso gli uffici giudizia e presso i
clienti, soprattutto lo studio Scassellatti Sforzolini. Gli tri avvenivano
generalmente o presso l’albergo Palace Bellavista o presso lo studio

Scassellatti Sforzolini…Non conosco nessuna SÌ di Perugia che
a.
a

frequentasse Firenze o che frequenti Firenz nome Francesco

Narducci è un nome per me nuovo. Non lcuna persona con
questo nome. L’ho letto per la prima volt iglietto di convocazione

che ho ricevuto per oggi. Alcuni colleghi di studio, con i quali ho parlato
della mia convocazione, mi hann spie ato che è un nome apparso
recentemente nelle cronache d iornali e mi hanno raccontato
sommariamente ciò che hanno Li ro mi dicono che lavorava con tale
prof. Morelli. Anche questo a mi dice niente. Non ho mai avuto auto
targate Perugia. Non ho repo mai usato occasionalmente auto con la

targa Perugia. Non ho m auto di colore verde ne tantomeno ho usato

auto di quel colore, t erugia. Loro mi dicono che questo Francesco
Narducci aveva un CX targata Perugia. Escludo di averla mai vista
nè tanto meno Us i viene a questo punto mostrata la foto n.l allegata alla
nota della Sq obile di Firenze del 5.4.2003 in atti. Escludo di avere
mai visto la p a raffigurata in quella foto anche se debbo dire che è un
volto ab nza comune come caratteristiche, ma non certo perché mi
ricord no da me conosciuto. Mi vengono a questo punto mostrate

o n.lI, anche le foto n.2,3,4 dello stesso album e mi viene detto
esentano Francesco Narducci. Confermo che non conosco in alcun
a persona raffigurata in dette foto…. Sono andato all’Isola d’Elba in
canza per alcuni anni alla fine degli anni 50 e poi successivamente, diverse
volte nei primi anni 70 in quanto avevamo una multiproprietà in un residence

oltre

0000000 0000000000000 00000000 000000000 000000000 000000 182 / 2 1 2

Proc, n, 12////U5 IC. INIL

Pron me LL 7 1NU9 INI: I L0900600D0AG03II0CIC0CAPI0IINP9CADOSINNIARS00ROOCIO2AA890R800I022099 NONO

di Procchio che in verità abbiamo ancora ma nel quale non andiamo più da
tempo. Non conosco nessuno dei rappresentanti della famiglia Spagnoli di
Perugia. Non conosco Gianni Spagnoli che voi mi dite essere il suocero di
Francesco Narducci. Mi viene spiegato che Francesco Narducci era un
medico gastroenterologo che aveva tra l’altro insegnato negli USA. La cosa
non mi dice niente…La zona dell’Argentario l’ho frequentata molto poco. Ho
avuto però degli amici che hanno una proprietà sopra Porto Ercole. Si tratta
di Domenico Orsini e della moglie. Non conosco alcun medico di Perugia di
nome Francesco…Conosco l’avvocatessa Maria Luisa Orlandini. Ha avuto
rapporti di lavoro con il mio studio negli anni 75-80 per quel che ricor È
occupata del recupero di alcuni crediti. Mi sono occupato di alcune vicende
giudiziarie relative alla sua separazione dal marito professore sco
Romano. Mi sembra, non ho ricordi precisi, che l’avvocatessa Or ini sia
venuta all’Elba. Niente so dire di interventi dei carabinieri n ogo dove
l’avvocatessa Orlandini alloggiava all’Elba. La circostan a me ignota e
l’apprendo ora. Mi si fa presente che tale circostanza e essere stata
anche un argomento nella causa della separazi dell’avvocatessa
Orlandini, Niente ne so; per essere più preciso vo
di tale cause lo curava direttamente la avvoca
ovviamente della causa e degli atti poro

circostanza del genere non l’ho certame orizzata. Mi sembra anzi che
la causa fu sistemata. Mi si chiede se onosciuto ortopedici che hanno
lavorato o lavorano a Firenze. Ho co nos: iuto senz’altro il prof. Marchetti Pier
Giorgio: era un mio compagno ls gio alla Querce. Ora è al Rizzoli di
Bologna. Conosco Piero Salvi che è ortopedico a Firenze. Il nome Jacchia è
legato ad un ortopedico irenze che è venuto per una sua vicenda
personale sulle cronach ornali. Quel nome m’impressionò quando lo
lessi sui giornali per rdai di aver avuto un compagno di studi alla

Querce alla fine degli 40-50. Non l’ho più rivisto e non ho saputo se lo
Jacchia di cui si parlava sui giornali era il mio giornale. Ricordo solo un
particolare o cioè la mamma era di Padova ed era bellissima, aveva gli
occhi verdi mi fanno presente che, per quanto noto all’ufficio

acchia è nato a Padova e che potrebbe essere proprio il mio
collegio, ma non posso dire niente di più in proposito… Sono
stat assato d’estate 2 o 3 volte a Cortina per periodi di circa 10 giorni,
della signora Anna Maria Tulini vedova Menarini di Firenze. Ciò è
nuto dopo il 1985. Mi viene a questo punto mostrata la foto n. 5
l’album della Questura indicato all’inizio. Mi si dice che raffigura Narducci
Pierluca fratello di Francesco. Anche tale foto non mi dice niente”.

l’ortopedì

000000000000000000000000009000000000000000000990909I 183/ 212 900000000000 000 0000000000000

Proc. n, 15///U5 KG, NK #roc, n. 014/04 KG. Gli
0000000000 00000000000000000000 0000000000 000000000000 0000000000000 0000000000000 0000000000000 000000000000 00000000

Sommarie informazioni testimoniali rese da Malvedu Gises il 24 novembre
2004: esse rientrano nell’ambito di quelle dichiarazioni farneticanti e
fantasiose, spesso presenti nell’ambito del presente proc. pen.

Costei, dopo aver riferito che era a Firenze e dormiva in una tenda verso il
Piazzale Michelangelo, dichiarava che ad un certo punto due uomini aprirono
la tenda e allora lei scappò spaventata, trovando sulla strada due soggetti
che la volevano aiutare, riconoscendoli nelle foto del Calamandrei e del
Narducci; nella foto contraddistinta dal n. 8 le sembrava di riconoscere uno
degli uomini che le prestarono soccorso e che poi le mostrarono le foto 3
La P.G. dava atto che nelle foto 3 e 5 era ritratto Narducci remire)

foto 8 Calamandrei Francesco. Nelle dichiarazioni del 18 Dicemb

Malvetu testualmente diceva :“Leggendo il Corriere della sora del 12/2004
vi posso certificare senza ombra di dubbio che ho riconosciuto anche il Lotti
anche in particolare, riconosco Fernando e poi il vis me lo ricordo,
Camanga, uguale, le raccordo il nome Camanga”. costei scriveva una
lettera il 21 Aprile 2005, all’Ispettore Borghi, dove riferiva: “ho trovato altre
ipotesi che conferma quello che già vi ho parla convinta al 100% di
essere stata manipolata dai mostri di Firen saperlo”, e poi dirà di
essere stata interrogata all’epoca su qu cr anze anche dal “poliziotto
Ubaldo Nannucci”. dA

Altre dichiarazioni farneticanti sono N rese il 20 Aprile 2005 dinanzi ai
P.M. Dott. Mignini e dott. Crini in Roma, negli uffici della Carlizzi, sempre
quale p.i.f., da Marinacci Elisabetta, la quale riferiva: “Premetto che io sono
amica da lunga data di Silvia Salomone 8! che ho conosciuto al conservatorio
di Santa Cecilia. Circa q
dell’Istituto Marco Pol resso la scuola media Franco Ferrara di Roma.
Recentemente parl on Silvia le ho detto dove insegnavo, e per
rimarcare questa affermazione e anche il fatto che il Ferrara fosse stato
nostro docenti irezione di orchestra, Silvia ha mostrato un vivo interesse
per questa fig ha fatto capire che avrebbe gradito sapere qualcosa di
più di questo personaggio, poi mi ha invitato a parlare dell’argomento con
Gabriel izzi amica della stessa che io non conoscevo, poi ho avuto un
io con quest’ultima, con la mia amica Silvia, mi pare fosse Gennaio di
82. Poi mi ha fatto domande sui rapporti di mio padre nell’ambiente

(direttore all’epoca della stazione ferroviaria di Firenze S.M. Novella)
8 (e quindi del 2005)

0000000000 000000000 000000000 000000 000000000 000000000 184/212 0000000000000 000000000000 96000090095 0000000000

IIUV: Ha AZ I //UO AVIS: LUAL

Don AI IV Mar: e 000900000009G0GI0II9IPANIAIITI9I00000PA0AI90ICICCONPA09G0$GOI09I0209980990909

Perugia. Nel ’73 mio padre si era operato di ernia al disco presso il professor
Scaglietti di Firenze e che sia per questo episodio, sia per la paraplegia che
lo colpì in seguito all’incidente automobilistico che subì nell’anno ’96, mio
padre ha poi frequentato il centro traumatologico ortopedico di Firenze, tra |
quali collaboratori di Scaglietti c’era anche lachia”…“L’episodio di P.G. che ho
descritto è accaduto pochi mesi prima della morte di mio padre, morto
esattamente il giorno prima dell’omicidio degli Scopeti, il 7 Settembre 1985.
Durante il viaggio verso Milano decidemmo di fermarci a San Casciano
perché io dovevo fare una tesi di storia della musica e stavo approfondendo il
periodo medioevale….Mio padre soffriva di disturbi gastrici che derivava
dall’immobilità e quindi entrammo nel centro di San Casciano, c’è ni
farmacia, che so essere quella del dottor Calamandrei e ci siamo
acquistare il farmaco Exen che mio padre assumeva per i disturbi. Quando
siamo entrati erano presenti in farmacia, il titolare, un uomo di 4 0-45 anni,
abbastanza robusto e uno più magro e molto meno alto d cista che ho

saputo essere il farmacista. Ricordo che aveva questi ca scuri, la pelle
del volto piuttosto scura e l’espressione torva”.

La P.G. mostrava l’album fotografico, e la Mari CAI “uomo che vedo
raffigurato nella foto l’ho visto altre volte e i udo che possa essere il
giornalista conosciuto nella farmacia d lamandrei®. L’uomo che vedo
potrebbe essere il farmacista anche N era più giovane. Da come il
farmacista si è rivolto a mio p avuto la sensazione che si
conoscessero; nel presentarmi il sta mio padre mi disse che era il
dottor Calamandrei; anche il sta presente conosceva di fama mio
padre il quale ha comincia appresentare i suoi problemi di salute. A

questo punto il giornalista (gi al Calamandrei, gli ha suggerito di fare una
visita dal Dottor Narducci erugia e il Calamandrei ha convenuto con il

giornalista; anche | re ha detto di conoscere di fama il Narducci.
Pensavo che dovessimo recarci a Perugia per la visita, e invece il farmacista
parlando a tel n quest’ultimo!” che chiamò in quel momento si senti

aio di giorni e a quel punto il farmacista gli ha detto che

Pesa en
poteva re mio padre nell’ambulatorio annesso alla farmacia €
nto fu così fissato. Aggiungo anche che circa due anni prima mi

tanata da casa dopo una lite con i miei genitori accettando di

dire che tr ‘ultimo si sarebbe dovuto recare a San Casciano val di
n
e

8 (la P.G. dava atto che si trattava dell’effige del giornalista Spezi)
“ (e, cioè, con il dottor Narducci)

(eJeJeleJeJeJeJeX<Ie{*It}c}

vio DE LUCA

6000000000000000000000000000 00 0000000000000 000000009 185 / 212 990000000000 0d 0000000 0000000!

00000d000000000000N0000A 0000000000 NI0N0 00000 0000000000000 0000000000000000909

00000000 00000000 0000000000 00000000 000000000

presentarmi nella zona di Tor Vergara, che aveva inserito un annuncio di
lavoro sul quotidiano il Messaggero. E questo medico che aveva inserito un
annuncio sul Messaggero, mi ha tenuta segregata con violenze e minacce
nella mia abitazione per circa quattro mesi e durante questo periodo mi ha
portato anche in Toscana ma non ricordo dove; all’epoca quest’uomo aveva
48 anni, rammento anche che questi aveva amicizie molto importanti. Posso
dire che al momento di lasciare la farmacia, sentii il giornalista rivolgersi al
farmacista chiedendogli, “è uno dei nostri?”, alludendo a mio padre. La cosa
mi colpì tanto che in auto chiesi a mio padre spiegazioni di quell’espres ione
ma mio padre non mi rispose come faceva quando non voleva ci
interessassimo di queste cose. Non so se questa domanda potes ludere
alla massoneria, di cui comunque ho sentito parlare in casa, do aio di
giorni tornammo alla farmacia del dottor Calamandrei e lì inco mo un
dottore che mi venne presentato come il dottor Francesco N cci. Posso
dire che quest’uomo, avrà avuto trent’anni, mi colpì per i l’aspetto, aveva
capelli e occhi chiari, all’incirca uno e settanta, lo “non perfettamente,
e

non c’è dubbio, 1, 2, 3 e 4, ma in particolare nel foto numero 2. Era una
persona distinta, vidi che parlava con il farmacist i sembrò proprio che si
|

dessero del tu, dopo un breve colloquio sali piano superiore della
farmacia e quindi con il dottor Narducci, la ita durò circa un’ora e anche il
Narducci consigliò l’intervento suggere o a io padre una gastroscopia;

aggiungo anche che mio padre fri Da va personaggi importanti come
Saragat, Gronchi, Piccioni e conos bene Gianni Ferrio e la cantante

Mina”. O
Il Narducci, che poi lei aveva riconosciuto era stato introdotto dal musicista
Ferrara, nominato nelle zioni di Fargi Simonetta del 27.4.2006, la

quale riferiva, per il p qui interessa, che lei era la nipote della sarta
amica del Vinci e Itimo gli aveva riferito che in realtà il “mostro di
Firenze” non era i iani ma il figlio naturale del musicista Ferrara, il quale
all’epoca del iornava in Castelletti a Lastra a Signa, era un depravato
ed aloolizzatN e della Locci, e sosteneva che quella sera non fu il Mele,
che era stato c ndannato con sentenza passato in giudicato, a commettere
gli omici a il Ferrara, di cui ha parlato anche la Marinacci, il quale sparò
alibro 22 che aveva lui, e che poi aveva passato al giornalista, suo
urale, il quale poi con la medesima pistola avrebbe commesso tutti i
cessivi sette duplici omicidi, protetto prima dal Questore Corrias, che era
e lui sardo, che, a sua volta, proteggeva i sardi che operavano i sequestri

900000000000 0000000000 00000000 0000000000000 000000000 186/ 212 000000 00000000000000000$0000000; a0go00000000

Proc. n. 1277/0V3 KG. NK FIUU, Il ULI/U*T IVO VAL
000000000000000000900000009000000000900I0000000I0000N00N0ANN00000C0000000N000N0N000000ì0000000T000000000900990999090A

in Toscana, e poi che era ugualmente stato coperto dal dottor Manganelli,
all’epoca non ancora capo della polizia.

Occorre ora far riferimento al fascicolo n. 5/96 squadra mobile Sam, datato
25 Gennaio 1996, nel quale risulta allegato il verbale delle sit rese da Ulivelli,
gestore del bar Centrale di S. Casciano, il 17 Gennaio 1996. A domanda, “Se
tra i suoi clienti figurano Lotti Giancarlo, Vanni Mario, una certa Gabriella e
tale Norberto”, l’Ulivelli replicava: “Conosco il Lotti che è un mio cliente da
diversi anni, è un tipo chiuso con pochissimi amici Rosario Borsi e Giorgio
Casini”. Poi, a pag. 2, “conosco Vanni, il Vanni Mario non ha mai commentato
le indagini sui delitti del maniaco, oppure le cronache sul processo a cari i
Pacciani, anzi mi sembra che quando c’era qualche servizio te avisivo
Pacciani non era nemmeno presente nel bar. Per quanto iguana Gabriella
e il Norberto”, (riferendosi al suo convivente Galli Norberto) “io i conosco
o, meglio, mi sembra di non conoscerli personalmente, poggio invece che
talvolta una donna di nome Gabriella telefona al b rca Giancarlo,
l’ultima volta è stato proprio domenica 17 gennaio ] corso intorno alle
18 mi sembra, ho avuto l’impressione che essa sia ami di Giancarlo perché
telefona spesso. Poi c’è un’altra donna che pd, , e che si fa chiamare
Filippa. Questa anzi alcuni anni fa “i mento e nte insieme a Giancarlo.

Apprendo da voi che Norberto è il m i Gabriella e che entrambe
abitavano a San Casciano”. Poi a doma , “Conosce un uomo di nome
Pucci Fernando che è stato amico Ji Lo Giancarlo? Questo Fernando è
celibe, di mezza età, abita a (on e Firidolfi”, l’Ulivelli rispondeva: “non
conosco questa persona fra i enti”. A tal proposito deve evidenziarsi
come il Pucci, invece, avesse dell che era un frequentatore del bar Centrale
insieme a Giancarlo Lotti, Ue vedeva tutto. Altra domanda: “Quali erano i
frequentatori che si att o di più al bar centrale? Quali nomi lei ricorda
dei suoi clienti che f topitano il suo locale?” risposta: “Non sono in grado
di ricordarlo a c gli anni trascorsi; sono sicuro però che non avevo
come clienti ab anni e il Lotti” ; “prendo atto che voi mi dite che non è

i il

molto verosimile io non ricordo nessuno in rapporto alla gravità di un fatto
che dest Ita risonanza, ma ripeto, io non ricordo nessun cliente in modo
meglio, posso dire che tra i clienti abituali giornalieri allora
maresciallo Sordi Adolfo che ha cessato l’attività ma la cui moglie
gozio in Piazza Perozzi, il farmacista Calamandrei Francesco e i
ollaboratori, la pasticcera Ciappi che ha il panificio davanti al mio bar, il
ivendolo Matteuzzi Dino, il merciaio Brunetto Soffici, l’elettricista Grassi

0000000000 00A000000 000000000000 00000000000 0000000O 187/212 000000000000 0000 00000 0000000009000 0g0 000000000

Proc. n. 613/04 RG. GIP

19000000000 00000000 0000000000000

9000000000000 000000000 0000000000000 000000000 0000000 c0000000n00000 000000000000000 00000001

Paolo con i figli, le famiglie Visibelli e Rossi che abitano accanto al bar, poi
ancora, Nardini Bruno, Montecchi Ovidio, Baldini Renzo e Caiani Mauro”.

Dichiarazioni di Marchi Mario, gestore dell’altro bar Sport, sito nella stessa
piazza centrale di S. Cascaino, del 18 Gennaio 1996 :“Voi mi chiedete di
indicare i nomi di alcuni avventori abituali in ordine all’85, posso citare Pietro
Nieddu, Via Macchiavelli, Romano Mugnaini, Via Borromeo, Romano Pucci,
Colle D’agnola, Andrea Lastraioli, Borgo San Chiani, Renzo Baldini, Barbiere
in Via Roma, Carlo Soffici, costoro sono clienti anche ora, giocano a ca
arrivano alle 21.30,22.00; ovviamente conosco il Vanni e il Lotti ma
con loro particolare rapporto di amicizia. A proposito di questi ulti
loro sono clienti di vecchia data, il Vanni capita la mattina e i eriggio,
mentre il Lotti capita il tardo pomeriggio e dopo cena fino alle ore 22,30.
Mentre il Vanni ha mantenuto costante nel tempo i suoi orario di frequenza al

bar, il Lotti ha aumentato il ritmo delle visite degli ultimi , entrambi a volte
si recano anche al bar Centrale”… “Qualche volta il n Lotti si trovano
insieme mentre le altre volte ognuno ha la sua co ia, il Vanni viene con
il suo amico Bernardoni Sandro che ha una a artificiale con un altro
soprannominato Coppi, due amici del Lotti sono e Casini Giorgio e Corsi
Rosato e un tale Galliano che fa il ore, Emiliano che abita a San
Casciano. Voi mi chiedete se conosco un al mico del Lotti che si chiama
Pucci Fernando e che mi dite abba inza agro e che mi dite abitante a
MonteFiridolfi, non che possessore ciclo moto ape Piaggio, io avrei
bisogno di vedere una foto di qu sona perché anche se è venuta nel
bar non associo il suo nome a fisionomia. Prendo atto che mi dite

che Fernando e Giancarlo na Sag più amici dal Settembre 85, Giancarlo ha
dato il recapito pià r a due donne, e qualche volta l’hanno
cercato, Gabriella di Fir Filippa, la prima ha chiesto di lui per telefono
quattro o cinque mesi f. seconda diverso tempo ma credo sia emigrata in
un altro comune. Giancarlo parlando di loro ha detto talvolta che non
facevano lam con lui”…“Voi mi chiedete se il Vanni e il Lotti
commentano DAN li di giornale o i servizi televisivi che parlano dei delitti
del mostro”, il Vanni legge in silenzio il giornale ma non l’ho mai visto quando
davano tra sioni in televisione anche perché alle 19 lui è bello e tornato a
casa. || non legge il giornale e guarda solo dei film. A volte qualche
avvent a stuzzicato il Vanni sollecitandolo a commentare le cronache sul
processo Pacciani ma lui si è chiuso in un assoluto mutismo. Mi sembra

que che abbia paura; il Lotti da parte sua si è limitato a comunicarmi di

(eleJeJaJefelefelele]

9000900000 AA000A00 0000 000000000000 000 N 0A A00000000000 188 / 212 0000000000000 00H000v000006000) DOO,

Proc. n, 1277/03 KG, NK SEDIE Eloinmen

000000000000000000 0000000000000 000000000000 000000000 0000000000 00000000000 00000000 0000000000 000000000000 0000 0000000000000

essere stato convocato a Firenze e avevo intuito che poteva essere stato
dalla Polizia perché a volte siete venuti a chiedere di lui”.

Persone che non hanno riconosciuto il Narducci a San Casciano.

Deve evidenziarsi, tuttavia, che oltre alle persone che hanno riconosciuto, sia

pur con non poche contraddizioni il Narducci quale frequentatore del paese di

S. Casciano e dei luoghi limitrofi, vi sono anche soggetti che, sentiti quali
pp.ii.ff., non lo hanno affatto riconosciuto.

Sommarie informazioni del 30 Luglio 2003 rese da De Giorgio Amelia, gi
convivente del Martelli, proprietario di Villa La Sfacciata. Veniv ato
l’album fotografico e a domanda: “Ci risulta che ha abitato ne i; 80 a
Villa La Sfacciata” ci può dire quanto tempo ha abitato e i
inquilini?” rispondeva: “A villa La Sfacciata ho abitato dall’83 fi 0 E
dell’85. Prima ho abitato nella cosa colonica di via Gi ietro la Villa,
all’epoca convivevo con Paolo Martelli figlio del proprietario e in questa casa
colonica sono andata ad abitare alla fine degli anni ’80. illa La Sfacciata
ho abitato dall’83 fino al Settembre ’85, poi dopo andata non più a Villa
La Sfacciata, ma alla colonica o smo e forse c’era anche
l’appartamento del Reineke.”…”Quando = andati ad abitare nella villa,

degli inquilini dei vari appartamenti rico tedesco che seppi essere
quello che all’epoca trovò i due tedesch poi c’era la famiglia Fiaschi,
moglie e figlia, poi c’era lacobelli cor a sua compagna, poi Renzo
Montagnani che aveva la moglie ir è e poi c’era anche una coppia della
quale ricordo solo il nome di adia. Fino a quando sono rimasta alla villa
non ho conosciuto altri inquilini. Le veniva chiesto se nella villa abitasse
anche un americano di col la De Giorgio rispondeva negativamente; poi
le veniva fatto presen in un verbale di dichiarazioni testimoniali
precedente avrebbe vece che vi abitava il Reinecke e lei replicava:
“non me lo ricord zi mi sembra proprio impossibile che io abbia detto
questo”. Le v strato l’album n. 9 del 2003 e dichiarava: “La persona
ritratta nel primo lio e la cui foto è contraddistinta dal numero tre ha un
volto noto non conosciuto, si tratta di un volto che anche nella foto
numero embra noto, anche se non mi sembra la stessa persona”
le foto si riferivano al Narducci). “La persona ritratta nella foto 20 e
‘essa è un volto noto e mi da l’impressione di un volto che abbia
e) vedere in televisione o sui giornali a differenza della foto già detta
numero 3 che tenderei ad escluderla di poterla aver vista pubblicata. La foto

0000000000000 000000000000 0000000000000 00000 000000000 189 / 212 0000000000000000000 0000000940000 000000000

SINTONIA SIE ATO ARE LYAN Proc. n. 613/04 RG. GIP

9900090000 000000000 009000000 CAV 0000000 0000000000000000000 0000000 000000000000 000000000000 000000000 00A00A 000000000000

20 e 21 sono quelle del Calamandrei. Vi chiedo se posso far intervenire mia
figlia che all’epoca stava con me nella villa, può darsi che lei possa ricordare
qualcosa, e quindi si fa venire la figlia che si chiama Francesca Regers”. La
P.G. acconsentiva e mostrava alla Regers l’album; dopo averlo visionato
costei dichiarava: “delle persone raffigurate mi colpiscono quelle della foto 3 e
della foto 20 e 21 ma non so dirvi nulla”. L’ufficio faceva presente che la foto
numero tre era quella del Narducci e quelle nn. 20 e 21 corrispondevano al
Calamandrei. A domanda se avessero loro detto qualcosa, entrambe, madre

e figlia, rispondevano negativamente.

Sommarie informazioni di Sbraci Adriana, del 1° Agosto 2003, già moglie di
Martelli Franco, proprietario della villa La Sfacciata, la quale lar va: “ho
abitato alla Sfacciata dall’83 fino all’88, data in cui la villa è stata nduta, mi
si chiede di ricordare i nominativi di chi abitava negli ro del ti dietro la

villa e io vi dico non ricordo esattamente chi erano, ricor tedesco che si
chiamava Reneker perché fu lui a trovare i cadav pag. due: ” nel

periodo in cui ho abitato alla Sfacciata non ricor egli appartamenti
posti sul retro della villa La Sfacciata vi abbia abi cittadino americano
p

di colore, ricordo soltanto che forse vi ha abi run breve periodo un
fotografo o un disegnatore di moda, cre o che però io non ho mai
visto nè conosciuto”; la P.G. mostrava |’ tografico numero 9 del 2003
e lei diceva: “non conosco alcuna del ne ritratte all’interno dell’album”;
a quel punto la P.G. indicava alla Sb oto n. 26, corrispondente al nome
di Parker Robert e la Sbraci ri i non conoscere assolutamente la
persona ritratta nella foto 26 né | ava mai sentito il nome Parker.

dichiarava di conoscere i mandrei ma non ricordava di averlo mai visto
alla trattoria del Ponte Rotto, da lui assiduamente frequentata. Il Grassini
all’epoca lavorava alla Draga del Ponte Rotto, ove nell’85 vi si trovava a
lavorare anche Lotti Giancarlo. Poi aggiungeva testualmente: “In quegli anni
io frequentavo che ristorante della zona tra cui il ristorante Leoncini da
Nello, la “ niifietta del nonno” a San Casciano, ricordo anche di aver
rattoria al Cencio, ubicato in località Ponte Rotto e di proprietà
o. Posso affermare inoltre che nel periodo in cui ho lavorato
Lotti anche lui insieme a me frequentava la trattoria del Ponte
Rotto, io ci andavo quasi sempre di giorno a pranzo, ma è capitato alcune

he ci si è andato in compagnia di amici anche la sera. Ricordo che in
cerie occasioni è capitato di vedere delle persone di ceto sociale diverse in

Sommarie informazioni Î Cala rassini Alessandro _il 4 Agosto 2003; egli

(eLe]e]eJeJe{e[sJelefefefelels[e]*]

. Silvio DE LUCA

000000000000000 0000000000000 000000000 000000000000000 190 / 2 1 2 (eleleleJelele[eJeleleTelefe]elefeI*IoleTefe]e{efe)

Proc. n. 1277/03 RG. NR Proc. n. 613/04 RG. GIP

000000000000000000000 000000000 0000000000000 00000000000 000000 00000000000 00000 00000000000 0000000000000 00000000000000000000

quanto ben vestite ed eleganti, mentre la sera era frequentato da gente di San
Casciano e da clienti abituali di Firenze”. Gli si mostrava lo stesso album
fotografico contenente 22 fotografie, e dopo averlo attentamente visionato
diceva: “riconosco la persona ritratta nella foto numero 1 per averla vista
sicuramente a San Casciano, nella foto numero 2 ricordo una persona che
ricordo di aver visto in giro a San Casciano ed è il Corsini, non sono sicuro
ma mi sembra che lo stesso qualche volta lo posso aver visto a bere alla
Cantinetta. Nella foto numero 3 mi sembra di riconoscere il De Filippi che ha

un’oreficeria a San Casciano, nella foto numero 6 vedo una persona n

mi è una faccia nuova ma non saprei dire in ogni caso dove l’ho vi tte
queste persone che San Casciano frequentano, ma un conto è Sa iano
e un conto è la trattoria del Ponte Rotto. Nella foto numero 7 riconosco una
persona che ho sicuramente visto a San Casciano ma non r o in che
situazione, non saprei dirvi il nome. La foto numero 7 è hia. Nelle foto
numero 13 e 14 riconosco il farmacista di San Ca ricordo che lo
stesso frequentava la Cantinetta ma non ricordo lo mai visto alla

trattoria del Ponte Rotto”. Il Narducci non veniva nominato, eppure nell’album,
attentamente visionato dal Grassini, vi erano 9 foto del Narducci (nn.
10611). *

Altra p.i.f. ritenuta importante per la Accusa è Matteuzzi Silvano
(dichiarazioni del 26.8.2003) il quale, ore della trattoria Ponte Rotto,
escludeva che ne fosse frequentatore un soggetto di nome Narducci. Il
Matteuzzi dichiarava che il Cal nani rei era stato visto, anche col Vanni,
negli anni 70/80, insieme a ri che con Vanni facevano ridere, definiti
“chiassoni”, e poi tutto con i familiari. Per quel che riguarda invece il Narducci

î visione del solito album fotografico alla
s ‘Ha mai visto nel suo locale le persone
11?”85, rispondeva: “non mi ricordo di aver visto
nelle foto 1, 10 e 11 nel mio locale”.

domanda, in fondo a
raffigurate nelle foto

le persone PA

é+
Sommarie informaz ni testimoniali rese da Bagni Paola, già dipendente della
farmacia Calamandrei dal ’72 all’87, in data 1 Ottobre del 2003, la quale
riferiva: “Ri o che tra il 72 e il 73 iniziai a lavorare presso la farmacia
Calam ei, fu Don Isidoro ad introdurmi… l’unico fatto che posso riferire e

che tata poi licenziata nell’87 perché Pierfrancesco mi disse “abbi
p za, ci viene ora a lavorare mia sorella””…. “Annesso alla farmacia vi
e dei laboratori che il Calamandrei gestiva con i medici. Oltre ai medici di

* (La foto numero 1 raffigurava il Parker, le foto 10 e 11 il Narducci)

191 1212 000000000000 00000000000 000000 (3: (eI-JelcIoJol«oJ-Iej°]

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ALU Ils VLI/USP IV VILI

0000000000000000 00000000000 0000000000000000000000000000000000 000000 000000000000 000000000 00000 000000000000000000000000000

base, quale Ferdinando Zerini, il dottor Guido Ciappi, il Dottor Manzori, il
professor Zucconi, il professor Sertoli, che probabilmente dopo i primi anni si
spostò da un’altra parte sempre a San Casciano. | rapporti del Calamandrei
erano tranquilli, ricordo che ogni tanto notavo il Calamandrei recarsi al bar
per consumare con i sopra citati professori e dottori”.”Per quanto riguarda le
conoscenze del Calamandrei mi ricordo che a volte veniva a cercarlo un certo
Giancarlo detto luris, che so essere cugino dell’attore Giorgio Albertazzi, e un
altro che si chiama Luciano. Mi sembra di ricordare che il Calamandrei
andasse a giocare a tennis con il De Ciutis”. Poi ancora, “all’epoca la lie
del Calamandrei era molto depressa” – pag. 3 – “è capitato che in nacia
capitassero persone in abbigliamento da equitazione in quanto nei dintorni di
San Casciano negli anni ’80 vi erano dei maneggi”. O

Sommarie informazioni testimoniali rese il 15 Aprile 2004 da hi Silvano,
vigile urbano di San Casciano, il quale riferiva: Song cale di polizia
municipale di San Casciano dal 1969, attualmente sono i ore direttivo, ho

sempre abitato a San Casciano, dal ’95 timo slm nuccio Rosanna,
ie

sorella di Carmela, che è stata una delle vittime i al Foggi dei duplici
omicidi dell’81”…“Ho letto sui giornali delle NE] sul medico di Perugia
morto dopo l’omicidio di San Casciano nell’85. Sui giornali ho letto che si
chiamava Narducci, non ho mai visto i questa persona neppure sui
giornali, mi viene detto che second ad di alcuni accertamenti eseguiti
dalla Polizia Giudiziaria il Nardu rebbe frequentato nel periodo
antecedente l’omicidio dell’85 S iano e in particolare il farmacista

Calamandrei, io di tale person avevo mai sentito parlare prima che il
suo nome non venisse si oral

; anche a lui venivano mostrate le foto
contrassegnate dai numeri contenute, nell’album 4 del 2003, riferite
tutte al Narducci. Il Marchi

va: “Dopo aver visionato attentamente tali foto
le dico che non mi sembra proprio di aver mai avuto a che fare con tale
persona, nè posso dire di averla mai vista in San Casciano. Mi viene anche
detto che lo st aveva un auto Citroen DS di colore verde targata Perugia.
Le dico che PAN nto ricordo un auto di quel tipo ma di colore marrone
rosso fegato l’aveva Visibelli Giuseppe che era un cantore del coro del
comunale che stava a San Casciano in Piazza Perozzi ma ora è deceduto.
Non ho memoria di aver visto un auto di colore verde a San Casciano. A
rispondo, le persone che possono aver visto questo Narducci se
ente frequentava la farmacia Calamandrei, possono essere i

nessi che vi lavoravano all’epoca ela commessa che vi lavorava
all’epoca è quella Bagni di cui le ho già letto le dichiarazioni e di cui le leggerò

0pP0 0000000000000

Silvio DE LUCA

0000000000000000000 000000000 000000000 000000000000 000 192 / 2 12 000000000000 000 000000000000

GUP

Proc. n. 1277/03 RG. NK Froc. N. 013/U4 KU, Uli

9000000000000 00000000 00000000 600000000 000000 000000000 0000000000 000000000 000000000 00000000000 00000000000 000000000 0000000

anche le altre successive. Per quanto riguarda l’auto Citroen potrei
controllare, se tale auto risulta mai sanzionata a San Casciano, datemi la
targa” (occorre precisare che il numero di targa gli veniva riferito ed il

controllo sarebbe risultato negativo).

Altre ss.ii.tt. sono quelle ulteriormente rese da Bagni Paola dinanzi al P.M.
dott. Canessa in data 12.5.2004, la quale ha riferito di aver lavorato nella
farmacia del Calamandrei fino all’anno 1989/90 sia la mattina che la sera, per
tutta la settimana. Poi aggiungeva: “Ultimamente come ho detto pri ho
comprato i giornali, incuriosita dalla storia del Calamandrei e del
morto” a pag. 2” nel Trasimeno, ho visto anche la foto del medico m

sembra di avere mai visto prima la persona raffigurata in quelle “. A pag.
3, veniva sottoposto anche a lei l’album con le foto dalla faina e la Bagni,
a: “Le dico che non

dopo averle osservate attentamente visionate, dichia
raffigurano persone a me note, nè conosciute. Lei
raffigurata in tale foto è il dottor Narducci Fra
quello di cui ho parlato prima avendo letto sui

ricorda nessuna persona conosciuta. sei

o, la foto numero uno,
i, le ripeto che non mi
sando alle foto, 1,2e3e 4,

e non so spiegarmi perché,
he voglio riferire. Quelle foto,
| pe e una persona per bene, direi
3 un rappresentante della Chicco, di
acia. Mi è venuto in mente che questo
Silvio poi aveva anche un o che si chiamava Gino, pensando alle
sembianze di Gino così co cordavo, mi sembra di ricordare sembianze
in un certo senso del ti i quelle della persona raffigura nel numero 4 ed il
Silvio era effettivam ppresentante della Chicco, a lui facevo gli ordini
e quindi lui lo rico o. Aggiungo che i Celso non avevano l’accento toscano
ma abitavano a Pi , però l’accento era marchigiano. Dopo essere venuta
via dalla farmacia mi è sembrato di averlo incontrato anche nel negozio
“mondo bi ” di San Casciano, ove lui si trovava per lavoro e dove io ero
andata re qualcosa per mia figlia. Mi ricordo anche che Silvio usciva

ma soprattutto la foto numero 4 a ripens

mi sono venute in mente delle circo

soprattutto la numero 4, rappresenti

angelico che mi ha fatto venire la

nome Silvio Celso che riforniva la fam
t

se

0000 0000000000000 0000000 0000000000000 0000000 00000000 193/212 000000000 00000000000000000000,

A URI Rie darf FI UL O RRSSIiae

000000000000 0000000000000 0000000000 00000 000000000 00000000000 0000000 0000000000000 0000000 0000000000000 000000000 00000000000

rese il 1° ottobre 2003, dinanzi alla P.G. – G.I.De.S. dichiarava: “Dal gennaio
del 1978 all’ottobre del 1983 ho lavorato in qualità di ragazzo di bottega
presso la Farmacia di San Casciano denominata Francesco Calamandrei.
Insieme a me vi erano altri due dipendenti che si chiamavano, Bagni Paola e
Cocchini Gianfranco che so essere deceduto da poco. Non ricordo se fu
proprio il Cocchini, che all’epoca abitava nella stessa via dei miei genitori, a
farmi assumere in quanto si era liberato un posto in Farmacia… Non saprei
indicare gli amici di Francesco. Posso dire che Francesco giocava a Tennis…
in quel periodo era sposato e aveva un figlio e una figlia, rispettiva
Marco e Francesca. Possedeva un Citroen Pallas di colore mi sembr
comunque chiaro. Ricordo che il Cocchini mi raccontò che il C
avesse dei problemi di alcool, ma devo dire che io non l’ho mai vi
Ultimamente, circa due giorni fa, l’ho visto in giro per il paes o trovato
molto trascurato e la cosa mi ha colpito perché lo pù n come una

persona molto più attiva e come una delle persone ricche di San
Casciano. Ho saputo che ha venduto da poco la F ma non so chi

l’abbia acquistata. Per uscire dalla propria abitazione, Francesco doveva
passare o dalla Farmacia o da un corridoio che versava gli Ambulatori.

Quest’ultimo lo usava poco perché essen empre gente in attesa
preferiva passare dalla Farmacia. Non indi se venissero persone di
fuori San Casciano a trovare Francesco a casa, perché io prevalentemente
ero sempre sul retro a mettere a p o. nso che potrebbe essere più
precisa la signora Bagni dal momen e lei stava anche al pubblico. La
P.G. dava atto che veniva mostr iuntini l’album fotografico27/2003,
composto da nr. 10 fotografie. ni, dopo averlo attentamente visionato
dichiarava: “La persona raffi nella foto nr. 1 mi ricorda qualcuno, forse
un medico che ho visto in ia, la faccia mi dice qualcosa ma non saprei
essere più preciso. La raffigurata nella foto nr. 5 è una faccia che io
ho conosciuto, potre ere di una persona di San Casciano che ho visto
all’interno della F cia ma non riesco a ricordare bene in che contesto.
Tutte le altre fo engono a persone che io non ho mai visto”. L’ufficio
dava atto che | one raffigurate nelle foto nr. 1 e 5 erano rispettivamente
Narducci cesco e Jacchia Gian Eugenio.

Sommar ormazioni testimoniali rese da Fantappiè Leda, moglie del
Ma , gestore della trattoria Ponte Rotto, in data 25.1.2005: “Non sono
tata sentita ufficialmente a verbale da inquirenti e forze di polizia,
que qualche volta nel tempo sono passate persone incaricate di
indagini per prendere informazioni. Ricordo che una volta vennero i

0000000000000 00000 non ca000 000009000 Lt

GUP Dott. © DE LUCA

0000000000000 000000000 000000 000000000 A000000A0000000 194/212

Proc. n. 613/04 RG, GIP

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SCELTE ETEVIVE O Ce TS ETt”

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Carabinieri di Mercatale, più recentemente, circa un anno fa, è venuto da noi
un signore che credo fosse il Giuttari, ma non sono sicura, sempre in
relazione alle frequentazioni. In effetti Giancarlo veniva spesso nel nostro
negozio e talvolta veniva anche a cena con la Filippa, non era un
chiacchierone, anzi un tipo silenzioso, un sempliciotto’. A domanda
rispondeva: “con persone un po’ più in vista di San Casciano veniva invece il
Vanni però si parla di un periodo piuttosto lontano nel tempo, ricordo tra gli
altri un tale Pucci, (trattasi solo di un omonimo dell’altro Pucci Fernando, il
quale era gestore di un’agenzia automobilistica ACI a San Cascia un
altro postino, nel frattempo deceduto. Era un gruppo che quando alzava il
gomito era solito fare la cantata. Ricordo la presenza de acista
Calamandrei solo quando era molto giovane, con ragazzi suoi ei, non
me lo ricordo con il gruppo di persone alle quali ho fatto soMaJiferimento:
cioè in compagnia del Vanni. Poi mi vengono mostrate rime quattro foto
del gruppo fotografico 4/2003, non ho mai visto le p 2; ivi effigiate”. ||
P.M. dava atto che le foto riproducevano Narducci Francosco a diverse età.
La Fantappiè aggiungeva: Ricordo anche tti venne da noi
agitatissimo, dicendo che era stato tenuto interrogatorio tutto il
pomeriggio, anche se non mi ricordo esatta e le parole. Sono certa che
disse che l’interrogatorio riguardava i delitti del mostro. Giancarlo si
lamentava che non ne poteva più, ro I era trattato di un impegno
pesante e ricordo che gli dissi che, n vendo niente da nascondere, non
aveva motivo di preoccuparsi e che poteva accettare di buon grado; lui non
raccolse questo suggerimento e Ò a rimanere preoccupatissimo. Devo

OT

anche dire che vi è stato un al odio che mi è parso strano e mi aveva
lasciata perplessa, tuttavia i uito non ci avevo pensato proprio perché
Giancarlo mi sembrava nte un giovanotto modesto e inoffensivo.

ocale, se mal non ricordo, il lunedì successivo
iano e quindi, se non sbaglio, siamo nell’82. lo
ero al banco e vi no 4 o 5 avventori che adesso non posso ricordare,
intenti a parte elitto che era un po’ l’argomento del giorno. Ricordo che
uno di loro chie otti che era lì presente che cosa ne pensasse, Il Lotti si
discostò, volendo partecipare alla discussione e disse distintamente che
lla, che lo lasciassero stare, se no chiacchierava troppo, lo

volte e in modo da far pensare che sapesse qualcosa, tant’è che mi
Izai la voce e gli dissi che se aveva delle cose che andasse dai
inieri però Lotti fece la spese e se ne andò. Mi fece tanto arrabbiare,
un momento pensai io di andare dai Carabinieri. Il tedesco Hainz lo
ricordo bene perché era un personaggio che è venuto nel corso degli anni,

L’episodio accadde nel
al duplice omicidio di

9000000000008600 000000006000 A0P0000 000000000 000000000 195/212 900900000000 0000000000000 pv 000000000

Ala VASIUT Avi var

Proc, n, 15///U35 KG. INK AIUL:
0000000000000000 0000000000000 0000000 0000000000000 0A0 0000000000000 0000000000000 000000000000 000000000000 0000O 00000000000

unendosi al Vanni e al Lotti, più al Vanni che al Lotti, per far girate,
scampagnate …. Circa la presenza di Pacciani nel nostro locale, anche se
non sono certa, posso dire che una domenica pomeriggio il gruppo del Vanni
e del Lotti, con altri che ancora non ricordo, aspettava con una certa
trepidazione che il gruppetto non sapeva se sarebbe venuta o meno, in effetti
poi questa persona arrivò e quindi avendone in seguito parlato con mio
marito sono abbastanza certa che quella volta sia venuto da noi il Pacciani.
Ricordo che tra i motivi di apprensione sul mancato arrivo di questa persona
vi era anche il dubbio che avesse capito di andare alla Cantinetta”.

Sommarie informazioni rese dal prof. Morelli Antonio il 19/6/2003 – pat
quale riferiva: “non ho mai sentito dire che il Narducci abbia frequei tato a
qualsiasi titolo Firenze. Lei mi chiede a questo punto di riferire se sono al
corrente di feste o festini, tipo quelli che io ho riferito con c rancesco
Narducci abbia partecipato a Firenze, io come ho già d di Narducci a

Firenze niente so e tantomeno di partecipazione a fest fi i”,

Annotazione della P.G. del 4 Luglio 1988 — pa , nella quale, con
riferimento alla circostanza evidenziata da al p.ii.ff. secondo cui il
Narducci sarebbe stato avvistato a San a a n una Citroen verdolina
in Piazza Perozzi, si riferiva che nessun egli utomezzi di sua proprietà o
in sua disponibilità, avendo fatto la

della sua famiglia, del padre e dell
elettronico della questura di Fir

preventivi anti mostro. Nella st notazione si riferiva testualmente “In
relazione alla data del 23 |\ orzo ell’87 riguardante il Narducci abbiamo

accertato che il Narducci lavorava presso la facoltà di Perugia, dell’università
di Perugia, la cattedra è stente di medicina e chirurgia, …. ha avuto un
congedo per motivo di studia dal 16.9.81 al 31.12.81 dovendo frequentare un

corso di specializz a Philadelphia in Usa”.
Annotazione doi Ca binieri di Perugia del 2 marzo 2005 per il P.M. dott.

Mignini, per ev ale contatto del Narducci con la società farmaceutica
Monari di Freno, relativa ad un colloquio con il dottor Giovanni Aleotti

da che su quelli in disponibilità
a, risultava inserito nell’archivio
me controllato durante i servizi

membr cutivo della società, per l’esigenza di reperire eventuale
documeniazione attestanti il tipo di rapporto avuto da quella casa
f tica con il Narducci. Successivamente al colloquio, in data

.2004 veniva acquisito presso la sede materiale documentale relativo alle
prestazioni professionali effettuate dal Narducci in favore della Menarini srl; in

196/212 000000000000 000 00000000 00000000900 09000000000

rivio DE LUCA

0000000000000 000000000 00000000 0000000000000 000000000

Froc. n. 12 ///U3 KG, INK ALUV: Il: VLESIUT Avi via
6000000000000000.09000000000 0000000 0000000000000AVANPACA000N 000000 A000000N00000I000000000000000000000N00000000000009

data 18 Gennaio 2005 veniva escusso Ugolini Giancarlo, responsabile delle
politiche ospedaliere presso la casa farmaceutica Menarini, il quale
specificava il rapporto avuto dallo stesso per conto della Menarini con il
Narducci, precisando di non averlo mai incontrato a Firenze.

Poi a pag. 2507 dell’incarto generale vi è un annotazione del colonnello
Rotellini, datata 4/7/88 su Petricci Francesco e anche in tal caso si riferiva
che risultava accertato documentalmente che il Narducci dal 16/9/81 al
31/12/81 aveva frequentato un corso di specializzazione presso l’università di
Philadelphia. A pag. 2 riferiva che nessuno degli automezzi di propri i
disponibilità del Narducci risultava inserito nell’archivio elettroni

Questura di Firenze, come controllato durante i servizi preventivi svol

S.A.M..

In un altro rapporto dei Carabinieri di Firenze del 5.2.87, ivo alle voci sul
Narducci, riportava: “Dopo l’evento sono corse insistenti i che la morte del
professionista sarebbe avvenuta per suicidio e stesso avrebbe
compiuto tale gesto perché sarebbe stato l’autore a serie dei duplici
omicidi avvenuti in provincia di Firenze”. Le s voci, peraltro, secondo
tale annotazione, riferivano anche che il Nar ebbe stato impotente.

Dal registro delle assenze dell’osped e N dove il Narducci lavorava,
riferito dall’anno 78 all’anno 85 risul giorni di assenza per malattia
nel mese di febbraio 1983, oltre ai i ordinari e straordinari per studi e
convegni. Ò

Spagnoli Francesca, mogli
occasioni. Nelle sommari

o del arducci, è stata sentita in innumerevoli
rmazioni testimoniali dell’8 febbraio 2002

costei riferiva testualmente a pag. 2: “ci siamo sposati nell’81, avevo
vent’anni e France e aveva 31”… “mio marito rimase ininterrottamente

negli Stati Uniti, all’ ersità di Philadelphia nel corso di settembre al
dicembre pr”. A dor anda, pag. 4: “capitava che suo marito si assentasse per

un certo perio i tempo,anche per frequenze, circoli o associazioni?”

rispondev ssolutamente no”. A pag. 7, a domanda: “suo marito aveva
comun orti con Firenze?” rispondeva: “finché è stato vivo non ho mai
avuto do di supporlo”. Ripeteva poi che suo marito si era recato in
A nel periodo settembre-dicembre di quell’anno. Poi venivano mostrate

pagnoli copie dei due articoli del quotidiano “la Nazione” del 28 e 29

&% (v. pag. 2548 dell’incartamento generale)

0000000000000 0000000000000 00000000000 000000000000 000 197 / 2 12 00000000000000000000000 0000000

Proc. n, 1277/03 RG. NK niuvi ne vere in

1000000060090600000000000000000000PPC000H000A0P0000000N0000000I00GN0000000 0000000 G000000000000000090009000000900999909

settembre 85, relativi ai delitti attribuiti al cosiddetto mostro di Firenze. E alla
domanda: “suo marito leggeva il quotidiano La Nazione? Suo marito ha mai
parlato con lei di questa vicenda?”, la Spagnoli riferiva: “Mio marito leggeva il
quotidiano La Nazione e forse qualche volta ne avremo anche parlato della
questione ma non ricordo nulla di preciso”.

Sommarie informazioni Spagnoli al P.M. di Perugia del 20 febbraio 2002. A
pag. due a domanda: “suo marito il sabato lavorava?”, la Spagnoli replicava
che egli lavorava solo al mattino e alle ore 13.30 era casa. Sommarie
informazioni Spagnoli del 22.4.2002 al P.M. dott. Canessa e al dott. Gi i
pag. uno: “nemmeno per caso mi è capitato di parlare con lui dei d
mostro di Firenze, non era un argomento sul quale abbiamo mai pori
conversazione. Non ricordo di essere mai venuta a Firenze con mio
venivo a volte alla Sambuca, mio padre aveva una azienda di alimentari, mio
marito non è mai venuto con me in tale località”. A domengPzpondeva “non
mi vengono in mente circostanze 0 fatti della vita arito legati a
Firenze”…“per quel che ne so non conosceva Onoscut enze”. A pagg. 2

e 3: “nessuno degli amici di mio marito da me cono iuti era di Firenze”.

o 2002: le veniva chiesto
in costanza di matrimonio e
io conobbi Francesco aveva

Sommarie informazioni rese dalla Spagnoli il
di tutte le macchine che suo marito av
lei ne forniva l’elenco, specificando: i
una BMW bianca che vendette poc del matrimonio?” per acquistare
una Ritmo metallizzata e che poi o, un anno prima della morte di
Francesco, vendette la Ritmo n e una CX verde? che dava quasi sul

celeste, che aveva acquistat rofessor Rino Napoli che era a Perugia da
molti anni”.

Sommarie informazioni testimonial della Spagnoli del 17 marzo 2003 rese
dinanzi alla P.G., anda: “più volte ha detto che suo marito aveva

bisogno di un ipendenza, forse eccessiva, a causa di questo si
allontanava ai er intere giornate” la Spagnoli riferiva: “Ribadisco il
concetto es sc più volte e sottolineo ancora. Francesco è una persona
estrema introversa. Alcune volte capitava che avevamo degli screzi.

e all’anno 1981)
circostanza probabilmente è errata, risalendo la vendita ad un anno prima,

si evince documentalmente, risultando che dal 2 luglio 1985 il Narducci era
stato proprietario proprio di una auto Citroen di colore verdolino, acquistata usata
dal prof. Rino Napoli con atto di proprietà del Napoli, risalente al 14 gennaio 83)

9000000000000000000 000000000000 000000000 00000000000 198/212 0000000000000 000000 0000000000 00g0

90000000000000000000000 000000000 0000000000000 00000 A 000 0000000000000 000000000 0000000000000 0000000000 000000 00000000000 000

Non riuscivo mai ad avere un contraddittorio con lui perché ergeva un muro
impenetrabile. Alle mie rimostranze circa questo comportamento che io
ritenevo e ritengo anomalo, Francesco troncava e andava via, rimanendo
fuori casa per ore, rimanendo fuori casa fino al suo rientro che avveniva fra le
ore 22 e le ore 24”…” Lei mi chiede di specificare ancora meglio e io rispondo
dicendo che i giorni in cui avvenivano tali avvenimenti,vale a dire i litigi, erano
prevalentemente il fine settimana, sabato e domenica”.

Sommarie informazioni testimoniali, sempre della Spagnoli, del 26.6.2006:
“Ho saputo dopo la morte di mio marito che lo stesso aveva coltivato rel
extraconiugali specie con infermiere Non solo, ma me l’ha detto an
cognato Gaetano Paludetti. E mi ha detto anche che Francesco d

alle infermiere più avvenenti. Qualcuno mi aveva parlato
signora che abitava in Via dei filosofi che avrebbe avuto una rel

Francesco”, (04 o
Sommarie informazioni di Spagnoli Francesca del 2 . Domanda: “ci
furono periodi in cui Francesco si allontanò per svari ivi?” risposta: “Sì,

diverse volte per alcune ore. Accampando motivi quali la noia”. Seconda
domanda, alla pag. successiva: “è vero c cesco aveva interessi
esoterici?” e lei rispondeva: “no, è la pri che lo sento,non ho mai
visto pubblicazioni o altro attinenti. quest materia”. Altra domanda:
“Francesco si è mai vestito da cavalle , “no, sicuramente no da quando
l’ho frequentato io”.

ione con

Sommarie informazioni rese d gnoli il 21.1.2005: “Confermo anche il
fatto”, a pag. 1, ‘che mio di tanto in tanto sentiva il bisogno di
andarsene senza dirmi do ava a casa la sera tardi. Ciò è accaduto 4
o 5 volte a quanto ri d era conseguenza di litigi che potevano

nfermo l’episodio avvenuto una domenica. Non
ag. 2443 dell’incarto generale. Alla successiva pag.
eriva: “confermo l’episodio avvenuto una domenica, non
ricordo Perosa MI isa, quando Francesco rimase silenzioso presso la casa
dei miei genitori presso cui ci eravamo recati a pranzo e poi tornati a casa
dopo av to. Lui colse l’occasione per allontanarsi senza dirmi dove e
casa la sera tardi”… “accadde tra l’82 e l’83 durante una cena a
ia sorella Beatrice, quando Francesco sene stette in silenzio per
la serata intento a leggere il giornale”. Sommarie informazioni
oniali del 22 gennaio del 2005. “debbo precisare che l’episodio del

0000000 00000000000000A000 000000000 NA000A000 000000000 199/212 TOA,
UP ilvio DE LUCA

scoppiare per vari m
ricordo l’epoca preci
2446 la Spagnoli

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000000000000 0000000000000 000000000 0000000000000 00000000 000000000000 000000000 000000000 00000 0000000000 000000000000 00000000

litigio con Francesco” a pag. 2451 incartamento generale “dopo essere stato
a pranzo dai miei genitori non si è verificato nel settembre 85 ma prima.
Ricordo che gli episodi con conseguente allontanamento di mio marito senza
dare notizia di sé avvenivano di sabato e di domenica”.

Sommarie informazioni testimoniali 27.5.05 rese da Spagnoli Francesca al
P.M. di Perugia dott. Mignini: “L’8 ottobre 2005 Francesco mi pare proprio
che indossasse un paio di Lacoste di colore blu”, riferendo altresì di aver
trascorso le vacanze estive col marito all’isola d’Elba nel luglio dell’anno 85.

Vi sono poi le sommarie informazioni testimoniali rese dal prof.
Mario, testimone di nozze dei Narducci il 26.2.2003: “Dopo la
Narducci (avvenuta l’8 ottobre 1985) sulla stampa fiorentina
Narducci come coinvolto nei delitti del “Mostro”. “Ricordo anche che qualche
tempo dopo la sua morte apparvero sulla stampa fiorentina degli articoli che
alludevano ad un possibile coinvolgimento di Frances ella vicenda dei
delitti del cosiddetto “Mostro di Firenze” e so che il professor Ugo, tramite il
legale di fiducia, fece arrivare una sua diffida al aaa diffida che fu poi

pubblicata”
Veniva sentito quale p.i.f. De Megni A VAN in data 18.6.2002
dichiarava di aver saputo da tale Binazzi inco, amico del Narducci, che

quest’ultimo frequentava a Firenz un gruppo di persone “poco
raccomandabili”.

Anche il Binazzi veniva sentito essa data, confermando quest’ultima
circostanza e riferendo, altresì, che Francesco (Narducci) e gran parte dei
suoi amici avevano “tenden essuali”.

resì, le ss.ii.tt. rese dall’Avv. Pietro Fioravanti,
a fornito molti particolari a lui noti, essendo stato
sentito il 5 ed il ivo 17.2.2002 dalla P.G. nonché il 22.1.2003 dai PM
di Perugia e Fonza uale persona informata sui fatti. Tra le altre cose ha
dichiarato ch ti a dire di Pacciani erano “minestre del diavolo tutti di
faca” , che Pacciani gli aveva confermato di aver frequentato
go Indovino (come la stessa Ghiribelli); Pacciani inoltre gli
to del farmacista Calamandrei come di una persona interessata a
i magia. Pacciani, inoltre, lo aveva invitato ad interessarsi della

o) i un giovane medico avvenuta nel lago a Perugia perché, a suo dire, il
chiarimento di quella morte sarebbe andato a suo vantaggio.

Sul punto occorre riferi
legale di Pacciani, il

00000000000

ilvio DE LUCA

00000000000000000 00000000 000000000 000000000000 000000 200/212 000000000000 000000 an 0000000000

Froc. n. 15///05 KG, NK Proc, n, 613/04 RG. GIP
00000000000 00000 0000000000000 00000000000 00000000000 000000000 00000000000 000000000 00000000 000000000000000000 0000000 0000000

Altra annotazione, redatta in data 22.11.2004 dal sovrintendente Borghi, nella
quale si riferiva : “Continuando a parlare il Fioravanti raccontava che stava
preparando un libro sui fatti del “Mostro di Firenze”. Il legale riferiva inoltre di
essere a conoscenza che Francesco Narducci aveva in sua disponibilità due
stanze all’interno di Villa Corsini. Infine aggiungeva che qualcuno avrebbe
dovuto spiegargli, oltre al fatto appena citato, anche le motivazioni della
frequentazione del Narducci nel “retrofarmacia Calamandrei”.

In sostanza è possibile che il Calamandrei abbia mentito sul punto dell
conoscenza con il dott. Narducci di Perugia in quanto se è vero che
gruppo (anche abbastanza nutrito) di soggetti prima evidenziati, i
hanno riconosciuto il Narducci nelle foto mostrate, non avendo ne no mai
sentito il suo nominativo, tuttavia un gruppo ancora più nutrito di persone
(anch’esse ben individuate dalla P.G. e sentite nel corso del dagini) lo
hanno quantomeno riconosciuto, vuoi per la sua frequ ione presso la
farmacia del Calamandrei o nella piazza di S. Cascia per aver avuto

con lui rapporti sessuali, anche se in maniera nom d estemporanea.

Tuttavia se ciò comporta un sospetto, anzi u ra nera (tanto per
rimanere in tema di magia, esoterismo e cose i..) nei suoi confronti per
aver taciuto di detta conoscenza (o amicizia endo in proposito avendo
espressamente dichiarato nella richiest dizio abbreviato in data 10
marzo 2007: “Mai e poi mai ho co | ale Narducci”, sottoscritta dal
Calamandrei, dagli atti del presente p pen. e di quello pendente presso la
Procura della Repubblica di Perugi n è dato ravvisare, almeno allo stato,
arduccci con la vicenda del “mostro di

Firenze”.

versa in un sospetto o anche in un indizio di
una certa consistenza circa a presenza del Narducci nella zona di Firenze e
di San Casciano; ma certamente quel soggetto “un po’ finocchino” (per usare
lo stesso ger erato dal Nesi) che si accompagnava a qualcuno dei
cittadini viventi poca in quel paese, ma in maniera senz’altro sporadica,
non è dato ravvisare in che modo sia coinvolto in detta vicenda, essendo

Anche in tale ambito, al p

acclarato che si fosse trattenuto con qualche prostituta per soddisfare i
suoi a iti sessuali e che, sotto quest’ultimo aspetto, assumeva talvolta
atte nti perversi (come sottolineato dalle stesse pp.ii.ff.). Non può
ess erto di aiuto l’indagine tuttora pendente a Perugia, archiviata, per

e è dato sapere, per la posizione dell’odierno imputato quale possibile
mandante dell’omicidio del Narducci. Rimangono, dunque, anche per tale

(efeTeTeleleleieleleieJeXe]eJeleleie]eleleteleleleIeIe]eleselele]eleIeIe]eleloieleleleleleleleieIoJolelo) 201/212 000000000000 0000000000000 0000000000 pa dogdogh
A

FTFUC. Ils 44 / //US Avura ivaa

00000000900000000000000000000000H TANN 0000000 C00NII00000N00000000000N0 0000000 0000000D00000009909990 20 PA FABIA VUVvLO

ambito solo sospetti, dubbi e congetture e quell’’ombra nera” di cui si è
parlato supra.

SUI CONCETTI DI PROVE, INDIZI E SOSPETTI O CONGETTURE.-

Occorre a tal punto e prima di affrontare conclusivamente la questione
fondamentale attinente alla sussistenza nei confronti del prevenuto di prove
o, quantomeno, secondo quanto previsto espressamente dal disposto di cui
all’art. 192.2 c.p.p. di “indizi gravi, precisi e concordanti”, fare il punto della
situazione riferendo, sia pur in maniera succinta e sommaria, le principali
pronunce giurisprudenziali sul’argomento.

La prova diretta offre una rappresentazione immediata del thema prob ndi,
mentre la prova indiziaria o critica consente di pervenire agli stessi Itati di
quella indiretta (cioè all’accertamento della verità) attraverso l’acclaramento
di fatti diversi, da cui far derivare, sulla base delle regol sperienza, la
prova dell’oggetto del giudizio. Ciò vale soprattu la cosiddetta
“chiamata in correità” ma, naturalmente, può estendersi a qualsiasi altra fonte
di prova. Detta impostazione tende a rimarcare O indiziaria non

sia una prova meno certa rispetto alla prova -in quanto la differenza
sussiste solo nel metodo utilizzato per l’a o della verità e non nella
certezza dei risultati cui si perviene. Ris valutazione degli indizi la
S.C., già con sentenza 25.03.1976 in . dir. proc. pen. 1980, pg.1408,
evidenziava che nel procedimento inc gli indizi devono portare ad un
convincimento che non deve avere di sè alcun dubbio ragionevole: a
tale scopo occorre che l’indizi
deduzione dal fatto noto rientri i
rigore e alla più assoluta (

questi siano concordanti

in una valutazione lo

Detta pronunsiNNalE Suprema Corte appare del tutto condivisibile e ha
trovato, pregiNA ultimi tempi, un aggancio legislativo, rappresentato
dall’art. 533, co. 1, come modificato dall’art. 5 |. 20.2.2006 n. 46, che ha
recepito tale principio dell’<oltre il ragionevole dubbio>, in veste di
ria, per la quale “il giudice pronuncia sentenza di condanna se
isulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole

procedimento logico ispirato al massimo
zza e che, nel caso di pluralità di indizi,

so che, valutati nel loro insieme, confluiscano
nitaria del fatto ignoto.

000000000000000 0000000000000 000000000 0000000000000 202 / 2 12

000000000000000000000000000000 00000000000 0000000000000000 0000000 000000000 00000000 000000000 0000000000000 00000000000 000000

La nuova regola di giudizio viene a svolgere un ruolo cruciale per
l’identificazione dell’effettivo standard di prova necessaria e sufficiente per
vincere la presunzione d’innocenza e giustificare legalmente la dichiarazione
di colpevolezza e la condanna dell’imputato, standard conclusivo di alta
probabilità logica della decisione giudiziaria, in termini di “verità” e di
“certezza” processuale®°. Il precetto, infatti, impone di pronunciare la
condanna dell’imputato quando, alla puntuale e razionale ricostruzione
probatoria del fatto, si oppongano solo eventualità remote, pur astrattamente
prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui reale evenienza, nel
caso concerto, risulti non plausibile, non trovando riscontro nelle specific

emergenze processuali”,

Per assurgere al rango di prova non appare, però, necessaria alità di
indizi: ne potrebbe bastare anche uno solo, purché connota a gravità,
precisione e coerenza col dato da dimostrare. In difetto li connotazioni
neanche una pluralità di indizi può, di per sé, costit Ai: prova: ove
ciascuno di essi abbia limitata attitudine dimostrativ de) fatto probandum si
avrà soltanto una somma di probabilità ma non “ce . Infatti, la dizione al
plurale dell’art. 192.2 non pare esigere una à di fonti indiziarie per
ritenere esistente un fatto ma ha una funzioni ente descrittiva di come
devono essere gli indizi per poter essere uti i come prova. Ancora, al fine
di definire più dettagliatamente il ter ine indi io, la S.C. l’ha attribuito sia a
dichiarazioni direttamente rappresent fatto, quali la confessione o la

chiamata di correo, sia a dati integrano entità sensorialmente
percepibili anche se connesse reato, sia a risultati emersi da attività
istruttorie atipiche ed irrituali*’. La giurisprudenza, inoltre, ha posto quale
discrimine tra il concetto di quello di indizio i seguenti canoni: l’indizio
coglie la dimostrazione di nel suo divenire, quindi nel suo dinamismo, la
prova descrive la dim ione di verità conseguita; l’indizio postula una

| dato probatorio che è in corso, la prova
pimento di tale attività: sussiste, dunque, un nesso
prova posto a fondamento della decisione di merito.

attività di acquisizi
presuppone il
funzionale tra |

C
2 (così G. Canzio, “Il giusto processo nello Statuto della Corte Penale Internazionale
tra n law e civil law”, in Quest. Giust., 2004, 1285)
22 na recente definizione di tale criterio si veda S.C., 1° sez. pen., 21.5.2008, n.
, Franzoni)

?! (v. sent. 25.05.1984 in Cass.n. 1986, 117)

0000000000000 000000000000 00000 0000000000000 000000000 203/212

0000000000000 000000 000.000 000000000 000000000000000000000 000000000000 000000 00000000 0000000000000 000000000 000000 00000000000

L’interpretazione del disposto sopra richiamato dell’art. 192.2 e la sua
incidenza sul principio del libero convincimento del giudice dipendono dalla
definizione del concetto di indizio. Sussistono due criteri di distinzione fra
prova ed indizio, l’uno dottrinario e l’altro giurisprudenziale: il primo distingue
tra prova rappresentativa o diretta e prova critica o indiziaria; il secondo
definisce la prova come idonea a sorreggere un giudizio in termini di
certezza? l’indizio come idoneo a giustificare il convincimento del giudice
soltanto in termini di probabilità e verosimiglianza’?. La citata norma,
esigendo la pluralità degli indizi, sembra recepire una nozione dell’indizio
come probatio minor. La giurisprudenza della S.C. a volte ha ritenut
indirette quale, ad es., la dattiloscopica più attendibili di
rappresentative 0 dirette”, in altri casi invece, alcune prove rapp
sono state valutate in modo critico perché per esempio prove
del giudizio quale la parte civile ® del resto anche la testimonianza,
considerata tipica fonte di prova, richiede secondo la 4 Za valutazione
con riferimento alla globalità delle prove acquisite e ni di comune
esperienza allo scopo di saggiare l’attendibilità del ia e,

al

Nel codice di rito la norma cardine relativament
è quella di cui all’art.192.1 la quale deve co
norma rappresentata dall’art. 546.1 lett.
prova nel giudizio di merito. Le due n
nella motivazione dei risultati prob
adottati e, al contempo, di indicare
poste alla base della decisione ciazione delle ragioni per le quali egli
ritenga non attendibili le prov trarie. Ciò significa che, muovendo dai vari
elementi di prova scaturiti e singole fonti, il giudice perviene, in termini di
certezza, ad una determi conclusione in ordine all’ipotesi prospettata
dall’accusa di ricostruz i un certo fatto e del suo autore. Il giudice,
quindi, nel valutare è svincolato da qualsiasi definizione normativa
sull’attitudine di iva degli elementi di prova acquisiti sulla base del suo
libero convincir sebbene da ciò non derivi il riconoscimento senza limiti
del libero, ar itrario, soggettivo ed insindacabile convincimento dato che “il
giudice de alutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento

utazione della prova
i con l’altra significativa
c.p.p. per la valutazione della
ngono al giudice di dar conto
quisiti e dei criteri d’inferenza
otivazione della sentenza le prove

92 (v. tra tre, Cass. sez. |, 29.10.1985, Bagarella)

9 (in nso v. Cass. sez. |, 29.05.1987, Senapa, Cass. sez. | 1.12.81 – Massimi)
n ss. sez. II, 29.03.82, Mistroni)

i Cass. sez. 1 30.09.85, Curzi)

% (Cass. sez Il, 1.03.84, Caporasi)

0000000000000000000000000000000000

GUP Dott. Si

0000000000000 0000000 00000000 000000000 000.000 000000000 204/212

Proc. n. 613/04 RG. GIP

9000000000 000000A0n0 00000000000

—_ aura tan

0000000000000 000000 00000000000 0000000 0000000000000 9000000000900 8000000000 0ANAT0000000

salvo che la legge disponga altrimenti”. Su un piano più strettamente
operativo il raccordo tra libero convincimento del giudice e obbligo di
motivazione si traduce, da un lato nella enunciazione delle risultanze
processuali e cioè nel risultato conseguito all’espletamento dei vari mezzi di
prova, e, dall’altro, nella indicazione dei criteri di valutazione utilizzati per
vagliare quelle risultanze processuali. | criteri di valutazione non sono altro
che le “massime di esperienza” che possono essere definite quali regole
mentali universalmente adottate in quanto suggerite dalla esperienza comune
(l’id quod plerumque accidit), regole che sono espressione di un certo ordine
di successione fenomenica in base al quale data una certa azio i può
formulare un giudizio di probabilità su quella che l’ha Precsduta e altre
che la seguiranno.

n particolare la S.C.” aveva stabilito che, sebbene l’art. DI non ne
faccia esplicita menzione, ciascuna circostanza di fat sumibile come
indizio deve essere caratterizzata dal requisito della ezza, che postula la
verifica processuale circa la reale sussistenza d ostanza stessa, in
quanto non potrebbe essere consentito fondare rova critica su un fatto

verosimilmente accaduto, supposto o intuito i issibilmente valorizzando
il mero sospetto o la personale congettur C

.
Facendo piena applicazione di detti c N principi fissati nel tempo dalla
S.C. si passerà ora alla analisi co elativamente alla sussistenza o
meno di prove o, quantomeno, di gravi, precisi e concordanti nei
confronti dell’odierno imputato.

CONCLUSIONI.- Xi
Occorre innanzitutto cvidengap ome la prospettazione accusatoria cada in
una serie di sillogismi ene mancano di una base logica e, soprattutto, che non

Vo riscontro oggettivo, ognuno di loro essendo
quello presupposto o successivo. Si prendano, ad
i rese dalla Pellecchia, laddove ha riferito di “festini” in
on in pieno (avendo parlato solo di due o tre incontri

esempio le dichiar.
cui collocava si
sessuali) il N rducci

Il primo s o è che, siccome l’organizzazione di queste riunioni era della
Giovagnoli anche tale assunto non risulta affatto provato) e la sede era
San Casciano, doveva ritenersi ben plausibile dedurre che il coordinatore-trait

d’union fosse il Calamandrei, in quanto cliente “storico” della Giovagnoli.

? con sent. n. 4556 del 7.1.94

9990000000000. 0009 900000000000 AP0FA FAVA N0P0A0 00000000 205 / 2 12

Proc. n. 1277/03 KG, NK nuevo i i

0000000000000 000000 000000000000000000000 000000000 00000000000 00000000000 0000000000 0000000000000 0000 0000000000000 000000000

Ebbene tale sillogismo, oltre a non essere veritiero, non può di certo porsi a
base di un ipotetico e non accertato indizio a carico del Calamandrei.
All’epoca, peraltro, si era ancora nella stamberga di via di Faltignano
frequentata dal gruppo dei “contadini”, rispetto alla quale manca qualsiasi
serio indizio circa la partecipazione dell’odierno imputato, avendo la
Pellecchia solo ritenuto, sia pur con qualche dubbio, di riconoscere il
Calamandrei non certo, però, quale frequentatore della stamberga.

Anche la Ghiribelli ha parlato dei “festini” da Indovino, sempre nella
stamberga di via di Faltignano, ai quali però ha escluso di avervi parteci
in prima persona, essendole stati riferiti dal Lotti. Ha inserito tra i parteci
la “Marisa di Massa”, sulla quale ha riferito anche la p.i.f. Avv. Fio
(come evidenziato nelle dichiarazioni sopra menzionate) ed ha parla
del carabiniere Toscano. Poi ha affrontato il tema della villa “La

frequentare quell’ambiente. Il solo Lotti fungerebbe da trami
incomunicabili, oltre forse a qualche prostituta, non
persone che avessero frequentato la stamberga

prestigiosa, abitazione. A detta del Lotti i feticci servivan
ol’album fotografico dalla
e

villa, il quale, peraltro, non era stato riconosciuto n
ndolo confuso con

Ghiribelli, che lo aveva visto solo una vol
l’imprenditore Vitta che, in effetti, gli somigliav

in seguito, in Calamandrei, ortopedico arker, nonché nel tedesco
Reinecke, non risulta affatto essere st hdicato in tale composizione dalla
Ghiribelli, né tampoco dal Pucci i unque, non vi è prova alcuna che
questo “gruppo” avesse frequentato né in contemporanea né individualmente
le due sedi dei festini.

Il riferimento alla depend 08 della villa “la Sfacciata” abitata dal “tedesco”
Reinecke, e dal “nero” Ulss non appare suffragata da ulteriori elementi
indiziari e di riscontro alla visione del filmato effettuato dalla P.G. vi è
più di un dubbio c ssa trattarsi proprio del luogo ove avvenivano le orge
e quant’altro, soprat in quanto non è stata riconosciuta da alcuno dei
partecipanti e p 4 gli affreschi, ivi tuttora presenti, non corrispondono in
alcun modo 1) quelli del tipo murales di cui hanno parlato le pp.ii.ff., che li

hanno d come molto simili ai quadri dipinti dal Pacciani (che
present ti immagini demoniache e non certo religiose). Inoltre seri
dubbi tono altresì sulla stessa presenza del Parker all’interno della villa,

come emerso dalle dichiarazioni delle pp.ii.ff. sopra riportate.

S ché la “campagna di omicidi” proseguì anche dopo che il “tedesco”
fece ritorno in Germania ed il “nero Ulisse” sparì dalla circolazione. Siccome

0000000000000000 00000000 0000000000 000000000 000000000 206 / 212 000000000000 000000000 0000000000000,

GUP Dott. DE LUCA

AUG Le VAS/ UT IN, ULI

2002009000000 000009099000000000990900AA0000000000AH0H00H0I000000HA0IA0I000P00HC0I 0000000 V000VCVVVTOLI VITI CTOCONVI0GI

gli autori materiali degli omicidi qui in contestazione risultano sempre i
medesimi, e siccome Lotti aveva parlato di un mandante – acquirente (su cui
nessuno, in quel momento, era in grado di chiedergli dettagli) proprio in
relazione al duplice omicidio di Scopeti, vi è una chiara “permanenza” del
progetto criminoso, con modalità identiche. Si pone il quesito (del tutto
irrisolto) circa il motivo della prosecuzione dei duplici omicidi e circa
l’eventuale effettuazione dei riti orgiastici anche dopo l’allontanamento dei
due soggetti, nonché del luogo ove essi si svolgessero e dei soggetti che vi

partecipassero.

Le modalità della morte del Narducci, e ciò che ne è seguito, all
quanto risulta realmente emerso sulla persona e sui suoi con

Casciano, e non di mere congetture, portano effettivamente u ra di
sospetto sul Calamandrei, il quale, avendo sempre serbat resente
procedimento un atteggiamento di assoluto riserbo (non risul aver mai
effettuato alcun tipo di dichiarazione), solo in tale bito ha negato
decisamente qualsiasi sua conoscenza con detto pers o. D’altra parte
sul conto del medico di Perugia, che pur risulta es o investigato in

x

tutti i modi e in due diverse indagini, poi riunite, non è emerso quantomeno
allo stato un suo coinvolgimento con i fatti per cui è causa, al più risultando

coinvolto in qualche rapporto sessuale con itute della zona di S.
Casciano e Firenze ed essendo stato avvista ur con non pochi dubbi e
non da tutte le pp.ii.ff. sentite nella lunga e) nella zona.

Li

, facendosi anche riferimento alle
sulla “farmacia”, da trovare “a
arato di non aver mai conosciuto
iltimo “legato” a San Casciano, non
poteva costui non avere responsabilità gravissime negli omicidi. Tuttavia, non
essendo emerso alcun serio riscontro che leghi il Narducci al gruppo degli
“intellettuali”, anche tale i i appare quale sospetto o indizio ma non si
spinge oltre detta sog on può di certo costituire, quindi, conferma

dell’assunto accusat

Anche qui appare un sillogismo seco
allarmate ma ferme parole della G
cattivo”, poiché il prevenuto ha
Narducci ed essendo invece

ppresentato dal fatto che, essendo Calamandrei il
tempo il gruppo dei “contadini” e quello dei “dottori”,
tato una sorta di “tramite necessario”. Tuttavia anche tale
circostanz risulta affatto corroborata dai necessari riscontri oggettivi:
escluso che il Calamandrei possa identificarsi nel “dottore”
a per avere i feticci, non vi è alcun ulteriore elemento per
in colui che fungesse da tramite tra questi due presunti gruppi di
e, né che avesse ingaggiato il Pacciani ed il Vanni per gli omicidi, in
la conoscenza del Pacciani emerge solo attraverso le dichiarazioni

90A9000000000069000000A000 000000000 0000000 00000000000 207 / 212

A GU: Phi Add SIUSI ANNI: LAN FTUL. IL 0L5/U4 KG, VII
9900000000000 000000000000 00000000 0000000000000 000000000000 00000000 0000000000000000000 000000000 00000000 00000000000000000

per più versi farneticanti e, comunque, per lo più inattendibili rese dal Vanni, il
quale, peraltro, ha parlato solo ed esclusivamente di visite sue, del Pacciani e
del Lotti a casa del Calamandrei finalizzate ad incontri con prostitute che
dovevano avvenire a Firenze e non certo dei due luoghi ove sarebbero

avvenuti i “festini”.

Infine, i sospetti “antesignani” della moglie Mariella Ciulli non rappresentano
riscontri inequivocabili del fatto che il diretto coinvolgimento dell’imputato si
presentasse, alla donna, convivente all’epoca delle vicende qui in
contestazione, come una situazione di assoluta evidenza. Basterà, sotto tale

profilo, riferirsi a quanto evidenziato nel capitolo relativo alla Ciulli per
escludere, date le evidenziate condizioni psichiche della predetta, se
possano in qualche modo corroborare l’ipotesi accusatoria, ess che

di che

esse prive di qualsiasi riscontro. Esse, peraltro, si riferiscono
esulano dal presente proc. pen., concernendo in un caso un duplice omicidio
avvenuto addirittura nel lontano 1968, in ordine al quale er ata pronunciata
sentenza passata in giudicato nei confronti di Mele St ano non essendo
emersa alcuna ipotesi di un qualche coinvolgimento mandrei; in un
altro caso avendo la stessa Ciulli escluso che | ito potesse aver
partecipato materialmente al fatto (duplice omicidio del 1985, come pure da
ella paventato in precedenza) in quanto quel gi i si trovava proprio con

la Ciulli; ed, infine, avendo riferito di quell’i ibile duplice omicidio che
doveva essere commesso anni dopo, nel , Quando la stessa si trovava in
preda a pieno delirio, in loc. Madonna. sso, sul quale ha riferito con
dovizia di particolari il parroco Don At adelli con le dichiarazioni sopra
menzionate e che, egualmente, no trovato (né poteva, comunque,
trovare) riscontro alcuno, pur ess ervenute le forze dell’ordine in gran
numero. Infine anche le perquisi effettuate dalla P.G. a seguito delle
reiterate richieste di interven delle denunce operate dalla Ciulli hanno
avuto esito del tutto negativo, essendo state effettuate anche nel freezer del

frigo sito nell’abitazione del prevenuto ove, a dire della Ciulli, costui avrebbe

dovuto conservare i feticci . ongelati. L’unico spunto che risulta aver trovato
una qualche confer è quello rappresentato dal carattere violento del

Calamandrei, 1 qu roblematica afferente ai suoi problemi di carattere
n

sessuale, anch i però con risvolti diversi e contraddittori, avendone la
Ciulli parlato a come di un impotente, che non poteva avere rapporti
sessuali (e ciò contrasterebbe con quanto, invece, riferito in punto di suoi

continui ci con prostitute), dei quali hanno anche riferito le sue
successivi pagne Mascia e Vivoli.

Dev conclusione, evidenziarsi, ricollegandosi a quanto sopra riportato
ir nucleazione dei concetti di prova, indizio, congettura o sospetto e del

principio, oramai consacrato anche nel codice di rito, secondo cui debba

0000000000000000000000000000000000000000000000000000 208 / 2 1 2

1 vai r ansi RL

0000000002000 000009000000009900000 090000900 00000000000P09I0000A000VV00I0000 0000 AVV VE VIVO TITAT0NITIIIIITIIIGTITI 0000

essere pronunciata sentenza di condanna solo “al di là di ogni ragionevole
dubbio”, che nel caso di specie certamente quest’ultima soglia non appare
non solo superata ma nemmeno sfiorata: i sillogismi sostenuti dalla Pubblica
Accusa non solo non si sono tradotti in indizi gravi, precisi e concordanti ma
sono risultati solo ipotesi, inizialmente anche plausibili, ma non collegate le
une alle altre da riscontri di una qualche oggettività. L’unica, vera ombra è
rappresentata, come già evidenziato supra, dalla vicenda “Narducci”, la quale
se avesse portato nell’indagine condotta dalla Procura perugina a qualche
risultato concreto, essendosi svolta una serrata istruttoria, poteva avere una
qualche ripercussione anche nella presente vicenda, alla luce della pervicace
negazione di qualsiasi conoscenza o rapporto con il medico
dell’odierno imputato. Ma così non è stato e, dunque,anche sotto profilo

si rimane ben al di sotto di una seria soglia indiziaria.

Deve, infine, riportarsi la giurisprudenza della S.C. relativamente a concetto
di prova insufficiente o contraddittoria: si ha insufficienza la prova quando
essa non assume quella consistenza ed efficacia tal poter fondare
l’affermazione di responsabilità: si ha contratta quando sussiste
. Si è, comunque,

l’equivalenza delle prove di reità con quelle di inn
ndo riguardare solo una

precisato che detto giudizio di bilanciamento, pu
parte delle circostanze sulle quali si mani il dubbio, implica una
valutazione approfondita ed articolata d ementi che hanno originato il
dubbio stesso, sì da escludere una loro inter retazione contraria alla tesi
prospettata dalla difesa°. In prospe sovranazionale la CEDU ha
evidenziato lo stridente contrasto co lar , par. 2 CEDU della sentenza di
condanna che si basi A e) u elementi probatori idonei non già a
provare, al di là di ogni ragi dubbio, ma più semplicemente a far
“presumere” la colpevolezza. de ‘imputato, determinando una situazione
siffatta un’indebita inversi ell’onere della prova, in conflitto con la
presunzione di innocen

clusione della doverosa e rigida analisi dell’intero
rsandosi nell’ambito del giudizio svoltosi nelle forme
art. 438 e seg. C.p.p., deve ritenersi che non sia

del rito CNTEVA
emersa la ib nsistente ed efficace tale da poter fondare l’affermazione

Nel caso di specie
castello accus

della respo ilità del prevenuto in ordine ai reati a lui ascritti.

. sez. VI, 14.3.1997, Calabrò, in CP, 1998, 2421)

.C. sez. 1°, 27.10.1994, Marino, in FI, 1996, III, 307)
“°° (cfr. C. Eur. 20.3.2001, Telfner c. Austria, in LP, 2001, 1101)

0000000000000 000000000 0000 00000000000 ANNA 000000000 209 / 2 1 D

TFUC, il, 0153/U4 KG. Gt
0000000000000 000000000000 00000

0000000000 000000000000 000000000000 00000 0000 0000000000 0000000000000 0000000000 000000 0000000

Si impone, dunque, la pronuncia di una sentenza con formula assolutoria
‘perché il fatto non sussiste”, che, oltre ad implicare l’esclusione della
condotta, dell’evento o del nesso di causalità o, comunque, il dubbio su tali
elementi, prevede, come nel caso di specie, l’assenza o l’insufficienza della

prova circa il presupposto del reato.

Si ritiene di dover liquidare a favore del difensore della costituita parte civile
Kristensen Winnie la somma di € 2.404,00 oltre ad € 12,40 per le
documentate spese e ad IVA e CAP se dovuti, come da separata ordinanza

letta in udienza.-

P.Q.M.

v. dispositivo allegato.

Firenze, 21.5/22.12.2008

210/212 9990000000 0000A FAVA 0A FAVAV AAVV 0000000000000

GUP Dott. Silvio DE LUCA

990006000000000000 900000000 AAN0 AAA 0000000000000

TA jatto3 00

N° GAUGE
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI FIRENZE
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL G.I.P. PRESSO IL TRIBUNALE DI FIRENZE, all’esito delle nze
svoltesi nelle forme del rito abbreviato ex art. 43 seg.

C.D.Pp.; O
Visto l’art. 530.2 c.p.p. ; (È)

assolve CALAMANDREI FRANCESCO in ordine utti i reati
ascrittigli perché il fatto non sussiste.

Liquida a favore del difensore della ituita parte civile
KRISTENSEN WINNIE, ammessa al gratuito patrocinio a spese dello

stato, la somma di € 2.404,00 oltre ad .-40 di spese e ad IVA e
CAP, se dovuti, come da allegata ordi

asus

Visto l’art. 544,3 C.p.p. fissa i ermine di gg. 90 per la
redazione della motivazione del

Così deciso in Firenze il gi

INDICE

1) PREMESSA GENERALE . I reati contestati a Francesco
CALAMANDREI: i quattro duplici omicidi commessi tra il 1982 ed il

1985. Pagg.7/9
2)SUL CONTENUTO DEI CAPI D’IMPUTAZIONE. Pagg. 9/12
3) Le complesse indagini sui delitti attribuiti al c.d. Mostro irenze,
sfociate in 3 fasi che hanno dato luogo a 3 processi. . 13/15
A) L’AUTORE UNICO. . Pagg. 15/17
B) PIU’ ESECUTORI MATERIALI – Pacciani, Vanni, L. Qi. compagni
di merende” Pagg.17/18
C) Il MANDANTE – presunte complicità di ma Spessore.
° C Pagg. 18/19
4) Mario VANNI, il postino compli PA ‘ Pagg. 19/20

ita a S. Casciano, in Via di
O delle prostitute Maria Antonietta
» Filippa NICOLETTI e dei cd.
Pagg. 20/23

5) La casa di Salvatore INDOVIN

Faltignano. La presenza in qu luod
SPERDUTO, Gabriella TIRA |
“compagni di merende”.

INDAGINE. Il mandante. L’indagine sul

6) La necessità di un
MANDREI. Pagg. 23/25

farmacista Francesc

7) Il “dottore”, va per ricevere i feticci femminili dei delitti. Le
dichiarazioni reso) otti Giancarlo Pagg. 25/28

Pagg. 28/35
NDIBILITÀ DELLE DICHIARAZIONI DEL VANNI.

9) N

2000000000 000000 19000690009 A0000 00 AAA LN NAAV00000000

211 /212 990900900000 AN AAVV 0000 (elelo]

rroc. n, 1277/03 KG. NK Proc. n. 613/04 RG, GIP

9090000000000000 900 60000000000 900000 A000A 000000000000 6000000000 A00000000000000000000000000 0000000000 0IR00IC00IA000000000

Pagg. 35/69

10) | riscontri alla chiamata di correo di Vanni: il nero “ULISSE”.
Pagg. 69/72

11) Il “nero Ulisse” ed il tedesco che, secondo l’assunto accusatorio,
vivevano in una dependance di Villa La Sfacciata. Pagg. 69/72

12) Le due case dei “cosiddetti festini”. La casa dei “contadini”
Faltignano e la dependance della Villa La Sfacciata a Giogoli f
dai cd. “mandanti gaudenti”.

13) Il gruppo delle cosiddette persone “per bene” indicato dalla
GHIRIBELLI. Q;° agg. 99/107

14) Le dichiarazioni dell’avvo. P. Fioravanti. Pagg. 107/111

15) La magia, i diavoli, il mondo dell’occulto come contesto delle
perversioni sessuali di alcune delle perso ividuate nel corso delle

indagini. ° C Pagg. 111/113

16) La dependance all’interno la “La Sfacciata” e la sua
frequentazione. Pagg. 113/119…

17) La articolata testimoni(2y CIULLI MARIELLA, già moglie
Pagg. 119/172

dell’imputato.
18) Le convergenze veste con le indagini della Procura di

Perugia: Il Dottor Fra NARDUCCI. Pagg. 172/201
19) SUI CONCET OVE, INDIZI E SOSPETTI O CONGETTURE.
. Pagg. 201/205

20) CONCL SIONI, Pagg. 205/210

S

0000000 00000000000 0000000000 000000000 0000000000000 212 1212

9000000000 0000000000000 00 pN00000gET000000 000000

vio DE LUCA

 

22 Dicembre 2008 Motivazioni sentenza Silvio De Luca processo Francesco Calamandrei

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