Mostro di Firenze, parla l’avvocato Vieri Adriani: “Cosa non torna nell’inchiesta su Vigilanti”

L’avvocato Vieri Adriani, legale dei parenti delle vittime francesi del Mostro di Firenze, in quest’intervista esclusiva a Fronte del Blog parla del procedimento archiviato e di quello ancora aperto contro l’ex legionario Giampiero Vigilanti

Nel caso del Mostro di Firenze la pista riguardante Giampiero Vigilanti è quella più equivocata.
Poiché, per il suo passato in operazioni di guerra, si tende, quasi per riflesso condizionato, a concludere che il suo coinvolgimento nell’inchiesta introduca un legame tra i delitti del Mostro e i misteri della strategia della tensione.

In realtà, tra la saga di morte del serial killer delle coppiette (primo omicidio a Lastra a Signa nel 1968, ultimo a Scopeti nel 1985) e le trame altrettanto insanguinate degli anni di piombo (collocabili tra la strage di Piazza Fontana nel 1969 e il rapimento del Generale Dozier nel 1981) c’è solo una sovrapposizione temporale.

Il Mostro di Firenze e l’inchiesta su Vigilanti

L’avvocato Vieri Adriani del Foro fiorentino è uno dei maggiori, se non il maggiore, esperto dell’inchiesta su Vigilanti, di cui si è professionalmente occupato in qualità di legale dei parenti delle ultime due vittime del Mostro, i francesi Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveschivilj. Come tutti sanno, a conclusione di un lungo processo, una sentenza di Cassazione ha condannato per  questo duplice omicidio i cosiddetti “compagni  di merende”, Giancarlo Lotti e Mario Vanni.

Vieri Adriani non è convinto che la verità stia tutta lì, in una sentenza che lui definisce «un po’ sempliciotta e un po’ raffazzonata». E supporta così gli eredi della Mauriot e di Kraveschivilj nelle iniziative per riaprire il caso e ricercare la verità.

A tal riguardo, assumono particolare rilevanza gli interventi dell’avvocato nell’ambito del procedimento, rimasto per sette anni nello stadio delle indagini preliminari, a carico di Giampiero Vigilanti e archiviato il 9 novembre 2020.
Vigilanti, con trascorsi personali variegati ed estremi, è nato a Vicchio il 22 novembre 1930,  dunque nell’epicentro dell’azione del Mostro di Firenze. Pur non essendo chiaro fino a che punto le sue dichiarazioni siano attendibili, avrebbe conosciuto Pacciani, di cui era quasi coetaneo, nell’epoca precedente alla reclusione del contadino di Mercatale Val di Pesa per l’omicidio detto della “Tassinaia”. Anche il giovane Vigilanti ebbe problemi con la giustizia, ma per illeciti minori, che pure lo qualificarono come individuo prepotente e antisociale.

Vita di Giampiero Vigilanti

L’avvocato Adriani ci riassume come segue le vicissitudini personali di Vigilanti:

Nel 1950 venne inquisito dalla polizia a Firenze perché accusato di avere spiato alcuni uomini nei bagni pubblici alla Fortezza Basso. Portato in caserma, Vigilanti ammise di aver guardato per soddisfare le proprie tendenze omosessuali. Partito per la Legione, poco tempo dopo la condanna di Pacciani in Assise di appello (1952), svolse un breve periodo di addestramento e poi si trovò catapultato nell’ultima guerra combattuta dalla Francia per il mantenimento dei suoi possessi in Asia e precisamente in Indocina, rispondente all’attuale Vietnam.

Dopo la sconfitta dei francesi a Dhien Bien Phu (1954), fu trasferito  in Algeria, fino al 1958, a combattere contro la resistenza locale insurrezionalista e poi uscita vincente. Complessivamente, in un memoriale Pubblicato su La Nazione del 1964, afferma di avere ucciso dalle 300 alle 500 persone, fra cui molti bambini e molte donne, senza rimorso perché ordinatogli dai suoi superiori. A ciò seguì il suo rientro in Europa ed il soggiorno di circa uno/due anni a Marsiglia, dove gestì un bar e dove si vanta di aver ucciso, sgozzandoli con le sue mani, due arabi che non volevano pagargli il conto.
All’inizio del 1960 Vigilanti rientra in Italia, stabilendosi prima nell’hinterland e poi nella città di Prato.

Non è molto chiaro come si sia mantenuto da allora sino ad oggi, a parte un periodo come operaio tessile fino al 1964 circa e uno come dipendente di un’agenzia funebre dal luglio del 1974 al marzo del 1981. A un certo punto, nel 1998, l’uomo si fece intervistare da una Rete Mediaset e dichiarò di essere rimasto beneficiario di una grossa eredità proveniente da un lontano parente negli Stati Uniti, evento mai confermato. Misteriose, ovviamente, le attività da lui svolte a contatto con personaggi come l’Ammiraglio Gino Birindelli e l’Onorevole Giorgio Almirante, che lui stesso – nei propri interrogatori – cita come “datori di lavoro”.Verosimile, afferma Vieri Adriani, anche la sua partecipazione a campi paramilitari organizzati dall’estrema destra sull’Appennino tosco- emiliano, a Rioveggio in particolare, forse anche sulla Calvana, durante gli anni 70, per contrastare la temuta“ minaccia comunista”.

Come entra Vigilanti nell’inchiesta sul Mostro di Firenze?
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La prima volta che gli inquirenti si occupano di lui è nel settembre del 1985, pochi giorni dopo il delitto degli Scopeti. A seguito di una segnalazione anonima, una delle molte che all’epoca caratterizzavano l’inchiesta sul Mostro, venne eseguita una perquisizione nella casa di Vigilanti e della vecchia madre, a Caselle di Vicchio. L’uomo era già noto per le sue chiacchiere, tra l’incauto e il millantatorio. Molti anni dopo dirà di aver visitato due scene criminis (quella del 1981 e quella del 1984), incontrandovi alcuni dei noti sospetti. Il frutto di quel primo sopralluogo è davvero inquietante: Vigilanti conservava con cura ritagli di giornale che parlano di fatti sangue, come i delitti delle prostitute avvenuti a Firenze negli anni ‘80 e i delitti del mostro.

Conservava anche, con notevole precognizione, la pagina de La Nazione del 1974 ove si  dà conto del duplice omicidio, avvenuto 11 anni prima a Borgo San Lorenzo, quello dei fidanzati Gentilcore e Pettini. Inoltre, risultava possedere una pistola High Standard calibro 22, diversa da quella, di marca Beretta, che si è sempre ritenuto appartenere al Mostro, ma che utilizza lo stesso calibro di proiettili e lascia sulle ogive le stesse sei rigature destrorse. Mai periziata.
Nel 1994, all’indomani della sentenza che condannò Pacciani in primo grado, Vigilanti subì un’altra perquisizione domiciliare, con esiti altrettanto significativi: venne ritrovata, infatti, una cospicua scorta di proiettili Winchester calibro 22 con la H stampigliata sul fondello. Le stesse munizioni utilizzate dal Mostro.

Faccio notare una stranezza: le cartucce, sequestrate ma mai analizzate, quando successivamente si è arrivati a indagare formalmente Vigilanti, sono risultate irreperibili. Anzi, oggi si sa che sono andate ufficialmente, ma inspiegabilmente, distrutte. Da questo punto di vista Vigilanti pare aver goduto di un’insolita buona stella: nel 2013, lo stesso giorno in cui fu visitato dalla polizia giudiziaria con l’incarico di sequestrare tutte le sue armi, tra cui la già citata rivoltella High Standard e forse anche una Beretta di cui hanno fatto cenno sia lui che sua moglie, ne denunciò il furto, avvenuto a suo dire nel mese precedente e favorito dalla sbadataggine di essersi allontanato lasciando aperta la porta di casa.

Anche un altro elemento oggettivo per verificare il coinvolgimento di Vigilanti nel caso del Mostro risulta scomparso dall’Ufficio Corpi di Reato di Firenze: si tratta del calco di un’impronta di stivale, giudicato anche dalla Polizia Giudiziaria, e non solo dalla mia équipe, dello stesso modello in uso alla Legione Straniera francese, preso su una delle scene criminis, quella di Calenzano 1981, dove le orme girano attorno alla macchina e si trovano anche nei pressi di filari dove fu spostato dall’assassino/i il cadavere della ragazza.
L’atto finale si è avuto quando la Procura fiorentina, nel 2017, ha deciso di aprire un fascicolo d’indagine a carico di Vigilanti e di un medico suo amico, Francesco Caccamo (archiviato come detto), sul presupposto, pesantissimo, che siano stati entrambi gli autori di tutti gli otto duplici  delitti del Mostro. Da allora ho dedicato particolare attenzione al procedimento per conto dei miei assistiti francesi, in quanto gli approfondimenti da me svolti sul delitto del 1985, particolarmente in materia balistica, con l’aiuto di consulenti tecnici, vanno nella direzione della possibile presenza di più di un killer sulla scena di Scopeti. Secondo lo stesso consulente del PM, comunque, concreta è la possibilità che a sparare vi fosse anche una Beretta mod. 48 oppure un revolver con munizioni cal. 22, oltre alla famosa Beretta serie 70 già individuata.

Il proiettile scoperto di recente dentro un cuscino appartenuto alla coppia uccisa agli Scopeti nel 1985 che si trovava nella loro tenda, infatti, risulta provenire, secondo il consulente del PM, da una canna diversa da quella che ha esploso gli altri proiettili repertati al tempo. Canna diversa non significa in teoria pistola diversa, ma non sembra molto logico che nel compimento del medesimo atto omicidiario, l’assassino o gli assassini si siano messi  a cambiare la canna…»

A che punto è l’inchiesta su Vigilanti e Caccamo?

«La scorsa estate l’interesse per questo filone di indagine si è riacceso in seguito alla notizia che erano state disposte alcune consulenze sulla pallottola Winchester con impressa la H sul fondello trovata nell’orto di Pacciani, uno degli indizi più gravi contro il contadino di Mercatale. Tutti danno per scontato che queste consulenze tecniche indichino che quella cartuccia, recante segni di essersi inceppata dopo l’inserimento in una pistola Beretta compatibile con quella del Mostro, sia un artefatto.
In realtà, conoscendo le carte, posso dire che non è così: i consulenti e lo stesso Ris sospettano soltanto, senza una definitiva certezza al riguardo, una possibile manipolazione. Il magistrato, di fronte all’indicazione che la cartuccia in parola non potrebbe nemmeno provenire – ma non è certo nemmeno questo – da una rivoltella modello Beretta, ha insistito – pare senza successo – per sapere, molto opportunamente, se essa può essere stata inserita in qualche altra pistola in calibro 22 (magari un una High Standard calibro 22?) Va poi detto che quella cartuccia fu sezionata abbondantemente più di trent’anni fa nel corso di un incidente probatorio, senza obiezioni della difesa posta in condizioni di partecipare.

Malgrado questi problemi non siano stati ancora risolti, e permangano molti altri punti oscuri a carico degli indagati, il pubblico ministero titolare dell’inchiesta Vigilanti /Caccamo ha presentato istanza di archiviazione. Si tratta di un passo in cui molto influisce la frustrazione per la difficoltà a fare progressi, derivante dal lungo tempo trascorso.
Io e i miei assistiti non la pensiamo così e abbiamo presentato opposizione alla richiesta di archiviazione di questo procedimento stralcio, che verrà trattata il 25 ottobre. Per una coincidenza, in questo stesso periodo, ci è stato anche notificato il rigetto della richiesta di riapertura delle indagini sul delitto degli Scopeti, da noi avanzata a conclusione del lavoro di approfondimento e rivisitazione di tutti gli aspetti di questo complesso omicidio, la cui esatta dinamica è in larga parte inspiegata.

I parenti delle vittime, in particolare le figlie di Nadine Mauriot, ma anche la sorella di Jean-Michel Kraveichvili non si contentano delle verità parziali. Sono anche quelle rimaste dal 1985 fra i soggetti più traumatizzati dalla morte così violenta rispettivamente della madre e del fratello e quindi sono determinate a non demordere».

Cosa ne pensa, anche alla luce dell’incidente della cartuccia, del ruolo di Pacciani nella vicenda del Mostro?
«A me una estraneità totale di Pacciani ai delitti del Mostro non quadra. Potrebbe essere stato innocente come colpevole. In questa seconda ipotesi mi sembra certo soltanto che Pacciani non sia da ritenersi l’unico autore. Tornando al fatto della pallottola nell’orto, è plausibile che qualcuno, coinvolto alla pari di lui negli omicidi, abbia tentato di scaricare tutta la colpa su Pacciani, facendo in modo che quell’importante indizio venisse ritrovato proprio nel suo giardino».

Ammesso che Giampiero Vigilanti e Pacciani abbiano avuto parte negli omicidi del Mostro, e con loro altri soggetti al momento sconosciuti, quale è il motivo che li avrebbe indotti a commettere otto efferati duplici omicidi?
«È plausibile che queste sanguinarie scorribande notturne nelle campagne fiorentine siano maturate fra più soggetti, non necessariamente sempre gli stessi, frequenti nell’ambiente di estrema destra a cui elettivamente apparteneva Vigilanti, persone con il gusto della violenza fine a se stessa, della sopraffazione del più forte contro gli inermi e del “beau geste” di sapore fascista, allo scopo di ridicolizzare gli inquirenti. Una vera e propria deriva di onnipotenza. Significativo, del resto, che proprio un sedicente figlio di Vigilanti, intervenuto spontaneamente su uno dei tanti Forum, abbia teso a rimarcare che ci vuole molto più coraggio nell’ammazzare un inerme colto in un attimo di intimità, piuttosto che  un nemico in guerra, bardato di tutto punto…
L’assassino o gli assassini delle coppiette provengono da questo “milieu” e possono aver beneficiato di coperture, oppure esser stati essi stessi in grado di ricattare gli inquirenti e le istituzioni».

Rino Casazza

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25 Giugno 2023 Stampa: Fronte del Blog – Mostro di Firenze, parla l’avvocato Vieri Adriani: “Cosa non torna nell’inchiesta su Vigilanti”
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