Il 22 gennaio 1984 la Signora Iolanda Libbra dopo la testimonianza ai Carabinieri di Scandicci il giorno 21 gennaio 1984 viene risentita dal G.I.. La Libra conferma la sua testimonianza riguardante Giovanni Mele.
La donna, a suo dire, intendeva rilasciare dichiarazioni già dopo il 6 gennaio di quell’anno, ma le era stato detto in caserma che il Comandante era in ferie, e sarebbe tornato appunto sabato 21.
La Libra dichiara di essere stata amante del Mele e che adesso ne provava paura a causa sia del suo strano comportamento sia per degli oggetti che aveva visto.
Raccontò che il Mele pretendeva di avere rapporti in macchina e l’aveva portata in un’occasione a Roveta di Scandicci, non distante dalla Taverna del Diavolo (NdR: e quindi non distante dalla piazzola dell’omicidio di Mosciano) e in un’altra occasione presso il Bargino nelle vicinanze di un cimitero abbandonato (che si appurerà poi essere una piccola radura, nei pressi di un cimitero pressocché in abbandono, in territorio di Montefiridolfi). In tutte e due le occasioni vi si erano recati con l’auto del Mele, una FIAT 128 color verde facendo giri viziosi, senza mai trovare un posto dove fermarsi e come in cerca di qualcuno.
In quest’ultima circostanza afferma di avergli visto, nel baule dell’autovettura, un grosso coltello, del quale si stende un disegno allegato il verbale, nonché dei flaconcini contenenti un liquido profumato, idoneo alla pulizia delle mani (adoperato nella sua azienda, che provvedeva alla segnaletica sull’asfalto) ed un groviglio di corde, di 5-6 millimetri di spessore. Vedendole, la Libbra si era ricordata che Giovanni Mele le aveva descritto una tecnica di uccisione (cosiddetta per incaprettamento) della mafia, che consiste nel legare ad arco il collo agli arti, per il dorso, sino a che la tensione muscolare provoca lo strangolamento. Le faceva altri strani discorsi che avevan per oggetto il suo membro virile, a dire della Libbra spropositato. Le aveva fatto vedere riviste pornografiche e in più raccontato di una lesbica che, dalle parti di Fiesole, addestrava e preparava le ragazze con un grosso sesso artificiale, e quand’erano pronte, lui si recava a possederle. Ma questo membro spropositato, secondo esperienza della Libbra, non gli sarebbe servito a granché nei rapporti intimi.
Tutte codeste cose non illustrano il perché, pur in presenza di una personalità singolarissima, e per alcuni versi sinistra, la Libbra abbia affermato di stimare che il Mele sia il “mostro” (insomma l’assassino delle coppie, secondo i mass-media). E qui la Libbra afferma che, a suo dire, il Mele è un mandatario di suo marito, dal quale vive separata, per ucciderla e riferisce circostanze, dalle quali è palese un’autosuggestione. Singolarmente, non mostra di sapere, e la cosa lascia perplessi, che si tratti del fratello di Stefano.
Più rilevante è che accenni a litigi tra lui ed il cognato Pietro Mucciarini, con il quale convive (morta dal settembre ’82 la sorella Antonietta), che sono sfociati in reciproche accuse di pazzia. Il litigio, secondo la Libbra, avrebbe per oggetto la casa (loc. cit. a seguire).
Vedi Sentenza Rotella 13 dicembre 1989 Pag. 103/104