Il 18 Dicembre 1952, dopo la conclusione del processo d’appello per la morte di Severino Bonini, vengono depositate le motivazioni della sentenza del processo di Appello.
Trascrizione sentenza processo d’appello delitto Severino Bonini
Il PM appellante ritiene che la somma trovata a Pietro Pacciani di 11.000 lire è di molto inferiore alla cifra che, tenuto conto dei teste terzi e dei parenti, aveva Severino nel portafoglio, ossia 25.000 lire. Anche spulciando e immaginando eventuali spese, egli non avrebbe mai potuto spendere più della metà in relativamente cosi poco tempo. Presume, Sica, che una parte sarebbe stata passata alla Miranda Bugli o al presunto terzo ignoto, che avrebbe concorso nel crimine.
Il PM appellante scrive che i fidanzati Pacciani e Bugli devono sapere in anticipo che Bonini quel giorno è in zona. La mattina dell’11 aprile 1951 Bonini parte da Cuccino, ove si è recato sin dal lunedì precedente, 9 aprile per dirigersi verso la zona di Poggio Secco, posta in frazione di Villore. Alla sera però egli non fa ritorno a Cuccino, come avrebbe dovuto. Il giorno successivo i suoi congiunti, impressionati per questa sua inspiegabile assenza, iniziano le ricerche dalle parti di Poggio Secco. Risulta così loro che Bonini il giorno innanzi, dopo essersi fermato presso varie case coloniche, è giunto a quella del colono Scarpi Carlo (quindi nel pieno delle conoscenze della Bugli), detta la Casa Nuova, quivi si è trattenuto a mangiare un boccone con la famiglia Scarpi, andandosene quindi nelle prime ore del pomeriggio. Da quel momento se ne perdono le tracce.
Anche la giovane Bugli Miranda, convivente more uxorio con lo Scarpi, dichiara di nulla sapere del Bonini, pur essendo uscita di casa con le pecore pochi minuti prima che egli se ne andasse. Quella sera stessa pertanto i familiari del Bonini denunciano la scomparsa di costui ai Carabinieri della Stazione di Vicchio. Poco dopo i Carabinieri vengono informati da un certo Fabiani Fernando che la Bugli, presso la quale i Bonini hanno nuovamente insistito per avere notizie del loro congiunto, ha finito con l’ammettere che questi è stato ucciso nel pomeriggio dell’11 Aprile dal fidanzato Pietro Pacciani, abitante a Paterno.
Per la Corte d’Appello è invece esclusa la premeditazione, (che fu invece contestata e accettata in primo grado) “Anche se rimangono sospetti che l’aggressione al Bonini è premeditata”, per avidità di entrare in possesso di tutto quel denaro, “non può escludersi la possibilità che Pacciani e Bonini si siano trovati contemporaneamente preso la Fossetta di Tassinaia per un mero caso e che al primo l’animo criminoso sia sorto d’improvviso rafforzato poi dal comportamento della ragazza alla visita di quest’ultima in compagnia dello straccivendolo”.
Sempre nelle motivazioni si osserva che le dichiarazioni degli imputati concordano fino ad un certo punto, ma divergono in ordine al comportamento tanto del Bonini nei confronti della ragazza quanto in punto al “contegno” reciproco rispettivamente di Severino e Miranda. Mentre la versione della Bugli configura una ipotesi di brutale violenza carnale da parte di Bonini ai suoi danni, Pacciani per contro, con abbondanza di particolari, parla di un congiungimento carnale in atto fra i due, con la fidanzata consenziente che sarebbe stata allettata dalla promessa da parte del Bonini di darle del denaro per comperarsi un vestito.
Pacciani afferma anche che la Bugli, non appena lo vede arrivare lo incita ad uccidere il Bonini, gridando che l’ha presa per forza e aggiunge che quando la vittima giace già a terra agonizzante Miranda lo invita a finirlo. La Bugli contesta invece tali incitamenti e solo ammette di aver detto al Pacciani di picchiare il Bonini, per dare a questi una lezione.
Queste sono in sostanza le maggiori e più importanti divergenze.
Mentre il PM appellante, Sica, è convinto della presenza di un secondo uomo che, munito di randello, ha aiutato Pacciani durante e dopo l’omicidio, la Corta d’Appello osserva che essa si basa su elementi la cui esistenza è incerta e in parte contrastata con le deduzioni e conclusioni del perito e pertanto nessun elemento di prova può trarsi a favore della tesi del Pubblico Ministero. Egualmente non viene presa a riguardo la tesi del P.M. per il fatto che furono necessari quattro uomini a portare via il cadavere del Bonini dal luogo dove fu ritrovato. Il Giudice indica Pietro come un giovanotto robusto nel pieno vigore delle sue forze, allenato ai duri lavori della montagna, e perciò, se pure a stento e aiutandosi con una corda, è certamente in grado da solo di portare e trascinare il cadavere di Severino. “Anzi la circostanza certa che il cadavere fu trascinato, dimostra che era solo, giacché se fossero stati in due non ci sarebbe stato bisogno di trascinarlo e di lasciarlo a metà strada, essendo, a quanto pare, intenzione del Pacciani di buttare il cadavere nel vicino laghetto di Maioli.”
Invece per il Giudice d’Appello, a differenza di Sica, è infondata anche la tesi della premeditazione proprio per il comportamento del Pacciani. Pacciani va a Villore e si fece vedere da tutti, parla e si trattiene con Brazzini che si fa indicare il sentiero per andare a Tassinaia. In prossimità del luogo dove ha aggredito Bonini si trattenne a parlare con due donne, che sono le sue prime e più temibili accusatrici. L’aggressione poi è compiuta su di uno stradello percorso dalla gente, nelle ore di passaggio. Oltretutto il luogo dell’omicidio è nascosto come si può pensare, ma a pericolo testimoni.
Invece, per la Corte, è chiaro ed aderente all’indole del Pacciani di recarsi alla Tassinaia, dove anche per le parole di Brazzini può trovarsi la fidanzata, per sorvegliarla ,“come aveva fatto altre volte.”
La Corte decide, in parziale riforma della sentenza di primo grato, di:
– ridurre la pena a Pietro Pacciani a 18 anni e 5 mesi di reclusione.
– elevare la pena a Miranda Bugli a 10 anni di reclusione.
Quindi, il deposito delle motivazioni del processo d’Appello, conferma parzialmente la sentenza precedente ma ritiene trattarsi di un delitto passionale, esclude la premeditazione con l’aggravante dell’omicidio per scopo di rapina, nonché esclude che sia è stata commessa una rapina, come invece sostiene il PM appellante Sica.
Ritiene illogica l’assoluzione della Bugli con la formula dubitativa dall’imputazione di concorso in rapina, per inconciliabilità dei due moventi.
La Corte d’Appello mentre ritiene fondata la lamentela di Pacciani per l’eccessività della pena, accoglie in minima parte anche la lamentela del PM Sica circa la mitezza della pena inflitta alla Bugli.
Il Presidente della Corte nel dispositivo scrive che Pacciani lamentandosi dell’eccessività della pena: “La doglianza è ritenuta fondata: ad avviso di questa Corte i primi giudici sia nel fissare la pena base che nel ridurre la stessa per le attenuanti generiche, non hanno tenuto in equa considerazione le circostanze personali, sociali Pacciani, è applicata in anni 22 di reclusione, ridotta a 15 anni per le attenuanti generiche. Tali attenuanti non vengono concesse per gli altri reati, con riguardo alla natura degli stessi, e per quanto riguarda il furto anche per essere stato commesso su di un cadavere“.
Così le altre pene restano ferme, e la pena complessiva è fissata in anni 18, mesi 5, giorni 5 di reclusione e L. 12.000,= di multa e L. 1.000,= di ammenda.
Il P.M. si duole pure implicitamente della mitezza di pena inflitta alla Bugli; la doglianza, attesa la gravità del fatto, è accolta, però in minima parte, riducendosi la pena, per le attenuanti generiche, anziché a un terzo, in misura minore: così per l’omicidio, ferma la pena base di anni 21, essa e diminuita ad anni 14 per la diminuente dell’età minore degli anni 18, e a 9 anni ed 8 mesi per le attenuanti generiche, ritenendo elevata la pena complessiva a lei inflitta ad anni 10 e mesi 1 di reclusione.