Firenze, 3 dicembre 2018 –  C’era un proiettile, mai rinvenuto prima, dentro il cuscino della tenda della coppia dei francesi uccisa agli Scopeti. A trent’anni e passa di distanza dall’ultimo delitto del mostro di Firenze, spunta un reperto che potrebbe rivelare qualcosa in più, sugli omicidi delle coppiette. Ma al tempo stesso, questo tardivo rinvenimento, non lusinga certo gli investigatori dell’epoca: perché quell’ogiva, su cui oggi si concentrano le residue speranze degli investigatori (fu l’enigmatico «colpo di fortuna» che suggerì al pubblico ministero Paolo Canessa di andare avanti con l’inchiesta) non è stata cercata prima? Altri reperti dei francesi avrebbero potuto «parlare»? Senza dimenticare che, a qualche giorno di distanza dal rinvenimento dei corpi di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, nella piazzola, un cane, frugando in un cespuglio, portò alla luce un fazzoletto insanguinato e un guanto da chirurgo.

L’ogiva materializzatasi durante l’ultima analisi – adesso alle battute finali – effettuata nell’ambito dell’indagine tutt’ora in corso, non è né frammentata né deformata. E’ rimasta pressoché intatta perché è un colpo andato a vuoto: non ha centrato il bersaglio, cioé i due fidanzati nella tenda, ed ha terminato la sua corsa in uno dei due cuscini presenti nella tenda. Rispetto ad altri reperti sottoposti alle analisi biologiche e balistiche, quello rinvenuto recentemente è stato certamente manipolato con le necessarie attenzioni, dopo la sua estrazione. Cautele che con ogni probabilità non sono state adottate per il resto dei reperti consegnati al consulente biologo della procura di Firenze, Ugo Ricci. I responsi, genetici e balistici, sono ora nelle mani del pm, Luca Turco.

Sull’ogiva «protetta» per trent’anni dal cuscino è stato cercato del dna, ma quella parte del proiettile ha tenuto in piedi sinora l’indagine perché potrebbe essere – il condizionale è d’obbligo, in attesa di conoscere gli esiti delle consulenze – il filo che lega un’ulteriore pistola ai delitti del mostro di Firenze. Il perito Paride Minervini ha infatti analizzato quell’ogiva per rispondere a una domanda precisa: potrebbe essere un proiettile sparato dalla High Standard dell’indagato Giampiero Vigilanti? Pistola dello stesso calibro, il 22, della Beretta del mostro, e che sparava gli stessi tipi di proiettili, dei quali l’ex legionario, nel 1994, venne trovato in possesso.

Proiettili che invece non vennero trovati quando, pochi giorni dopo il delitto del 1985, i carabinieri del nucleo radiomobile di Prato gli piombarono nella casa di via dell’Anile e in quella della madre, a Vicchio. Sembra incredibile, ma pure questa pistola adesso è introvabile, così come la Beretta che ha firmato gli otto duplici omicidi. Giampiero Vigilanti ne denunciò il furto qualche settimana prima di essere perquisito in questa ultima fase d’indagine. Ed è sempre per questa pistola – sommata alle dichiarazioni dell’ex legionario pratese – che sul registro degli indagati c’è finito pure il medico Francesco Caccamo. La High Standard è infatti appartenuta a lui sin dagli anni ’70. Poi il medico la consegnò al poligono in cui si esercitava e, dopo essere stata posseduta per un breve periodo da una terza persona, nel 1984 arrivò nelle mani di Vigilanti. Ed è stata rubata prima che potesse essere effettuata qualsiasi comparazione. Misteri nei misteri, nell’inchiesta infinita.

https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/proiettile-mostro-1.4325565