1° articolo:

Più che un appartamento, sembra la bottega di un rigattiere. Vestiti accatastati sui divani, scatoloni sparsi in pochi metri quadri, un odore terribile che arriva dalla cucina. Al centro c’è lui, un uomo distrutto nel fisico e nella mente. Per camminare si appoggia a un bastone, le mani tremano, fatica a parlare. Da mesi vive rintanato in questo bilocale di Montelieu, sette chilometri da Cannes. Ma del mondo dorato della Costa Azzurra il pittore C.F., 64 anni, non sa nulla.
Che cosa è successo in Toscana? “Sono dovuto fuggire, quelle due donne mi hanno rovinato la vita”.
Che rapporto aveva con loro? “Avevo conosciuto tanti anni fa la figlia e nel ’97 fui ospite in quella villa”.

Che cosa le fecero? Di tutto, le cose più terribili. Venivo drogato e chiuso in una stanza. Poi mi convinsero a firmare delle procure a vendere e mi portarono via tutte le cose preziose che avevo. Mi hanno rubato miliardi. Avevo cose stupende, non ho più nulla”.
Come la convinsero a firmare? “Non lo so, ero completamente soggiogato. Scoprii che mi mettevano delle sostanze nel cibo. Mi tenevano sequestrato”.
Quando lei andò via, le proprietarie della villa consegnarono alla polizia alcune cose che lei aveva lasciato: una pistola, alcuni dipinti e un blocco da disegno uguale a quello di una delle vittime. Non era roba sua? “Era soltanto una piccola parte e comunque io con il mostro non c’entro davvero niente. Quel blocco faceva parte di decine di altri blocchi che avevo per il mio lavoro. Anche il resto non significa nulla. E’ stato un complotto. Sono fuggito proprio perché ho capito che volevano incastrarmi. In quella casa c’era gente pericolosissima”.
Che cosa vuol dire? “Succedevano cose strane, soprattutto la sera. Ma di questo la polizia mi ha detto che non posso parlare”.
Lei partecipava a quelle riunioni? “No, assolutamente no”.
Conosceva Pietro Pacciani? “Mai visto. Non mi interessa la gente che taglia le persone a pezzi”.
Da indagato a testimone d’accusa. Perché ha deciso di collaborare con la polizia solamente ora? “Non sapevo che mi stavano cercando. Quando sono andato via volevo soltanto dimenticare. Sono state quelle donne a farmi ammalare e adesso dovranno pagare“.
2° articolo:
Ha raccontato una teste alla polizia: “In quella casa succedeva di tutto. Nelle stanze c’erano soltanto due reti dove i vecchietti venivano tenuti tra feci e urine. Nessuno se ne curava. Un giorno uno di loro morì. Lo chiusero in una stanza e ci ordinarono di non parlarne con nessuno. I familiari dovevano ancora pagare la retta mensile e quindi non dovevano sapere che era morto. Lo tennero così per giorni. Gli anziani erano praticamente abbandonati a sé stessi.”
Ma la parte più interessante per gli inquirenti riguarda quello che avveniva la sera. “Dopo le dieci – ha messo a verbale un’altra donna – in quella villa nessuno poteva più mettere piede. Arrivavano diverse persone e si compivano riti magici e satanici. Si celebravano messe nere, cose strane, stranissime. Erano tutti strani. Ricordo la figlia della proprietaria: aveva appena sette anni, ma era una bambina che dava l’angoscia, metteva paura. Aveva sempre uno sguardo allucinato e quando usciva in giardino scavava delle buche. Diceva che costruiva le tombe. Tutti erano strani, anche quelli che venivano nella villa, ma a noi dipendenti non era permesso entrare quando scendeva la sera e venivano chiusi i cancelli.
23 Aprile 2001 Stampa: Corriere della Sera – Intervista a Jean Claude Falbriard – In quella casa succedeva di tutto
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