Bambagioni, torna a emergere livello fiorentino ostacolo ad accertamento verità
Nelle audizioni di lunedì 15 febbraio in commissione sentiti tra gli altri Antonio Di Pietro, Alberto Monaci e Giuliano Mignini già pm della procura di Perugia, titolare dell’inchiesta sulla morte del medico Narducci
Firenze – Sono proseguite nel pomeriggio di lunedì 15 febbraio, le audizioni della commissione d’inchiesta alla quale il Consiglio regionale della Toscana ha affidato il compito di risalire alle responsabilità politiche e istituzionali nelle drammatiche vicende della comunità del Forteto. La lunga serie di audizioni ha preso il via con Antonio Di Pietro, ex pm e fino a poco tempo fa leader dell’Italia dei Valori. Di Pietro è stato sentito per le sue frequentazioni con il Forteto all’epoca in cui, era il 1997, fu eletto al Senato della Repubblica per l’Ulivo. E per una sua prefazione ad un libro sul Forteto. L’ex pm ha precisato di aver scritto la prefazione “non per ‘Fili e nodi’, un libro pubblicato nel 2011, del quale non so nulla, ma per una pubblicazione del 1998, di cui non ricordo alcunché”. Il libro in questione era “Il Forteto. Storia e realtà raccontate da un medico di famiglia”, di Lucio Caselli. “Cercherò di risalire a quelle pagine, di cui non conservo alcun ricordo, come non ricordo in particolare del Forteto, uno dei tanti luoghi nei quali posso essere stato nel corso di quella campagna elettorale. Come politico, fui scelto dall’Ulivo per correre in quel collegio (si trattò di elezioni suppletive, ndr), confrontandomi con il candidato del centrodestra Giuliano Ferrara”. Una campagna elettorale nella quale, racconta Di Pietro, “fui seguito passo passo dal comitato elettorale, non conoscendo io direttamente quella realtà. Non ero mai stato prima nel Mugello, c’era una struttura politica che faceva capo direttamente all’allora Pds, mi tenevano l’agenda e mi portavano in giro, come accade in campagna elettorale. Io, del resto, in quegli anni non avevo un partito”. “Sul piano della dignità personale – aggiunge Di Pietro in merito alle vicende del Forteto – mi sento truffato e raggirato, vittima anch’io, amareggiato del fatto che molto si è parlato di me, come se io avessi saputo”. E ha ricordato come “l’Italia dei Valori si è battuta fino in fondo per far emergere la verità sul Forteto, tutti ricorderete l’impegno della consigliera Chincarini nella prima commissione”.
Nella seconda audizione è stato sentito Alberto Monaci, presidente del Consiglio regionale nella passata legislatura. A Monaci i commissari – erano presenti tutti i membri della commissione d’inchiesta, il presidente Paolo Bambagioni (Pd), i vicepresidenti Giovanni Donzelli (Fratelli d’Italia) e Andrea Quartini (Movimento 5 Stelle), i consiglieri Jacopo Alberti (Lega Nord), Stefano Mugnai (Forza Italia) e Paolo Sarti (Sì-Toscana a sinistra); hanno seguito parti della seduta anche le consigliere del Partito democratico Fiammetta Capirossi e Serena Spinelli – hanno posto domande, principalmente, sulle sue prese di posizione, in qualità di presidente dell’Assemblea legislativa toscana, in merito all’attività della prima commissione d’inchiesta sul Forteto, che ha lavorato dal giugno 2012 al gennaio 2013. Iniziative prese “per il ruolo che occupavo, ho sempre detto ‘andate cauti’, perché era chiaro che si andava a mettere le mani dove non si dovevano mettere”, ha risposto Monaci. Una raccomandazione finalizzata “a fare in modo che la commissione potesse andare avanti. A sdoganarla: non avrei potuto farlo ‘motu proprio’ e se non avessi fatto quelle raccomandazioni affinché si restasse nel solco delle competenze effettive, la commissione non avrebbe portato a conclusione il lavoro che invece così ha potuto portare a termine”. Non si è trattato di pressioni esplicite, risponde Monaci alle domande dei consiglieri, “pressioni non ne ho mai avute, ma in Consiglio c’era una maggioranza negativamente orientata, all’interno dei gruppi consiliari c’era un filone, il clima diffuso era chiudere, coprire, non vedere. Tutti e nessuno mi facevano presente che la commissione tendeva a uscire dalle proprie competenze”. Il Forteto “era un santuario”. “Credo di aver fatto il possibile – conclude Monaci – per far sì che la commissione presieduta da Mugnai potesse esistere e potesse lavorare”.
Le connessioni tra la vicenda del Forteto e le inchieste sugli omicidi del ‘mostro di Firenze’ sono tornate al centro nel corso dell’audizione di Giuliano Mignini, già pubblico ministero della Procura di Perugia, a suo tempo titolare dell’inchiesta sulla morte del medico perugino Francesco Narducci. Il Forteto è entrato in due inchieste seguite dal pm: la prima legata ad una vicenda di telefonate anonime in Umbria, tra il 2000 e il 2005, con minacce di morte ad una estetista, nelle quali venivano fatti riferimenti al Mugello, ai delitti del mostro, alla morte del medico. Dalle stesse utenze telefoniche da cui partivano quelle minacce venivano contattate anche utenze fiorentine tra cui quelle del Forteto. Il nome del Forteto torna in un’altra inchiesta di Mignini, quella sulla morte del medico Narducci, attraverso le dichiarazioni di un investigatore privato, Domenico Maria Rizzuto, che nel 2005 aveva denunciato un coinvolgimento del Forteto nei delitti del mostro. “Dichiarazioni molto, molto dettagliate sulle quali ho fatto indagini per verificarne la fondatezza – spiega Mignini –. Nomi di magistrati, personaggi della vita sociale fiorentina, riconducibili ad una sorta di setta che operava all’interno del Forteto ed era secondo lui collegabile ai duplici omicidi del mostro. Dalle mie indagini non sono emersi ulteriori elementi di riscontro delle affermazioni di Rizzuto e ho chiesto l’archiviazione del procedimento in relazione all’omicidio di Narducci, perché non avevo elementi sufficienti per procedere al di fuori delle stesse dichiarazioni di Rizzuto”. Mignini ha consegnato alla commissione la memoria presentata da Rizzuto, “dichiarazioni per le quali ho già ricevuto attacchi da un giornalista che riteneva che qualunque attacco al Forteto fosse infondato e rivelatore di una volontà di persecuzione”. Il magistrato ha parlato anche diffusamente della “chiusura totale, un muro”, rispetto all’accertamento delle relazioni tra un mondo di professionisti fiorentini e il medico Narducci. “Come se un certo livello di potere fiorentino – ha osservato il presidente Bambagioni –, più o meno legato a logge massoniche, avesse fatto sì che non si andasse avanti”. “Un argomento che ancor oggi mi addolora – ha osservato Mignini –, a parte quello che è costato a tutti noi, anche al personale di polizia operante con Giuttari”.
La commissione ha deciso di trasmettere alla Procura della Repubblica gli atti e i documenti allegati all’audizione di Mignini. Il consigliere Donzelli ha osservato che nella memoria di Rizzuto “ci sono cose che potrebbero sembrare fantascientifiche, evidentemente fantasiose, ma ci sono anche dei dettagli, che sono emersi dopo sulla vicenda Forteto, descritti con precisione e vengono già indicate persone che frequentavano il Forteto. Cose che risultano verissime”.
La commissione ha sentito nella seduta di lunedì anche Roberto Negrini, presidente di Legacoop Toscana; Marco Recati, segretario Pd del Mugello; l’ex consigliere regionale ed ex parlamentare Eduardo Bruno. (s.bar)
http://www.consiglio.regione.toscana.it/ufficio-stampa/comunicati/comunicati_view?idc=&id=22005