II 30 marzo 2011 i PM sentivano come persona informata sui fatti Carmelo Virgillito, padre di Alfredo Virgillito il quale, pur ovviamente confermando i suoi rapporti di parentela con Michelangelo Virgillito (dal quale aveva ricevuto aiuti e posti di lavoro a Milano quando, dopo essersi dimesso dall’esercito, vi si porto nel 1952 da Paterno), deceduto nel 1977, nonchè il potere economico da costui esercitato in Italia fino praticamente alla sua morte, ha nettamente smentito le romanzesche narrazioni del figlio, spiegando che aveva avuto un litigio per banali motivi con il Virgillito Michelangelo poichè il direttore di uno dei suoi cinema milanesi gli aveva inaspettatamente comunicato che, su disposizione dell’illustre parente, gli era stato revocato il permesso di accedere gratis ai cinema stessi. Michelangelo Virgillito aveva negato di avere dato quella disposizione, aggiungendo che il direttore, con quella menzogna, gli aveva evidentemente mancato di rispetto: “lui, infatti, aveva affermato, era Michelangelo Virgillito e stava mettendo a ferro e fuoco l’itafia. Dunque la gente deve sapere chi era e rispettarlo“. Il direttore del cinema fu successivamente licenziato e si accertò che era stata una donna, l‘amante di Michelangelo Virgillito, a dargli quell’ordine. Quella frase ( .. stava mettendo a ferro e fuoco l’Italia) era stata interpretata da Carmelo Virgillito come collegata alla potenza economica di Michelangelo Virgillito, ma, cosi egli riferiva ai P.M., “poichè in quegli anni era ormai scoppiato il terrorismo e c’era stata la bomba a Piazza Fontana ..” la frase gli aveva fatto pensare che suo cugino “potesse far riferimento ad una qualche forma di suo coinvolgimento in quell’attentato“.
Carmelo Virgillito aggiungeva che, poichè in quegli stessi giorni, c’erano state altre bombe (una in una banca a Milano e tre in altrettante banche a Roma) senza che fosse morto alcuno, egli aveva pensato che i morti di Piazza Fontana non fossero stati voluti dagli attentatori: forse, anzi, “quelle bombe non erano connesse ad un piano terroristico in senso proprio … ma ad una sorta di regolamento di conti (ndr: di natura sconosciuta al Virgillito Carmelo) nel mondo dell’alta finanza. Ma sapeva che Michelangelo Virgillito aveva perso un sacco di soldi nel tentativo di scalare l’Assicuratrice italiana“. Del resto, precisava, se avesse avuto una qualsiasi notizia su eventuali responsabilità del cugino per la strage di Piazza Fontana, ne avrebbe certamente riferito alla polizia o alla magistratura.
Carmelo Virgillito, comunque, non pose mai alcuna domanda al cugino in ordine al significato di quella frase e; nei termini sopra sintetizzati, ne parlo solo al figlio Alfredo nell’agosto del 2010 negli Stati Uniti, dopo che, all’arrivo a San Francisco, fu sottoposto a scrupolosi controlli antiterrorismo. Lodò, parlando con il figlio Alfredo, lo scrupolo della polizia americana in quei controlli preventivi ponendolo a confronto con la ritenuta inefficienza di quella italiana ed aggiunse che ” .. proprio per questa esistevano ancora tanti misteri in italia come quelli sulle bombe di Piazza Fontana ed altri attentati della stesso tipo“. E, proprio traendo spunto da questo commento, racconto al figlio Alfredo della frase pronunciata da Michelangelo Virgillito e dei dubbi che essa aveva in lui generato. Aggiungeva: “Non una parola di più rispetto a quanta ho detto. Ma non raccontai in alcun modo a mio figlio Alfredo. .. che la frase di Michelangelo Virgillito traeva occasione dalla vicenda del mancato ingresso gratuito al cinema Corso“.
Negava di avere mai saputo che Michelangelo Virgillito avesse fatto parte dell’OVRA o collaborato con la CIA e, quindi, di avere riferito tale circostanza al figlio Alfredo. Ignorava perfino cosa fosse l’OSS.
Michelangelo Virgillito, anzi, non era mai stato negli USA e non conosceva neppure l’inglese. Nulla sapeva di eventuali contatti del cugino con personale dell’ Ambasciata statunitense.
Negava che il figlio gli avesse mai parlato dei propri contatti con il ten. col. Giraudo o con Joe, nome che non aveva mai sentito fare Riferiva poi del desiderio del figlio di tornare a vivere negli Stati Uniti e di convincerlo a fare altrettanto, ma il figlio, che gli aveva riferito in termini generici di avere operato nel campo dell’antidroga facendo arrestare delle persone, gli aveva pure parlato delle difficolta per ottenere il visto. Infine, circa i timori del figlio per possibili progetti lesivi ad opera di terzi, Carmelo Virgillito li negava, affermando che Alfredo era solo preoccupato per la propria salute. Si preoccupava, piuttosto, che qualcuno potesse fare del male al padre: “forse si tratta di preoccupazioni derivanti dal fatti che più di vent’anni fa ho subito un furto in casa, nel corso del quale mi e stato somministrato del sedativo mentre dormivo. Ma io non credo di correre alcun rischio perchè nulla di particolare ho fatto o so“. suo.
Infine, circa le difficolta economiche del figlio Alfredo, Carmelo Vigorito dichiarava: “Attualmente sono io a mantenere mio figlio che vive
a casa mia. Ho alcune risorse e pensione che me lo consentono. Lui mi ha detto di avere un’attività negli Usa di riparazione e lustrascarpe, ma non riceve denaro in Italia da quell’attività“.

Vedi 24 aprile 2012 Richiesta archiviazione strage piazza Fontana pag: 39/40/41

30 Marzo 2011 La Procura di Milano ascolta la testimonianza di Carmelo Virgillito
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