Il 22 Gennaio 2005 rilascia testimonianza Francesca Spagnoli.

Questuno stralcio della testimonianza:

Domanda: Conferma le dichiarazioni?

Risposta: “mi riporto a quanto ho dichiarato ieri perché le dichiarazioni che ho già reso sono più dettagliate, il cognome Jommi mi dice qualcosa ma non riesco a ricordare. Confermo anche quanto da me detto nel confronto con Maria Elisabetta Narducci e che gli abiti per la vestizione del cadavere di mio marito furono presi da Elisabetta Narducci che rifiutò l’abito blu in quanto mio marito preferiva gli abiti sportivi ed effettivamente gli piacevano gli stessi.

Confermo anche che col tempo mi sono resa conto che le modalità di rapporto sessuale con Francesco erano più o meno stereotipate.

Confermo anche che nel marzo 2002 all’incirca, dopo essere stata chiamata da Alfredo Brizioli, che invano mi si era proposto come difensore, chiamandomi al telefono dal nr. 075/5725219, incontratami in città, nel marzo 2002 all’incirca, mi disse testualmente: “ti sembra che una persona che vuol suicidarsi chiami un amico per fare un giro in moto lo stesso giorno?”. (Si riferisce alla richiesta fatta al Prof. Franco Aversa da parte di Narducci). Vedi: Sentenza Micheli Pag. 214

Per quanto riguarda la telefonata che avevo ricevuto da Alfredo Brizioli, prima di essere sentita da lei la prima volta, posso dire questo: Non ricordo il periodo esatto ma mi sembra fosse fine gennaio-primi di febbraio 2002, ed io stavo tornando a Milano in macchina, non ricordo se da Perugia o da Parma. Era il primo pomeriggio e sentii la chiamata, vidi sul dispay il numero che ho indicato. Risposi al telefono e sentii una voce maschile a me non nuova che mi chiese: “mi riconosci?”. Io sul momento non lo riconobbi e lui mi disse che era Alfredo Brizioli. Debbo precisare che era molto amico con mio marito anche se io non ho mai voluto frequentarlo perché non lo sopportavo e quindi Francesco era costretto a tener conto di questo mio atteggiamento. Penso però che mio marito fosse legato ad Alfredo Brizioli più di quanto fosse legato ad altri amici che conoscevo. Questo aspetto mi venne anche sottolineato da Alfredo, proprio quel giorno. Gli altri cari amici di Francesco erano, però, legati a lui in altro modo, meno fraterno. Elenco tra questi ultimi: Sergio Rossetti, Bruno Biagiotti, Roberto Grasso e quelli che costituirono il gruppo degli architetti associati. L’intensità del rapporto che aveva con Alfredo Brizioli era la stessa di quella che aveva con Gianni Balsotti e Paolo Colletti, la cui moglie era stata compagna di classe di Francesco.

Poiché me lo chiede, le rispondo che gli amici più stretti di Francesco avevano dato vita un tempo al gruppo così detto dei “Camaleonti”, a cui appartenevano il Balsotti il Brizioli e il Coletti. Brizioli mi disse anche, nella telefonata, che mi avrebbe voluto incontrare quando fossi tornata a Perugia. Io gli feci presente che sarei dovuta venire a Perugia e avrei voluto incontrare il magistrato che si occupava della vicenda, cioè lei, senza fornire ad Afredo altre indicazioni. Il Brizioli mi rispose con queste testuali parole: “io sono stato incaricato ufficialmente di seguire la vicenda. Domani sono a Firenze. Mi raccomando… è già stato fatto troppo” alludendo al fatto che sarebbe stato meglio che io non mi fossi presentata al magistrato. Rimasi colpita perché a quella data le indagini erano ancora all’inizio e non riuscivo a capire perché il Brizioli dicesse che era stato fatto troppo e che cosa c’entrasse lui in questa vicenda. Sapevo che Alfredo e Francesco erano molto amici e sapevo anche che la suocera di Alfredo, Rosina Servadio, era ed è molto amica di mia suocera. Comunque, ci lasciammo con l’intesa che avrei dovuto chiamarlo al mio arrivo a Perugia, cosa che non feci perché non mi piaceva quel modo di fare. In quel periodo solo il Brizioli cercò di contattarmi e di evitare che io mi aprissi con l’ Autorità Giudiziaria. Qualche tempo dopo, circa un mese un mese e mezzo, ero a Perugia perché mi ero già presentata a lei per rendere le mie dichiarazioni e contribuire al buon esito delle indagini. Avevo preso questa decisione autonomamente ma chiesi poi consiglio al mio testimone di nozze il Prof. Mario Bellucci che approvò la mia decisione, come anche mio padre, mentre mia madre, data la sua riservatezza si era mostrata più perplessa. Mi trovavo a casa dei miei genitori, quando fui chiamata da Alfredo Brizioli che mi disse: “Ci dovevamo vedere ma poi sono successe tante cose…” alludendo alle notizie di stampa sulle indagini. Alfredo mi venne a prendere con la macchina sotto casa e andammo a fare un giro verso Pian di Massiano. Durante la conversazione Alfredo Brizioli a cui non avevo detto che ero stata dal magistrato, mi fece presente che il negozio “Marinerie” che lui gestiva non andava bene e che lui aveva deciso di svolgere l’attività forense insieme al padre. Lui mi disse anche: “tu lo sai che io non ho mai fatto l’avvocato, e quindi mi faccio aiutare da mio padre per le cose più tecniche”. Mi chiese poi se fossi stata già contattata dall’Autorità Giudiziaria, commentando poi che sicuramente sarei stata chiamata perché era stata chiamata tutta Perugia. Il Brizioli mi disse che avrebbe potuto assistermi come faceva con la famiglia Narducci che lui frequentava da anni e di cui era divenuto il confidente essendo riuscito a far aprire mio suocero. Questa frequentazione della famiglia Narducci da parte del Brizioli era iniziata con il matrimonio di Alfredo con Luciana Servadio la nipote di Rosina. Non ricordo quando si è sposato Alfredo Brizioli , ma credo dopo la morte di Francesco.

Poiché me lo chiede, le dico che non partecipò al nostro matrimonio ma, verosimilmente fu presente al cocktail che facemmo al ristorante “Le tre vaselle” con circa 350 amici, una settimana prima del 12 giugno 1981, se ben ricordo. Alfredo, sempre in quella occasione, mi invitò a firmare una querela contro i giornalisti con la famiglia Narducci perché è chiaro che una querela firmata anche da me avrebbe avuto ben altro impatto dicendomi che comunque anch’io avrei avuto la mia parte nel risarcimento” poi il Brizioli mi disse che non dovevo credere assolutamente a tutto quello che veniva detto dai giornali. Cercò di convincermi che Francesco era morto per un incidente mentre preparava un intervento per un convegno. La mia impressione fu che il Brizioli cercò di sapere quale fosse la mia posizione e io gli feci credere di essere dalla loro parte dandogli appuntamento da li a una settimana per la decisione circa la sottoscrizione della querela. Il Brizioli che mi aveva chiesto se avessi l’avvocato, ed io gli avevo risposto di no mentendogli perché non mi fidavo di lui, mi dette l’appuntamento telefonico di li a una settimana. Quando arrivò il momento io lo chiamai e gli dissi che non me la sentivo di firmare la querela. Alfredo mi congedò dicendomi che se avessi avuto bisogno di lui avrei dovuto chiamarlo. Da allora non l’ho più sentito e anzi so che lo stesso ha contribuito ad esasperare il clima di avversione che mi è stato costruito attorno dagli amici di Francesco. Qualche tempo dopo la nostra ultima telefonata, la stampa ha dato notizia della mia posizione nettamente favorevole alle indagini per far luce sulla morte di Francesco.

“Ricordo anche che, quando salimmo nell’imbarcazione di mio marito, io e Pierluca la notte tra l’8 e il 9 ottobre 1985, Pierluca mi chiese, con insistenza, che cosa mai cercassi nel motoscafo. Io, quando salii nell’imbarcazione, mi misi a guardare eventuali tracce di oggetti che potessero chiarire la scomparsa di mio marito e la cosa mi sembrava del tutto normale. Rimasi pertanto molto colpita dalla domanda di Pierluca che sembrava interessato a che io non esaminassi l’imbarcazione e non mi ponessi delle domande.” Vedi Relazione Commissione Parlamentare

L’uomo che ho visto raffigurato nella foto 0015 dell’album fotografico n. 2/2003 del GIDES l’ho associato ad un amico americano di Francesco”.

Si dà atto che vengono di nuovo mostrate le foto dell’ album fotografico n. 2/2003 GIDES e la signora si sofferma sulle foto 0014- 0015 – 0029 – 0030 – e 0037 che vengono allegate in copia agli atti. La foto 0014 e la signora dichiara: La foto 0014 mi ricorda qualcosa ma non so esser più precisa, la foto 0015 l’associo ad un amico americano di Francesco, la foto 0029 mi sembra di averla vista in televisione, la foto 0030 mi dice vagamente qualcosa, come dice qualcosa la foto 0037.

Si dà atto che la foto 0014 corrisponde a Achille Sertoli, quella nr. 0015 a Giuliano Luccioli, secondo quanto indicato nell’album, quella n. 0029 a Gianfranco Bozza, quella 0030 a Gian Eugenio Jacchia e la foto n. 0037 a Francesco Calamandrei.

Riprende la signora Spagnoli: “ah già! Quello era Jacchia e quello io lo conosco per averlo visto al mare, prima della morte di Francesco. Confermo che il cambiamento di umore di mio marito sopraggiunse dopo le vacanze estive del 1985 che facemmo ad agosto, mi sembra nella prima metà del mese. Confermo che talvolta nei fine settimana Francesco mi diceva che doveva andare di guardia all’ ospedale, ricordo che i turni di guardia gli capitavano ogni 20 giorni e questo poteva coincidere con un sabato o una domenica, oppure con altri giorni settimanali. Quando mio marito era di turno il sabato, poteva esserlo dalle 8 di mattina alle 20 di sera oppure dalle 20 di sera fino alle 8 della mattina successiva.

Il giorno del 1° anniversario del nostro matrimonio mi ricordo che Francesco venne in chiesa alla messa. Ricordo che sopraggiunse mentre io mi trovavo in chiesa e ciò mi colpì. Ricordo che avevamo dormito insieme quella notte. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 83

Confermo anche che circa due o tre anni dopo la morte di Francesco, fu sfondata la porta dello studio di mio marito. Furono rubati dei gioielli, l’argenteria fu lasciata, furono rovistati tutti i cassetti del guardaroba e il cassettone della camera da letto. A quanto ricordo in quei mobili c’erano anche capi d’abbigliamento di Francesco. Non fu portato via altro se non gioielli che stavano nel cassettone della camera.

Quanto alla pistola, ribadisco che mio marito la teneva nel vano porta oggetti della CX. Credo di averla vista una volta e mi pare non fosse una di quelle con il tamburo. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 88

Quanto all’uso del Valium, prima dei rapporti, ricordo che Francesco dietro consiglio di Ugo, mi portò da un ginecologo di Roma per farmi controllare il funzionamento delle tube e questo medico mentre mi sottoponeva ad un esame si accorse che avevo degli spasmi alle tube e allora ci consigliò di usare il Valium prima del rapporto. Voglio aggiungere che questo medico mi era stato presentato da mio suocero Ugo e che l’attuale mio ginecologo è rimasto stupefatto da questo tipo di terapia, ed ha esclamato che era la prima volta che ne parlavo. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 50 Ciò accadde nel 1984. L‘uso del Valium che avveniva di sera faceva si che io mi addormentassi dopo il rapporto fino alla mattina successiva. Ricordo anche che Francesco dopo il rapporto mi faceva mettere dei cuscini sotto le gambe per tenerle alte. Il Valium lo prendevo per via endovenosa praticatami da Francesco. Ciò accadeva una volta al mese quando c’era l’ovulazione per un paio di giorni circa. Ad un certo punto io mi stufai di questa pratica e decisi di interromperla, ciò accadde verso la fine del 1984.

Effettivamente mia cugina Federica Spagnoli mi disse che l’avvocato Alfredo Brizzoli, venuto a sapere che Francesco era scomparso, chiese ai familiari se fossero in possesso del passaporto perché in caso contrario voleva dire che Francesco era scappato all’estero. Mia cugina mi ha confermato puntualmente questo particolare precisando che quando Francesco è scomparso, il Brizioli non era a Perugia ma fu avvertito della scomparsa di Francesco, tornò a Perugia e disse la frase che mi è stata riferita da Federica.

Confermo anche che il corpo dell’ uomo che ho visto disteso sul pontile e che fu allora riconosciuto per mio marito, mi appare totalmente diverso da mio marito che era longilineo e portava la taglia 48 di pantaloni. Mio marito non aveva avuto cambi di taglia negli ultimi tempi ed era rimasto longilineo. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 257

Confermo quanto dichiarato nel verbale del 17.5.2003 del quale mi è stata data lettura. Debbo però precisare che l’episodio del litigio con Francesco dopo essere stati a pranzo dai miei genitori non si è verificato nel settembre 1985 ma prima; questo lo posso affermare perché a fine settembre 1985 era negli Stati Uniti. Quanto poi alla pistola, non sono affatto sicura che si trattasse di un arma di colore nero e semiautomatica perché quella pistola io l’avrò intravista una volta. Mi pare che non fosse a tamburo, questo posso dire. Altro punto è che io non ero affatto sicura che lui fosse depresso l’ ultimo periodo di vita, posso solo dire che era strano, per il resto confermo integralmente quanto ho riferito nel verbale del 17.5.2003.

Confermo anche quanto dichiarato in data 26.6.2003 in particolare ricordo che Pier Luca mi disse che Peppino Trovati lo aveva chiamato alle ore 17-17:30. Come ho detto ieri però Pierluca mi chiamò anche alle 17- 17:30. Quando ebbi il colloquio che ho descritto con l’avv. Brizioli, questo mi disse che la stessa ipotesi del suicidio era da respingere, osservando: “ti sembra che una persona che vuole suicidarsi chiami un amico per fare un giro in moto lo stesso giorno?”. Allora infatti i Narducci sostenevano la tesi della disgrazia, poi hanno accettato l’ipotesi del suicidio, non capisco perché, visto quello che aveva osservato Alfredo Brizioli.

Ricordo che gli episodi dei litigi con conseguente allontanamento di mio marito senza dare notizia di sé avvenivano il sabato e la domenica e quando Francesco tornava, assumeva un atteggiamento di sorriso forzato per fare subito la pace con me, mai io mi rendevo conto che tutto aveva un contenuto di strumentalità e di mancanza di sincerità. Alla luce di tutta la mia esperienza posso dire che Francesco è stato per me un grande enigma”. Vedi: Sentenza Micheli Pag. 33

Vengono mostrate a questo punto le foto di cui all’ album fotografico n. 1/2004 GIDES allegate all’informativa n. 603/04 GIDES del 20.12.2004 e la signora risponde: mi riporto a quanto ho già dichiarato non noto nulla di diverso”.

22 Gennaio 2005 Testimonianza di Francesca Spagnoli

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