Il 30 ottobre 1968 il Colonello Innocenzo Zuntini consegna la perizia balistica del duplice omicidio del 1968.

Questi i bossoli ritrovati sulla scena del crimine e consegnati a Zuntini:

23 Agosto 1968 Bossoli consegnati al Col. Innocenzo Zuntini

Questa la perizia balistica: Perizia balistica Zuntini 1968

 

I N D I C E

  1. Premessa

  2. Il Quesito

  3. Primi rilevamenti e prime indagini

  4. Piano di impostazione della perizia

  5. I bossoli ed i proiettili in giudiziale sequestro

    A. I Bossoli

B. I proiettili

6) Risultati dell’esame autoptico delle vittime per la sola parte interessante il problema balistico

7) Ricostruzione tecnico-balistica dell’episodio delittuoso

  1. Prove di poligono

  2. Conclusioni e risposte ai quesiti

PERIZIA TECNICO BALISTICA DI UFFICIO DEL COL. ZUNTINI INNOCENZO NEL PROCEDIMENTO PENALE CONTRO MELE STEFANO ACCUSATO DI DUPLICE OMICIDIO NELLE PERSONE DI LO BIANCO ANTONIO E LOCCI BARBARA.

1) PREMESSA

Nella notte nel g. 22 Agosto 1968 in località Castelletti di Signa tali Lo Bianco Antonio e Locci Barbara mentre verso le ore 1 si trovavano nella autovettura Alfa Giulietta T.I. di proprietà del primo, venivano assassinati mediante arma da fuoco.

I carabinieri accorsi sul posto circa 1 ora e mezza dopo che fu commesso il crimine trovarono i due con gli abiti in disordine: il Lo Bianco sul sedile a fianco del posto di guida, con la spalliera abbassata, la Locci seduta al posto di guida.

L’autovettura fu trovata con tutte le portiere chiuse tranne quella posteriore destra, che era semichiusa; i vetri delle 4 portiere erano chiusi tranne quello della portiera posteriore sinistra che era abbassato a metà e quello della portiera anteriore sinistra abbassato di circa 3 cm.

Da una accurata ispezione sul terreno, vicino alla autovettura furono rinvenuti 3 bossoli per pistola o per carabina cal. 22″ Long Rifle nelle posizioni che risultano dalla documentazione fotografica effettuata dagli specialisti del Nucleo investigativo del Gruppo C.C. di Firenze; da una accurata ispezione nella autovettura furono inoltre rinvenuti altri due bossoli (uguali agli altri 3) nella piega fra il sedile posteriore a la spalliera di questo e N.2 proiettili cal. 22 già esplosi, deformati, di cui 1 fra i vestiti della Locci ed 1 sul tappeto della autovettura fra il sedile ove si trovava il Lo Bianco ed il sedile posteriore.

Si tralasciano tutti gli altri particolari che non interessano la presente perizia tecnico-balistica.

2) IL QUESITO

Il Procuratore della Repubblica Dott. Caponnetto il mattino del 23 Agosto 1968 dopo aver convocato il sottoscritto in qualità di tecnico-balistico e dopo averlo sommariamente informato del delitto, richiestogli se volesse accettare l’incarico di perito balistico nelle relative indagini ed avutane l’accettazione gli proponeva il seguente quesito:

  1. Accerti e riferisca il perito se i proiettili ed i bossoli sin qui repertati e, quelli che eventualmente debbano in seguito essere rinvenuti siano stati esplosi da un’unica arma, di qual tipo e calibro.

  2. Sulla scorta degli accertamenti autoptici (cui il perito è autorizzato ad assistere) presa visione degli atti processuali e tenuto conto dei dati tecnici e fotografici rilevati e rilevabili, ricostruisca il perito la successione dei colpi, la loro provenienza e traiettoria, la distanza da cui furono esplosi e le reciproche posizioni dello sparatore e dei colpiti.

Il perito assisterà quindi all’esame autoptico dei cadaveri di Lo Bianco Antonio e di Locci Barbara effettuato dal Prof. Fallani e da suoi Assistenti presso l’Istituto di Medicina Legale dell’Ospedale di Careggi (Firenze) lo stesso g. 23/8 dalle ore 9 alle ore 13 circa.

3) PRIMI RILEVAMENTI E PRIME INDAGINI

Il quesito posto dal Sig. Procuratore della Repubblica ha quindi uno scopo immediato che è quello di accertare tipo e calibro dell’arma o eventualmente delle armi con le quali è stato commesso il crimine (indagine da effettuare attraverso l’esame dei bossoli repertati, dei proiettili rinvenuti sul luogo stesso del delitto e di quelli estratti dai corpi delle vittime); ed uno scopo conclusivo inteso alla ricostruzione del delitto, utilizzando tutti gli elementi tecnico-balistici rilevati o rilevabili.

L’indagine riveste carattere della massima importanza soprattutto in quanto mancando nella maniera più completa ogni elemento testimoniale, atto a chiarire i fatti, la ricostruzione tecnico-balistica diviene elemento essenziale allo scopo di indirizzare le indagini e condurre quindi all’arresto dei responsabili.

Fin dai primi accertamenti risultò subito evidente quanto segue:

a)- che i 5 bossoli raccolti sul luogo del delitto erano tutti identici, di ottone, appartenenti a cartucce per armi cal. 22 (cioè cal. mm 5,6). Tali bossoli del tipo “Long Rifle”, sono lunghi mm. 15,6, adatti perciò ad essere sparati con armi (sia pistole che carabine di cal. mm. 5,6) aventi cioè la camera di cartuccia di tale tipo.

Essi si differenziano a prima vista dagli altri “short” (corto) che sono più piccoli (cioè lunghi mm. 10,7) adatti per armi dello stesso calibro ma più piccole.

b)- ad un primo esame alla lente i bossoli apparivano con contrassegnati del tutto identici (come vedremo più particolareggiatamente in seguito), soprattutto appariva evidente in posizione diametralmente opposta al segno di percussione a sbarretta, ma dietro il righellino sulla parte cilindrica, un rigonfiamento dovuto ad una imperfezione dell’arma.

Da quanto sopra rilevato si poteva intanto dedurre (già prima di procedere ad ulteriori e più approfonditi esami):

a’) che l’arma con la quale erano stati esplosi i bossoli (quasi certamente una pistola) era di cal. 22 (cioè mm. 5,6);

b’) che tutti i bossoli repertati erano stati esplosi indubbiamente con la stessa arma.

Quanto ai proiettili si poté rilevare subito che i due trovati dai primi investigatori l’uno fra i vestiti sul dorso di Locci Barbara e l’altro nella autovettura erano entrambi del tipo “pallottola ordinaria” cal. 22 di piombo ramate, esplose da un’arma a 6 righe destrorse.

Analogamente le due pallottole estratte in sede di autopsia dal corpo della Locci e quella estratta dal corpo del Lo Bianco, per quanto in parte deformate, avevano le stesse caratteristiche delle precedenti e già ad un primo attento esame apparivano esplose da una stessa arma.

Comunicati i dati di cui sopra agli investigatori affinché se ne servissero per le prime indagini intese a scoprire l’autore del duplice delitto ed al rinvenimento dell’arma con la quale questi era stato compiuto, iniziammo lo studio metodico di tutti gli elementi emersi allo scopo di rispondere ai quesiti postici.

4) PIANO DI IMPOSTAZIONE DELLA PERIZIA

E’ importante innanzi tutto, dall’attento, accurato ed approfondito esame dei bossoli e delle pallottole repertate, risalire alle caratteristiche dell’arma al duplice scopo di:

a) ricavare prima e fornire agli investigatori dopo dati sempre più precisi circa tipo, caratteristiche, difetti dell’arma, in modo da renderne facile l’individuazione.

b) essere in condizione qualora venisse sequestrata una determinata arma di controllare facilmente se sia quella del delitto o meno.

Allo scopo di determinare i dati di cui al precedente punto a) il metodo più sicuro è quello di studiare con lenti di ingrandimento e con microscopio sia i bossoli sia i proiettili repertati e raffrontarli con bossoli e proiettili di armi similari.

Per quanto riguarda invece l’eventuale controllo di un’arma che venisse sequestrata, (per definire se è o meno l’arma del delitto) esso sarebbe abbastanza facile e semplice, infatti basterebbe esplodere un solo colpo con l’arma stessa e controllare, oltre che l’identità dei segni principali impressi (percussore, estrattore, espulsore) se sotto il righellino (sulla parte cilindrica in posizione opposta al segno di percussione) compare il caratteristico rigonfia mento che non potrà mai mancare in ciascun bossolo esploso con l’arma incriminata come non manca in quelli in giudiziale sequestro.

In secondo luogo occorre ricostruire l’episodio delittuoso in tutti į particolari possibili sfruttando tutti gli elementi tecnico-balistici già rilevati o rilevabili quali: punti di impatto dei proiettili contro ostacoli, l’inclinazione su di essi dei proiettili in arrivo, la penetrazione sui punti di impatto, la deformazione subita dalle pallottole (in relazione alle caratteristiche delle stesse), la posizione dei bossoli rinvenuti, la forma e la profondità delle ferite, la penetrazione dei proiettili nei corpi delle vittime, (tenendo anche conto di eventuali ostacoli ossei incontrati, e di vestiti od altro) in relazione alla forza viva residua dei proiettili, alla distanza di tiro e alla traiettoria dei proiettili.

Dalla ricostruzione tecnica dell’episodio dovrà risultare se il delitto è stato consumato con una sola arma e quindi da una sola persona, ovvero con più armi, la posizione dello sparatore, la distanza di tiro, la posizione delle vittime (fra loro e rispetto allo sparatore) ed ogni altro elemento atto a far luce sull’episodio delittuoso.

5) I BOSSOLI ED I PROIETTILI IN GIUDIZIALE SEQUESTRO

A) I BOSSOLI

I bossoli sono n. 5, tutti identici, di ottone della stessa marca e della stessa partita. Hanno impresso sul fondello, al centro, una H; tale lettera indica che si tratta di bossoli originali Winchester, la nota fabbrica americana di armi e munizioni di New Haven – Connecticut – U.S.A.; lettera impressa sulle cartucce in onore di Henry Tyler sovraintendente tecnico della Winchester instauratore appunto della cartuccia a percussione anulare quali sono quelle in giudiziale sequestro.

Tali bossoli sono tutti del tipo “Long Rifle” sono lunghi cioè mm, 15,6 e sono adatti ad essere sparati con armi cal. 22 (sia pistole che carabine) aventi la camera di cartuccia di tale tipo; essi si differenziano dagli altri “short” (cioè corti), che sono più piccoli (mm. 10,70).

La notevole capacità del bossolo “Long Rille” e conseguentemente la maggiore carica di lancio della cartuccia consente di imprimere al proiettile una velocità maggiore delle cartucce con bossolo short.

Pertanto i proiettili esplosi con cartucce Long Rifle, a seconda anche della lunghezza della canna dell’arma (dalle pistole alle carabine) sono dotati di una velocità iniziale che si aggira intorno ai 400 m/s. e di una forza viva di ben 21 kgm. il che spiega la capacità di penetrazione dei proiettili di tali cartucce e conseguentemente la loro micidialità che li rende capaci di uccidere un uomo anche a 100 m. (se colpito in punto vitale) essendo a tale distanza la sua forza viva residua di ben 13 kgm. cioè superiore alla forza vita alla bocca di una pallottola di pistola cal. 22 short.

I 5 bossoli in sequestro, tutti del tipo sopra evidenziato, fabbricati dalla stessa ditta, quasi certamente con materiali della stessa partita, aventi sicuramente caratteristiche tecnologiche e composizione assolutamente identiche, fabbricate con le stesse macchine, esaminate attentamente alla lente ed al microscopio da tavolo presentano i seguenti segni caratteristici o firme:

a) un’impronta marginale sui tondello del bossolo profondamente incisa di forma approssimativamente rettangolare con contorni leggermente ovalizzati caratteristici del percussore a barretta eccentrica della percussione anulare.

Poiché tutti i segni caratteristici che possiamo rilevare dai bossoli sono in corrispondenza biunivoca fra loro, per indicarli consideriamo di porre, guardando il fondello del bossoletto, il segno di percussione di cui abbiamo appena fatto cenno, in corrispondenza delle ore 12 di un immaginario quadrante di orologio; indicheremo cosi la posizione degli altri segni facendo riferimento al segno di percussione.

b) sulla parte cilindrica, a ridosso del righellino (orlo del fondello) si rileva un piccolo rigonfiamento, la posizione di esso è vista ed identica in tutti i bossoli; essa è rilevabile, anche ad occhio nudo, fra le ore 17 e le 19,30 circa, con la maggiore protuberanza in corrispondenza, o poco oltre, delle 18.

Tale rigonfiamento prodotto dalla pressione dei gas della carica di lancio determinatasi al momento della partenza del colpo, è indubbiamente originato da un difetto, esistente nella parte cilindrica terminale (in senso longitudinale) e bassa (in senso verticale) della camera di cartuccia ove, nell’arma che ha esplose le cartucce delle quali facevano parte i bossoli in giudiziale sequestro, deve certamente esistere un difetto sotto forma di corrosione o di usura.

Tale difetto, (che si rileva talvolta in armi molto usurate e comunque non di ottima qualità), è del tutto eccezionale ed è dovuto all’usura prodotta dalla cartuccia che viene sfilata dal caricatore e che viene introdotta nella camera di cartuccia; tale movimento la stessa sfregando sulla parte bassa dell’orifizio della camera di cartuccia può provocare, col tempo, l’usura, la quale tal volta è aumentata da ruggine originata da imperfetta manutenzione.

c) Ancora sulla parte cilindrica ed esterna dei bossoli si possono rilevare, con una forte lente di ingrandimento, delle striature appena accennate che testimoniano il tormento subito dai bossoli in fase di estrazione, aventi determinate caratteristiche, prodotte, in fase di estrazione, da corrispondenti imperfezioni esistenti nella camera di cartuccia dell’arma che le ha esplose.

Osserviamo che tali striature, rilevabili quasi sempre sulla superficie esterna dei bossoli sparati, sono più evidenti nei Bossoli esplosi con armi in normali condizioni di usura e di manutenzione, mentre mancano totalmente o quasi in armi perfette (a causa delle superfici interne della camera di cartuccia accuratamente e finemente lavorate) oppure in armi molto usurate a causa dell’aumento del diametro delle camere di cartuccia e della levigatezza di tali parti prodotta dalla usura stessa).

Rileviamo ancora che su tutti i bossoli in sequestro sono quasi irrivelabili i segni dell’estrattore (che deve apparire in genere dietro il righellino in corrispondenza delle ore 15 e dell’espulsore (che di norma si rileva sull’orlo del fondello in corrispondenza delle ore 20 cira).

Tale deficienza è caratteristica di armi molto usurate con superfici di contatto dell’estrattore e dell’espulsore molto levigate per l’usura e camera di cartuccia ormai allargata.

Dall’esame dei bossoli in sequestro appare comunque chiara la perfetta identità di tutti i segni caratteristici da noi evidenziati nel presente capitolo che ci portano a concludere, senza ombra di dubbio, che gli stessi furono esplosi tutti da una stessa arma.

B) I PROIETTILI

I proiettili in giudiziale sequestro sono n. 5, tutti a pallottola ordinaria, di piombo con rivestimento di rame analogamente a quanto abbiamo visto per i bossoli essi sono:

a) proiettile estratto in sede di autopsia dal corpo della Locci regione ombelicale).

Tale proiettile colpi la Locci alla regione lombare sinistra, attraverso la 2° vertebra lombare e con decorso obliquo da sinistra verso destra e dal basso verso l’alto, attraverso lo stomaco, il fegato e si arrestò nel sottocute della parete addominale, (5mm. prima di fuoriuscire) tanto che pote essere estratto con una piccola incisione di bisturi.

In tal modo il proiettile che, dotato all’origine di una energia di 21 kgm. percorse, prima di fermarsi, un tragitto di circa 30 cm., ci offre un’idea precisa del lavoro (di penetrazione) che ha dovuto compiere per esaurire la sua forza viva e ci dà la spiegazione del perché gli altri 2 proiettili (di cui ai successivi punti b) a c)), che percorsero nel corpo della Locci dei tragitti circa corrispondenti, uscirono poi dal corpo di questa, ormai senza alcuna forza vita residua tanto che (come vedremo) uno fu trovato fra le vesti della stessa e l’altro sul pavimento della vettura.

le caratteristiche di tale proiettile sono le seguenti:

  • di piombo, con leggera ramatura; porta incise le traccie lasciato dalle 6 righe destrorge della canna dell’arma che lo ha esploso; si presenta deformato, soprattutto in ogiva, completamente schiacciata, a causa dell’urto subito contro la seconda vertebra dorsale;

  • presenta però anche una leggera curvatura in senso longitudinale con incisioni abbastanza profonde con andamento prevalentemente assiale.

b) proiettile rinvenuto fra le vesti della Locci:

  • di piombo, ramato ecc. (come il precedente);

  • si presenta un po’ deformato sia sul retro ma soprattutto in ogiva (completamente schiacciata).

Il fatto che il proiettile si presenta schiacciato in ogiva ci dice che si tratta di quello che, penetrato alla base dell’emitorace sinistro, colpì, attraversandola, la 10° costola dorsale per fuori uscire quindi attraverso la parete addominale all’altezza della linea alba.

c) proiettile rinvenuto nell’interno della autovettura sul pavimento (dietro il sedile anteriore destro):

– di piombo, ramata, 6 righe destrorse ecc.;

– l’ogiva non è stata molto tormentata, essa appare solo deformata come per un urto contro una superficie piana inclinata di circa 30° rispetto all’asse longitudinale; – sulla prima superficie leggermente deformata in ogiva si rileva una seconda de formazione, ed ancora altra deformazione, (anche questa poco sensibile) sulla parte cilindrica terminale; è ovvio che tali deformazioni, poco vistose siano dovute ad urti in fase di rimbalzi quando ormai il proiettile aveva esaurito la maggior parte della sua forza viva.

Per esclusione si deve concludere che tale proiettile fu quello che ha provocato la morte quasi istantanea della vittima che, penetrato nella faccia posteriore dell’emitorace sinistro passo attraverso il 6° spazio intercostale (senza urtare il sistema osseo e quindi senza subire alcuna deformazione vistosa) e perforando polmone destro e sinistro, arteria polmonare ecc., usci in corrispondenza della regione antero-superiore dell’emitorace dx. quasi integro; le deformazioni già esaminate infatti hanno tutte le caratteristiche di deformazioni avvenute in fase di rimbalzo (nell’interno dell’autovettura sul pavimento) a forza viva ormai quasi esaurite.

d) Proiettile estratto in sede di autopsia dalla regione scapolare profonda:

– Si tratta di un frammento di proiettile dello stesso tipo dei precedenti, fortemente deformato. Tale proiettile, penetrato a livello della faccia posteriore della spalla sinistra, si fermò dopo aver attraversato la testa omerale e la cavità glenoidea della spalla cioè ossa molto consistenti.

e) proiettile estratto, in sede di autopsia, dal corpo del Lo Bianco:

– di piombo, ramato, con 6 righe ecc. identico ai precedenti,

– ha subito solo una deformazione ogivale limitata; presenta infatti uno schiacciamento che interessa solo una parte dell’ogiva, lateralmente, con piano di impatto a circa 40°- 45° rispetto all’asse del proiettile non dovuto quindi ad un urto in direzione normale all’asse; l’urto deve essersi verificato quando ormai il proiettile era già parzialmente deviato a causa di una resistenza prolungata incontrata in tessuti poco consistenti; presenta infatti, nella parte ogivale deformata una sbavatura di metallo rivolta a destra cioè nel senso della rigatura, il che indica che tale deformazione non si è prodotta a causa della rotazione impressa al proiettile della rigatura, bensì dall’urto (sempre entro il corpo del Lo Bianco) contro una superficie resistente non solo angolata rispetto all’asse del proiettile, ma sfuggente in senso contrario alla direzione nella quale il proiettile procedeva ormai privo di velocità di rotazione. Il proiettile presenta inoltre lungo l’asse longitudinale nella parte terminale diverse deformazioni dovute ad urti contro parti resistenti incontrate nel suo percorso.

Tale proiettile pertanto dopo aver provocato nel corpo del Lo Bianco delle ferite gravi urtò contro parti resistenti (sistema osseo) e quindi procedendo per rimbalzi contro altre parti resistenti, anche trasversalmente, provocò lesioni gravi.

Dall’esame dei 5 proiettili rileviamo inoltre la perfetta identità dei segni impressi lungo la parte cilindrica, dalle rigatura dell’arma in esame sia come larghezza che come profondità delle incisioni ed infine come caratteristiche delle stesse, il che ci porta a concludere che i 5 proiettili furono esplosi tutti da una stessa arma.

6) RISULTATI DELL’ESAME AUTOPTICO DELLE VITTIME PER LA SOLA PARTE INTERESSANTE IL PROBLEMA BALISTICO.

Riteniamo opportuno ora esaminare alcuni importanti elementi rilevati in sede di esame autoptico delle 2 vittime e che ci serviranno ai fini della presente indagine balistica e della ricostruzione dell’episodio delittuoso.

A) Le Locci appariva colpita da 4 proiettili; non vi era alcun dubbio che i 4 fori di entrata ed i due fori di uscita erano stati prodotti tutti da proiettili di armi cal. 22 (cioè mm. 5,6) anche se il perito settore ha misurato per le 2 ferite di forma ovalare con margini extraflessi (cioè di uscita) diametri di 7/6 mm., 6/4 per quelle alla faccia anteriore dell’emitorace destro ed alla linea alba, e diametri di 7/6, 5/5, 7/5, 5/4 per le quattro ferite con margini introflessi (cioè fori di entrata) rispettivamente alla spalla sinistra, alla faccia posteriore ed alla base dell’emitorace sinistro ed alla regione lombare sinistra.

E’ infatti che un proiettile già pure a pallottola ordinaria, (cioè di piombo pieno), penetrando o fuoriuscendo da un corpo, non lascia mai delle ferite perfettamente rotonde (quale è la sezione trasversale del proiettile stesso) sia perché difficilmente i proiettili colpiscono con traiettoria perfettamente normale nel punto di incidenza sia perchè nell’urto l’epidermide ed i tessuti sottocutanei si lacerano.

Quanto minore (di 90°) sarà l’angolo di incidenza, rispetto alla superficie epidermica (in entrata oppure in uscita) tanto più la ferita avrà una forma ovalare (o elliolica) sempre più allargata.

La valutazione del calibro di un proiettile che ha prodotto determinate ferite epidermiche la si fa oltre che con la misurazione (che avrà più che altro un valore orientativo) sulla base della rientranza e della conoscenza dei vari tipi di ferite prodotti dai vari proiettili.

Quanto ai fori di entrata essi erano nettamente riconoscibili e differenziabili dai due fori di uscita in quanto mentre i primi avevano margini introflessi nei quali era evidenziato il lavoro di penetrazione e di lacerazione dei tessuti epidermici e sottocutaneo dall’esterno verso l’interno, nei secondi si rilevava chiaramente il contrario.

Esaminiamo ora le varie ferite in modo da risalire da esse alla traiettoria percorsa dai proiettili nel corpo della vittima, alla traiettoria percorsa dai proiettili stessa dalla loro uscita dall’arma fino ai punti di penetrazione.

Tale indagine ci servirà per ricostruire la dinamica dell’episodio delittuoso.

a) il proiettile che colpi la vittima alla faccia posteriore della spalla sinistra produsse una ferita leggermente ovalare; tale elemento già di per sé è indicativo del fatto che la traiettoria non era perfettamente normale (verticale)nel punto di incidenza.

Tale proiettile dopo aver raggiunto, successivamente, la faccia posteriore della testa dell’omero produsse ivi una perforazione imbutiforme (caratteristica di un proiettile ancora dotato di quasi tutta la sua forza viva) svasata verso il basso della cavità glenoidea della scapola sinistra, fermandosi quindi in prossimità dell’apofisi coronoide (da dove fu estratto dal perito settore).

E’ importante rilevare che rispetto all’asse verticale di figura (identificabile con la colonna vertebrale), tale proiettile aveva direzione da sinistra a destra di circa 30° e dal dietro verso l’avanti di circa 20°.

b) il proiettile che colpi la Locci alla faccia posteriore dell’emitorace sinistro, passò attraverso il 6° spazio intercostale (quindi senza deformarsi) e con decorso leggermente obliquo dal basso verso l’alto (circa 15°) da sinistra verso destra (almeno 35°) attraversa vari organi interni provocando lesioni mortali (cardiache e polmonari. Quindi con angolazione rispetto alla colonna vertebrale di 90+15° = 105° e di 35° rispetto al piano verticale di simmetria della XXXX passante per la colonna vertebrale.

Il proiettile penetrato alla base dell’emitorace sinistro attraversa deformandosi la X° costola dorsale e con decorso obliquo dal basso verso l’alto (non più di 10°) e da sinistra verso destra (circa 25°) fuoriesce attraverso la parete addominale all’altezza della linea alba. (Angolazione di riferimento colonna vertebrale 100°).

d) Il proiettile penetrato al livello della regione lombare sinistra attraversa la II° vertebra lombare e con decorso obliquo dal basso verso l’alto (almeno 25°) e da sinistra verso destra (circa 30°) si arresta nel sottocute della parete addominale all’altezza del l’ottava costa.(Angolo rispetto col. vert. 115°).

In sintesi la Locci fu colpita da 4 proiettili dei quali 1 alla spalla sinistra con direzione prevalente dall’alto verso il basso (angolato di 30° da sinistra verso destra e di 20° dal dietro verso l’avanti) e da n. 3 proiettili (alla faccia posteriore, alla base dell’emitorace sinistro ed alla regione lombare sinistra) angolati rispettivamente di 105°,100° e 115° dal basso verso l’alto e di 35°, 25° e 30° rispettivamente da sinistra verso destra.

B) Il Lo Bianco appare colpito anche esso da 4 proiettili; analogamente a quanto abbiamo detto per la Locci, anche i proiettili che colpirono tale vittima furono non solo tutti cal. 0,22 (mm. 5,6) ma anche dello stesso tipo dei precedenti (cioè “Long Rifle”).

Quanto sopra risulta evidente sia dalla identità dei fori di entrata e di uscita quanto e soprattutto dalla capacità di penetrazione di tali proiettili, i quali, come rilevato in sede di autopsia, effettuarono tutti nel corpo del Lo Bianco dei percorsi di almeno 40 cm.

Infatti se si fosse trattato di proiettili di cartucce tipo “short” (dato che non è stato possibile rintracciare nel corpo della vittima 3 dei 4 proiettili) gli stessi avrebbero avuto una capacità di penetrazione inferiore alla metà di quelli tipo “Long Rifle”, infatti il rapporto delle forze vive dei 2 tipi di proiettile è di kgm. 21 e 13 rispettivamente.

Esaminiamo ora le ferite riportate dal Lo Bianco analogamente a quanto abbiamo fatto per la Locci.

a) un proiettile colpì l’inserzione del deltoide sul braccio sinistro nella faccia esterna, perforò il lobo superiore del polmone sinistro sulla faccia posteriore e producesse una lacerazione alla grande curva dello stomaco;

– non fu trovato per quanto non esistesse foro di uscita; percorse comunque un tramite di oltre 40 cm;

– la ferita di forma ovalare delle dimensioni apparenti di n. 10 x 4 ci indica che la traiettoria era obliqua nel punto di incidenza; il tramite interno seguito dal proiettile ci conferma tale rilievo e ci consente di precisare orientativamente che la traiettoria di tale proiettile era, rispetto all’asse della colonna vertebrale, inclinato di circa 15° con provenienza da sinistra verso destra e di circa 20° dal dietro verso l’avanti della figura.

b) un secondo proiettile colpi il braccio sinistro sulla faccia mediale, fuoriuscì dalla parte opposta del braccio e successivamente penetrò nel corpo sulla faccia laterale dell’emitorace sinistro a livello del cavo ascellare e di qui senza urtare prima contro ostacoli consistenti ma dopo un percorso di colpisce il corpo della X° vertebra dorsale (ove venne rinvenuto) subendo in tal modo le deformazioni già esaminate al Cap. 5 – B) – e) (pag. 10).

I tramiti nel corpo del Lo Bianco di tale proiettile indicano che la traiettoria dello stesso aveva andamento pressocché trasversale con angolo di circa 75 o 80° rispetto all’asse di figura, cioè quasi normale rispetto alla colonna vertebrale con direzione da sinistra verso destra.

c)un terzo proiettile colpì il braccio sinistro all’unione fra il 3° medio ed il 3° inferiore, e dopo un tramite di circa 5 cm. fuoriusci; successivamente penetrò nel corpo della vittima in corrispondenza della linea ascellare sinistra media-posteriore. Dai successivi tramiti percorsi da tale proiettile esaminato precedentemente (punto b). Concludiamo che lo stesso aveva la stessa direzione circa del proiettile.

d) un quarto proiettile colpi l’avambraccio sinistro della vittima, sul margine radiale all’unione fra il 3° superiore ed il 3° medio e dopo un tramite di qualche centimetro fuoriusci per colpire nuovamente il coppo della vittima in corrispondenza della linea ascellare sinistra vicino alla ferita di cui al precedente c).

La doppia ferita prodotta da tale proiettile prima all’avambraccio (2 fori) e quindi al cavo ascellare (1 foro) ci indica che all’atto del ferimento il Lo Bianco aveva l’avambraccio sinistro completamente flesso. D’altra parte la ricostruzione delle ferite prodotte da tale proiettile di cui al capo verso precedente è l’unica possibile e si basa:

– sulla corrispondenza su una stessa linea (traiettoria) delle 3 ferite considerate nel presente paragrafo;

– sul fatto che il cavo ascellare, (già colpito da un proiettile che aveva attraversato il braccio non poteva essere colpito nuovamente e direttamente se non a braccio flesso all’indietro ed ad avambraccio piegato.

sul fatto che nel caso l’avambraccio fosse stato invece tenuto verticale o disteso, il proiettile che lo colpi, data la traiettoria rilevabile dalla ferita, sarebbe finita fatalmente contro la parte anteriore (interna) dell’autovettura o contro lo sportello anteriore destro (anche se questo fosse stato quasi del tutto aperto).

La traiettoria di tale proiettile, da quanto sopra esposto e dal tramite percorso nell’interno del corpo della vittima doveva quindi essere circa parallela a quella dei 2 precedenti proiettili (b, c).

7) RICOSTRUZIONE TECNICO-BALISTICA DELL’EPISODIO DELITTUOSO

Dobbiamo innanzi tutto supporre che dopo il delitto, e prima che giungessero sul posto i C.C. i corpi delle vittime non siano stati spostati, almeno di molto, e che l’interno della autovettura sia restata come era al momento del fatto.

Vi sono comunque molte indicazioni che in effetti non siano state fatte manomissioni sostanziali nell’interno dell’autovettura e cioè:

– il fatto che le ferite che sono state riscontrate al Lo Bianco possano essere state prodotte proprio nella posizione in cui fu trovato o con traiettorie tali che potevano essere ottenute proprio facendo fuoco attraverso il finestrino posteriore sinistro che appunto fu trovato col vetro abbassato;

– il fatto che ancora nei, vestiti della Locci fu trovato un proiettile ci indica che comunque questa non fu spostata di molto;

– il fatto che le macchie di sangue furono trovate solo sui sedili ove erano le vittime e proprio in corrispondenza del deflusso del sangue dalle ferite e non altrove ci indica che le vittime non furono spostate (o lo furono di poco).

– il fatto che un proiettile fu trovato nell’autovettura (dietro il sedile posteriore destro) starebbe appunto a confermare che il ferimento della Locci dovette essere effettuato (come vedremo fra poco) mentre la stessa era sul sedile anteriore sinistro cioè dove fu trovata (anche se non nella stessa posizione);

– il ritrovamento dei due bossoli nella piega fra il sedile posteriore e la spalliera indicherebbe che l’interno della autovettura fu appunto il teatro dell’aggressione.

– il fatto che l’interno della autovettura non porta traccie di colpi, neanche di rimbalzo, viene confermato dal fatto che di colpi andati a vuoto non dovettero essercene (8 colpi tutti addosso al le vittime dei quali 2 fuoriusciti abbiamo visto non avevano più la forza viva di proseguire nella traiettoria).

Allo scopo di renderci ponto dell’esatta posizione dei corpi delle vittime al momento del delitto abbiamo innanzi tutto risistemato i sedili anteriori nell’interno dell’autovettura (che come noto erano stati rimossi per poter effettuare minuziose ricerche di bossoli, proiettili o traccie di colpi) sulla scorta della documentazione fotografica effettuata dopo il delitto: facendo riassumere ad essi la stessa posizione, sia longitudinalmente che come inclinazione delle spalliere.

Da tale ricostruzione abbiamo potuto rilevare che il Lo Bianco, nella posizione in cui fu trovato, e cioè disteso sul sedile di destra con la spalliera abbassata e con una ben precisa inclinazione, poteva essere colpito come lo è stato, solo dal vetro abbassato del finestrino posteriore sinistro.

Infatti le traiettorie dei 4 colpi che uccisero il Lo Bianco, da noi studiate e definite colpo per colpo nel capitolo precedente (Cap. 6 – B), (se poniamo la vittima nella posizione in cui fu rinvenuta dopo il delitto) passano appunto attraverso il vetro abbassato del finestrino posteriore sinistro; più precisamente, il colpo che colpi la vittima all’intersezione del deltoide sul braccio sinistro (a) avendo una inclinazione di circa 45° rispetto all’asse verticale di figura (colonna vertebrale) fu esploso dalla parte più arretrata (rispetto alla direttrice di marcia) del vetro abbassato, i 3 colpi che raggiunsero la vittima al braccio ed all’avambraccio sinistri e quindi alla zona ascellare (b – c – d) aventi inclinazioni di circa 75° (sempre rispetto all’asse della figura) dovettero essere esplosi dalla parte anteriore di tale vetro abbassato.

Circa l’ordine di precedenza di tali colpi rileviamo che il colpo (a) esaminato per primo, avente anche un’inclinazione di circa 20° dall’indietro verso il davanti dovette necessariamente essere esploso mentre la vittima era con le spalle leggermente flesse verso destra o poco rialzata; e poiché è difficile che tale posizione possa averla assunta dopo le 3 ferite al braccio ecc., ne desumiamo che il 1° colpo che raggiunse il Lo Bianco fu appunto quella all’intersezione del deltoide sul braccio e che gli altri giunsero subito dopo.

Dopo i primi 4 colpi esplosi contro il Lo Bianco che nella posizione in cui necessariamente doveva trovarsi era, delle 2 vittime, quella più facilmente a tiro, l’omicida dovette rivolgere la sua attenzione all’altra vittima, la Locci.

Al momento della uccisione del Lo Bianco. la Loco poteva trovarsi o in qualche modo sopra il primo (anche parzialmente) o sul sedile anteriore destro ove trovata.

Se la Locci fosse stata seduta sul sedile anteriore sinistro l’omicida dopo aver ucciso la 1° vittima avrebbe potuto colpirla molto facilmente alle spalle ed alla testa dalla stessa posizione dalla quale aveva fatto fuoco sulla 1° vittima (vetro abbassato sportello posteriore sinistro); da tale posizione non avrebbe mai potuto innanzi tutto colpirla come fu colpita, con i tre colpi alla schiena se non colpendo prima lo schienale del sedile, ma neanche con il colpo alla spalla sinistra perchè avrebbe dovuto introdurre la pistola entro la vettura e pertanto, a causa del tetto basso dell’autovettura il colpo sarebbe risultato a “bruciapelo” ed avrebbe quindi lasciato un alone di bruciatura sulla ferita o sulle vesti.

Poiché ciò non risulta e poiché le ferite della Locci indicano che la stessa fu colpita in ultra posizione è ovvio concludere che al momento dell’uccisione del Lo Bianco essa non era in tale posizione. D’altra parte sarebbe stato poco probabile che il Lo Bianco, si fosse trovato disteso sul sedile destro e la Locci semplicemente seduta sull’altro. Ammettiamo, ora in linea di ipotesi, che la Locci si trovasse almeno par inizialmente sul Lo Bianco; (vis a vis) in tale posizione, poiché il tetto dell’autovettura è alto circa m.1,40 l’omicida dall’esterno non poteva vedere bene (cioè mirare) la 2° vittima se non abbassandosi. D’altra parte dall’esame delle ferite della Locci (cap.6 -A)-a)-b)-0)-d)) abbiamo potuto provare che la provenienza dei 4 colpi che raggiunsero la vittima a tergo fu, per il colpo alla spalla sinistra la direzione prevalente dall’alto verso il basso (angolato di 30° da sinistra a destra e di 20° dal dietro a verso l’avanti) per i tre colpi che la raggiunsero rispettivamente alla faccia posteriore ed alla base dell’emitorace sin. ed alla regione lombare la direzione prevalente fu di 105°-100°-115° rispetto all’asse dorsale cioè leggermente dal basso verso l’alto e di 35°-25°-30° rispettivamente da sinistra verso destra.

Pertanto se la locci fosse stata colpita mentre si trovava ( vis a vis ) sopra al Lo Bianco, lo sparatore avrebbe dovuto trovarsi dalla parte destra dell’autovettura con sportelli aperti o vetri abbassati, spostato verso la testa per il primo colpe, e verso la parte centrale e della figura per gli altri tre colpi.

In tale ipotesi gli sparatori avrebbero dovuto essere due (uno da destra e l’altro da sinistra); ma poiché abbiamo potuto constatare che il proiettile estratto dal corpo del Lo Bianco fu esploso dalla stessa arma che esplose i 4 colpi che raggiunsero la Locci, evidentemente dovrebbe trattarsi dello stesso sparatore e non è quindi pensabile che la stesso abbia ucciso la prima vittima dal lato sinistro dell’autodettura per spostarsi poi sul lato destro per uccidere la seconda.

Da quanto sopra, concludiamo che la Locci non fu uccisa mentre trovavasi sopra il Lo Bianco.

Quindi riepilogando per quanto trattato fino ad ora:

a) Il Lo Bianco fu ucciso mentre si trovava disteso sul sedile di destra con lo schienale abbassato, da qualcuno che fece fuoco dal vetro abbassato dello sportello posteriore sinistro.

b) la Locci non doveva trovarsi semplicemente seduta sul sedile anteriore sinistro perché altrimenti sarebbe stata colpita successivamente, cioè subito dopo il Lo Bianco, ed in tale posizione (cioè alla testa e alle de spalle e non come fu colpita).

c) Se la Locci non era seduta sul sedile allora doveva essere, anche parzialmente sul Lo Bianco, ma in tale posizione non fu colpita perché in tal caso lo sparatore avrebbe dovuto far fuoco dalla parte destra dell’autovettura con sportelli aperti o vetri abbassati mentre esso invece si trovava sulla sinistra dell’autovettura.

Esaminiamo ora la posizione in cui doveva trovarsi la Locci al momento in cui fu colpita. La ferita alla spalla sin, senza le caratteristiche della ferita da colpo esploso a breve distanza (“a bruciapelo”) indica che la vittima fu colpita mentre con la spalla sinistra in posizione avanzata cercava di uscire dallo sportello dell’autovettura con il busto leggermente flesso a sinistra; in tale posizione lo sparatore poteva agevolmente colpire la sua seconda vittima secondo la traiettoria da noi rilevata per il colpo alla spalla sinistra della Locci, dal punto in cui aveva fatto fuoco sul Lo Bianco.

Per ricostruire le circostanze di tale ferita potremmo ammettere, in alternativa con le modalità sopra esaminate, che la Locci poteva trovarsi sopra il Lo Bianco, sorpresa dai primi colpi esplosi, abbia cercato di ritornare sul sedile anteriore sinistro per cercare di uscire e che quindi l’omicida, aperto lo sportello anteriore sinistra, l’abbia colta in tale atteggiamento mentre era con il busto flesso verso sinistra, colpendola quindi alla spalla. Dopo tale ferita, quasi per un senso di difesa, la Locci deve essersi volta leggermente a destra verso la parte centrale dell’autovettura volgendo il dorso e la parte sinistra del dorso allo sparatore che, dallo sportello sinistra aperto, ha potuto colpirla.

Come è facile controllare:

– le traiettorie dei 3 colpi al dorso, da noi ricostruite su elementi sicuri, confermano la posizione reciproca della 2° vittima e dello sparatore come sopra indicato;

– Il proiettile trovato dietro il sedile ant. destro indica che la vittima fu colpita in tale posizione;

  • Il proiettile trovato fra le vesti della Locci dà un ulteriore conferma, che il posto del ferimento fu effettivamente sedile/anteriore sinistro e che la vittima non fu ivi spostata.

8) PROVE DI POLIGONO

Abbiamo già visto (cap. 5) come da un attento ed approfondito esame dei bossoli e dei proiettili in giudiziale sequestro si siano potute determinate quelle che comunemente vengono chiamate le “firme” dell’arma e cioè le impronte lasciate dal percussore a barretta, dall’estrattore, dall’espulsore ed infine dalle imperfezioni esistenti nella camera di cartuccia che in genere lasciano sul bossolo in fase di estrazione delle striature molto caratteristiche.

Abbiamo visto altresì come sia stata rilevata sulla parte cilindrica di tutti i bossoli, dietro il righellino, un rigonfiamento del metallo.

Tale segno, che può essere considerato una “firma occasionale” dell’arma è dovuto ad un difetto esistente sull’orifizio posteriore della canna ed è tanto caratteristico che potrebbe far riconoscere un bossolo esploso dell’arma incriminata fra un numero qualsiasi di altri bossoli esplosi da altre armi. Tale dato potrebbe servirci però solo per confermare o meno che una eventuale arma che venisse comunque sospettata di essere quella usata per il delitto in oggetto sia effettivamente quella incriminate.

Non ritenendo sufficiente tale elemento abbiamo voluto condurre delle prove di poligono al fine di cercare possibilmente di individuare, dagli elementi esistenti, di quale arma si trattasse.

Sono state effettuate prove di tiro con 35 armi diverse, tutte del tipo “Long Rifle” cal. 22 ma in nessuna siamo riusciti a trovare un percussore che desse un segno di percussione della stessa forma di quella impressa sui bossoli in sequestro.

Conserviamo i bossoli ricavati, a disposizione di chiunque, ufficialmente interessato alla questione, volesse rendersene conto.

Vi sono alcune armi il cui segno di percussione (a sbarretta eccentrica) si avvicina a quello rilevabile sui bossoli in sequestro ma nessuno può darci la sicurezza assoluta per l’individuazione dell’arma incriminata.

Altro problema relativo all’arma esaminata era quello di definire almeno se si trattasse di arma automatica oppure di un’arma a tamburo.

Esistono almeno due elementi che ci portano a concludere che si trattava di un’arma automatica.

1) Come noto le armi automatiche espellono ad ogni colpo il bosso lo sulla destra a circa m.2 di distanza, mentre quelle a tamburo, a fine tiro. Pertanto qualora non avessimo ritrovato i bossoli ovvero se li avessimo trovati tutti insieme avremmo potuto ragionevolmente concludere che dovesse trattarsi di un’arma a tamburo (bossoli o rimasti nell’arma ovvero espulsi simultanea mente ad arma scarica) ma poiché invece i bossoli sono stati rinvenuti come da documentazione fotografica agli atti, cioè proprio dove secondo la ricostruzione da noi fatta del delitto dovevano trovarsi (sulla destra dei punti di tiro a qualche metro di distanza) diremo ohe esiste già un elemento di prova per concludere che si trattava di arma automatica.

2) In un’arma a tamburo non si sarebbe potuto produrre il rigonfiamento sotto il righellino caratteristica dei bossoli in sequestro. Infatti se ci fosse, poiché come abbiamo visto tale rigonfiamento è rilevabile fra le ore 17 e le ore 19.30 di un ipotetico quadrante orario orientato con le 12 in corrispondenza del segno di percussione (v. cap. 5), in tutte le camere di cartuccia del tamburo dovremmo avere una usura perfettamente identica e per di più, orientata esattamente verso il centro del tamburo; il che è assurdo. Tale rigonfiamento dietro il righellino è invece caratteristico di un’arma automatica molto usurata.

Concludendo pertanto sull’arma del delitto possiamo dire che aveva le seguenti caratteristiche:

  • pistola automatica cal. 22;
  • tipo “Long Rifle” (cioè & bossolo lungo);
  • rigatura con 6 righe destrorse;
  • arma molto usurata, sia nel percussore che nell’estrattore e nell’espulsore;
  • camera di cartuccia usurata;
  • difetto sull’orifizio posteriore della canna, in basso, dovuto ad usura e ad impropria manutenzione.

Verosimilmente doveva trattarsi di una vecchia pistola da tiro a segno (quindi a canna lunga).

9) CONCLUSIONE E RISPOSTA AI QUESITI

Possiamo ora rispondere al quesiti postici dal Sig. Procuratore della Repubblioca rimandando per la dimostrazione di tali conclusioni alla trattazione particolareggiata dei vari argomenti da noi fatta nei precedenti capitoli.

1) Tutti i bossoli ritrovati sul luogo del delitto (n. 5) furono esplosi da una stessa arma aventi le caratteristiche tecniche di cui al precedente paragrafo. Analogamente i 5 proiettili repertati furono tutti esposi da una stessa arma.

2) La ricostruzione del tragico episodio è la seguente:

  • l’omicida arrivò nei pressi dell’autovettura (che si trovava parcheggiata con il solo vetro della portiera posteriore sinistra abbassato sapendo già chi si trovava all’interno;

    – resosi meglio conto di quanto stava succedendo all’interno ove il Lo Bianco si trovava disteso sul sedile anteriore destro con la spalliera ribaltata, e la Locci era, almeno parzialmente, su di lui, si alzò e con l’arma dalla distanza di circa 1 metro e mezzo fece fuoco sul Lo Bianco che, forse a causa del tetto un po’ basso dell’autovettura, poteva in travedere meglio; sparando il 1° colpo dal margine posteriore dell’apertura e gli altri 3 da posizione poco più avanzata, sempre dalla stessa apertura del finestrino;

  • il Lo Bianco, forse rendendosi conto che qualcosa di anormale stava accadendo dovette sollevarsi leggermente rendendo così possibile la prima ferita all’inserzione del deltoide sul braccio sinistro; ricadde quindi nuovamente sulla spalliera del sedile con il braccio ed avambraccio sinistro flessi ricevendo gli altri 3 colpi come già visto;

  • la Locci subito dopo i primi spari si riportò sul sedile anteriore sinistro e tentò di uscire dall’autovettura;

  • in tale tentativo (sia che fu lei o l’omicida ad aprire la portiera anteriore sinistra operazione che questi poteva compiere agevolmente con la mano sinistra) la Locci ricevette subito il 1° colpo alla spalla sinistra, a poco meno di un metro di distanza secondo la traiettoria già descritta; l’omicida fino a tale momento non si era mosso o quasi dalla posizione che aveva raggiunta vicino alla portiere posteriore sinistra;

  • la Locci ricadde verosimilmente sul sedile già ferita ed istintivamente, poiché l’uscita le era preclusa, si volse leggermente a destra verso il centro della vettura porgendo il fianco e la spalla sinistra all’omicida che in tale posizione esplose contro di lei gli ultimi 3 colpi, dalla soglia della portiera ormai aperta, e cioè alla distanza di circa 1 metro.

Le traiettorie dei colpi esplosi, da noi studiate singolarmente, attraverso i loro tramiti (o tragitti) nei corpi delle vittime coincidono con quelle ipotizzate nella presente ricostruzione secondo la posizione reciproca dell’omicida e delle 2 vittime da noi indicata.

Il Perito

Col. Zuntini Innocenzo

Via A. F. Doni 16 – Firenze

Tel. 34074

30 Ottobre 1968 Perizia balistica Innocenzo Zuntini

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