Il gioco sul Mostro di Firenze riaccende la polemica a Lucca: “Racconta il processo, non le vittime”
“Oltraggioso”; “Si fa solo per ridere, sfruttiamo la memabilità dei personaggi”. A quarant’anni dall’ultimo delitto, è scontro di idee sul ‘Monopoli del Mostro”
Di Simone Frigerio
Tempo di Lucca 2025, e tempo – di nuovo – di polemica per Merendopoli, il gioco da tavolo, variazione del classico Monopoly, ispirato ai cosiddetti compagni di merende, imputati a vario titolo e in vario grado nei processi per i delitti del Mostro di Firenze, avvenuti tra il 1968 e il 1985 nelle campagne del capoluogo toscano.
Il gioco, creato dal lucchese Andrea Matteoni, era stato accusato, sin dall’arrivo sul mercato, nel novembre 2024, di spettacolarizzare il dolore delle vittime degli atroci delitti, oltretutto lucrandovi persino.
Una rivendicazione tornata in auge esattamente un anno dopo, anche a causa della presenza dell’autore alla nota fiera nerd toscana, con un temporary store in cui poter acquistare il gioco e – incredibile ma vero – osservare alcuni oggetti appartenuti a Pietro Pacciani, tra cui alcuni appunti autografi.
Un turismo del macabro decisamente non apprezzato da Vieri Adriani, storico avvocato di parte civile per le famiglie delle vittime del delitto degli Scopeti (settembre 1985), che già nel 2024 aveva dichiarato a Stefano Brogioni de La Nazione
“Siamo caduti veramente in basso, [il gioco] è una trovata deplorevole. Sono morte persone in circostanze orrende, giovani che avevano tutta la vita davanti a sé. Creare un gioco da tavolo sul Mostro è come fare un gioco sulla strage di Bologna: si tratta di una vera e propria strage che ha visto morire 16 persone. Vedo una mancanza completa di educazione e buon gusto”
Dello stesso avviso anche Edoardo Orlandi, lui pure avvocato, e attore teatrale, da tempo studioso del caso nonchè autore, insieme a Eugenio Nocciolini, del podcast Nessuno, che ricostruisce la tragica storia del Mostro dal punto di vista delle vittime (i due hanno poi pubblicato per Giunti un romanzo omonimo ispirato alla trasmissione). Si legge sempre su La Nazione
“Trovo davvero di pessimo gusto la produzione di un gioco da tavola che richiami a tragici delitti a danno di sedici ragazze e ragazzi. Allo stesso tempo la sua promozione, pubblicità, con effigi a grandezza naturale di Pietro Pacciani e i “compagni”, dimentica quanto accertato da sentenze e della figura e caratura umana di quegli uomini che tutto avrebbero meritato fuorché una mitizzazione o, come in questo caso, un gioco da tavolo dallo spiacevole titolo. Ci si è forse dimenticato che in questa storia c’è chi ha perso una figlia, un figlio, un nipote, una madre, un amico e un’amica: non è una storia da “imprevisti” o dazi da pagare alla stazione“
Si può avere una fantasia macabra da inventare” Merendopoli”, un gioco da tavola, impostato sulle dinamiche del mostro di Firenze? Questo gioco deve essere ritirato e proibito, nel rispetto dinquelle famiglie che hanno avuto delitti di persone care!
Dal canto suo, Matteoni, in un’intervista del 2024 rilasciata al podcast True Crime Diaries di Giacomo Brunoro e Jacopo Pezzan, si difendeva così, spiegando come l’intento del gioco sia primariamente quello di ironizzare sulle figure da “fenomeni da baraccone” di Pacciani, Lotti e Vanni, entrati nella memoria collettiva del Paese dopo la trasmissione televisiva delle udienze dei processi che li vedevano imputati.
“Questo gioco invece non è incentrato né nell’uccidere né nello scoprire assassini [a differenza di Cluedo, ndr].
Chiunque gioca a Risiko allora si dovrebbe sentire in colpa per i morti della prima guerra mondiale… Perché alla fine anche durante il processo, è un processo praticamente tragicomico, anche durante il processo i diretti interessati come pubblici ministeri e giudici se la ridevano alla grande. Quindi io non vado a prendere cose macabre che sono successe, ma vado a esaltare le cose tragicomiche che sono state dette durante il processo. [Si tratta del] superpotere che abbiamo noi toscani del dover sdrammatizzare su tutto.”
La polemica su Merendopoli è tornata attuale nei giorni immediatamente successivi all’uscita de Il Mostro, la serie di Stefano Sollima targata Netflix che racconta le dinamiche attorno al primo omicidio, quello di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco a Signa, nel 1968. Ne abbiamo parlato in questi giorni, a proposito che fine ha fatto Natalino Mele e a proposito della sessualità di Stefano Mele e Salvatore Vinci. Abbiamo parlato anche di Iolanda Libbra, un personaggio al centro di una delle scene più inquietanti della serie.
Il gioco sul Mostro di Firenze riaccende la polemica a Lucca: “Racconta il processo, non le vittime”
