I delitti del Mostro di Firenze. Il medico morto due volte: un mistero lungo 40 anni
Nell’85 un corpo fu ripescato nel Trasimeno: lo si identificò con quello di Narducci. La svolta con la riesumazione della salma. I sospetti di legami con il serial killer
Stefano Brogioni
Perugia, 12 ottobre 2025 – La mattina del 13 ottobre del 1985, una domenica, il lago Trasimeno restituì un cadavere. Venne riconosciuto come quello del professor Francesco Narducci, gastroenterologo di appena 36 anni appartenente ad una delle famiglie più in vista della città, suicidatosi dopo essere uscito con la sua barca da San Feliciano, nel pomeriggio del martedì precedente. Non c’era un motivo per quel tragico gesto, eppure nessun dubbio attanagliò la Procura e la schiera di autorità cittadine presente sul Trasimeno la mattina del ritrovamento.
Niente autopsia sul cadavere ripescato (vestito, gonfio e annerito) e istantaneo fu il via libera del magistrato Centrone a un funerale che venne celebrato, 48 ore dopo, alla chiesa di Santa Maria in Colle. Quel giorno finì sepolto anche un mistero che, per la metà di questi 40 anni trascorsi da allora, è rimasto sotto terra. Perché, si saprà poi, sul pontile non c’era il corpo di Narducci, ma un altro. E da allora, si sono intrecciate e infittite le voci che il professore fosse legato ai delitti del mostro di Firenze. Che, come la vita del medico, s’interruppero proprio in quel 1985.
Vecchi dubbi
Narducci era già stato oggetto di investigazioni da parte di un poliziotto di Perugia, l’ispettore Napoleoni, che cercò un suo alloggio a Firenze. Il nome del medico era anche negli elenchi della Sam, la squadra antimostro. Poi, negli anni ’90, fecero irruzione nelle indagini il contadino Pietro Pacciani e poi i compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti. La pista perugina, fatta anche di voci e suggestioni, finì in un cassetto, fino al nuovo millennio.
L’inchiesta Perugia-Firenze
Verso la fine dell’anno 2000, un estetista di Foligno denunciò delle telefonate minacciose. La voce anonima accostava la morte di Pacciani e quella di Narducci. Il pm Giuliano Mignini aprì un’inchiesta in raccordo con la Procura di Firenze e fece quell’autopsia mai eseguita prima. Il verdetto fu che Narducci aveva l’osso ioide fratturato (era stato strangolato?) ma, soprattutto, la riesumazione fece scrivere una trama da thriller: il corpo, vestito con un abito taglia 48 ’slim’ sopra un paramento massonico, in buono stato di conservazione, non sembrava proprio quel cadavere diventato scuro ed extra large per i fenomeni della decomposizione.
Lo scoop
Insomma, sul pontile, il 13 ottobre, non c’era il cadavere del medico. A contribuire alla scoperta del mistero quello che, a distanza di anni, si rivelerà un clamoroso colpo giornalistico. Erano le foto del reporter de La Nazione Pietro Crocchioni, presente al porticciolo di Sant’Arcangelo quando il corpo venne adagiato sul pontile. Con le sue foto, che testimoniavano le condizioni della salma, vennero calcolate le dimensioni del corpo, incompatibili con quelle del medico.
Sospetti ciclici
Non c’è sentenza che accosti Narducci ai delitti del mostro. Così come non c’è spiegazione ufficiale alla sostituzione del cadavere. Forse anche per questo attorno a questa figura sospetti più o meno fondati tornano ciclicamente a rincorrersi. Angelo Izzo, il mostro del Circeo, parlò alla commissione parlamentare, di una villa sul Trasimeno in relazione alla scomparsa di Rossella Corazzin, sparita nell’agosto del 1975 a Tai di Cadore. Oggi, 40 anni dopo, la morte di Narducci s’annovera fra i grandi misteri italiani.
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