Svariati mostrologi hanno ipotizzato che le otturazioni dentali trovate sulla salma di Francesco Narducci, essendo numerose e fatte male con uso di compositi scadenti e amalgama dentale, potessero indicare una fuga di Narducci all’estero. Alcuni pensano a Santo Domingo, dove sarebbe stato curato male.

La fuga sarebbe ipotizzata anche in correlazione all’acquisizione di alcune quote della casa in multiproprietà di Narducci all’Elba da parte di Lorenzo Prudente, un esponente dell’estrema destra milanese accusato di aver facilitato l’espatrio di un terrorista proprio a Santo Domingo. Tuttavia Lorenzo Prudente, e i suoi parenti, compreranno delle quote di quella abitazione da una famiglia milanese. Famiglia che le aveva acquisite direttamente dalla famiglia Narducci!

Queste brevi considerazioni sono atte a sottolineare che la situazione orale del medico perugino non è conditio sine qua non per indicare una sua fuga all’estero. Allo stesso tempo queste considerazioni non servono a negare questa possibile fuga, anche se le svariate testimonianze dell’epoca indicano una morte del medico nell’area del Lago Trasimeno, probabilmente il giorno 9 ottobre 1985.

Il concetto Santo Domingo = cure dentali di scarsa qualità è un ossimoro che si basa sul fatto che un paese meno sviluppato del nostro offra cure più scarse delle nostre. E’ però un concetto molto relativo, magari veritiero in termini statistici, ma questo non significa che non potesse esistere negli anni ’80 un’odontoiatria di eccellenza anche a Santo Domingo.

Personalmente posso affermare che anche in Italia negli anni ’80 non c’era un’odontoiatria ad alto livello ovunque ma anzi, nella maggior parte delle sedi ASL (all’epoca USL) e dei dentisti privati, il livello era abbastanza basso e talvolta tendente al molto basso.

Cominciando ad esercitare l’odontoiatria nel 1995 ho avuto in cura svariati pazienti sia di provenienza da odontoiatria pubblica sia da altri dentisti privati. L’uso dell’amalgama dentale e di compositi bi-componenti auto polimerizzanti era davvero alto. Sebbene il mercato cominciasse a disporre di materiali di maggior pregio la curva di apprendimento all’uso di questi nuovi materiali, soprattutto in dentisti di “vecchia scuola” era piuttosto bassa.

La qualità dei compositi da otturazione negli anni 80 era scarsa ed erano spesso usati solo per interventi nei gruppi incisivi data la loro bassa resistenza all’usura e all’infiltrazione. Tra tutti le paste bi-componenti erano le peggiori. Nei diatorici, cioè i denti atti alla triturazione, era usata soprattutto l’amalgama d’argento. L’amalgama è una lega di mercurio e altri metalli. La composizione più comune era data circa il 40-50% di mercurio, 20-25% di argento, 10% di rame e stagno e il 2% di zinco. L’amalgama d’argento presentava notevoli vantaggi: era un materiale poco costoso, di facile applicazione, resistente meccanicamente (e quindi alla masticazione), durevole e con effetti batteriostatici (quindi previene la carie). I suoi maggiori svantaggi erano l’estetica (è color piombo) e di carattere ecologico (di smaltimento); anche se all’epoca il dato non rivestiva grande importanza. Se pur enfatizzato sussisteva anche un problema di assorbimento del mercurio a livello tissutale sistemico.

Entrambi i prodotti se ben usati potevano soddisfare le necessità dell’epoca, ma spesso, dati i tempi di impiego piuttosto ridotti, la modellazione e la rifinitura di questi materiali era davvero scarsa. Il tempo di lavorazione sia dei compositi che delle amalgame si aggirava intorno ai 5 minuti. In questo tempo andavano posizionati nella cavità del dente e modellati secondo l’anatomia dentale.

Pochi dentisti negli anni ’80 avevano queste capacità manuali che sono poi migliorate negli anni ’90 grazie ad università specialistiche e al miglioramento degli stessi materiali. Nella maggior parte dei casi avveniva una modellazione grossolana, spesso fatta con l’uso di frese rotanti. Nella peggiore delle ipotesi questi materiali venivano semplicemente zeppati in cavità con la pressione del pollice. Nell’ambiente in gergo chiamate otturazioni “con impronta digitale” dato che si usava poco anche i guanti in lattice.

Da sottolineare che all’epoca i pazienti non avevano grandi esigenze come invece accade oggi. Vi era solo una minima esigenza estetica soprattutto se si trattava dei denti frontali, ma mediamente ciò che cercavano i pazienti era un dentista che non gli faceva male ed eliminava il dolore presente per permettergli di tornare a mangiare.

Quindi Italia o Santo Domingo si potevano tranquillamente equiparare.

Vediamo cosa riportava il Prof. Giovanni Pierucci sullo stato dentale della salma di Francesco Narducci nel suo esame autoptico del 20 maggio 2002:

Quelle che il Prof. Pierucci indica come corone presso fuse sono, con molta probabilità, corone stampate. Le corone fuse avevano già un discreto livello di precisione, sempre che il dentista avesse preparato correttamente il dente. Le corone stampate in oro erano invece molto più imprecise, prive di modellazione e con sovra-contorni orizzontali e verticali notevoli. Nel corso della mia carriera, soprattutto negli anni ’90, ho avuto occasione di rimuovere davvero tante corone stampate a testimoniare che l’uso di queste corone era davvero diffuso nel periodo degli anni ’70 e ’80. Le cure conservative con compositi bi-pasta e amalgame rispecchia l’uso già descritto sopra.

L’immagine orale che viene descritta di Narducci non si discosta molto dal paziente italiano degli anni ’70 e ’80, soprattutto se si serviva della ASL o del vecchio dentista di famiglia.

Spesso il mostrologo riporta come incredibile che un soggetto come Narducci potesse avere un tale stato di trascuratezza della bocca, ma considerando alcuni aspetti che hanno caratterizzato la vita del medico perugino l’ipotesi non è cosi assurda.

I pazienti tossicodipendenti hanno sempre avuto problemi dentali a causa della loro dipendenza. La ragione si estrinseca soprattutto su due punti:

  • L’azione farmacologica che si ripercuote a livello orale

  • La trascuratezza nell’igiene orale

I pazienti tossicodipendenti da oppiacei, e Narducci lo era dato ciò che è emerso dagli esami tossicologici, sviluppano molto facilmente le carie dentali perché gli oppiacei hanno un’azione riflessa a livello orale data soprattutto da due fenomeni: Vomito e secchezza delle fauci.

In questa tabella sono riassunti gli effetti avversi nell’uso della petidina, il nome commerciale della meperidina, l’oppiaceo che assumeva Narducci.

Il vomito, è facilmente intuibile, danneggia lo smalto dentale per l’azione dell’acido cloridrico contenuto nello stomaco. Riversandosi, o anche semplicemente attraverso i vapori, sui tessuti duri dentali (smalto) agisce come un qualsiasi acido sul marmo. Corrodendo rende porosa la superficie trasformandola in un terreno più colonizzatile da batteri cariogeni e, al contempo, aumentano le difficoltà ad essere detersa con lo spazzolino.

La bocca secca o secchezza delle fauci dipende da una scarsa produzione di saliva a seguito dell’assunzione di meperidina (petidina). Questa insufficienza salivare incide notevolmente sull’aumento della cario-recettività in quanto agisce a tre livelli:

  • Il primo livello è una minore azione lubrificante e detergente a causa dell’assenza di saliva. Come conseguenza ad una minore detersione naturale dei denti si ha un maggior ristagno di cibo a contatto dei denti, e quindi una proliferazione batterica più intensa.

  • Il secondo livello è un scarsa presenza di peptina, un enzima litico che inizia la fase digestiva del cibo in bocca. E’ escreto dalle ghiandole salivari ed attraverso la saliva raggiunge il cavo orale. La sua assenza o carenza determina una minore lisi cibo, ampliando il fenomeno descritto al punto primo.

  • Il terzo è una forte diminuzione delle IgA secretorie, cioè immunoglobuline secrete dalle ghiandole salivari che raggiungano il cavo orale attraverso la saliva. Responsabili della difesa immunitaria della bocca stessa, quindi una barriera alla crescita batteria intra-orale.

L’altro aspetto, quello della trascuratezza nell’igiene orale, sembra sposarsi male con un medico di successo e con una persona attenta alla sua immagine, ma potrebbe comunque essere un aspetto da non trascurare. Spesso i tossicodipendenti, hanno un atteggiamento incline a non curarsi della propria igiene orale, anche perché non è direttamente visibile e non incide direttamente nei rapporti interpersonali. 

Ammettere quindi che Francesco Narducci potesse sviluppare diverse carie e che queste fossero curate con metodi grossolani e con materiali mediocri è più che plausibile alla luce di quanto descritto.

L’ipotesi che una stessa mano, forse il dentista del padre come di solito accade, abbia eseguito le otturazioni su Narducci, come sostiene il prof. Pierucci fa propendere all’ipotesi di cure fatte sempre e da sempre solo in Italia, altrimenti si sarebbe vista una “mano” diversa prima e dopo la fuga a Santo Domingo.

Un altro aspetto interessante è quello in cui alcuni mostrologi ipotizzano che il corpo dell’esame autoptico del 20 maggio 2002 non sia quello di Narducci, ma di altro soggetto. Usano anche il confronto dentale per avvalorare questa tesi.

Sarebbe molto interessante poter disporre di foto ad alta risoluzione della bocca del Narducci in sede autoptica e di un’altra fotografia dello stesso Narducci in vita. Fotografia in cui si possono osservare i denti in primo piano. Solo a queste condizioni sarebbe possibile un confronto dimensionale orizzontale e di anatomia sui denti dei due soggetti. Un confronto dimensionale verticale sarebbe improprio anche in questa situazione vantaggiosa, per ovvi motivi. Ogni altro confronto senza foto ad altra risoluzione è puramente opinione.

Jacopo Cioni e Claudio Costa

25 Febbraio 2025 Lo stato orale di Francesco Narducci
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