Il titolo «the master of San Casciano» può essere tradotto sia come «i signori di San
Casciano» sia come «il capo di San Casciano». La scelta di questo titolo ambivalente è
intenzionale.
In copertina: la devastazione provocata dalla bomba nella Casa del Popolo di Moiano.
n.12 — 13 settembre 2024
«postfascismo e neofascismo a Perugia» — dr. parker
the master of San Casciano
«l’idea che le fonti, se degne di fede,
offrano un accesso immediato alla realtà,
o almeno ad una faccia della realtà
…mi pare rudimentale»
Carlo Ginzburg
Premessa
Con la documentazione limitata attualmente disponibile, questo articolo tenta di offrire una panoramica sui fenomeni del postfascismo e del neofascismo a Perugia, dagli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale fino agli anni Settanta. Nella seconda parte, l’analisi riguarderà il contesto più ampio in cui si inseriscono anche i fatti di Perugia. Nella parte finale, l’attenzione si concentrerà sui delitti dei mostri di Firenze.
Va premesso inoltre che le fonti sui partiti radicali ed eversivi di destra, così come sui partiti democratici di destra, sono piuttosto limitate. Ciò è dovuto, in parte, al fatto che la cultura della memoria storica non si è mai radicata profondamente in questi movimenti, sia anche per l’enfasi rivolta ai singoli individui piuttosto che alle strutture collettive.
Queste osservazioni si applicano anche ed oltre al partito del MSI1, alle organizzazioni affini come FUAN2, Giovane Italia3, Gruppi Fiamma4 e CISNAL5 , di cui disponiamo di una documentazione scarsa. Questo può essere anche attribuito al fatto che il MSI è stato in più momenti, a rischio di scioglimento a causa della Legge Scelba6, rendendo pericoloso e imprudente conservare documentazione che avrebbe potuto rivelarsi compromettente.
Nondimeno, nel bagaglio culturale dei neofascisti, la tradizione era preferita e vi era un’avversione nei confronti della storia in fieri.
1 Il Movimento Sociale Italiano (MSI) era un partito politico di estrema destra fondato nel 1946 da ex esponenti fascisti. Si ispirava all’ideologia fascista, promuovendo nazionalismo e anticomunismo.
2 Il FUAN (Fronte Universitario d’Azione Nazionale) era un’organizzazione universitaria fondata nel 1950, affiliata al Movimento Sociale Italiano (MSI).
3 Giovane Italia era un movimento giovanile di estrema destra legato al MSI, fondato nel 1954 per promuovere l’ideologia neofascista tra i giovani. Nel 1971 si fuse con altri gruppi per formare il Fronte della Gioventù.
4 I Gruppi Fiamma erano un’organizzazione giovanile affiliata al MSI, si concentravano sulla formazione politica, culturale e sportiva. Operavano principalmente nelle scuole.
5 La CISNAL (Confederazione Italiana Sindacati Nazionali dei Lavoratori) era un sindacato fondato nel 1950, vicino al MSI.
6 La Legge Scelba, promulgata nel 1952, prevede sanzioni penali per chi promuove movimenti che incitano all’odio o esaltano l’ideologia fascista. La legge permette anche lo scioglimento di organizzazioni con finalità antidemocratiche.
CAPITOLO I
Perugia
La città, in senso ampio, ha sempre giocato un ruolo cruciale nell’organizzazione della cultura di destra, integrando elementi sia di cultura di massa sia di élites. Il Movimento Sociale Italiano (MSI) ha avuto maggior forza e peso nelle aree urbane, contrariamente all’immaginario comune che vede la campagna e la provincia come roccaforti del conservatorismo. Questo fenomeno è evidente nel caso del postfascismo e neofascismo a Perugia, dove la città è stata un fulcro per la diffusione e l’organizzazione delle ideologie di destra, anche grazie alla lunga egemonia del movimento universitario del FUAN.
Il trend alle elezioni politiche Nel panorama politico degli anni ’50 e ’60, il FUAN si impose regolarmente nelle elezioni universitarie, mentre dal 1953 il MSI si affermò come la quarta forza politica alle elezioni per la Camera dei Deputati. La destra umbra rappresenta un’eccezione significativa: non si trattava solo di un gruppo di nostalgici, ma di un movimento con un reale radicamento sociale e un solido retroterra culturale. Questa caratteristica si riflette nelle elezioni alla Camera dei Deputati nel comune di Perugia durante la Prima Repubblica, che mostrano un andamento significativo del supporto elettorale. Nel 1948, il consenso era piuttosto basso, al 3,7%, ma nel 1953 si registrò un aumento significativo, raggiungendo il 9%. Successivamente, ci fu un declino tra il 1958 e il 1968, con il punto più basso nel 1968 al 5,7%. Nel 1972, vi fu una ripresa al 7,6%, seguita da un nuovo calo verso la fine degli anni ’70. Negli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, il sostegno si stabilizzò intorno al 6,6%. Queste oscillazioni riflettono la complessità della destra umbra, capace di adattarsi e mantenere un certo livello di supporto nel tempo.
Tabella 1: Elezioni alla Camera dei Deputati (Prima Repubblica) Comune di Perugia.
Anno — Percentuale di Voto
1948 — 3.7%
1953 — 9.0%
1958 — 7.5%
1963 — 6.6%
1968 — 5.7%
1972 — 7.6%
1976 — 5.8%
1979 — 5.2%
1983 — 6.9%
1987 — 6.3%
1992 — 6.6%
Il MSI a Perugia
A Perugia, il fascismo si affermò fin dalle sue origini come un’organizzazione squadristica e politica di grande rilevanza, tanto da far guadagnare alla città l’appellativo di «fascistissima». Dopo la caduta del fascismo, iniziarono le epurazioni sia nella pubblica amministrazione che nelle università, ma queste non furono incisive per vari motivi.
Il 18 marzo 1947 fu costituita la sezione provinciale del MSI da un comitato promotore composto da nove persone. A metà del 1947, il gruppo contava 50 iscritti, ma meno della metà erano militanti attivi. Non vennero intraprese azioni pubbliche a causa degli attacchi già subiti da parte dei partiti di sinistra, come a Foligno e Città di Castello. Alcuni dei membri fondatori, tra cui Alberto e Franco Ruffini, furono costretti a rinunciare a causa di numerosi attacchi personali.
La nuova dirigenza della sezione ricominciò da zero, aprendo sedi a Tuoro sul Trasimeno, Passignano, Tavernelle di Panicale, Assisi, Spoleto, Bevagna, Marsciano, e Foligno. Il 9 maggio 1948 si tenne la prima Assemblea Provinciale presso una sala dell’Albergo d’Italia a Perugia, con la partecipazione di 150 persone. Successivamente, si decise di invitare il Segretario Nazionale, Giorgio Almirante, per inaugurare la sezione di Castiglione del Lago e per tenere un comizio al Teatro Turreno di Perugia, a cui parteciparono 1.500 persone.
Nonostante il MSI avesse ottenuto un certo seguito tra la popolazione, nel marzo del 1950 si verificarono attentati dinamitardi contro la sede della sezione di Foligno e la devastazione delle sedi di Pozzuolo (Castiglione del Lago) e Petrignano (Assisi). In una circolare del 1951, il commissario federale del partito segnalava uno scarso impegno nel tesseramento in alcune sezioni, mentre l’obiettivo rimaneva quello di aprire una sezione in ogni comune. Le cifre degli iscritti al partito sono incomplete e indicative, ma nel 1951 il partito contava 31 sezioni con 1.226 iscritti. Nel 1953, le sezioni erano aumentate a 56, con 2.317 iscritti, raggiungendo quasi l’obiettivo di una sezione in ogni comune, considerando che i comuni erano 59.
L’analisi degli iscritti7 al partito mostra che la base era composta per il 46% da operai e agricoltori, inclusi coloni, mezzadri, braccianti e contadini. I dipendenti costituivano il 16% e comprendevano stradini, camionisti, infermieri e guardafili. Gli artigiani rappresentavano il 18%, mentre impiegati e commercianti costituivano il 33% degli iscritti.
Le donne rappresentano il 6% degli iscritti.
Nel 1951, un caso particolare fu quello di Gilda Gabbellini, una donna alla guida della
sezione di Isola Maggiore.
Un altro elemento distintivo era la natura familiare dell’adesione al movimento. Nei
piccoli comuni e nelle frazioni della provincia, la base era spesso costituita da membri di diverse generazioni appartenenti a poche famiglie. All’inizio, la comunità della destra umbra era composta principalmente da militanti connessi all’esperienza del fascismo e
7 La rivelazione è riferita al 1953.
della RSI, insieme ai loro parenti. In questo periodo, la federazione si presentava soprattutto come un’organizzazione assistenziale o «soccorso nero», piuttosto che come un organo politico attivo. Dalla documentazione dell’epoca emerge la consapevolezza tra i dirigenti del dovere morale di assistere i camerati incarcerati, disoccupati, poveri e malati. Una forma di assistenza materiale era rappresentata dalle «befane missine», ispirate alla «befana fascista», che consistevano nella distribuzione di generi alimentari ai camerati più poveri della provincia.
La federazione fungeva da punto di riferimento per affrontare problemi pratici, come la ricerca di lavoro o l’ottenimento di raccomandazioni, per la gestione di pratiche burocratiche, in particolare quelle relative alle pensioni di guerra e di invalidità e alle controversie legali. Dal punto di vista politico, la linea era attendista, anche a causa del dibattito sulla Legge Scelba, ma la comunità del MSI si distingueva per le commemorazioni, come la messa in memoria del Duce nel 1954 a Foligno con 300 partecipanti e a Spoleto con 100 persone.
Sul piano finanziario, la federazione si sosteneva attraverso tesseramenti e autofinanziamenti, oltre alle donazioni occasionali da parte di privati come gli industriali Mario e Lino Spagnoli e nobili locali, tra cui i Conti Piccolomini, Bennicelli, Meniconi, e Bracceschi. In occasione delle elezioni, riceveva contributi straordinari dalla direzione nazionale.
Nel 1956–57, per ragioni economiche, molte sezioni furono chiuse, passando da 56 a 24 sezioni con 1.178 iscritti. Foligno diventò la città con più membri, contandone 174. In una lettera del 1957, il segretario della sezione di Nocera Umbra sottolineava che molti simpatizzanti evitavano l’iscrizione per timore di ripercussioni lavorative e di diventare bersagli. Nel 1960, gli iscritti aumentarono a 1.427, e l’anno successivo a 1.668, con un totale di 48 sezioni, segnando una ripresa rispetto alla metà degli anni ’50.
Di particolare rilievo fu il congresso provinciale del 1956, durante il quale un gruppo di dissidenti guidati da Ugo Cesarini, dipendente dello stabilimento Angora Spagnoli, annunciò la loro uscita dal partito per formare inizialmente il gruppo umbro RSI, da cui
successivamente emerse la formazione locale di Ordine Nuovo8 , di cui si dirà successivamente.
Negli anni 1960–61, il partito cercò di rompere il suo isolamento politico, ma questi tentativi provocarono anche reazioni estreme. Infatti, nel febbraio 1961, un attentato dinamitardo distrusse l’ingresso e una stanza della Camera del Lavoro di Perugia, portando a manifestazioni antifasciste e scontri in piazza. Il comune di Perugia denunciò
8 Ordine Nuovo fu fondato nel 1956 da Pino Rauti e altri ex MSI. Si trasformerà successivamente nel Movimento Politico di Ordine Nuovo (Mpon) prima di essere sciolto nel 1973 ad opera del ministro dell’interno Paolo Emilio Taviani. Lo stemma era un’ascia bipenne. Molti degli appartenenti confluiranno in Ordine Nero.
l’incostituzionalità dei movimenti neofascisti come il MSI, definendoli ispiratori e mandanti politici degli atti terroristici.
I nuovi leader politici erano principalmente giovani, come Marzio Modena (nato nel 1936), avvocato che aveva già ricoperto il ruolo di responsabile regionale e dirigente nazionale di Giovane Italia. Modena fu eletto nel consiglio regionale nel 1970 e divenne responsabile della CISNAL. Un altro giovane protagonista era Luciano Laffranco (nato nel 1938) di Assisi, che fu presidente del FUAN provinciale nei primi anni ’60, poi vice presidente nazionale dello stesso dal 1965, e presidente nazionale fino al 1980, oltre a essere consigliere comunale a Perugia dal 1972.
Nel 1963, nell’ambito di una strategia per ampliare il consenso, vennero fondati anche a Perugia i Gruppi Sportivi Fiamma. Nel settembre del 1968, a Cascia (PG), si tenne un convegno nazionale del MSI, il cui ordine del giorno includeva la creazione di una nuova organizzazione giovanile. I risultati di questo incontro si concretizzarono solo tre anni dopo, con la fondazione del Fronte della Gioventù9 nel 1971. Le istanze del convengo erano motivate dal fatto che il Sessantotto rappresentò un punto di svolta e una crisi per l’estrema destra, che si rese conto dell’impossibilità di alimentare una rivolta generazionale. Questo portò alcuni membri a ritirarsi dall’attivismo, mentre altri si radicalizzarono ulteriormente, favorendo l’ascesa dei gruppi più estremisti e l’inizio della diffusa violenza neofascista.
Il FUAN di Perugia
Il Fronte Universitario di Azione Nazionale (FUAN) si distinse in molte occasioni nelle elezioni studentesche, governando l’Organismo per la Rappresentanza Universitaria Perugina (Orup) e mantenendo un solido consenso anche oltre il movimento del Sessantotto. In un periodo di 30 anni, il FUAN perugino ha formato figure di spicco del
futuro panorama politico nazionale.
Un primo nucleo del FUAN si manifestò già nel novembre del 1947 con la fondazione del Circolo D’Annunzio, grazie a Millo Milletti, che divenne poi presidente del Parlamentino, medico e fondatore del giornale satirico La Tramontana. La nascita del circolo si inserisce nel contesto delle iniziative di riconciliazione tra partigiani ed ex aderenti alla repubblica sociale. Il Circolo fu ispirato anche alle idee di Giovanni Gentile.
Il FUAN fu ufficialmente fondato a livello nazionale solo tre anni dopo, nel 1950. In alcune circostanze d’ambito nazionale, il FUAN agì in modo indipendente dal Movimento Sociale Italiano (MSI), portando avanti slogan antipolitici. Tuttavia, a Perugia vi era un evidente legame tra il FUAN e il MSI. Gli studenti universitari ebbero un ruolo
9 Il Fronte della Gioventù (FdG) era l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano (MSI), fondata nel 1971.
significativo nell’apertura di nuove sezioni e nel 1947 la maggioranza degli aderenti al MSI nella provincia era costituita da studenti universitari.
Durante gli anni ’50, il FUAN di Perugia partecipò attivamente a tutte le manifestazioni politiche del MSI. I giovani membri si ispiravano ad un immaginario e a un linguaggio di stampo fascista, considerando quell’esperienza ancora rilevante. Tuttavia, fu l’anticomunismo militante a fungere da principale collante per la destra giovanile perugina, persino più dell’attrazione verso il fascismo storico. In questo contesto, l’opinione riguardo alla politica degli Stati Uniti era molto discussa, generando una visione politica per certi versi localista, anche a causa della prospettiva atlantista del MSI.
Nel 1966, un delegato dell’Ufficio culturale statunitense per i rapporti con l’Italia tenne una conferenza al Circolo D’Annunzio sul conflitto in Vietnam. I quaranta giovani presenti, per lo più appartenenti al FUAN, criticarono l’azione americana. Questa particolare corrente del FUAN, caratterizzata da un forte sentimento antiamericano e anticomunista, trovava in Giano Accame un punto di riferimento.
Durante gli anni Sessanta, il FUAN, spesso in collaborazione con il MSI, organizzò numerose iniziative e convegni. Nel 1963 si tenne il Processo all’Agricoltura, un evento dedicato all’analisi dei problemi dell’agricoltura locale e delle prospettive occupazionali.
Nel 1965 furono organizzati alcuni seminari con la partecipazione del deputato locale Achille Cruciani e nel 1967 si svolsero ulteriori convegni politici. L’intensa attività del FUAN fu in gran parte merito di Luciano Laffranco, presidente del Circolo D’Annunzio dal 1961 e successivamente dirigente locale e nazionale del FUAN. Laffranco si distinse anche per la sua capacità di assicurare finanziamenti alle attività del Circolo D’Annunzio, che provenivano dalla federazione del MSI, dalla direzione nazionale del FUAN e dalla Confindustria locale. L’imprenditore Annibale (Lino) Spagnoli, contribuiva con assegni mensili di 100.000 lire ancora alla metà degli anni Settanta, mentre avvocati, medici e altri professionisti, spesso ex membri rimasti legati all’organizzazione, donavano somme al FUAN, specialmente in vista delle elezioni universitarie.
Il movimento riscosse numerosi successi alle elezioni universitarie, tanto da far diventare il Circolo un punto di riferimento. I circoli omologhi di Firenze e Ancona chiesero consigli a Perugia sulle strategie da adottare per aumentare il consenso durante le votazioni. Sebbene il MSI non esercitasse lo stesso fascino sui giovani, la crescita del FUAN fu notevole, specialmente considerando il contesto politico della città di Perugia, nota per le sue inclinazioni a sinistra. Le adesioni più significative si registrarono nelle facoltà di Giurisprudenza, dove superavano il 40%, e di Medicina e Chirurgia, dove nel 1967 raggiunsero il 50%. Questo successo può essere spiegato dal fatto che l’istruzione universitaria, prima dell’avvento delle università di massa, aveva un carattere elitario. Era riservata a famiglie benestanti e conservatrici, in cui le professioni, in una città relativamente piccola come Perugia, venivano spesso tramandate di padre in figlio.
Il FUAN ebbe un ruolo significativo nelle proteste del Sessantotto, partecipando attivamente alle occupazioni dell’Ateneo. Tuttavia, a differenza delle nascenti assemblee di facoltà, il FUAN perseguiva strategie differenti per raggiungere gli obiettivi propri di tutta la contestazione studentesca.
I primi anni Settanta furono un periodo di intensa attività per il movimento, caratterizzato da incontri e iniziative a cui partecipavano vari esponenti del partito MSI. A Foligno, operava il Circolo culturale Brasillach, mentre la sezione di Todi del FdG10 era conosciuta come Circolo Codreanu11. Nell’ottobre del 1972, a Perugia, un gruppo scissionista del FUAN fondò il Circolo Ezra Pound12, un movimento antipartito che si opponeva alla linea politica del MSI. La scissione avvenne anche a causa delle accuse rivolte all’ex presidente del FUAN, Giulio Conti, di coinvolgimento nell’omicidio del militante di Lotta Continua Mariano Lupo a Parma. I sospetti riguardanti il coinvolgimento di Conti, sostenuto invece da una parte del movimento, contribuirono alla rottura. Il Circolo Ezra Pound, con sede in via della Stella, si dedicherà ad attività di carattere ideologico-culturale. Tra le sue iniziative e riflessioni intellettuali, il circolo ospitò conferenze del professor Giacinto Auriti. L’associazione «è capeggiata da Luciano Pavone, Maurizio Bistocchi, Giuliano Mignini e Giuseppe Severini». In seguito, il MSI cercò più volte di reintegrare questo gruppo al suo interno.
Una caratteristica distintiva dell’organizzazione era l’appartenenza alla goliardia che permeava l’ambiente: «eravamo praticamente tutti goliardi». Luciano Laffranco ricoprì per due volte il ruolo di grifone, la più alta carica istituzionale nella goliardia. Per certi versi, i membri del FUAN si identificavano con il mondo goliardico stesso, organizzando eventi tradizionali come la rassegna dei canti di protesta13, che si tenne in un ristorante e vide la partecipazione di oltre 300 giovani.
Nel 1973, l’organizzazione studentesca è guidata da Ezio Romano, originario del Sud Italia, come molti degli studenti che arrivano a Perugia per frequentare l’università.
Questa migrazione dal Sud è uno dei fattori chiave che ha contribuito alla crescita delle file dell’organizzazione di destra a Perugia. Infatti, il FUAN offriva ai suoi membri vari vantaggi, come buoni libro, buoni pasto e altre comodità che rendevano allettante l’adesione, anche per chi aveva una motivazione politica meno forte.
10 Vedi nota n.9.
11 Corneliu Zelea Codreanu è stato il fondatore della Guardia di Ferro, un movimento fascista rumeno e ultranazionalista, negli anni ’20-’30. Fu giustiziato sommariamente nel 1938.
12 Ezra Pound è stato un poeta e saggista americano, considerato uno dei principali esponenti del modernismo. Visse principalmente in Italia e sostenne il fascismo, fu arrestato e internato in un manicomio negli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Oltre alla sua produzione letteraria, scrisse riguardo al conflitto tra economia e finanza e sviluppò una teoria economica alternativa.
13 I canti neofascisti sono emersi nel dopoguerra, riflettendo il desiderio di alcuni gruppi di mantenere vivi i valori del fascismo.
Tra il 1975 e il 1979, la destra universitaria visse un declino progressivo. Nelle elezioni del 1975, il FUAN si classificò all’ultimo posto, pur ottenendo ancora il 27% dei consensi.
Nel 1979, il FUAN perse il controllo della sua storica roccaforte, la facoltà di Giurisprudenza, con la vittoria dell’Unione Democratica Studentesca.
Gli scontri, la violenza e le bombe: una cronologia
Già nel 1947 si registrarono i primi episodi di tensione. In una notte di settembre, ventitre persone legate al MSI e alle SAM14 fecero esplodere una bottiglia di esplosivo nei pressi della sezione della DC di Porta Sole. Nel novembre dello stesso anno, la sinistra perugina distrusse la sede del MSI. Questo evento spinse un giovane di 18 anni, iscritto all’UQ15 ma in procinto di passare al MSI, a tentare una vendetta. Il tentativo fallì quando fu scoperto armato di pistola e di una bomba a mano vicino alla sezione del PSI di Porta Sant’Angelo. Si ipotizza che l’azione fosse parte di un rito di passaggio degli ex qualunquisti come prova di iniziazione per entrare nel MSI.
1961
Nel 1961, Aldo Giovagnoli, uno studente universitario, fu arrestato per l’attentato che danneggiò parte della sede della Camera del Lavoro di Perugia.
1969
Diversi scontri si verificarono nelle scuole, in particolare nei licei Alessi e Mariotti. In seguito ai picchetti, scoppiarono risse che coinvolsero gli estremisti: Ezio Romano, Augusto Bocchini, Massimo Pontini, Giulio Tamborini, Gianfranco Briganti, Domenico De Santis, Ermanno Battaglini, Giovambattista Marceca, Carlo Taddei, Giovanni
Francario e Graziano Gubbini. Il 18 maggio scoppiarono nuovi scontri in città quando un gruppo di giovani di sinistra, presumibilmente guidato dall’ex pugile Edmondo Balucani, aggredì Maurizio Rocchi, figlio dell’ex prefetto di Perugia durante la RSI. In cerca di vendetta, una cinquantina di
14 Le Squadre d’Azione fasciste, create da Benito Mussolini nel 1919, erano gruppi paramilitari utilizzati per intimidire e reprimere i nemici politici. Le Squadre d’Azione Mussolini (SAM) erano gruppi paramilitari nati a Milano nel dopoguerra, costituiti principalmente da ex membri RSI e neofascisti. Vengono neutralizzate nel 1945. Successivamente nel 1971 la sigla ricompare ad opera di nuovi soggetti strutturati in una serie di nuclei. I principali membri sono Giancarlo Esposti, Angelo Angeli detto
Golosone, Dario Panzironi detto Himmler. Attivi negli attentati esplosivi, scompaiono dalla scena eversiva nel 1974.
15 Il Fronte dell’Uomo Qualunque (UQ ) era un partito fondato nel 1946 come un movimento populista. Il partito ebbe un certo successo alle elezioni del 1946, ma declinò rapidamente, perdendo rilevanza politica entro pochi anni.
neofascisti si radunarono in strada, pronti a scontrarsi con i gruppi di sinistra. Tuttavia, l’intervento della polizia prevenne la rissa. Durante il confronto tra gli opposti schieramenti, l’agente Enrico Giurati fu ferito alla testa, Franco Radoni detto Hitlerino aggredì invece i poliziotti mentre prestavano soccorso a Giurati. Radoni e Marcello Gigliarelli detto Bruschino furono arrestati. Nuovi scontri tra estremisti di destra e sinistra seguirono quella notte in viale Pellini. All’alba, una bomba carta esplose davanti alla sede del FUAN. Nei giorni successivi si verificò un’ulteriore aggressione nei pressi di un bar in via Fonti Coperte.
Alla vigilia di Natale si registrò un’altra aggressione contro giovani estremisti di sinistra, avvenuta all’interno del ristorante spagnolo El Cordobes. Gianfranco Briganti, Leopoldo e Fabrizio Morlunghi, Livio Soli e Renato Smantelli furono i neofascisti coinvolti nell’attacco, per mezzo di calci e pugni.
1970
Il 25 gennaio del 1970, in seguito a un comizio del segretario nazionale del MSI, Giorgio Almirante, a Città di Castello, ci furono scontri tra i sostenitori del MSI e i manifestanti di sinistra, sia prima che dopo l’evento. Nel mese di febbraio, giovani del FUAN furono responsabili dell’interruzione di diverse assemblee studentesche organizzate dai gruppi di sinistra. Sempre in febbraio, nella notte tra il 26 e il 27, membri del FUAN e di Ordine Nuovo forzarono la porta del rettorato e vandalizzarono vari uffici con scritte offensive, inclusa la violazione dello studio del rettore. Saranno denunciati in dieci compreso Luciano Laffranco e l’allora presidente del FUAN.
Nel marzo del 1970 si verificarono tre episodi di terrorismo telefonico, con falsi allarmi sulla presenza di esplosivi. L’unico scontro fisico dell’anno in città avvenne la mattina del 5 dicembre, quando i gruppi di destra e sinistra si trovarono nella stessa piazza IV Novembre, impegnati nel volantinaggio e finendo poi per scontrarsi.
1971
Il 6 febbraio, Gianfranco Briganti e Fabrizio Morlunghi organizzarono un agguato contro il giovane Maurizio Lalleroni. Altri scontri avvennero nei pressi dei licei Alessi e Mariotti. Il 29 marzo, in un evento unico nel suo genere per l’Umbria, la Rosa dei Venti inviò un messaggio intimidatorio al segretario della federazione provinciale del PSI.
Il 15 marzo viene fermato lo studente greco iscritto alla facoltà di architettura Costantinos Plevackis per la presunta aggressione nei confronti dell’onorevole Alfio Caponi. Dal 18 al 23 giugno, ci furono violenti scontri tra i giovani della Lega degli Studenti Greci, supportati dai neofascisti ed i membri della Resistenza palestinese e iraniana. Ad agosto, tre membri della Federazione Giovanile Comunista, Elio Censi, Mario Mirabassi e Assuero Becherelli, furono aggrediti e picchiati da membri di Ordine Nuovo in piazza della Repubblica. A settembre, in via Bartolo, Augusto ed Ermanno Vieti, Franco Radoni ed Ezio Romano assalirono alcuni studenti di sinistra alle spalle. Il 9 ottobre, membri di Ordine Nuovo, tra cui Marco Pucciarini, Ermanno Battaglini, Marco ed Euro Castori, Stefano Biagini, Franco Baldoni, Tiziano Scarponi, Antonio Fazio e Roberto Luccioli, si scontrarono con giovani di sinistra, Angelo Caporali, Roberto Bisello e Dino Frisullo. Durante la rissa, Roberto Bisello venne colpito alla testa con un bastone da Marco Castori.
Il 7 novembre in piazza della Repubblica, a seguito di uno scontro tra un gruppo di neofascisti e un gruppo di antifascisti, i primi hanno la peggio e sono costretti a riparare nel bar Medioevo fino all’arrivo della polizia che li porta in questura.
Il 13 novembre in piazza Danti, Marco Pucciarini, Ermanno Battaglini e i fratelli Castori attaccano i giovani di sinistra Gustavo Sanchirico e Maurizo Gallerani con l’utilizzo di mazze ferrate e coltelli.
1972
Nel 1972 si verificarono vari allarmi bomba a seguito di telefonate anonime. Gli allarmi, che riguardarono principalmente le scuole superiori e la sede della SIP, si rivelarono infondati. L’unica esplosione fu quella di una bomba carta al liceo Alessi il 6 novembre, il timer sarebbe stato dello stesso tipo di quelli usati per gli attentati coevi di Genova.
Il 24 febbraio si registra una provocazione neofascista con il ferimento di uno studente partecipante ad un corteo antifascista. A seguito dell’accaduto, al corteo si uniranno studenti di altre scuole cittadine. Il giorno seguente si ripete lo stesso schema di provocazioni in piazza IV Novembre. Il 18 marzo all’Istituto per Geometri di via Santini la polizia interviene per separare i gruppi dei «neri» e dei «rossi».
Il 15 settembre sono segnalati altri scontri tra studenti e dirigenti comunisti da una parte e attivisti del MSI dall’altra.
Il 12 dicembre avviene uno scontro tra due studenti del Movimento Studentesco e due neofascisti. Successivamente i due neofascisti si sposteranno al bar Duomo noto punto di ritrovo degli stessi. Fuori dallo stesso si radunano quindi circa 200 antifascisti che premono contro il bar. La polizia giunta sul posto riesce ad estrarre i neofascisti dal bar e mettere fine ai disordini.
Il 14 dicembre ci furono schermaglie in piazza Danti e piazza Matteotti. Altri disordini seguirono i picchetti organizzati dai gruppi di sinistra davanti all’Istituto Tecnico per Geometri con il ferimento del giovane di sinistra Roberto Baioletti ferito alla testa con una spranga di ferro. Da questi eventi scaturì un corteo di giovani studenti di sinistra che si snodò per le vie della città fino a raggiungere la sede del FUAN. La polizia intervenne per mantenere la distanza tra i manifestanti di sinistra e i giovani neofascisti. Il contrattacco dei neofascisti avvenne la mattina successiva, con un’aggressione a colpi di mazze e catene all’Istituto Tecnico per Geometri. Il bilancio fu di 21 feriti fra cui due poliziotti.
Il fatto più rilevante avvenne però il 25 settembre a Ponte Felcino. Aldo Seguenti, ex segretario della sezione locale del PCI, rimproverò verbalmente alcuni giovani presenti al Bar Jolly, situato sotto la sede del partito. Franco Baldoni e Marco Castori reagirono aggredendolo. Al termine dell’aggressione, Seguenti giaceva a terra con tre coltellate, di cui una a pochi centimetri dal cuore. Fu ricoverato per un mese. Baldoni e Castori (all’epoca minorenne) furono accusati di tentato omicidio. Non è chiaro se all’aggressione partecipò anche Franco Radoni, ma è certo che un terzo soggetto era ricercato. Due giorni dopo si tenne una importante manifestazione antifascista convocata dal sindaco nella sala dei Notari per proseguire in piazza IV Novembre.
1973
Nel 1973 gli episodi di terrorismo telefonico con allarmi bomba si ripeterono nelle scuole, coinvolgendo il liceo Alessi, la scuola media Purgotti, la scuola materna Sant’Enea e l’Arcivescovado. Oltre alle minacce telefoniche, furono inviate buste anonime contenenti proiettili. Il 28 febbraio, una lettera minatoria firmata «Giustizieri d’Italia» e contenente proiettili fu recapitata al sindaco di Perugia; un’altra missiva raggiunse il presidente della Giunta Regionale. Il 18 dicembre, minacce simili accompagnate da proiettili calibro 22 in una busta furono inviate alle redazioni de La Nazione, de Il Messaggero e di Paese Sera. Il messaggio allegato era il seguente: «Visto lo scioglimento politico del movimento Ordine Nuovo da parte del regime massonico-giudeo-marxista… hanno deciso di organizzarsi in modo tale da poter perseguire… tutti coloro che in qualche modo si sono resi responsabili… di azioni contro il movimento stesso. Firmato Gruppo d’azione — Ordine nuovo».
Nella notte tra il 10 e l’11 febbraio, esplosero bombe molotov contro le sedi del FUAN, di Ordine Nuovo e del Circolo Ezra Pound. Due giorni dopo, il 13 febbraio, membri di queste sezioni organizzarono un corteo per confutare la tesi dell’auto-attentato, avanzata da Lotta Continua. Ne seguì una rissa e un clima di guerriglia che perdurò per tutto il giorno.
Fatto del tutto nuovo, le forze dell’ordine reagirono con perquisizioni rigorose nelle sedi delle organizzazioni coinvolte e nelle residenze private dei principali esponenti di entrambi gli schieramenti.
La notte del 19 aprile fu definita dalla stampa locale come la «notte delle svastiche» a
causa di atti di vandalismo che includevano svastiche e scritte inneggianti ai campi di sterminio sui muri, saracinesche e targhe in città. La Commissione regionale indicò come sospetti Franco Brachini, Georges Biris, Alì Rheza Kasciovolz, Angelo Nizzi e Giuseppe Cavalieri, affermando anche che le forze dell’ordine li avevano erroneamente ritenuti appartenenti alla sinistra radicale. L’MSI pubblicò un comunicato stampa dichiarandosi contrariato ed estraneo agli eventi della «notte delle svastiche», mentre i partiti di estrema sinistra proposero l’istituzione di ronde notturne. Questi eventi ricevettero grande attenzione mediatica.
Il 29 aprile, intorno all’1:30 di notte, un gruppo di giovani di sinistra a bordo di un’automobile fu affiancato da una Volkswagen, i cui occupanti spararono un colpo di pistola. I giovani di sinistra recuperarono il proiettile calibro 22 e denunciarono l’accaduto, riconoscendo nei neofascisti Maurizio Bistocchi, Franco Baldoni e Luciano Bertazzoni gli occupanti della Volkswagen. Il giorno successivo, Gregorio Maddis del Circolo Ezra Pound fu aggredito da estremisti di sinistra di fronte a Palazzo dei Priori, forse in segno di vendetta.
Il 30 aprile le redazioni dei giornali ricevono una lettera in cui si annunciava la fondazione a Perugia del Partito Nazionale Fascista, questo il testo: «siamo i continuatori di un’idea immortale che l’Italia non rifiuta. Sicura e consapevoli della nostra scelta, sicuri della nostra dottrina antimarxista, è contro il comunismo ed i suoi similari che combatteremo con tutte le nostre forze».
Il 22 maggio, l’auto dell’onorevole comunista Alfio Caponi fu incendiata. Suo padre, Leonardo, aveva scritto vari articoli sul neofascismo a Perugia per Cronache Umbre.
Il 10 ottobre, presso il liceo classico, gli estremisti di destra Euro Castori, Leonardo Bacoccoli e Giuseppe Pieristè aggredirono gli studenti antifascisti Massimo Gagliardi, Carlo Marsili e Roberto Tazza.
Il 9 novembre, in risposta a un’aggressione subita a Roma dal camerata Maurizio Bistocchi, i neofascisti organizzarono un corteo in Corso Vannucci che degenerò in guerriglia urbana, ferendo tre agenti delle forze dell’ordine. Furono arrestati Roberto Luccioli, Stefano Bartocci, Giovanni Salmoni, Maurizio Del Dottore e Luca Donati, questi ultimi due provenienti da Arezzo. A seguito dei disordini, Giancarlo Barbieri, gestore del bar Baglioni, fu contattato da una ragazza di nome Simonetta, che gli assicurò che i danni sarebbero stati risarciti dal MSI. Tuttavia, il clima tra Barbieri e gli estremisti non fu cordiale. Il 18 novembre, un gruppo di estremisti si recò al bar e, al termine della consumazione, lasciò un bossolo di fucile sul tavolo come minaccia intimidatoria.
1974
Il 1974 fu un anno in cui le violenze neofasciste raggiunsero il loro apice. Gennaio si apre con l’arresto il giorno 17 degli appartenenti di Ordine Nuovo: Euro Castori, Carlo Pini, Giorgio Scotta, Marco Persichini e Giuseppe Pieristé. Quest’ultimo è ricercato e sarà arrestato solo il giorno successivo. Persichini viene rilasciato il 18 gennaio, gli altri lo saranno il 26 febbraio. I reati che vengono contestati sono relativi alle violenze del 9 novembre 1973.
Il 23 febbraio, in seguito all’ennesima schermaglia presso l’Istituto Tecnico, il neofascista Mario Barbetti frantumò il parabrezza dell’auto di Marco Francalancia, membro di Lotta Continua, che rimase ferito dalle schegge di vetro. Alla fine di febbraio, il sindaco ricevette un’altra lettera minatoria di matrice fascista.
Nel mese di marzo, durante la campagna referendaria per il divorzio, lo studente del FUAN Massimo Ciarapica distribuva volantini al termine della funzione religiosa in Duomo. Studenti di sinistra lo allontanarono. La provocazione ebbe successo: alle 14:30 scoppiò uno scontro tra i due schieramenti in via Calderini, causando quattro feriti, due per ciascuna parte. Più tardi, lo studente neofascista calabrese Rocco Valentino avrebbe estratto un coltello durante un episodio mai del tutto chiarito. Il 24 marzo, le forze dell’ordine riuscirono a sventare all’ultimo momento un nuovo episodio di guerriglia urbana, simile a quello avvenuto nel novembre dell’anno precedente.
Ad aprile, Marco Cecchetti, studente e figlio dell’assessore regionale del PCI, fu aggredito da un assalitore che gli sferrò un colpo con una mazza ferrata, mancando per fortuna il bersaglio. Il 26 aprile, Roberto Volpi, studente e fotografo di Paese Sera, fu assalito in strada dal neofascista Marcello Gigliarelli. Lo stesso giorno, si verificò l’ennesima rissa al liceo Alessi. Il giorno successivo, Gigliarelli aggredì anche Roberto Cancellotti; secondo alcune testimonianze, una pistola cadde dalla tasca di Gigliarelli, che la raccolse prima di fuggire all’interno del Circolo Ezra Pound situato nelle vicinanze. La perquisizione della polizia non dette esiti, il Gigliarelli restò ricercato.
Alle 2:30 del mattino del 23 aprile 1974, una bomba composta da un chilogrammo e mezzo di tritolo, innescata con una miccia a lunga combustione, devastò la sede della Casa del Popolo di Moiano 16. Fortunatamente, non ci furono vittime grazie all’orario notturno in cui l’esplosivo, collocato nel pianerottolo d’ingresso, fu attivato. L’esplosione danneggiò tutti gli edifici circostanti e, a causa dello spostamento d’aria, infranse anche le vetrate della chiesa situata a 200 metri di distanza. I membri della cellula neofascista eversiva di Arezzo-Firenze furono indagati e ritenuti responsabili. In particolare fu indagato Andrea Brogi di Monte San Savino (AR) appartenente a Ordine Nuovo. Perquisito, gli saranno trovate pistole, proiettili, maschere antigas, schemi per la realizzazione di ordigni e cartine geografiche di Moiano. Saranno oggetto di accertamenti e accusati di un qualche grado di complicità nell’attentato di Moiano anche i fratelli Castori, Massimo Batani, Graziano Gubbini, Stefano Bartocci, Giovanni Rossi, Luca Donati e Francesco Bumbaca 17. Bumbaca
16 Moiano è una frazione di Città della Pieve, provincia di Perugia.
17 Francesco Bumbaca, milanese, proprietario terriero, fu interrogato in merito alle indagini sulla strage dell’Italicus disse il 19 maggio 1982 di aver frequentato spesso Augusto Cauchi sia per delle cene sia per i servizi d’ordine assieme al Franci e alla squadra di Arezzo. In tale contesto conobbe Gino Birindelli, ex ammiraglio NATO, eletto deputato con il MSI dal 1972 al 1976 nel collegio di Firenze, presidente del MSI nel 1972–73.
si dichiarò prigioniero politico chiedendo di essere interrogato indossando una divisa da camerata di Salò.
Nella notte del 6 maggio, un gruppo di neofascisti, tra cui si crede ci fossero Franco Baldoni e Giuseppe Pieristè, danneggiò l’auto del segretario provinciale della Fgci. La sera del 10 maggio, lo stesso Pieristè, pugile attivo nella categoria pesi massimi, accompagnato da Luciano Bertazzoni e altri, fu riconosciuto come responsabile dell’aggressione ai danni di Eugenio Boldrini, spazzino comunale, e Sandro Ricci, pensionato. I due avevano invitato i neofascisti a non fare graffiti con bombolette spray, provocando così l’attacco.
Il 13 maggio alle 17:30, una folla si radunò in piazza della Repubblica per conoscere i risultati del referendum. Quattro o cinque membri di Ordine Nuovo, tra cui Marco Castori, Stefano Bartocci, Claudio Caparvi e Giuseppe Pieristè, scesero in piazza con l’intento di provocare il gazebo del PCI presente in piazza. Ne seguì l’ennesimo disordine urbano, con fughe, lancio di sassi, vetri rotti e posacenere gettati tra la folla. Un frammento di un posacenere di cristallo colpì il fotografo de La Nazione Pietro Crocchioni, mentre un pezzo di legno colpì i giornalisti sempre de La Nazione Gianfranco Ricci ed Enzo Ferrini, nonché un funzionario di polizia. Gli scontri proseguirono in altre zone della città, come al bar Ferrari. Solo un intervento alle 20:30 dei carabinieri in tenuta antisommossa, con l’uso di lacrimogeni, riportò l’ordine nel centro storico. Furono emessi mandati di arresto per Aldo Peverini di Lotta Continua, Dino Frisullo di Avanguardia Operaia, Giuseppe Pieristè e Claudio Caparvi per i neofascisti. Solo Peverini fu arrestato, mentre gli altri riuscirono a fuggire e si diedero alla latitanza. I carabinieri del nucleo investigativo perquisirono le abitazioni dei fratelli Castori, di Gianfranco Briganti e Stefano Bartocci, raccogliendo «prezioso» materiale informativo oltre ad armi ed esplosivi. Il 18 maggio Claudio Caparvi si costituisce ed è subito rimesso in libertà. Il 24 maggio si costituisce Giuseppe Pieristè.
A giugno il fantomatico Partito Nazionale Fascista invia tre lettere minatorie a Il Messaggero di Latina, Il Mattino di Napoli e il Messaggero di Perugia. Quest’ultimo recita: «Noi del Partito Nazionale Fascista — sede centrale, Perugia —, visto l’andamento politico che la classe dirigente di oggi vuole imporre al popolo italiano, visto lo sfruttamento umano per fini ideologici e non raffiguranti l’idea dell’intero paese; vista la sconcia strumentalizzazione che il PCI si propone; visto che la caccia al fascista è ormai normale e impunita; avvertiamo: nulla ci fermerà. Avvertiamo i quotidiani Paese Sera, Il Messaggero e L’Unità. Avvertiamo! Si pretende anche di avvertire n. 12 attivisti perugini, vagabondi, delle sinistre extraparlamentari dei quali abbiamo nomi, domicilio, foto ed altre informazioni molto scottanti. Avvertiamo il Comune di Perugia e il suo sindaco, la Provincia di Perugia e il prefetto, la Regione Umbria e il suo presidente. Ora basta! W il Duce, W il Fascismo, W l’Italia!».
Il 12 giugno scoppiò un’altra guerriglia urbana. Il primo ad essere aggredito fu Enrico Rosati, un giovane studente di sinistra. Un piccolo gruppo di militanti di sinistra riuscì a respingere i neofascisti e a inseguirli, ma probabilmente si trattava di una ennesima strategia premeditata. Infatti, in via Alessi, un gruppo di neofascisti tese un’imboscata agli inseguitori, lanciando vari oggetti, tra cui bottiglie e mattoni. Anche il vigile urbano Giorgio Borgioni fu colpito, ma l’elmetto lo protesse da conseguenze peggiori. Furono denunciati Giulio Conti e la sua fidanzata Maria Crescenzi, Giovannino Antonini, Claudio Caparvi e Luciano Pavone. Il mese di giugno si concluse con un controllo serrato delle strade cittadine da parte delle forze dell’ordine.
Dal 25 giugno, il giudice Vittorio Occorsio si trovò a Perugia per indagare sulle trame neofasciste. Il magistrato interrogò diversi estremisti, tra cui Franco Baldoni, Leonardo Baccolini, Ermanno Battaglini, Luciano Bertazzoni, Roberto Luccioli, Giuseppe Pieristè, Carlo Pini, Marco Pucciarini, Franco Radoni, Stefano Rossi, Silvio Soli e Giorgio Scotta.
Il giudice ordinò anche diverse perquisizioni domiciliari, comprese quelle presso la sede di Europa Civiltà e quella del 4 giugno nella sede dell’Associazione paracadutisti. Inoltre, furono effettuate perquisizioni nei dintorni di Perugia, specialmente nelle località di Ponte D’Oddi e Ponte Felcino, per individuare i campi paramilitari, arsenali segreti e i latitanti Stefano Bartocci e i fratelli Castori. L’operazione portò al sequestro di un moschetto, un fucile da caccia, 53 kg di esplosivo, 633 detonatori, 2.000 metri di miccia e 1.530 cartucce.
Il 20 luglio, 119 neofascisti furono rinviati a giudizio per violazione della Legge Scelba, di cui 35 pereugini. Secondo l’istruttoria, i fratelli Castori, Graziano Gubbini e Stefano Bartocci erano considerati i responsabili nazionali della formazione paramilitare dei neofascisti eversivi. Le indagini condotte da Occorsio rivelarono che le sezioni dei paracadutisti civili fungevano da copertura per l’addestramento e la formazione militare, comprendente insegnamenti sul combattimento e sull’uso delle armi. Sempre secondo il giudice, Perugia era un importante centro di reclutamento.
L’8 agosto, pochi giorni dopo la strage del treno Italicus presso San Benedetto Val di Sambro (BO), furono perquisiti i domicili di 12 neofascisti umbri. L’indagine faceva parte di un ampio schema di accertamenti che riguardava Perugia e le province di Siena, Arezzo, Pisa, Firenze, Prato e Bologna. Nella stessa giornata, un membro di Ordine Nero telefonò per avvertire dell’imminente esplosione di una bomba presso la direzione centrale delle Poste in piazza Matteotti, che poi non avvenne. In relazione alla strage del treno Italicus, fu ipotizzato che il timer della bomba potesse essere stato venduto in una città tra Perugia, Bettona e Cascia.
Ad agosto proseguirono le operazioni delle forze dell’ordine per individuare i latitanti Stefano Bartocci e i fratelli Castori. Circa 200 agenti e 72 mezzi furono impiegati nelle ricerche nelle campagne di Perugia, Foligno e Assisi. Il 22 agosto, un nuovo messaggio del Partito Nazionale Fascista fu recapitato alle principali redazioni dei quotidiani regionali.
Il giorno successivo, un cittadino in località Ponte Valleceppi rinvenne un messaggio delle SAM, minaccioso nei confronti della squadra politica della questura (la futura Digos). Il 25 agosto, un nuovo tafferuglio tra «rossi» e «neri» scaturì da un pretesto o
fraintendimento nei pressi del bar Sandri.
Il 30 agosto, alle ore 10:40, una telefonata ai carabinieri annunciò l’imminente esplosione di una bomba sulla ferrovia centrale umbra. La stessa minaccia era stata fatta il giorno precedente. Tuttavia, questa volta, fu trovato un finto ordigno alla base di un ponte vicino ai binari, nei pressi di via della Pallotta, con un biglietto che recitava «la prossima sarà vera», accompagnato dal simbolo di Ordine Nero e da una svastica.
Il 3 settembre, un altro messaggio minatorio di Ordine Nero fu inviato al quotidiano La Nazione. Nella stessa notte, alcuni camerati distrussero l’insegna della sezione del PSI nel quartiere Fontivegge. Giuseppe Pieristè, che avrebbe dovuto essere confinato a Varese, fu avvistato in città. Fu emesso un mandato di cattura nei suoi confronti. Il 6 settembre, individuato dalla polizia, riuscì a fuggire grazie all’aiuto di Luciano Bertazzoni, che fu arrestato per favoreggiamento. Pieristè si consegnò alle autorità quattro giorni dopo.
A partire da settembre, le forze dell’ordine si concentrarono sull’ispezione dei depositi di esplosivo di tutte le cave attive in Umbria, ma non fu trovato nulla di sospetto. Tuttavia, il 6 settembre, a Pila, fu scoperto un arsenale contenente nove caricatori per mitragliatore, 30 proiettili, una pistola calibro 9 e un pugnale con l’incisione «GIL» (Gioventù Italiana del Littorio) sul manico. Alcune settimane prima, sul fondo del lago di San Mariano, nel comune di Corciano, erano stati rinvenuti una sessantina di candelotti di dinamite, una dozzina di detonatori e una decina di metri di miccia.
Il 16 settembre, la stampa locale riportò che, nella notte tra il 13 e il 14, i servizi segreti avevano urgentemente incaricato le forze dell’ordine di pattugliare via Fiorenzo di Lorenzo (sede della CGIL) e via Canali (sede del PCI), poiché erano considerati possibili obiettivi di un attentato dinamitardo di matrice neofascista. La presenza massiccia delle forze dell’ordine probabilmente dissuase i dinamitardi dal portare a termine i loro piani. Nella seconda metà di settembre, a Perugia riprendono tre processi contro i neofascisti. Questi riguardano l’accoltellamento di Aldo Seguenti, l’aggressione a Gustavo Sanchirico e altri militanti di sinistra e il corteo non autorizzato del 13 dicembre 1973. Gli imputati coinvolti sono i fratelli Castori, Ermanno Battaglini, Marco Pucciarini, Ezio Romano, Giulio Conti, Luciano Pavone detto Patacchino, Graziano Gubbini, Franco Baldoni e Bruno Biagiotti.
All’inizio di ottobre, i fratelli Euro e Marco Castori vengono arrestati in Svizzera. Sono accusati anche dell’attentato alla Casa del Popolo di Moiano, degli attentati di Ancona e Bologna e sono considerati tra i fondatori di Ordine Nero.
Nonostante i processi in corso, le attività eversive continuano. Il 13 ottobre viene appiccato un incendio alla sede di Avanguardia Operaia. Il 14 ottobre, la redazione de La Nazione riceve un messaggio intimidatorio, mentre il 15 ottobre un falso allarme bomba viene segnalato telefonicamente all’istituto magistrale Pieralli. Gli avvisi anonimi di allarme bomba proseguono, con la polizia allertata di un ordigno inesistente al teatro Morlacchi il 9 novembre alle 23. Il 24 novembre, vari istituti scolastici e la Camera di Commercio di Perugia vengono evacuati a seguito dell’ennesimo falso allarme bomba.
Il 9 dicembre si verificano nuove schermaglie all’Istituto per Geometri, che continuano in via XIV Settembre con una rissa caratterizzata dal lancio di pietre e frammenti di vetro. Durante gli scontri, l’estremista di destra Claudio Caparvi avrebbe sparato un colpo con una pistola lanciarazzi. La polizia arresterà per gli scontri il neofascista Franco Santoni e gli estremisti di sinistra Angelo Caporali, Enrico Volpi e Marco Pacifici.
1975
Nel 1975 continuano le telefonate anonime che annunciano ordigni. L’8 gennaio al liceo classico, il 14 all’Istituto Industriale di Piscille. Il 29 marzo 1975, alla vigilia di Pasqua, Angelo Caporali, membro della sinistra extraparlamentare, viene accoltellato in piazza Matteotti. Circa due settimane prima del tentato omicidio, sui muri del liceo classico Mariotti era comparsa la scritta «Caporali, sei il primo della lista». L’aggressione sarebbe scaturita da uno scambio di insulti tra un gruppo di neofascisti e alcuni militanti comunisti in piazza Matteotti. L’estremista di destra Marco Pucciarini avrebbe poi aizzato il suo cane lupo contro i militanti di sinistra, i quali richiedevano l’intervento di un vigile urbano presente nelle vicinanze. Nel mentre tuttavia, Caporali viene pugnalato al basso ventre cadendo a terra. Anche il compagno Raffaele D’Amato viene colpito di striscio. Gli aggressori fuggono e si rifugiano nella sede del FUAN in via Alessi.
Alle 13 circa la polizia in tenuta antisommossa fa irruzione nella sede del FUAN, da cui escono: Carlo Giulietti, Paolo Covarelli, Fabio Sepiacci, Marcello Gigliarelli e Pier Paolo Maestrini. Durante i controlli nel negozio di una parrucchiera limitrofa al FUAN, vengono rinvenute bombe molotov e manganelli in una busta. Marcello Gigliarelli viene arrestato per reticenza durante l’interrogatorio, mentre Ermanno Battaglini è accusato di favoreggiamento dell’aggressore. Nonostante l’aggressore agisse a volto scoperto, non
viene subito identificato. Durante l’aggressione sarebbero stati presenti anche Luciano Bertazzoni, Carlo Pini, Giorgio Rossi, Aldo Borsi e Luigi Simoncini, che, dopo essere stati interrogati, vengono rilasciati. Viene successivamente fermato anche il paracadutista greco Costantinos Plevackis, membro della formazione neonazista Quattro Ottobre, ma viene rilasciato dopo l’interrogatorio.
Il clima di tensione e vendetta diventa pesante in città. Il 30 marzo, il neonazista Plevackis viene salvato dalla polizia da un tentativo di linciaggio presso un bar del centro storico. La folla inferocita aggredisce la polizia, che cerca senza successo di portare il greco fuori dal locale. Un poliziotto è costretto a impugnare la pistola per disperdere la folla. Nella stessa giornata viene identificato, con la foto scattata da un turista, l’accoltellatore di Caporali: si tratta di Franco Radoni, detto Hitlerino, un giovane neofascista noto per essere a metà tra un estremista di destra e un delinquente comune. Tuttavia, Radoni non viene riconosciuto da tutti i militanti di sinistra presenti durante l’aggressione.
Il Presidente della Regione Umbria, Pietro Conti, consegna un dossier al prefetto riguardante il fenomeno del neofascismo. Conti esprime il sospetto che a Perugia sia nata una nuova cellula eversiva. La polizia annuncia l’arresto di Luciano Bertazzoni per falsa testimonianza e emette un mandato di cattura per Ermanno Battagliani, che successivamente si costituisce. I detenuti vengono trasferiti nel carcere di Spoleto a causa di una rivolta nel carcere di Perugia, dove i detenuti si rifiutano di condividere le celle con gli eversori.
Il 27 marzo Giuseppe Pieristè si è reso protagonista nella notte di una aggressione ad una prostituta, Giovanna Rossi. Pieristé avrebbe estratto anche la pistola. In seguito, a bordo di una Fulvia coupè di proprietà della Rossi, si è allontanato assieme ad altre due persone una delle quali era Luciano Bertazzoni.
Il 1 aprile lo studente greco Plevraskis viene espulso dall’Italia.
Il 2 aprile, reparti della polizia pattugliano il centro storico di Perugia e alcune aree periferiche. Il clima è teso, con un’atmosfera da assedio, a causa delle voci sull’arrivo in città di camerati dalle Marche e dalla Toscana per una spedizione punitiva contro i «rossi».
Il battage mediatico contro i «neri», nato dopo il ferimento di Caporali, contribuisce a
questa tensione. Fortunatamente, l’allerta non si trasforma in emergenza e non si registrano scontri.
La reazione della cittadinanza e della stampa locale, che mantiene alta l’attenzione sui
fatti eversivi neofascisti, contribuisce a ridurre le violenze. Un evento significativo è il convegno del 4 e 5 aprile in città, intitolato «Giustizia e trame nere».
Si registrano solo alcuni episodi di tensione, come l’aggressione il 16 maggio al regista Gianni Manera, autore del film «Ordine firmato in bianco» sui rapporti tra mafia e magistratura. Momenti di tensione con cariche della polizia avvengono anche al termine
del comizio di Giorgio Almirante il 21 maggio.
L’aggressione a Caporali, classificata come tentato omicidio, diventa un caso mediatico, in parte a causa della latitanza di Radoni, che viene avvistato a Deruta, Foligno e Spoleto. Radoni viene arrestato solo il 6 luglio sulle montagne di Trevi, professando la sua innocenza e dichiarando di essere passato alla causa comunista, come dimostrerebbe un tatuaggio di una falce e martello che ha su un braccio: «non avrei avuto motivo di aggredire un compagno che in fondo lotta per la mia stessa idea. Ormai da anni non sono più un attivista; purtroppo, nessuno vuole credere alla mia svolta politica, maturata nel periodo trascorso in prigione». I magistrati non credono ad Hitlerino.
Il 2 dicembre sono confermate le condanne contro Franco Baldoni e Marco Castori per il ferimento di Aldo Seguenti. Nella stessa giornata a Roma viene arrestato Graziano Gubbini assieme a due complici.
1976
A giugno vengono perquisite le abitazioni di Giuseppe Pieristé e Fausto Vecchi, entrambi di Ordine Nuovo. Sequestrati fucili a canne mozze, scatole di cartucce, apparecchi radio e passamontagna. Entrambi sono arrestati, verranno condannati ad 1 anno e cinque mesi il
primo, a cinque mesi il secondo.
Il 10 luglio viene realizzato un attentato nei confronti del sostituto procuratore della Repubblica Alfredo Arioti. Viene data alle fiamme un auto identica a quella del giudice e sparati due colpi di arma da fuoco contro la sua abitazione. L’attentato viene rivendicato da Ordine Nuovo con un foglietto che dice: «Arioti boia, perquisisci anche queste due palle».
Il 7 agosto Pier Luigi Vigna, titolare delle indagini sull’uccisione del giudice Occorsio, ipotizza che potrebbe esserci un legame tra quel delitto e l’attentato al giudice Arioti. A Perugia vengono inviati 8 agenti dell’antiterrorismo inviati dalla procura di Firenze, si dice per reperire tutte le copie del materiale prodotto per le indagini sul fallito attentato al giudice Arioti. Secondo la stampa «otto agenti, dei nuclei antiterrorismo, per delle fotocopie sembrano a tutti, apparentemente, una esagerazione».
Il 10 agosto su ordine di Pier Luigi Vigna vengono arrestati sette neofascisti per l’attentato ad Arioti e sono Giuseppe Pieristè, Graziano Gubbini, Patrizio Castellini, Ermanno Battagliani, Silvano Ragni, Paolo Costantini e Luciano Bertazzoni. La stessa sera alle ore 21.30 reduce da un interrogatorio, Vigna usciva dal carcere e notava di giovani su una Mini che si aggiravano nella zona. Ordinava una perquisizione e i giovani risultavano essere Aimone Maria Castellini (fratello di Patrizio), Paolo Carloni e Marco Castori. Veniva rinvenuta una pistola 7,65 e diverse munizioni. Il giorno successivo 11 agosto moltissime telefonate arrivavano al centralino della questura e dei carabinieri, tutte con lo stesso tenore «ve la faremo pagare».
Il 26 dicembre viene recapitato un pacco destinato al sostituto procuratore Alfredo Arioti, all’interno minacce di morte.
1977
Il 15 febbraio viene realizzato un attentato definito bislacco, a Palazzo Priori è stato dato fuoco a mobili e materiale cartaceo posizionati in un corridoio. La paternità è stata rivendicata da un volantino lasciato sul posto a firma di Ordine Nuovo. Il giorno successivo viene arrestata a Firenze Barbara Maria Piccioli, compagna di Graziano Gubbini. L’arresto viene eseguito per l’accusa di favoreggiamento nei confronti di Pierluigi Concutelli. Secondo Vigna la donna sarebbe stata l’elemento di collegamento tra la cellula perugina (definita come la più importante ed strutturata di Ordine Nuovo) e i quadri nazionali dell’organizzazione.
Il 20 aprile, agenti provenienti da Firenze eseguono perquisizioni su mandato del giudice Vigna, che sta indagando sull’omicidio del magistrato Occorsio. Controllate le abitazioni di alcuni simpatizzanti e militanti neofascisti, tra cui Ascanio Lucaroni, Fabio Venturini, Marco Brumana, Marco Ganini, Enrico Taddei e Massimo Minuti, l’esito è negativo.
Il 23 maggio alle ore 13 circa si verifica uno scontro in via Alessi tra trenta del gruppo di Autonomia Operaia e un gruppo di neofascisti. Altra aggressione si verifica la notte del 15 ottobre in via dei Priori.
Il 19 novembre, la polizia di Firenze arresta Marino Pioli, uno studente fuori sede originario di Trevi, con l’accusa di incendio doloso. Andrea Carnesecchi, studente perugino anch’egli a Firenze per motivi di studio, è invece denunciato a piede libero dopo che nella sua auto sono state trovate spranghe, manganelli e catene. Carnesecchi risulterà affiliato ad organizzazioni di estrema destra.
La Commissione regionale d’inchiesta
Il 24 giugno 1974, dopo un percorso iniziato nel 1973 e stimolato dagli attentati e dalle stragi che caratterizzarono il 1974, come quella di Brescia 18, gli Uffici di Presidenza dei Consigli regionali italiani decisero di commemorare il trentesimo anniversario della Liberazione. In questo contesto, optarono per l’istituzione di Commissioni regionali d’inchiesta sul fenomeno del neofascismo definite come «un’azione politico-culturale funzionale a difendere le istituzioni repubblicane dagli attacchi eversivi che vanno mettendo a repentaglio l’assetto democratico del paese».
In Calabria, tra il 15 e il 16 dicembre 1974, si tenne una conferenza nazionale per definire gli aspetti metodologici dell’inchiesta. Fu deciso all’unanimità che l’indagine:
• dovesse coprire il periodo dal 1969 al 1975.
• Prevedesse una fase di raccolta del materiale.
• Coinvolgesse istituzioni, partiti, sindacati, movimenti, associazioni e singoli cittadini informati sui fatti.
In Umbria, l’istruttoria dell’inchiesta iniziò il 28 novembre 1974. Nel gennaio 1975 fu inviato ai comuni un questionario per raccogliere informazioni da restituire entro la primavera. La Commissione si concentrò sulle organizzazioni giovanili, poiché era complesso indagare sul MSI, un partito riconosciuto democraticamente. Pertanto, l’indagine si focalizzò sui movimenti neofascisti di Perugia: FUAN, FdG, la Lega degli Studenti Greci 19, Europa Civiltà, il Circolo Ezra Pound e Ordine Nuovo. I lavori della Commissione consentono di completare il quadro sui gruppi eversivi di Perugia.
Il FdG non era influente quanto il FUAN, ma era comunque ben radicato nelle scuole di Perugia. Uno dei principali esponenti del Fronte era Bruno Biagiotti.
Europa Civiltà, con un’impronta decisamente più culturale, fece il suo debutto a Perugia il 9 ottobre 1971 con un convegno al cinema Lux. In quell’occasione, il MSI prese le distanze, probabilmente solo come gesto formale. Tra i fondatori della sezione perugina di Europa Civiltà vi erano: Vito Medi, Stefano Arzilli, Franco Radoni detto Hitlerino e Michele Mignone. Dalla sede in via dei Priori il gruppo realizzò due riviste: «Europa e Civiltà» distribuita fino al 1974 e «Noi no».
La Lega degli Studenti Greci si stabilì in Italia a partire dal 1967, strutturandosi principalmente nelle città universitarie di Napoli, Messina e Perugia. La Lega collaborava
18 La strage di Brescia, avvenuta il 28 maggio 1974, fu un attentato terroristico in Piazza della Loggia durante una manifestazione antifascista. Una bomba esplose uccidendo otto persone e ferendone oltre cento.
19 La Lega degli Studenti Greci (ESESI) riuniva studenti universitari greci residenti all’estero durante la dittatura dei colonnelli in Grecia (1967–1974). Miki Mantakas, studente di medicina, attivista greco e militante del FUAN fu ucciso a Roma il 28 febbraio 1975 davanti alla sezione del MSI di via Ottaviano.
23
con le formazioni neofasciste locali e con un’organizzazione della destra araba presente a Perugia, i Fratelli Musulmani 20. L’organizzazione greca aveva un duplice scopo:
controllare gli studenti greci presenti in Italia e fornire una piattaforma informativa per il proprio servizio di intelligence nazionale. Kostas Plevirs, in qualità di consigliere del ministro dell’interno greco, compì due viaggi a Perugia nel 1972 e nel 1973. Durante questi soggiorni, incontrò in modo riservato i dirigenti del MSI e del FUAN. I numerosi studenti greci presenti a Perugia venivano inquadrati dalla Lega e coinvolti nell’ambiente della destra cittadina e nelle varie organizzazioni. Rifiutare di far parte di queste attività poteva comportare una segnalazione e schedatura negativa. Alcuni studenti greci parteciparono anche ai campi paramilitari.
Ordine Nuovo riuscì a dotarsi di una sede autonoma, in via Snella, solo nel 1962, nonostante fosse già attivo. Il periodo di massima crescita si verificò tra il 1971 e il 1973, raggiungendo circa cinquanta membri. Questi giovani, tra cui Graziano Gubbini, erano particolarmente impegnati nell’acquisire una formazione paramilitare attraverso corsi di karate, paracadutismo e tiro a segno, che per alcuni rappresentavano un mero hobby. Era considerata l’organizzazione più incline alla violenza. La sede, poi spostata in via Ritorta, fu perquisita il 17 novembre 1973 (il 14 novembre secondo altre fonti) e nove giorni dopo il movimento fu sciolto per decreto ministeriale. Solo il FUAN e il FdG rimasero attivi nella seconda metà degli anni Settanta.
Al di là dei nomi e delle sigle, la galassia neofascista perugina costituiva un blocco piuttosto compatto, formato dagli stessi militanti che frequentavano gli stessi ambienti, tra cui il Bar Centrale di piazza IV Novembre. L’inchiesta regionale non si concentrava tanto sulle diverse organizzazioni, quanto piuttosto sull’identificazione dei soggetti più violenti, dei finanziatori e di eventuali mandanti delle azioni del neofascismo diffuso, che permeava anche Perugia.
La Commissione riuscì a ricostruire diversi episodi, tra cui numerose esplosioni di bombe, 211 aggressioni di vario tipo, profanazioni di lapidi commemorative, distruzione di insegne di partito, la scoperta di otto tra campi paramilitari e arsenali di armi e di esplosivi. I principali campi paramilitari furono scoperti tra il 1974 e il 1975, principalmente nella zona appenninica. Alcuni campi paramilitari abbandonati furono infatti scoperti nell’agosto del 1974 nei pressi del Monte Cavallo, del Monte Serrone e nelle campagne attorno alla frazione Cancelli. I carabinieri vengono avvertiti da segnalazioni sulla presenza di questi campi; una segnalazione è fatta dai pastori di Cancelli che notano fori di arma da fuoco (poi rivelatesi calibro 22) nei cartelli stradali. Un’altra segnalazione viene fatta dal sindaco di Foligno Antonio Ridolfi che avvertiva di strani movimenti nei boschi situati nei pressi dell’abbazia di Sassovivo. Altre tracce di campi paramilitari furono individutate sui monti Sibillini e a Forca Canapine, a Norcia, a Fossato di Vico e nei dintorni di Città di Castello. Invece nel Ternano si localizzano i campi paramilitari grazie
20 I Fratelli Musulmani sono un movimento politico e religioso islamista fondato in Egitto nel 1928.
ad una serie di cartine geografiche che vengono recapitate in forma anonima alla redazione del quotidiano Paese Sera a giugno del 1974. Le località interessate sono i monti sopra Stroncone, Macchialunga, Piediluco, Arrone, Polino, Orvieto e San Venanzo.
Il ritrovamento di arsenali di armi, invece, iniziò già nel 1969 nei dintorni di Perugia per poi estendersi anche a tutta la regione con i ritrovamenti a Fossato di Vico, in località Roccaccio, a Norcia, nel Gualdese in località Serra Santa. Merita una menzione la situazione di Terni dove vi è completa sovrapposizione tra neofascisti e le strutture del MSI, FUAN e FdG. In città sono presenti anche i circoli di Europa Civiltà e di un gruppo riconducibile ad Avanguardia Nazionale inquadrato nella locale scuola di paracadutismo. In località Stoppione (tra Terni e Narni) un ordigno esplode la notte di ferragosto del 1974 sui binari della linea ferroviaria Roma — Ancona.
L’inchiesta si occupò anche dei numerosi episodi di «terrorismo telefonico», come i falsi allarmi bomba che interessarono principalmente Perugia, Foligno e Terni.
A Perugia non si verificarono mai grandi attentati o stragi, ma il neofascismo rappresentò comunque un fenomeno significativo. Il magistrato Vittorio Occorsio, durante le sue indagini su Ordine Nuovo, interrogò esponenti dell’estrema destra perugina già menzionati in precedenza. Le indagini di Occorsio miravano a ricostruire i legami tra i membri perugini e il più ampio disegno eversivo che aveva individuato, centrale nelle sue indagini sulle cosiddette «trame nere».
Il giudice fu ucciso il 10 luglio 1976, pochi giorni dopo aver interrogato Licio Gelli. Il magistrato Pier Luigi Vigna condusse le indagini sull’omicidio di Occorsio. Nel 1976, Vigna interrogò Gelli, costringendolo a consegnare una lista di iscritti alla sua loggia, ben prima dell’inchiesta che avrebbe portato alla sua rivelazione pubblica nel 1981.
In breve tempo, attraverso una serie di perquisizioni e arresti, Vigna smantella la cellula perugina di Ordine Nuovo/Ordine Nero, da lui descritta come la più strutturata e importante. Per queste operazioni, Vigna si affida ai suoi uomini di Firenze, inviandoli spesso in missione a Perugia, mostrando una chiara mancanza di fiducia nei confronti dei colleghi perugini. Tale sfiducia si rivela probabilmente giustificata, considerando le protezioni di cui hanno goduto i neofascisti perugini, che per anni hanno beneficiato di quasi totale impunità.
L’azione di Vigna lascia pesanti strascichi nell’ambiente eversivo, dove molti si sentono traditi da un sistema che in passato li aveva protetti e giurano vendetta. Le numerose telefonate di minaccia, l’attentato contro il procuratore, insieme ai pacchi inviati alla questura e ai carabinieri perugini, ne sono una testimonianza. Nel 1977, alcuni studenti perugini fuori sede vengono arrestati a Firenze.
In questo clima di ostilità verso l’operato di Vigna, che neutralizza la rete eversiva di estrema destra a Perugia, si possono comprendere le continue accuse che segneranno la carriera del magistrato fiorentino. Queste accuse potrebbero avere origine proprio negli ambienti della destra eversiva. È significativo notare, infatti, che Franco Mandelli, il quale accuserà Vigna di rapporti illeciti con l’Anonima Sequestri Sarda, si farà difendere dall’avvocato Bezicheri. Nel 1979, i neofascisti Pierluigi Concutelli e Gianfranco Ferro furono condannati per l’omicidio di Occorsio, ma nessun mandante fu mai incriminato.
Si ricorda che il giudice Mario Amato, che aveva ereditato le indagini sul terrorismo nero del giudice Vittorio Occorsio, fu assassinato anch’esso il 23 giugno 1980 dai NAR (Gilberto Cavallini e Luigi Ciavardini). Amato, come Occorsio prima di lui, giunse alla conclusione che le stragi non fossero opera esclusiva degli eversivi di destra, ma parte di un disegno organico e unitario. Dieci giorni prima dell’omicidio, durante un’audizione presso il CSM, dichiarò di essere arrivato «alla visione di una verità d’insieme, coinvolgendo responsabilità ben più grandi di quelle stesse degli esecutori materiali».
La Commissione regionale concluse i suoi lavori nel maggio 1975, ma i risultati non furono adeguatamente enfatizzati o pubblicizzati. Lo stesso destino toccò ai lavori di altre regioni. Secondo chi scrive, questo atteggiamento di trascuratezza potrebbe essere il risultato di una linea guida o strategia imposta alle regioni. È plausibile supporre che l’istituzione delle commissioni non fosse motivata solo dai gravi attentati, dagli episodi di violenza neofascista, dalle notizie sulla scoperta di campi paramilitari e arsenali di armi in diverse parti del territorio nazionale, ma anche dalla percezione che dietro questi eventi apparentemente scollegati ed accentuati dalla strategia dell’arcipelago 21, ci fosse un elemento sconosciuto da investigare o un piano strategico più ampio. Alcuni magistrati, guidati da un elevato senso etico oltre che fiuto investigativo, tentarono di avviare delle indagini.
Tuttavia, i risultati delle loro investigazioni verranno spesso ridotti, annullati o nascosti attraverso vari stratagemmi, come il trasferimento del magistrato o delle indagini stesse. Oggi è noto che le cellule dell’estremismo di destra operavano, in modo più o meno consapevole mediante compartimentazione 22, all’interno di un progetto strategico di matrice atlantista, di cui si discuterà in seguito. È possibile che l’apparente silenzio sui risultati delle commissioni, che non portò a nessun tipo di dibattito o confronto sulle evidenze raccolte, sia stato indotto per non rivelare il progetto globale che coordinava queste cellule eversive. Diffondere le relazioni conclusive avrebbe potuto mettere in luce i rapporti tra i soggetti, le strutture e gli assetti che, solo in apparenza, sembravano autonomi e scollegati.
21 La strategia dell’arcipelago fu la teoria sviluppata da Franco Freda che prevedeva la creazione di una rete di gruppi eversivi autonomi e non centralizzati (come le isole di un arcipelago), che potessero operare indipendentemente per destabilizzare lo stato. L’idea era che queste cellule separate fossero più difficili da infiltrare e sopprimere rispetto a un’organizzazione centralizzata.
22 La compartimentazione è una tecnica militare che prevede la suddivisione di informazioni in sezioni separate. Ogni gruppo o singola persona conosce solo la parte di informazione necessaria al proprio ruolo, limitando l’impatto di eventuali infiltrazioni.
CAPITOLO II
La «strategia della tensione»
In un articolo pubblicato su La Nazione il 7 aprile 1975, si leggeva che «ogniqualvolta che la polizia e la magistratura si muovono sulle piste nere, Perugia e l’Umbria vengono tirate in ballo. D’altro canto, a nessuno sfugge che l’Umbria, geograficamente e politicamente, sia reputata un territorio interessante per il neofascismo».
I motivi per cui l’Umbria occupava un posto di rilievo nel panorama nazionale dell’estrema destra non sono del tutto chiari oggi. Anche perché, nella regione non si sono verificati attentati, atti di violenza o campi paramilitari in misura maggiore rispetto ad altre regioni. Si può solo notare che, in proporzione al numero di abitanti, l’adesione ai movimenti estremisti era significativa. Si può quindi avanzare l’ipotesi che il ruolo dell’Umbria sia da ricercare nella pianificazione di quella che oggi è conosciuta come la «strategia della tensione».
Il termine «strategia della tensione» apparve per la prima volta sul quotidiano britannico The Observer il 14 dicembre 1969. Gli autori dell’articolo si riferivano alla «Strategy of Tension» in relazione alla strage di piazza Fontana a Milano. Il periodo generalmente associato a questa strategia va dal 1969 al 1975. Tuttavia, le origini del concetto, mirante a destabilizzare l’ordine pubblico per giustificare misure autoritarie e/o contenere l’avanzata della sinistra, possono essere ricondotte al biennio 1947–1948 con l’istituzione della Doctrine of Containment di Harry Truman. Questa dottrina contribuì al confronto tra blocchi USA e URSS, ponendo l’Italia, anello debole, sulla linea di frattura tra i due schieramenti, con conseguente rinuncia a parte della propria sovranità nazionale. Il concetto di questa strategia è collegato anche a quello di «doppio stato», ovvero uno stato duale che si riferisce non a un governo occulto, ma a uno stato che opera con discrezionalità permettendo spazio di manovra ai servizi segreti, alla massoneria e a gruppi criminali in cerca di potere e privilegi.
Non è un caso che il termine sia apparso per la prima volta su un quotidiano inglese. Oltre al timore di un possibile spostamento a sinistra della politica italiana, gli inglesi erano contrari alle politiche mediterranee dell’Italia, in particolare quelle attuate dall’Eni di Mattei e dalla visione strategica di Aldo Moro, già ministro degli affari esteri e artefice del cosiddetto «lodo Moro». La Gran Bretagna era, in certa misura, ossessionata dal controllo del «Mare Nostrum» e intendeva limitare l’autonomia che Moro e Mattei avevano sapientemente pianificato e realizzato. La deterrenza nei confronti della politica morotea, sostenuta dagli ambienti strategici britannici, si inserisce come una delle componenti degli interessi che portarono alla realizzazione delle azioni legate alla «strategia della tensione».
Tale strategia volta a destabilizzare per stabilizzare era frutto di una più vasta pianificazione militare realizzata dagli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il nuovo concetto introdotto dagli americani è quello di guerra non convenzionale o guerra non ortodossa, realizzato tramite organismi vari di chiara matrice atlantista, finanziati e controllati occultamente dalla CIA. L’obiettivo iniziale di questa nuova teoria di guerra è quello di essere pronti per reagire a possibili invasioni e rivoluzioni nemiche. Le tattiche non convenzionali prevedono la realizzazione in buona parte degli stati europei di reti stay-behind (dietro le linee nemiche, da intendersi del paese NATO invaso). È possibile che gli Stati Uniti abbiano mutuato questo concetto dai tedeschi, infatti è storicamente accertato che la Germania nazista si dotò di queste reti stay-behind, le quali furono velocemente neutralizzate in Italia nel 1944.
In Italia la rete stay-behind nacque ufficialmente nel novembre del 1956 con il nome di Gladio. Tuttavia, la vera natura di Gladio (che fu il segreto meglio custodito della Repubblica fino al 3 novembre del 1990) e la sua evoluzione nel tempo sono ancora oggetto di dibattito, anche a causa di un’intervista rilasciata nel 1990 dall’ex ministro della difesa Paolo Emilio Taviani, che ricoprì l’incarico dal 1953 al 1958 «bisogna capire che la stessa Gladio ha avuto stagioni diverse. Una cosa era la struttura degli anni Cinquanta e Sessanta, un’altra cosa è stata quella degli anni Settanta».
È documentato che, assieme o per meglio dire, oltre a Gladio, potrebbero essere stati creati organismi paralleli, in parte a causa di interessi particolari che hanno portato alla formazione di nuovi gruppi o nuclei occulti. Il generale Gerardo Serravale, responsabile della struttura segreta stessa dal 1971 al 1974, espresse così il concetto «non vorrei che Gladio avesse rappresentato una specie di coperchio per qualcosa di ben diverso. Che cioè vi fosse una struttura presentabile, appunto la Gladio, e un’altra, al di sotto, impresentabile con finalità non lecite. Dico questo dopo che si è appreso che di tale struttura hanno fatto parte anche estremisti di desta, cosa che non doveva assolutamente avvenire».
Gli inglesi, che furono incaricati di sovrintendere e supervisionare la creazione della prima rete Gladio in Italia, riattivarono nel 1970 la vecchia rete attraverso i loro agenti, già coinvolti nel progetto Gladio, anche con l’aiuto di Edoardo Sogno, un loro vecchio contatto.
Dell’esistenza di una Gladio nera si erano occupate diverse indagini giudiziarie che sono arrivate appunto ad ipotizzare la presenza di altri network rispetto al rete segreta ma legale di Gladio. Queste strutture sono state variamente denominate: Organizzazione X, Sid parallelo, Nuclei di Difesa dello Stato (o Nuclei Territoriali di Difesa dello Stato) e Super Sismi.
Queste organizzazioni, costituite da militari e volontari reclutati tra individui fortemente anticomunisti (da cui il frequente coinvolgimento di estremisti di destra), sono strutturate secondo il principio della compartimentazione. Questa tecnica garantisce che la rete sia impenetrabile dall’esterno e impedisce ai membri stessi di conoscere il design dell’intera struttura. Questi nuclei sono specializzati in operazioni di false flag, volte a depistare e in psyops, ovvero operazioni per la guerra psicologica. In questo complesso scacchiere si inseriscono le diverse anime del neofascismo, che spesso si richiamano allo spirito legionario 23. Come descritto nella rivista neofascista Quex 24, «essere legionari per noi significa essere militi di forze luminose contro tutto ciò che è tellurismo e caos. Quindi la lotta per il legionario non è azione unicamente materiale, ma essenzialmente spirituale». Inoltre, sempre su Quex, si afferma che «il legionario è al di sopra di qualsivoglia legge di questa civiltà degenerata […] la sua legge è quella dell’onore, della fedeltà, dell’azione purificatrice».
In questo contesto, si applica la «pedagogia del compito inutile», a cui sono sottoposti i membri dei gruppi neofascisti. Essa si riferisce all’idea di svolgere attività che, pur sembrando prive di significato pratico o immediato, servono a rafforzare la disciplina e la lealtà nei confronti del gruppo. Secondo questa pedagogia, le attività a matrice neofascista che sembrano stupide e prive di senso logico possono trovare una loro giustificazione. Roberto Cavallaro espresse il concetto così: «alcuni di questi gruppi erano lasciati liberi di condurre azioni in proprio, azioni demenziali…». Secondo lo storico Furio Jesi, oltre ai compiti apparentemente inutili, destinati principalmente ai neofiti, esiste una componente iniziatica e un forte elemento esoterico-rituale nella cultura dell’eversione di destra. Jesi suggerisce che questa interpretazione potrebbe estendersi al punto di considerare le stragi come veri e propri rituali, imposti dai gruppi neofascisti ai nuovi membri come prove di iniziazione. Un esempio significativo di questa concezione è fornito dal perugino Graziano Gubbini, appassionato di Judo, il quale ha riferito che la cellula milanese aveva l’abitudine di definire gli attentati come «sacrifici umani», evidenziando così l’aspetto ritualistico e simbolico attribuito a tali atti di violenza.
Nondimeno agiscono già dagli anni Cinquanta più Internazionali nere. Si trattava di gruppi transnazionali di estrema destra, spesso europei, che instauravano relazioni, scambi e supporto reciproco per espandere la loro influenza nel panorama internazionale. Sempre a livello internazionale vi erano anche più organizzazioni tampone ovvero strutture segretamente collegate alla matrice atlantista, che fornivano supporto logistico, risorse,
23 Lo spirito legionario è un ideale neofascista che richiama disciplina, lealtà e sacrificio per una causa superiore, combinando azione materiale e spirituale contro il caos percepito nella società. Gli scritti e il pensiero di Evola hanno rappresentato un riferimento per il concetto di spirito legionario. Si rimanda all’articolo «Lo spirito legionario», di dr. parker:
24 Quex è stato un periodico politico clandestino, fondato nel mese di ottobre 1978 da esponenti della destra eversiva come Fabrizio Zani, Mario Tuti, Maurizio Murelli, Edgardo Bonazzi et altri. Il titolo del giornale era ispirato al soprannome del protagonista del film di propaganda nazista «Hitlerjunge Quex». La rivista, pubblicata irregolarmente fino al marzo (o aprile) 1981, era diffusa su fogli dattiloscritti e ciclostilati, con la collaborazione di detenuti dell’estrema destra. Si rimanda all’articolo «Dico solo Angelo Izzo», di dr. parker:
armi e esplosivi per la realizzazione di attentati e stragi. Tra queste, la più attiva era Aginter Press con sede a Lisbona.
Dal 1977, fu attiva un’altra organizzazione tampone, l’Hyperion, una scuola di lingue con sede a Parigi, che operò come copertura per attività di terrorismo e intelligence. Tra i suoi fondatori vi era Corrado Simioni, membro del Superclan 25, un gruppo che avrebbe influenzato e diretto le azioni delle Brigate Rosse.
Un tentativo di classificazione della galassia neofascista
Ricostruire il design dell’intera rete neofascista eversiva operante nel contesto descritto è complesso, poiché le loro sigle tendono ad apparire e scomparire. Alcuni gruppi o cellule agiscono su scala nazionale, mentre altri operano solo a livello locale. Le loro tattiche variano: alcuni si concentrano su attentati e stragi, mentre altri si dedicano ad azioni squadristiche. La tipologia dei gruppi cambia anche in base alla sub corrente ideologica e alle risorse umane disponibili. Tutte le ricostruzioni si scontrano contro il principio della compartimentazione che rende impossibile una fedele e completa ricostruzione. Tentando di classificarli, almeno i principali gruppi, si possono suddividere come segue:
- Formazioni radicali, successivamente utilizzate per stragi: Avanguardia Nazionale 26, Ordine Nuovo 27
- Formazioni eversive intrinsecamente orientate alla realizzazione di stragi e
attentati: MAR 28, La Fenice 29, SAM 30, Ordine Nero 31
25 Il Superclan (super-clandestini), fondato da Corrado Simioni, era un’organizzazione derivata dalla Sinistra Proletaria negli anni ’70, sospettata di dirigere le Brigate Rosse e di avere legami con servizi segreti.
26 Avanguardia Nazionale è stata fondata il 25 aprile 1960 da Stefano Delle Chiaje e da vari ex appartenenti al MSI. Il gruppo arrivò a contare 500 appartenenti. Tra i maggiori esponenti: Clemente Graziani, Bruno Di Luia, Adriano Tilgher. Le principali città in cui è presente sono Roma, Milano, Reggio Calabria e Brescia. Fu sciolta ufficialmente nel 1976, ma molti suoi membri continuarono ad essere attivi in ambienti di estrema destra.
27 Vedi nota n.8.
28 Il Movimento di Azione Rivoluzionaria (MAR) fu fondato nel 1964 da Carlo Fumagalli. Le specialità della formazione diventano i sequestri di persona, contrabbando di armi e il sabotaggio di linee elettriche e telefoniche. Viene neutralizzato nel 1974 dai Carabinieri.
29 Il gruppo de La Fenice si forma a Milano nel 1971. I principali esponenti sono Giancarlo Rognoni e Nico Azzi. Particolarmente attivi negli attentati alle linee elettriche, ferroviarie e nel traffico internazionale di armi, azioni che realizzano prevalentemente in Liguria e nel centro-nord Italia. Collegati alla Rosa dei Venti, vennero fermati nel corso del 1974.
30 Vedi nota n.14.
31 Il gruppo Ordine Nero si forma come continuazione di Ordine Nuovo. Formalmente viene ritenuto che si crei con la riunione presso l’Hotel Giada di Cattolica. I principali esponenti sono: Giancarlo Esposti, Fabrizio Zani, Carlo Maria Maggi, Pierluigi Concutelli. La struttura è composta dalla cellula milanese (referente Esposti), da quella umbra-toscana (referente Augusto Cauchi) e da quella abruzzese (referente
- Formazioni clandestine orientante alla realizzazione di un colpo di stato: Fronte
Nazionale32, Rosa dei Venti33, Europa Civiltà 34
Tutte le sigle minori dell’universo neofascista, come Guardia Runica, Camicie Verdi, Legioni, Cavalieri Neri, Orso Nero, Drago Nero, Formazioni Nere, FAR, e FARL, etc.. sono difficili da collocare e decifrare a causa della loro breve durata e per le attività spesso sfuggenti.
Paolo Bellini a Foligno
Paolo Bellini è una figura misteriosa e centrale per la comprensione della «strategia della tensione» a causa dei collegamenti tra ambienti eversivi e altre strutture. Bellini, ex terrorista di Avanguardia Nazionale, è stato recentemente condannato all’ergastolo in appello per il suo ruolo come quinto esecutore della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
Nato a Reggio Emilia nel 1953, figlio di un ufficiale della Folgore nostalgico del ventennio, fin da giovane si è avvicinato agli ambienti di estrema destra. Fu espulso dal Movimento Sociale Italiano nel 1971 e si addestrò come paracadutista. Nel 1975 commise l’omicidio di Alceste Campanile, militante di Lotta Continua, per il quale venne riconosciuto colpevole nel 2009, ma prosciolto per prescrizione. Particolare il fatto che Campanile assieme a Bellini avesse militato in precedenza nel Fronte della Gioventù.
Negli anni successivi, Bellini divenne latitante, vivendo in Brasile sotto il falso nome di Roberto Da Silva, protetto dai servizi segreti e grazie ad un passaporto che era in uso ad Elio Massagrande. Rientrò in Italia con un passaporto falso intestato a Roberto Da Silva. Si stabilì a Foligno nella centrale via Pagliarini n.3 dal 1977 al 1981 con l’intenzione di ottenere il brevetto di volo. A Foligno, fu aiutato a sistemarsi dall’ex deputato del MSI, Stefano Menicacci, che agì su richiesta di altri due parlamentari del partito, Franco Mariani e Antonio Cremisini. Menicacci era già finito nelle cronache nel dicembre del 1979, quando avrebbe contattato alcuni ergastolani promettendo il suo interessamento per
Luciano Benardelli). Vengono attribuiti ad Ordine Nero 32 attentati, concentrati soprattutto nel 1974 (treno Italicus e piazza della Loggia).
32 Il Fronte Nazionale era il movimento fondato nel 1968 dal Junio Valerio Borghese, già comandante della Xa Mas. Al FN è ricondotta l’azione del fallito colpo di stato nella notte del 8 dicembre 1970.
33 La Rosa dei Venti era una organizzazione segreta formata da militari e finanziata da imprenditori, attiva principalmente in Liguria. Oggetto di indagini da parte della magistratura, non fu completamente svelata nelle finalità e nella reale estensione.
34 Europa Civiltà è stato un movimento neofascista fondato nel 1967 e sciolto alla fine degli anni Settanta, con sede centrale a Roma e diffuso in varie parti del territorio nazionale. Fu guidato inizialmente da Loris Facchinetti, da Romolo Abate Rizzo e dal professore Alberto Ribecchi. Tra le principali attività: la pubblicazione dell’omonimo periodico, l’organizzazione dei campi paramilitari nell’Alta Sabina e l’addestramento militare dei militanti presso la nota palestra di Via Eleniana a Roma e presso l’aeroporto di Guidonia. L’organizzazione fu coinvolta nel golpe Borghese.
avviare pratiche di grazia in cambio di una richiesta economica di cinque milioni di lire. In modo inspiegabile, a Bellini alias Roberto da Silva, fu concesso anche il porto d’armi ed ottenne il brevetto di volo sia di primo che di secondo grado oltre che la licenza di caccia, la patente di guida categoria B e D e l’iscrizione alla Camera di commercio di Perugia come commesso viaggiatore di preziosi.
A Foligno, Da Silva frequentava il locale aeroclub. Accertamenti successivi rivelarono che, durante uno dei voli, Da Silva avrebbe fatto atterrare o decollare a Foligno il procuratore Ugo Sisti, il fatto risalirebbe al 24 maggio 1978. Ugo Sisti fu all’epoca procuratore capo durante la strage di Bologna. Sisti fu sorpreso due giorni dopo la strage di Bologna, il 4 agosto 1980, nel corso di una perquisizione della Digos di Reggio Emilia, nell’albergo Mucciatella, di proprietà di Aldo Bellini, padre di Paolo. In quell’occasione, era presente una terza persona che «non venne identificata». Nel corso degli accertamenti successivi, si scoprì che Da Silva avrebbe volato frequentemente verso Arezzo, atterrando su un’aviosuperficie di proprietà di un produttore di vini. Le indagini rivelarono che l’unica pista compatibile con questi voli si trovava nella località il Borro, nel Comune di Loro Ciuffenna (AR). Di particolare rilevanza è il fatto che il Borro sarà menzionato anche da Angelo Izzo come luogo di riunioni massonico-neo-templari, durante le quali Izzo avrebbe detto di aver conosciuto FN.
Il 15 febbraio 1981, Bellini, alias Da Silva, fu arrestato a Pontassieve, in provincia di Firenze, insieme a ladri e ricettatori di mobili antichi. Condotto in carcere, si apre un periodo di confusione, con una crescente escalation di rivelazioni da parte della stampa che rende difficile stabilire con certezza l’identità del fermato: «sparite le impronte di Paolo Bellini». Sulla Gazzetta di Reggio del 13 gennaio 1982 si legge: «ultim’ora: il brasiliano di Foligno arrestato dal capitano dei carabinieri Sticchi, che un anno e mezzo fa aveva prestato servizio a Reggio Emilia». Al giudice che gli chiede «lei è Bellini o Da Silva?» risponde: «nel modo più assoluto, Da Silva». Le impronte digitali di Bellini, registrate durante la visita di leva, risultano introvabili. Solo nel 1982 si riuscirà finalmente a compararle con quelle del fermato, dopo che le impronte di Bellini verranno recuperate dal cassetto di un tenente colonnello. Il padre Aldo, presente in aula a Firenze, tenterà inutilmente di convincere che il fermato non sia suo figlio: «quello non è Paolo. […] è più alto e più grasso […]». Solo il 25 maggio 1984 Da Silva viene riconosciuto ufficialmente come Paolo Bellini.
Tra i fermati del 1981 assieme al Bellini c’era anche Giuseppe Fabbri detto bibi, che Bellini ucciderà il 10 gennaio 1988, venendo poi assolto. Successivamente, ancora a piede libero, commise altri delitti per conto di clan di ’ndrangheta e per questioni di affari legati al traffico di mobili antichi (reo confesso di oltre 10 omicidi).
Successivamente, Bellini fu infiltrato in Cosa Nostra come confidente dei servizi segreti durante una delle cosiddette trattative Stato-mafia, con il nome in codice aquila selvaggia.
Fu reclutato dal nucleo dei carabinieri specializzato nella tutela del patrimonio artistico, noto per il recupero di opere d’arte rubate. A tal proposito, è opportuno ricordare che anche Franco Mandelli affermò di aver collaborato a lungo con questo reparto quando, nel settembre 2001, fece dichiarazioni compromettenti sul pm Pier Luigi Vigna, accusandolo ingiustamente di rapporti sospetti con uomini dell’Anonima Sequestri collegati coi fatti dei mostri di Firenze. Per queste accuse, Mandelli fu condannato. Gli avvocati di Mandelli furono Giovanni Roversi e Marcantonio Bezicheri. Riguardo a quest’ultimo, oltre al noto fatto di aver difeso molti neofascisti, va sottolineato che il nome Marcantonio Bezicheri compare come autore dell’articolo «Il terrore bianco» presente nel primo numero della rivista neofascista Quex 35. È interessante evidenziare una lettera del marzo 2002, in cui Gianfranco Mandelli, scrivendo dal carcere in seguito alle accuse mosse contro il PM Vigna, inserisce tra le righe un messaggio criptico che forse il destinatario era in grado di comprendere. Va sottolineato che siamo nel 2002 e Mandelli scrive: «le giunga una promessa di Giampiero: che presto troverà la tranquillità di inviarle una lettera parlandole meglio di lui. Firmato Gianfranco Mandelli». Con l’attuale prospettiva, si può ipotizzare che il riferimento sia al noto legionario, che all’epoca non era stato ancora sufficientemente inquadrato. Mandelli sembra probabilmente fare riferimento a una precedente discussione in cui aveva menzionato Giampiero al destinatario, ottenendo dal carcere la promessa che Giampiero avrebbe contattato direttamente il destinatario per approfondire alcuni aspetti legati alla situazione in corso.
Tornando a Bellini, come infiltrato in Cosa Nostra, potrebbe aver suggerito, consapevolmente o meno, la strategia di attaccare i monumenti con bombe, che furono effettivamente fatte esplodere nel 1993. Si è parlato, a tal proposito, di opuscoli turistici.
La Nazione del 30 giugno 2023 riportava: «Bellini è indagato come concorrente morale nella morte di Giovanni Falcone». Giovanni Brusca, mafioso e nel gruppo di fuoco riservato di Cosa Nostra, dirà: «Bellini? Alla fine di tutto ci siamo sentiti giocati».
Per quanto riguarda la strage del 1980, Bellini ha sempre negato di essere stato a Bologna il giorno della strage, ma l’ex moglie lo ha identificato in un video girato alla stazione.
Nel 2023 è stato oggetto di un nuovo arresto, a seguito del sospetto di pianificare omicidi, incluso quello della sua ex moglie che aveva testimoniato contro di lui.
Dopo la recente conferma della condanna di Bellini come quinto esecutore materiale della strage, si sono levate grida di protesta. Chi scrive ritiene che queste reazioni siano giustificabili solo dal timore che Bellini, di fronte alla prospettiva del carcere a vita, decida di rivelare dettagli su molti eventi e collegamenti di cui potrebbe essere a conoscenza in merito alla strategia di cui si è detto e delle sue mutazioni.
35 Vedi nota n.24.
CAPITOLO III
Una nuova strategia del terrore
Nel 1975, esattamente il 20 novembre, si conclude il franchismo in Spagna. Questa data
segna la fine dell’anticomunismo su scala mondiale e comporta un ridimensionamento dei
gruppi neofascisti eversivi italiani. Venendo meno il supporto politico-istituzionale e la
rete internazionale, questi gruppi riducono le loro ambizioni. Nondimeno alcuni circoli
residui e aggregazioni eversive di destra continuano per anni con attentati, stragi, e
provocazioni, ma l’assenza di una reale prospettiva di una svolta autoritaria porta a una
fase che, pur collegata alla «strategia della tensione», rappresenta una sua evoluzione o
trasformazione. Esaurita l’opzione del colpo di stato, rimane come unica alternativa
l’infiltrazione nella sinistra e, più in generale, la provocazione del caos. Il dibattito su
questa evoluzione è tuttora in corso, ma il ruolo di dominus della nuova strategia del
terrore è attribuito alla loggia Propaganda 2 di Licio Gelli. La loggia mira, attraverso il
piano iniziale noto come «Schema R» e la sua successiva evoluzione nel «Piano di
Rinascita» a raggiungere «attraverso l’impiego misurato della strategia delle bombe in una
prospettiva di guerra psicologica, di provocazione e di preparazione dell’opinione pubblica
al taglio delle ali estreme del sistema politico». Una data generatrice di questa nuova fase
del terrore può essere individuata con il rapimento dell’on. Aldo Moro. In questo
momento storico, i gruppi estremisti di destra sono dimenticati a favore dei nascenti gruppi
eversivi di sinistra nel quadro degli opposti estremismi. Le stragi possono forse essere
interpretate anche come un segnale di recrudescenza da parte dei neofascisti, che non
accettano di perdere il proprio ruolo nella strategia, ma tuttavia essi sembrano essere spinti
verso ambiti settari ed esoterici per l’attuazione della strategia del terrore che realizzano
con una serie di azioni/provocazioni mirate a diffondere paura e insicurezza nel quotidiano
delle persone.
Le stragi degli anni Ottanta
Tra i principali eventi di terrorismo di questa fase del terrore si annoverano oltre al
rapimento dell’onorevole Aldo Moro del 16 marzo 1978, la strage di Bologna del 2 agosto
1980 e la strage del Rapido 904 del 23 dicembre 1984.
Per quanto riguarda la strage di Bologna, le indagini hanno accertato la responsabilità
degli esecutori materiali, identificati nei neofascisti Valerio Fioravanti e Francesca
Mambro (condannati nel 1995), Luigi Ciavardini (condannato in Cassazione nel 2007),
Paolo Bellini e Gilberto Cavallini (condannati nel 2020). La procura generale di
Bologna, grazie all’azione determinante dell’Associazione Familiari delle Vittime, attiva
dal 1981, è riuscita a ricostruire anche le responsabilità dei mandanti, dei finanziatori e
degli organizzatori dell’attentato, che sono stati individuati in Licio Gelli, Umberto
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Ortolani, Federico Umberto D’Amato36 e Mario Tedeschi. L’obiettivo della strage sarebbe
stato quello di favorire l’attuazione del «Piano di Rinascita», spingendo la società ad
accettare il cambiamento radicale previsto nel piano della P2 di Gelli.
In questo quadro di sentenze per la strage di Bologna, restano ancora dei punti oscuri,
come quello di Maria Fresu, giovane madre di 24 anni originaria della comunità montana
di Monteacuto, nel sassarese e residente a Montespertoli, in provincia di Firenze. La
donna si trovava con la figlia di tre anni e due amiche, Silvana Ancillotti e Verdiana
Bivona, nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. Silvana Ancillotti
fu l’unica delle quattro a sopravvivere all’attentato. Tuttavia, di Maria Fresu non furono
mai trovati i resti. Le attività peritali di ricerca si conclusero il 6 settembre senza esito:
non furono rinvenuti né i suoi resti né i suoi documenti d’identità o la borsa. Il padre, il
pastore Salvatore Fresu, raccontò che alcune segnalazioni di sciacalli insinuavano persino:
«addirittura scrisse, nero su bianco, d’averla incontrata in Francia insieme a Marco
Affatigato, uno dei neri». Le indagini, oltre a ipotizzare la disintegrazione del cadavere a
causa dell’esplosione, portarono al ritrovamento di un brandello di volto, successivamente
tumulato nella bara della donna. Tuttavia, il 7 luglio 2016, nuovi accertamenti sul DNA
stabilirono che quei resti non appartenevano alla Maria Fresu, originaria della Sardegna e
residente a Montespertoli.
Nei processi riguardanti le stragi avvenute sul versante sud dell’Appennino Tosco-
Romagnolo, di competenza della Procura di Firenze, purtroppo, i mandanti non sono
ancora stati individuati.
Per la strage del treno Rapido 904, che si è verificata macabramente nei pressi della stessa
galleria37 della strage dell’Italicus ma dieci anni dopo, sono presenti dubbi e complessità
non risolte. Per quanto riguarda il Rapido 904, è stato accertato che l’attentato fu
eseguito da esponenti mafiosi. Mentre la strage dell’Italicus, sebbene non siano stati
identificati gli autori materiali, è attribuibile nella fase esecutiva ai neofascisti della cellula
toscana.
Tuttavia, nella Relazione Pellegrino della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle
Stragi, si legge: «Restano non pienamente chiariti i contesti, probabilmente diversi, in cui
le due stragi (Bologna e Rapido, ndr) sono venute a inserirsi e i più ampi disegni strategici
cui le stesse sono state funzionali. In tale prospettiva, apprezzabile — ma non pienamente
appagante — appare l’ipotesi avanzata in sede giudiziaria con specifico riferimento alla
strage del treno 904, secondo cui la stessa sarebbe stata una reazione di Cosa Nostra».
36 Federico Umberto D’Amato è stato un funzionario, poliziotto e agente segreto. Fu direttore dell’Ufficio
Affari Riservati del ministro dell’interno dal 1971 al 1974. Nel dopoguerra fu collaboratore di James
Angelton, capo americano del servizio segreto OSS poi CIA.
37 La Grande Galleria dell’Appennino è un tunnel ferroviario lungo 18,5 km sulla linea Bologna-Firenze.
La costruzione iniziò nel 1920 e venne completata nel 1934. Il portale sud è a Vernio (PO), mentre quello
nord è a San Benedetto Val di Sambro (BO).
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Questo attentato può essere considerato un precursore delle stragi di Capaci e via
D’Amelio, nonché degli attentati mafiosi del 1993 sul continente. Per questi ultimi
attentati del 1993, le indagini della Procura di Firenze, competente perché la strage con il
maggior numero di vittime avvenne a Firenze con la strage dei Georgofili, hanno
identificato gli esecutori ma non i mandanti. Il pm Gabriele Chelazzi stava lavorando su
queste indagini poco prima della sua morte.
Tornando alla strage di Natale del Rapido 904, è indicativo che secondo il magistrato
Pier Luigi Vigna essa sarebbe stata realizzata dai mafiosi «con lo scopo pratico di
distogliere l’attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della
criminalità organizzata che in quel tempo subiva la decisiva offensiva di polizia e
magistratura per rilanciare l’immagine del terrorismo come l’unico, reale nemico contro
il quale occorreva accentrare ogni impegno di lotta dello Stato». L’azione di Vigna,
purtroppo, non arriverà ad individuare i mandati dietro la strage.
In questo contesto di terrorismo, alcune azioni apparentemente criminali possono essere
interpretate come parte di un disegno diversivo, mirato a confondere le procure incaricate
delle indagini sulle stragi, oltre che a generare caos e terrore tra la popolazione.
Le nuove psyops
Aurelio Mattei, criminologo e consulente del S.I.S.De. (Servizio per le informazioni e la
sicurezza democratica), collega d’ufficio del criminologo Francesco Bruno, nel 1993
pubblicherà un romanzo «Coniglio il martedì…» ispirato alle vicende del mostro di
Firenze. Merita attenzione la dedica del libro che fa Mattei «alla memoria del professor
Franco Ferracuti e del colonnello Alberto Mario Corsi». Il professor Franco Ferracuti,
psichiatra e criminologo, sarà il maestro del criminologo Francesco Bruno e fece parte del
comitato di consulenti del ministro dell’interno durante il sequestro di Aldo Moro. Del
misterioso colonnello Corsi invece non è nota nessuna notizia. Il criminologo inserirà nel
romanzo alcuni passaggi chiave che, probabilmente, nel 1993 e negli anni dei processi a
Pietro Pacciani e ai suoi complici saranno compresi da un ristretto numero di persone.
Con la prospettiva attuale possiamo valutare questi passaggi come marcatori del
messaggio che Mattei ha voluto trasmettere: «la tesi di gruppi occulti impegnati a
destabilizzare l’ordine costituito oppure a distogliere le forze di polizia da indagini
riguardanti la malavita organizzata [..] La sua teoria, però, era stata rafforzata da una
serie di attentati sui treni che, negli anni precedenti, aveva più volte scioccato la
sonnacchiosa vita della città». Ancora Mattei scrive che: «escludendo la rosa rossa, non
era emerso nulla di significativo». Nel suo romanzo Mattei descrive anche che nel delitto
di Borgo Angeo ovvero di Borgo San Lorenzo la vittima aveva «una misteriosa rosa rossa,
avvolta nel cellofan, deposta sopra il pube». Questo particolare potrebbe forse alludere ad
una matrice rituale-esoterica del delitto.
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È un campo che merita ulteriori indagini, come suggerito da alcuni ricercatori, i quali
hanno ipotizzato che i delitti del mostro non fossero solo crimini violenti di matrice
esoterica, ma avessero anche una seconda componente. Da una parte, questi atti
sembravano mirati alla celebrazione di un rito esoterico-osirideo. Dall’altra furono
possibilmente sfruttati per creare terrore, panico, insicurezza nella cittadinanza e con
l’intenzione di mettere in difficoltà gli inquirenti, facendoli apparire incapaci di catturare
il colpevole agli occhi dell’opinione pubblica e costringendoli a svolgere indagini lunghe e
complesse che li distoglievano dalle inchieste sulle stragi. Tutto ciò potrebbe essere
scaturito da rancori trasversali emersi al termine della fase del terrorismo «nero». Dal
1975 in poi, infatti, il terrorismo si sposta prevalentemente verso la componente di
estrema sinistra. Il giro di vite applicato dal 1975 contro gli eversori di destra, che si
sentono abbandonati da un sistema che per anni li aveva protetti e favoriti, potrebbe far
pensare a una reazione di odio verso quegli inquirenti ritenuti responsabili di questo
cambiamento. Oltre all’intento deliberato di creare un clima di paura nella popolazione
per facilitare l’attuazione del «Piano di Rinascita».
A tal proposito, è importante ricordare che sia Mattei che Umberto Cecchi, nel romanzo
del 2000 «Fegato» ispirato alla vicenda, parlarono del consumo dei feticci (possibile
riferimento ad un rito). Cecchi introdusse anche il tema di un copycat, ovvero un
emulatore che si inserisce nella scia dei delitti e ne commette alcuni motu proprio, facendo
ricadere la responsabilità sul primo colpevole. Cecchi, direttore de La Nazione di
Firenze, ebbe dei colloqui riservati con Pietro Pacciani, detenuto in carcere nel 1995.
In questa prospettiva, il mostro diventa un brand o operazione sfruttato da altri soggetti per
fini ulteriori rispetto ai probabili scopi esoterici-osiridei che la presunta setta della «Rosa
Rossa e Croce d’Oro» avrebbe commissionato agli esecutori, identificabili possibilmente
sia nel clan dei sardi che nel gruppo dei compagni di merende (gruppo da ritenersi
composto anche da individui che non sono stati portati a processo).
Analogamente a quanto avveniva nella provincia di Firenze negli anni Ottanta, la banda
della Uno Bianca operava nelle province di Bologna, Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna,
Pesaro e Urbino. In realtà, sarebbe più corretto parlare di bande della Uno Bianca. Le
motivazioni per cui queste bande furono lasciate libere di agire, addirittura facilitate
attraverso depistaggi (come nel caso del carabiniere Macauda) e mancati accertamenti
sospetti, sembrano essere le stesse: instaurare un clima di terrore nella popolazione e
ostacolare la magistratura nelle indagini sulle stragi. In questo caso quella di Bologna del
1980.
Analoghe finalità possono essere rintracciate nei delitti del «Gruppo Ludwig», attivo tra il
1977 e il 1984 nelle province di Verona, Padova, Vicenza, Trento, Venezia, Milano, oltre
che a Monaco di Baviera e forse Amsterdam. La matrice del gruppo era principalmente
37
neofascista, con una componente esoterica legata a una setta denominata Ananda Marga38
.
Secondo un rapporto della CIA il culto di Ananda Marga utilizza «pratiche omosessuali
rituali e uso di teschi umani». Significativo è anche il logo originario di Ananda Marga,
che presentava una svastica al centro di un sole nero all’interno di una stella a sei punte.
Per capire come la setta esoterica di Ananda Marga arrivi dall’India all’Italia, occorre
approfondire la figura di Adriano Magi Braschi, generale di corpo d’armata, descritto da
Carlo Digilio39 come il «responsabile della sicurezza della base NATO di Verona e capo
della CIA per il Mediterraneo». Magi Braschi, dal 1962, è stato considerato uno dei
maggiori esperti di guerra psicologica, elogiato per le sue attività di guerra non ortodossa,
arrivando a dirigere quindi nel 1964 nel SIFAR il «Nucleo di guerra non ortodossa e
difesa psicologica». Il generale Magi Braschi pubblicò anche un volume sulla guerra non
ortodossa, in cui preconizzava un’alleanza tra civili e militari, ispirata ai «commando
Delta» dell’OAS40. Il suo obiettivo era la creazione di nuclei armati sul territorio, pronti a
entrare in azione prima un’eventuale mossa comunista. Inoltre, è stato tra i relatori del
convegno dell’Istituto Pollio del 1956, considerato la base teorica della futura «strategia
della tensione». In un rapporto informativo del ROS, si legge che Magi Braschi era
addetto militare in India «proprio nel periodo in cui Ananda Marga veniva importata nel
veronese, dove Magi Braschi aveva interessi […]».
Le vittime di Ludwig includevano prostitute, tossicodipendenti, omosessuali e altre
persone ritenute «immorali» (Untermensch è il termine tedesco che significa sub-umano),
evidenziando un fanatismo di estrema destra con connotazioni religiose e morali. Oltre
alla contemporaneità temporale tra i delitti del «Gruppo Ludwig» e quelli dei mostri di
Firenze, un elemento che li accomuna è l’efferatezza delle loro azioni.
I killer, solo parzialmente identificati dalle sentenze, rivendicavano i loro crimini con
messaggi che lasciavano intendere di agire in nome di una causa «superiore» (Ubermensch
38 Ananda Marga, fondata in India nel 1951 dal maestro di yoga tantrico Shrii Shrii Anandamurti, è un
movimento spirituale e politico basato sulla Teoria dell’Utilizzazione Progressiva (PROUT), che
propone una «terza via» alternativa al comunismo e al capitalismo, opponendosi al sistema delle caste e al
Partito del Congresso. Nonostante si presenti come un’organizzazione dedita alla diffusione dello yoga e
dell’armonia interiore, Ananda Marga è stata coinvolta in numerosi episodi di violenza politica. Nel
1971, il fondatore Anandamurti fu arrestato per l’omicidio di ex membri del movimento, e
l’organizzazione fu messa al bando da Indira Gandhi nel 1975. Sebbene Anandamurti sia stato assolto nel
1978, l’organizzazione ha continuato a essere coinvolta in atti di violenza, come il suicidio rituale di otto
membri in segno di protesta e l’omicidio di un politico in Australia nel 1981. Ananda Marga ha cercato di
dissociarsi dai «gesti fanatici e insensati» attribuiti a membri con problemi psicologici, ma la sua
dissociazione è stata ritenuta poco credibile, considerando il suo passato violento. Negli anni ’80, il
movimento ha guadagnato terreno anche in Italia, reclutando membri da ambienti legati al pensiero
evoliano, come denunciato dalla rivista Heliodromos del Fronte della Tradizione.
39 Carlo Digilio (nome in codice Zio Otto) è stato un agente dei servizi segreti membro di Ordine Nuovo.
Ha collaborato con la magistratura rivelando dettagli su attentati e operazioni clandestine legate al
terrorismo neofascista in Italia durante gli anni di piombo.
40 Vedi nota n.41.
38
in tedesco gli uomini superiori o superuomo), considerandosi giustizieri di una società vista
come decadente e corrotta. È significativo che la prima rivendicazione dei delitti di
Ludwig sia avvenuta da Bologna, città dove il gruppo si recò anche per acquistare gli
strumenti utilizzati in alcuni omicidi. A Bologna erano presenti realtà che potrebbero
essere collegate al «Gruppo Ludwig», ovvero Piro Acastasi, le Ronde Pirogene
Antidemocratiche e i Nuclei Sconvolti per la Sovversione Urbana. Nonostante le ultime
sigle adottassero modalità simili, all’epoca nessuno le collegò tra loro. Questo potrebbe
far sospettare che vi fosse una volontà deliberata di evitare tali connessioni, forse per non
rivelare un disegno più ampio dietro queste azioni.
Gli unici due incriminati per le stragi compiute dal «Gruppo Ludwig», Wolfgang Abel e
Marco Furlan, risultarono essere legati anche ai Guerriglieri di Cristo Re, un gruppo che
aggregava giovani estremisti di Verona e Brescia, connesso all’omonima organizzazione
spagnola con cui sarebbe entrato in contatto il noto neofascista Salvatore Francia. Abel,
poco prima di un grave incidente domestico mai del tutto chiarito, aveva lanciato segnali
ambigui, lasciando intendere di essere pronto a rivelare nuove informazioni. In una
recente dichiarazione sul «Gruppo Ludwig», disse: «era una banda composta da 4–5
persone, più un paio di fiancheggiatori […] persone facoltose legate all’estrema destra
(ndr: riferendosi alla copertura della fuga di Furlan). Io li chiamo compagni di merende,
proprio come quelli del mostro di Firenze. Non penso che Ludwig sia composto solo da
criminali. Ci sono professionisti, medici, un ambiente…».
Una sintesi del programma che questi gruppi perseguono, probabilmente in buona fede e
senza una chiara visione d’insieme, può essere individuata nel documento del 1979 (o del
1980 secondo altre fonti) intitolato «Posizione teorica per un’azione legionaria»,
attribuito al neofascista Mario Tuti. In esso si afferma «[…] si dovrà tendere a creare una
frattura in senso verticale nel paese alimentando ed esasperando, grazie a ben dirette
azioni, tutte le possibili tensioni tra settori politici, economici, sociali, etnici e geografici
[…]».
Il brodo di coltura che accomuna questi crimini è radicato in una matrice neofascista-
neonazista ed esoterica, con l’omicidio/terrorismo rituale con motivazioni religiose ed
ideologiche. L’ossessione per la pulizia della società dagli ultimi e dagli immorali è un
elemento che sembra emergere nei delitti di Firenze, nei crimini del «Gruppo Ludwig» e
nelle azioni della banda della Uno Bianca con l’operazione «Meraviglioso». I confini di
questa operazione sono stati solo delineati dalle sentenze, che hanno fatto intravedere
l’esistenza di un gruppo di fanatici guidati dall’ex paracadutista A.T. Questo gruppo
avrebbe avuto accesso anche a un appartamento in via delle Lame a Bologna, dotato di
terminali simili a quelli utilizzati nella sala operativa della polizia. In generale, tutte le
sentenze hanno tendenzialmente ignorato o minimizzato la matrice esoterico-rituale
nazista dei crimini e l’esistenza di strutture che guidavano la mano dei killer.
39
Dalla seconda metà degli anni Settanta, è evidente un crescente legame tra l’eversione di
destra e il mondo esoterico. Un punto di contatto significativo tra l’estrema destra e
l’esoterismo è rappresentato dalla figura di Giulio Cesare Andrea Evola, noto come Julius
Evola. Accanto alla produzione letteraria di Evola, che ha fornito l’apparato grafico-
simbolico (svastiche, aquile, rune, ecc.) utilizzato dai gruppi estremisti, sono emerse
diverse pubblicazioni che trattano di magia, esoterismo, studi tradizionali e folklore. Tra
queste si annoverano le pubblicazioni Helios, la rivista Sophia (1981), il bimestrale
L’Altro Regno, la Rivista di Studi Tradizionali (1976) e Vie della Tradizione (1971).
Quest’ultima, fondata a Palermo da Gaspare Cannizzo, cavaliere templare e guida
dell’Ordine Martinista, è particolarmente significativa.
Un incontro rilevante avvenne nel 1980 tra Francesco Mangiameli, esponente di Terza
Posizione, e i principali membri dei NAR, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e lo
stesso Cannizzo. Mangiameli, successivamente ucciso perché a conoscenza dei dettagli
sulla strage di Bologna, era entrato nell’Ordine Martinista. Significativo che Cristiano
Fioravanti (dei NAR), riferendosi a Massimo Sparti, dichiarò: «mi fece fare dei riti,
un’abiura contro la religione cattolica, bruciare crocifissi, cose del genere».
Un’informativa dei ROS del 1996 arriva alle stesse conclusioni: «non deve essere scartata a
priori l’ipotesi che il Veneto e l’Emilia Romagna, per le connessioni con Ordine Nuovo,
con la rete CIA e con l’acceso anticomunismo delle tre formazioni eversive citate, siano
state laboratorio di sperimentazione di tecniche di guerra non ortodossa, basate sull’uso
terroristico di devianze esoterico-religiose a connotazione politica estremista».
Una possibile analisi dei pattern
Al momento, in assenza di documenti che possano supportare questo scenario ipotetico
per il caso dei mostri di Firenze, è possibile procedere solo con un’analisi dei pattern
anomali. Una visione d’insieme di tutti questi indicatori consentirà di valutare la
consistenza dell’ipotesi e, se necessario, di intraprendere ulteriori studi e ricerche.
Le anomalie sono deviazioni da un pattern atteso e possono rappresentare indizi cruciali
per comprendere un fenomeno complesso. Mentre spesso vengono considerate come
errori o eccezioni da trascurare, le anomalie possono essere i segnali che indicano
l’esistenza di un processo sottostante non ancora compreso appieno. Anziché vederle come
semplici errori, dovremmo considerarle opportunità di esplorazione e scoperta.
I principali pattern utili per l’analisi del fenomeno sono i seguenti:
40
pattern a) Le coperture e depistaggi del Trasimeno
Come recentemente sottolineato da un crescente numero di ricercatori del caso dei mostri
di Firenze, le modalità con cui il cadavere di FN fu occultato e scambiato sul lago
Trasimeno e il numero e ruolo delle autorità coinvolte, rendono difficile credere che tutto
ciò si sia originato per un semplice professore universitario e medico di 36 anni.
Considerando anche la potenziale implicazione in una o più potenti logge esoterico-
paramassoniche e l’alto grado raggiunto dalla sua famiglia nella massoneria locale e
regionale, tali numerose ed estese coperture non trovano pienamente un senso logico. C’è
il sospetto che le indagini sulla sua morte non dovessero essere avviate, forse non per
paura di scoprire che FN fosse coinvolto nei delitti del mostro, ma per evitare di rivelare
contesti ben più ampi.
Senza voler stabilire alcuna connessione diretta, a titolo di mera suggestione, è opportuno
ricordare che nelle strutture organizzative a «nido d’ape» tipiche delle cellule eversive, e
analogamente in quelle delle reti Gladio, si ritrovava una rigida organizzazione gerarchica
che aveva le sue radici nei modelli operativi dell’OAS41 (Organisation de l’Armée Secrète).
Quest’ultima, a sua volta, aveva mutuato tali pratiche dal Fronte di Liberazione
Nazionale Algerino (FLN) durante la guerra d’indipendenza dell’Algeria.
Questa tipologia di organizzazione era caratterizzata da una struttura compartimentata,
nella quale i membri erano suddivisi in cellule o squadre indipendenti. All’interno di
ciascuna cellula, solo il capo aveva accesso alle informazioni sui contatti di livello
superiore, garantendo così un elevato grado di sicurezza e segretezza. Questo modello
impediva che la compromissione di un singolo individuo potesse esporre l’intera rete,
mantenendo il resto dell’organizzazione al riparo da infiltrazioni o arresti.
Inoltre, all’interno di queste strutture erano previste squadre «M», costituite da un
medico e da un assistente, con il compito di fornire supporto sanitario ai membri
dell’organizzazione. Questi operatori erano volutamente tenuti lontani da qualsiasi
coinvolgimento diretto nelle attività politiche o operative, per garantire che potessero
svolgere il loro ruolo in maniera neutrale e professionale. Tale impostazione operativa
rifletteva una cura meticolosa nella distribuzione dei compiti, in modo da preservare
l’efficacia e la segretezza delle operazioni, riducendo al minimo i rischi di compromissione
dell’intera rete.
Nell’ambito dell’eversione di destra, la struttura organizzativa che Ordine Nuovo/Ordine
Nero tentarono di adottare dai francesi dell’OAS si rivelò di difficile attuazione a causa dei
legami estremamente stretti tra i loro membri. L’ambiente fortemente coeso tra i camerati
ostacolava l’implementazione efficace di tali modelli operativi, rendendo complessa la
41 L’Organisation de l’Armée Secrète (OAS) era un gruppo paramilitare francese di estrema destra attivo
principalmente tra il 1961 e il 1962. Fu creato da ufficiali francesi contrari all’indipendenza dell’Algeria e
alle politiche del presidente Charles de Gaulle.
41
creazione di compartimenti separati e autonomi come previsto dall’organizzazione
originale dell’OAS.
pattern b) Il carabiniere e i proiettili Winchester serie H
Durante i processi ai compagni di merende e Pietro Pacciani, Giancarlo Lotti affermò
(quasi sottovoce) che i proiettili Winchester serie H per i delitti, erano forniti a Pacciani
da Mario Vanni, il quale li riceveva da un appuntato dei carabinieri di San Casciano Val di
Pesa. Sempre secondo Giancarlo Lotti il carabiniere avrebbe saputo dell’uso che i
compagni di merende facevano dei proiettili. Lotti fornì le generalità di questo carabiniere,
ma le indagini su di lui furono separate dal procedimento contro i compagni di merende. Di
conseguenza, non ci fu mai un confronto in aula tra Lotti e il carabiniere, né tra Pacciani,
Lotti e il carabiniere. Sul quotidiano La Repubblica del 19 marzo 1996 in un articolo a
firma di Claudia Fusani e Franca Selvatici si leggerà in merito al carabiniere: «attenzione,
questo non è il quarto mostro specificano gli investigatori…». L’Unità dello stesso giorno,
in un articolo di Giulia Baldi e Giorgio Sgherri, scriverà che «l’uomo risulta indagato non
solo per i delitti del maniaco delle coppiette, ma anche per concorso nell’omicidio di
Renato Malatesta…».
pattern c) Gli incontri in Mugello
Troppa enfasi è stata data nel corso degli anni al ruolo dei voyeur nel caso dei mostri di
Firenze. È noto che Pacciani aveva una relazione amicale con FS, ex maresciallo dei
carabinieri di Mercatale, con il quale avrebbe fatto delle girate anche nel Mugello e più
precisamente a Scarperia. Durante una di queste prima del 1977, Pacciani in compagnia di
Mario Vanni e FS, avrebbe fatto la conoscenza del commesso viaggiatore GF di
Calenzano. L’associazione di questi soggetti alle attività di voyeurismo sembra però poco
fondata, considerando che si trattava di pranzi e non di cene. Inoltre, Pacciani e i suoi
compagni avrebbero percorso circa un centinaio di chilometri per partecipare a questi
incontri, non proprio una distanza trascurabile.
Come già divulgato in data 23 aprile 2024, significativa è la notizia riportata dal
giornalista Giorgio Sgherri sulle pagine de L’Unità nel febbraio del 1975, che riferisce di
numerose perquisizioni effettuate dalle forze dell’ordine in provincia di Pistoia, in
Garfagnana, al passo della Futa e in località Pietramala, nel comune di Firenzuola.
Inoltre l’articolo parlava di frequenti riunioni, di campi militari e ritrovi ospitali nell’alto
Mugello. Sgherri segnalava: «in varie occasioni alcuni caporioni del MSI hanno radunato
in una villa in un noto locale alcuni fedeli seguaci. Gli investigatori vogliono ora vedere se
c’è un legame tra questi incontri e l’attività del gruppo eversivo toscano».
42
Chi scrive ha già documentato la presenza di riti di sangue, riconducibili a cellule di
Ordine Nero, che si tenevano presso il passo della Futa e in località Pietramala. Oltre ai
riti esoterici di matrice fascista, nella zona tra il passo della Futa e Barberino di Mugello si
svolgevano campi paramilitari ed esisteva un deposito nascosto di armi, proprio nella
località Panna in cui GF disse di essersi recato ogni settimana per prendere l’acqua. In
questa stessa area si verificarono attentati contro i tralicci elettrici. Tali attacchi alla rete
Enel, diffusi su gran parte della penisola durante gli anni Settanta, facevano parte di una
strategia volta a testare la presenza di coperture prima di attuare stragi e attentati di
maggiore portata da parte di una cellula eversiva sul territorio.
Ci si chiede quindi se la presenza del gruppo Pacciani-FS nel Mugello, in orario diurno,
sia da ricondurre quindi agli incontri conviviali di cui parlò Sgherri. Chi scrive ha
possibilmente individuato una villa sede degli incontri nel comune di Barberino di
Mugello.
È importante sottolineare come Giorgio Sgherri abbia prodotto articoli molto significativi
durante gli anni di piombo. Il giornalista fu anche dotato di una scorta personale a seguito
di alcune minacce ricevute per i suoi articoli sulla strage di Bologna. A differenza del
cronista di nera de La Nazione, Mario Spezi, Sgherri non ottenne la stessa notorietà.
Questo può essere attribuito in parte al fatto che gli articoli di Spezi, soprattutto quelli sul
mostro di Firenze, avevano un approccio più intrigante e accessibile al pubblico
generalista. Sgherri, invece, era un giornalista dotato di un incredibile fiuto investigativo e
riuscì a tracciare un quadro dettagliato della «strategia della tensione» durante il suo
corso, dimostrando una conoscenza approfondita che ancora oggi sorprende. Tuttavia
appare come del tutto inaspettato che, i ricercatori contemporanei del caso, citino più
spesso Spezi come giornalista di riferimento, probabilmente perché non hanno mai letto il
lavoro di Sgherri. La sua produzione richiede una lettura organica per comprenderne
appieno il valore storico e documentale.
Episodi di incontri al di fuori del Mugello sono già stati menzionati, in particolare
riguardo agli incontri massonico-neotemplari che, secondo quanto recentemente
dichiarato da Angelo Izzo, si sarebbero svolti presso la località il Borro, in provincia di
Arezzo. Come già accennato nelle pagine precedenti, anche Paolo Bellini avrebbe
frequentato la località. Sempre secondo Izzo, altri incontri di natura esoterico-
cavalleresca si sarebbero tenuti nei pressi del Lago Trasimeno, in una villa di proprietà
della famiglia FN, nonché all’interno della chiesa Templare di San Bevignate42 a Perugia.
42 Per una monografia sulla chiesa Templare di San Bevignate si veda l’articolo dr. parker, «Il Santo non
santo» disponibile qui: https://drive.google.com/file/d/1kh2JjHAHs3lzVlHrcAnouP4anPgBAT-x/view?
usp=sharing
43
pattern d) La chiusura del G.I.De.S.
Il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio nel 2006 del dott. Michele Giuttari, capo della
squadra mobile di Firenze e dirigente del Pool Firenze-Perugia dedicato
all’investigazione dei delitti seriali, è un elemento significativo da considerare. Le
pressioni subite dal dott. Giuttari, che avrebbero portato anche alla richiesta di
trasferimento all’ufficio passaporti della questura e poi al suo allontanamento definitivo,
con il conseguente blocco delle indagini del pool costituito insieme al pm di Perugia, dott.
Giuliano Mignini, possono essere interpretate come un tentativo di fermare l’azione
investigativa. Quest’ultima, partendo dalla pista esoterica, cercava di far luce sui soggetti e
sulle relazioni intorno ai compagni di merende. È significativo che, ad oggi, non sia stato
prodotto alcuno studio né vi sia notizia di gran parte dell’indagine del dott. Giuttari:
dimenticate le perquisizioni effettuate a Genova così come i soggetti di San Casciano.
Questo persistente silenzio può essere annoverato tra gli elementi sospetti.
pattern e) Il Sismi a Firenze
FMB ha ricoperto in modo atipico, per circa un ventennio, il ruolo di direttore del SID
prima e poi del SISMI a Firenze. Sarebbe opportuno approfondire ulteriormente la sua
figura e le sue azioni. Attualmente, le sentenze relative alla strage di Bologna indicano che
FMB sarebbe stato individuato, insieme ad altri, come corresponsabile dell’operazione
«terrore sui treni», un piano di depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna (il più
noto e strutturato tra i depistaggi). L’arsenale di esplosivi, armi e munizioni scoperto in
via Sant’Agostino a Firenze nel marzo 1993, in un ex locale affittato dai servizi, è
probabilmente collegato a quell’operazione.
Significativo anche il rapporto che FMB tiene con Augusto Cauchi, capo della cellula
eversiva toscana: «non solo tenne rapporti con Augusto Cauchi, ma lo protesse nella sua
latitanza, ostacolando di fatto le ricerche. I rapporti tra i due erano mediati dal professor
Gianluigi Oggioni, affiliato alla P2, ortopedico di fiducia del Sismi di Firenze». La
vicenda riguardante il rapporto tra il neofascista Cauchi e FMB è complessa. Essa iniziò
nel 1973 e proseguì fino al 1985, quando il giudice istruttore di Firenze, Minna, chiese di
chiarire come fosse nato il contatto con Cauchi. Ne derivò una querelle giudiziaria in cui
il servizio opponeva il «segreto di stato» e il giudice si appellò prima al presidente del
Consiglio dell’epoca e poi alla Corte Costituzionale, con una sentenza emessa nel
dicembre del 1986. Alla fine, sarebbe emerso che la fonte che FMB voleva proteggere a
tutti i costi era il prof. Gianluigi Oggioni e la sua infermiera Mirella Ghelli. Oggioni,
iscritto alla P2, insieme alla sua infermiera, negò categoricamente di essere stato
l’intermediario tra Cauchi e FMB nel 1974 durante l’interrogatorio del pm Leonardo
Grassi. L’ammiraglio Martini, in merito alla vicenda, avrebbe dichiarato: «..FMB
44
insisteva per la copertura di queste fonti […] in ogni caso non sarebbe la prima volta che
un capo centro per ragioni sue si inventa delle fonti».
Ulteriore elemento su FMB è quello relativo al primo rapporto sui delitti dei mostri di
Firenze che il criminologo Francesco Bruno avrebbe redatto il 16 settembre 1984 su
richiesta del capo dell’allora servizio segreto civile. Stando alle notizie comunemente
diffuse questo rapporto sarebbe stato trasmesso al capo centro di Firenze, ma non sarebbe
mai arrivato in procura o almeno non sarebbe arrivato completo di tutti i capitoli. Ad oggi
non è ancora possibile leggere questo rapporto ma è disponibile quello del 1994.
Anche la vicenda che collega FMB all’invio di lettere anonime calunniose contro Licio
Gelli ai magistrati che indagano sulla strage di Bologna e sull’omicidio Pecorelli risulta
poco chiara.
pattern f ) I blackout e le anomalie telefoniche
In alcuni delitti attribuiti al mostro di Firenze, si verificarono blackout elettrici. In un
episodio, si riporta l’improvvisa interruzione di una telefonata, nel mentre in cui qualcuno
stava per rivelare qualcosa alla madre di una vittima. Queste circostanze sono state spesso
considerate semplici eventi della cronologia dei crimini. Tuttavia, il 23 aprile 2024, chi
scrive ha sottolineato che tali eventi non sono scollegati, ma rappresentano un modello
ricorrente. Questo schema coinvolge l’azione di uomini specializzati sotto la guida di
Adalberto Titta, parte del servizio segreto noto come L’Anello o Noto Servizio.
Gli anni di piombo sono caratterizzati da blackout e anomalie elettriche e telefoniche, che
sono un pattern ricorrente nelle operazioni del Noto Servizio. Ecco alcuni esempi: il
blackout telefonico durante e dopo la strage di Capaci, quello nel corso del rapimento
dell’on. Aldo Moro, i blackout telefonici durante gli attentati a Roma del 1993 (il
presidente del Consiglio Ciampi pensò a un colpo di stato vedendo il Quirinale isolato),
l’eccidio di via Volturno a Bologna nel 1991 ad opera della Uno Bianca, che avvenne
durante un blackout telefonico. Questi casi sono numerosi e includono anche azioni delle
Brigate Rosse, come il rapimento del sostituto procuratore Mario Sossi a Genova
nell’aprile del 1974, quando tutti i lampioni della via erano spenti (tale rapimento può
essere considerato la prova generale del futuro rapimento dell’on. Aldo Moro).
Dal punto di vista tattico, il ricorso ai blackout durante attentati, stragi e delitti si rivelò
molto efficace perché consentì operazioni di esfiltrazione in modalità protetta. Tuttavia,
con le conoscenze attuali, è improbabile che tali tattiche verrebbero riproposte. Oggi,
infatti, è possibile utilizzare questi blackout come indicatori dell’azione pianificata e
supportata da certe strutture come Noto Servizio.
Altre anomalie riguardano i numeri di telefono, come quelli contattati con la scheda
telefonica utilizzata per minacciare l’estetista DF, che risultarono inesistenti, chiaro
45
elemento del coinvolgimento del Noto Servizio. Oppure, c’è la telefonata del pittore
Celso Barbari, che secondo alcune fonti avvenne la sera della morte di Pacciani nel 1998,
ma che stranamente non risultò nei tabulati telefonici. È interessante notare che gli
avvocati del pittore bolognese, successivamente coinvolto per chiarire e spiegare i suoi
rapporti con Pacciani, furono proprio Marcantonio Bezicheri e Giovanni Roversi, già
citati in precedenza. Ci sono anche altri casi, come l’anomalia telefonica che permise alla
moglie di un poliziotto di ricevere una chiamata e ascoltare per errore tutta una
perquisizione. Questo è il pattern principale che dimostra l’applicazione di risorse e assetti
di chiaro ambito d’intelligence.
pattern g) Gli apparati anti-intercettazione
Solo nel 2022 il dott. Michele Giuttari ha rivelato che, durante gli anni delle indagini, la
polizia non era tecnicamente in grado di intercettare le comunicazioni telefoniche di una
nota comunità agricolo-sociale di Vicchio, provincia di Firenze. Questo elemento è
particolarmente interessante e meritorio di ulteriori approfondimenti, poiché, secondo le
informazioni disponibili, indica la presenza di apparati tecnologici non comuni e non
giustificati dalla natura della comunità. Si ricorda che la scheda telefonica utilizzata per
effettuare le telefonate anonime di minaccia nei confronti dell’estetista DF, che diedero il
via all’inchiesta sui fatti del Trasimeno, fu usata anche per chiamate verso la comunità di
Vicchio.
pattern h) L’accordo tra «neri» e Anonima Sequestri Sarda
Stando agli interrogatori dei g.i. Minna e p.m. Fasano, nel febbraio del 1985, si ebbe la
notizia nel corso di un interrogatorio di un accordo di reciproca assistenza di natura
criminale tra gli estremisti neri e i banditi sardi. Chi scrive ne ha dato notizia in data 23
aprile 2024 riportando lo stralcio dell’interrogatorio: «[…] questo sardo parlò di contatti
avuti con quelli di destra e disse apertamente che tra i sardi la cosa aveva provocato delle
spaccature e comunque era passata perché quelli di destra, che avevano parlato coi sardi,
avevano assunto toni anarcoidi; […] avevano avuto due riunioni coi sardi, una a
Sant’Antonio di Gallura e un’altra in un ristorante dove sanno trattare la pecora dalle
parti di Sant’Angelo in Lecore, o comunque nella zona che gravita su Signa. In queste
riunioni fu raggiunto un accordo per reciprocità sullo scambio di armi e di soccorso e di
basi logistiche».
L’accordo potrebbe essere nato dalla presenza simultanea di strutture di entrambi gli
schieramenti negli stessi territori. Ad esempio, sui monti della Calvana pedemontana,
46
vicino a Prato, si trovavano basi dell’Anonima Sequestri43, mentre nella stessa area si
svolgevano campi paramilitari eversivi dei neofascisti. Si segnala inoltre che, nel 1977, a
pochi chilometri di distanza, la futura comunità di Vicchio iniziava a vivere le sue prime
esperienze comunitarie.
La notizia di questo accordo apre la strada a ulteriori indagini e approfondimenti, in
particolare riguardo al possibile traffico di armi tra le bande e alle coperture che un simile
accordo potrebbe aver generato. Inoltre, va considerata anche la possibilità che uno dei
due gruppi abbia commissionato un omicidio all’altra parte.
pattern i) Ricorrenze prima del delitto di Rabatta del 1974
Jean Jacques Susini, cofondatore dell’OAS44 e poi dell’Aginter Press, fu presente in
Toscana nel luglio del 1974. L’11 settembre 1974, l’Ispettorato Generale per l’Azione
contro il Terrorismo inviò una nota al NAT di Firenze segnalando: «che il Susini, nel
luglio 1974, sarebbe stato notato in quella città dove avrebbe acquistato o sarebbe stato
ospite di una villa. Secondo la segnalazione il Susini non sarebbe stato estraneo
all’attentato verificatosi sul treno Italicus». Inoltre, una schedina di presenza è stata
trovata in un motel Agip della provincia di Firenze, attestando il soggiorno di Susini
anche tra il 24 e il 27 maggio 1974.
Solo tre giorni dopo tale segnalazione, avvenne il delitto di Borgo San Lorenzo, nella
frazione Rabatta.
Per comprendere appieno la filosofia dell’Aginter Press, è utile considerare le parole di
uno dei suoi fondatori, Yves Gouillou, più noto con il nome di Guerin-Serac. Ex membro
dell’OAS e veterano della campagna d’Indocina, Guerin-Serac era considerato un
«esperto in guerriglia, sabotaggio, sicurezza clandestina, missioni speciali, attacchi
subacquei e atterraggi notturni». Egli dichiarò: «il terrorismo spezza la resistenza della
popolazione, ottiene la sottomissione e provoca una frattura fra la popolazione e le
autorità. Ci si impadronisce del potere sulla testa delle masse tramite la creazione di un
clima di ansia, insicurezza, di pericolo»; «il terrorismo indiscriminato distrugge la fiducia
del popolo disorganizzando le masse onde manipolarle in maniera più efficace».
È significativo ricordare che nel gennaio del 1974 si tenne un summit in Garfagnana tra i
membri di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, un incontro che rivestì un’importanza
cruciale per la pianificazione e il coordinamento delle loro attività. Durante il summit,
l’attenzione fu focalizzata sulla pianificazione di un attacco sistematico contro lo Stato,
con l’obiettivo di destabilizzare l’ordine costituito. I partecipanti discussero in dettaglio le
43 Si veda l’articolo «Il quadrilatero nella Calvana pedemontana sul versante di Prato e Calenzano» dr.
parker, link: https://drive.google.com/file/d/1IIYyABtKhErPaVN8rICdDmf IXsWf5xMG/view
44 Vedi nota n.41.
47
strategie operative, concedendo alle cellule eversive un’ampia libertà d’azione e
autonomia, sia nella scelta dei metodi da adottare che nell’esecuzione delle operazioni.
Questa flessibilità operativa mirava a incoraggiare la creatività e l’iniziativa individuale
per raggiungere gli obiettivi prefissati.
È plausibile supporre che durante l’incontro siano state anche discusse strategie di
copertura e azioni da attuare successivamente agli attentati e alle stragi, al fine di
garantire l’impunità e la continuazione delle operazioni. In quest’ottica, potrebbe essere
ipotizzato un collegamento con il delitto avvenuto il 14 settembre 1974, esattamente 40
giorni dopo la strage dell’Italicus, suggerendo un possibile legame tra gli eventi pianificati
durante il summit e le azioni successive.
Inoltre, il 20 agosto 1974 si svolse a Firenze una riunione tra i vertici di Ordine Nero. Al
termine dell’incontro, veicolarono il seguente messaggio: «[…] si comunica alle redazioni
dei quotidiani e della RAI e alla sbirraglia del regime che nelle sopraindicate città i
commandos di Ordine Nero sono pronti ad intervenire con estrema semplicità, durezza e
fredda decisione […] Con noi o contro di noi! […]».
Il 3 settembre, poco prima il delitto di Rabatta, si è registrato anche un tentato attentato
sulla linea ferroviaria Firenze-Roma, nei pressi di loc. Rovezzano, Firenze. Un contadino
casualmente scoprì 8 kg di esplosivo alla base di un cavalcavia, segnalando prontamente la
presenza del pericoloso ordigno, che avrebbe potuto causare conseguenze devastanti se
fosse stato attivato. Alcuni giorni prima, un ritrovamento simile nei boschi di Cantagallo,
vicino alla ferrovia a Prato, aveva sventato un’altra potenziale esplosione.
pattern l) La presenza di poliziotti sulle scena del crimine
Un altro elemento ricorrente è la presenza sospetta di poliziotti che sono spesso i primi ad
arrivare sulla scena del crimine. Questa situazione desta perplessità, specialmente a causa
delle spiegazioni fornite da uno di essi per giustificare la sua «tempestiva» presenza. Una
verifica del sindacato di appartenenza di questi poliziotti potrebbe risultare rilevante.
Queste circostanze richiederebbero ulteriori approfondimenti, considerando anche la
possibile esistenza di un gruppo eversivo chiamato Drago Nero all’interno di alcuni
reparti della polizia fiorentina almeno negli anni Settanta, potenzialmente responsabile di
rapine sui treni e di un deposito di armi ed esplosivi a Greve in Chianti, poi fatto
esplodere. Su questo gruppo ha condotto approfondimenti il ricercatore Luca Pingitore45
.
45 Si veda «Il calderone della strategia della tensione» di Luca Pingitore.
48
pattern m) Il linguaggio dei proiettili
Nel caso dei mostri di Firenze, i numerosi proiettili calibro 22 sparsi come minaccia e
persino inviati ai procuratori della città con il macabro messaggio «poveri fessi, uno a testa
vi bastano», dimostrano chiaramente una prassi tipica delle cellule dell’eversione di
destra. Come indicato nella cronologia degli eventi accaduti a Perugia negli anni Settanta,
strumenti di minaccia simili venivano utilizzati frequentemente.
pattern n) Il delitto di Lucca
Il duplice omicidio avvenuto a Lucca il 22 gennaio 1984 rappresenta un caso anomalo
all’interno del contesto dei crimini connessi ai mostri di Firenze, La coppia Benedetti-
Riggio fu uccisa con modalità che ricordano quelle utilizzate nei delitti seriali fiorentini.
Tuttavia i bossoli ritrovati sulla scena del crimine, pur essendo di calibro.22, non
presentavano la caratteristica «H» impressa sul fondello, ma la «L» della marca Lapua.
Nonostante ciò, l’avvocato Nino Filastò ha ipotizzato che questo delitto potrebbe
comunque essere collegato alla serie dei mostri, sostenendo che l’anomalia nella tipologia
dei proiettili e dell’arma non escluderebbe una connessione. L’interesse per questo caso
deriva proprio dalla sua natura anomala, che potrebbe offrire ulteriori spunti di indagine.
È significativo notare che nelle vicinanze del luogo del delitto si trova un tiro a segno
attivo fin dal 1884, un dettaglio che potrebbe non essere trascurabile. Inoltre, le aree di
Lucca e Pisa erano note per la presenza di una seconda cellula eversiva toscana, oltre
quella nota di Arezzo.
pattern o) La loggia «dei finocchi coperti»
Nel 2002 l’avvocato folignate Claudio Caparvi dichiarò spontaneamente agli inquirenti
che «avevano costituito una sorta di loggia di finocchi coperti», riferendosi a delle
confidenze ricevute dall’amico medico Ferruccio Farroni. Dell’avvocato Caparvi, «un
vero personaggio: istrionico, simpatico e grande cultore dell’amicizia e della goliardia»,
abbiamo già parlato nei capitoli precedenti. Storico esponente del MSI di Foligno,
Caparvi si tolse la vita il 7 aprile 2014 sparandosi un colpo di pistola. Tornando a Farroni,
egli affermò anche che questi «personaggi fiorentini potenti» avrebbero, con «assoluta
certezza», «organizzato i delitti…».
Ma c’è di più: a pagina n. 100 della sentenza «De Luca», si legge riguardo alle
dichiarazioni di Gabriella Ghiribelli che la Marisa di Massa, alias Veronica C., e la sorella
(che non era una vera sorella) portavano bambini e ragazzine in due case per le feste. Si
legge anche che Giancarlo Lotti avrebbe detto alla Ghiribelli che «quando andavano alla
Villa si divertivano molto perché avvenivano le orge dove interveniva anche la Marisa che
49
portava i bambini. Giancarlo mi raccontò anche che i bambini dovevano prima omissis
(nda) fra loro, poi intervenivano gli altri che a turno omissis (nda) i bambini».
È curioso come questo dettaglio determinante, capace di far luce sui rapporti tra i
compagni di merende e altri sancascianesi, basati sul ricatto per aver partecipato agli abusi
sui minori, non venga pubblicato nell’edizione cartacea distribuita da Metropoli nel 2009,
«Assolto perché il fatto non sussiste», allegato al quotidiano in distribuzione nel Chianti.
Secondo quanto riportato, il volume avrebbe dovuto riportare in «maniera pressoché
integrale» le motivazioni della sentenza rese note a dicembre 2008, con le quali il giudice
Silvio De Luca ha assolto il farmacista F.C. dall’accusa di essere il mandante dei delitti dei
mostri, «perché il fatto non sussiste».
Nondimeno, alla luce di questo racconto della Ghiribelli, che sembra essere stato
minimizzato o reso quasi irrilevante nella massa di dati raccolti dalle inchieste e dai
processi, le azioni abusanti di Pacciani nei confronti delle proprie figlie assumono un
nuovo significato. Nel Chianti si delinea un ambiente in cui si muovono personaggi di vari
livelli: da quelli del giro basso dei compagni di merende a figure più elevate, come dottori e
professionisti. La caratteristica che emerge è quella di un circolo di omosessuali che, per
motivi non chiariti, compie anche abusi su minori. Strutture con questo schema sono
emerse in diversi contesti, spesso collegate ai delitti dei mostri. Tuttavia, sembra che si sia
scelto di non indagare a fondo su queste dinamiche. Anzi, chi come Michele Giuttari, lo
ha fatto ha pagato il prezzo con la propria carriera.
Un riferimento inquietante, con implicazioni preoccupanti per le prospettive che ne
derivano, è offerto dalla figura di Paolo Bellini, già menzionata in precedenza. Si racconta
che Bellini, durante un periodo in cui era attenzionato dai giudici, abbia contattato un
giornalista, affermando che, poiché tutti sembravano avere più diritti di lui, avrebbe deciso
di radersi a zero e vestirsi di arancione, come i membri del movimento Hare Krishna. Un
messaggio velato destinato a chi era in grado di coglierlo?
Nel complesso tutti questi fattori richiedono ulteriori approfondimenti per verificare se
sia stato possibile che una struttura si sia inserita nella scia dei delitti dei mostri di Firenze
per ottenere vantaggi per i propri fini. Inoltre, potrebbe aver fornito coperture sia agli
esecutori materiali sia ai mandanti, creando ulteriore complessità difficile da investigare.
Con l’auspicio che questo testo possa offrire un contributo nel caso dei mostri di Firenze e
fornire materiale utile per i ricercatori,
dr. parker
50
INDICE DEI NOMI
Abel Wolfagang 39
Accame Giano 8
Almirante Giorgio 5, 11, 20
Amato Mario 26
Anandamurti Shirii Shirii 38
Ancillotti Silvana 35
Angeli Angelo 10
Angelton James 35
Antonini Giovannino 17
Arioti Alfredo 21
Arzilli Stefano 23
Auriti Giacinto 9
Azzi Nico 30
Baccolini Leonardo 17
Bacoccoli Leonardo 14
Baioletti Roberto 12
Baldi Giuliano 42
Baldoni Franco 12, 13, 14, 16, 17, 18, 21
Balucani Edmondo 10
Barbari Celso 46
Barbetti Mario 15
Barbieri Giancarlo 14
Bartocci Stefano 14, 15, 16, 17
Batani Massimo 15
Battaglini Ermanno 10, 12, 17, 18, 20, 21
Becherelli Assuero 12
Bellini Paolo 31, 32, 33, 34, 43, 50
Bellini Aldo 32
Benardelli Luciano 31
Benedetti Graziella 49
Bennicelli 6
Bertazzoni Luciano 14, 16, 17, 19, 20, 21
Bezicheri Marcantonio 26, 33, 46
Biagini Stefano 12
Biagiotti Bruno 18
Birindelli Gino 15
Biris Georges 13
Bisello Roberto 12
Bistocchi Maurizio 9, 14
Bivona Verdiana 35
Bocchini Augusto 10
Boldrini Eugenio 16
Bonazzi Edgardo 29
Borghese Junio Valerio 31
Borgioni Giorgio 17
Borsi Aldo 19
Brachini Franco 13
Briganti Gianfranco 10, 11
Brumana Marco 22
Bruno Francesco 36, 45
Brusca Giovanni 33
Bumbaca Francesco 15
Campanile Alceste 31
Cancellotti Roberto 15
Cannizzo Gaspare 40
Caparvi Claudio 16, 17, 19, 49
Caponi Alfio 11, 14
Caponi Leonardo 14
Caporali Angelo 12, 19, 20
Carloni Paolo 21
Carnesecchi Andrea 22
Castellini Patrizio 21
Castellini Aimone Maria 21
Castori Euro 12, 14, 15, 17, 18
Castori Marco 12, 13, 15, 16, 17, 18, 21
Cauchi Augusto 30, 4
Cavalieri Giuseppe 13
Cavallaro Roberto 29
Cavallini Gilberto 26, 34
Cecchetti Marco 15
Cecchi Umberto 37
Censi Elio 12
Cesarini Ugo 6
Chelazzi Gabriele 36
Ciampi Carlo Azeglio 45
Ciarapica Massimo 15
Ciavardini Luigi 26, 34
Concutelli Pierluigi 22, 26, 30
Condreanu Corneliu Zelea 9
Conti Giulio 9, 17, 18
Conti Pietro 20
Corsi Alberto Maria 36
Covarelli Paolo 19
Cremisini Antonio 31
Crescenzi Maria 17
Crocchioni Pietro 16
Cruciani Achille 8
D’Amato Raffaele 19
D’Amato Federico Umberto 35
De Gaulle Charles 41
De Luca Silvio 49, 50
De Santis Domenico 10
51
Del Dottore Maurizio 14
Delle Chiaje Stefano 30
Di Massa Marisa 49
Di Luia Bruno 30
Digilio Carlo 38
Donati Luca 14, 15
Esposti Giancarlo 10, 30
Evola Julius 29, 40
Fabbri Giuseppe 32
Facchinetti Loris 31
Farroni Ferruccio 49
Fazio Antonio 12
Ferracuti Franco 36
Ferrini Enzo 16
Ferro Gianfranco 26
Filastò Nino 49
Fioravanti Valerio 34
Fioravanti Giusva 40
FN 32, 41, 43
Francalancia Marco 15
Francario Giovanni 10
Freda Franco 26
Fresu Maria 35
Frisullo Dino 12, 16
Fumagalli Carlo 30
Furlan Marco 39
Fusani Claudia 42
Gabbellini Gilda 5
Gagliardi Massimo 14
Gallerani Maurizio 12
Gelli Licio 25, 34, 35, 45
Gentile Giovanni 7
Ghelli Mirella 44
Ghiribelli Gabriella 49, 50
Gianini Marco 22
Gigliarelli Marcello 11, 15, 19
Giovagnoli Aldo 10
Giulietti Carlo 19
Giurati Enrico 11
Giuttari Michele 44, 46, 50
Grassi Leonardo 44
Graziani Clemente 30
Gubbini Graziano 10, 15, 17, 18, 21, 22,
24, 29
Guerin Serac 47
Izzo Angelo 29, 32, 43
Jesi Furio 29
Kasciovolz Ali Rheza 13
Laffranco Luciano 7, 8, 9, 11
Lotti Giancarlo 42, 49
Lucaroni Ascanio 22
Luccioli Roberto 12, 14, 17
Lupo Mariano 9
Maddis Gregorio 14
Maestrini Pier Paolo 19
Maggi Carlo Maria 30
Magi Braschi Adriano 38
Malatesta Renato 42
Mambro Francesca 34, 40
Mandelli Franco 26, 33
Manera Gianni 20
Mangiameli Francesco 40
Mantakas Miki 23
Marceca Giovambattista 10
Mariani Franco 31
Marsili Carlo 14
Martini Fulvio 44
Massagrande Elio 31
Mattei Enrico 27
Mattei Aurelio 36, 37
Medi Vito 23
Menicacci Stefano 31
Mignini Giuliano 9, 44
Mignone Michele 23
Milletti Millo 7
Miniconi 6
Minna Rosario 46
Minuti Massimo 22
Mirabassi Mario 12
Modena Marzio 6
Modena Marzio 7
Morlunghi Fabrizio 11
Morlunghi Leopoldo 11
Moro Aldo 27, 34, 36, 45
Murelli Maurizio 29
Nizzi Angelo 13
Occorsio Vittorio 17, 21, 22, 25, 26
Oggioni Gianluigi 44
Ortolani Umberto 34
Pacciani Pietro 36, 37, 42, 43, 46, 50
Pacifici Marco 19
Panzironi Dario 10
Pavone Luciano 9, 17, 18
Pecorelli Mino 45
Pellegrino Giovanni 35
Persichini Marco 14
Peverini Aldo 16
Piccioli Barbara Maria 22
52
Piccolomini 6
Pieristè Giuseppe 14, 16, 17, 18, 20, 21
Pingitore Luca 48
Pini Carlo 14, 17, 19
Pioli Marino 22
Plevackis Costantinos 11, 19, 20
Plevirs Kostas 24
Pontini Massimo 10
Pound Ezra 9
Pucciarini Marco 12, 17, 18, 19
Radoni Franco 11, 12, 13, 17, 20, 23
Ragni Silvano 21
Ribecchi Alberto 31
Ricci Sandro 16
Ricci Gianfranco 16
Ridolfi Antonio 24
Riggio Paolo 49
Rizzo Romolo Abate 31
Rocchi Maurizio 10
Rognoni Giancarlo 30
Romano Ezio 9, 10, 12, 18
Rosati Enrico 17
Rossi Giovanni 15
Rossi Stefano 17
Rossi Giorgio 19
Rossi Giovanna 20
Roversi Giovanni 33, 46
Ruffini Franco 5
Salmoni Giovanni 14
Sanchirico Gustavo 12, 18
Santoni Franco 19
Scarponi Tiziano 12
Scotta Giorgio 14, 17
Seguenti Aldo 13, 18, 21
Selvatici Franca 42
Sepiacci Fabio 19
Serravalle Gerardo 28
Severini Giuseppe 9
Sgherri Giorgio 42, 43
Simioni Corrado 30
Simoncini Luigi 19
Sisti Ugo 32
Smantelli Renato 11
Sogno Edoardo 28
Soli Livio 11
Soli Silvio 17
Sossi Mario 45
Spagnoli Lino 6, 8
Spagnoli Mario 6
Sparti Massimo 40
Spezi Mario 43
Susini Jean Jacques 47
Taddei Carlo 10
Taddei Enrico 22
Tamborini Giulio 10
Taviani Paolo Emilio 28
Tazza Roberto 14
Tedeschi Mario 35
Tilgher Adriano 30
Titta Adalberto 45
Truman Harry 27
Tuti Mario 29, 39
Valentino Rocco 15
Vanni Mario 42
Vecchi Fausto 21
Venturini Fabio 22
Vieti Augusto 12
Vieti Ermanno 12
Vigna Pier Luigi 21, 22, 25, 26, 33, 36
Volpi Roberto 15, 19
Zani Fabrizio 29, 30
«il contesto è tutto» Marco Montemagno