L’inchiesta/ In un vecchio rullino l’impronta del Mostro

Sviluppate immagini inedite dei sopralluoghi del delitto del 1981 a Calenzano. Nuovi atti per il giudice: «E’ un anfibio particolare»

di STEFANO BROGIONI

Firenze, 22 ottobre 2019 – Il 22 ottobre del 1981 il mostro uccideva i pratesi Susanna Cambi e Stefano Baldi a Calenzano. 38 anni dopo, dai faldoni dell’inchiesta sui delitti che insanguinarono Firenze tra il 1968 ed il 1985, i carabinieri del Ros hanno ricavato una nuova immagine dell’impronta di uno scarpone vicinissimo alla Golf su cui si era appartata la coppia. Si tratta di fotografie ottenute da negativi dell’epoca, sviluppati di nuovo a colori e in alta definizione. Il pool capeggiato dall’avvocato Vieri Adriani, difensore delle famiglie delle vittime francesi degli Scopeti, che con il suo esposto ha tenuto in vita sino ad oggi l’inchiesta sul mostro, non ha dubbi: quello non è il «carroarmato» degli anfibi in dotazione all’epoca all’Arma, ma è una suola curiosamente identica a quella degli scarponi dell’esercito di terra francese. Chi indossava quell’anfibio non è una persona qualunque ma un appassionato del genere militare, dicono i consulenti legali. E’ il piede del mostro? L’approfondimento finirà in un’integrazione all’opposizione all’archiviazione già presentata da Adriani nei confronti del legionario di Prato Giampiero Vigilanti, indagato per gli 8 duplici omicidi firmati con la calibro 22 e i proiettili Winchester serie H, ma nei confronti del quale la procura ritiene di avere in mano niente più che un «quadro indiziario fragile e incerto».
Il verbale. Il legionario, che tra un mese compirà 89 anni, nelle dichiarazioni rese come persona informata sui fatti al magistrato Paolo Canessa, si autocolloca alle Bartoline. «Io – si legge nel verbale del 7 dicembre 2015 – effettivamente la notte dell’omicidio di Calenzano passai abbastanza vicino dal luogo dei fatti ma non sapevo cosa era avvenuto. Dell’omicidio l’ho saputo solo la mattina dopo».
Il riconoscimento. Anche una coppia vide una macchina rossa allontanarsi da quelle zone, imboccando il ponte sulla Marina a tutta velocità in orario compatibile con l’esecuzione. Da quell’avvistamento nacque anche un identikit. I due fidanzati, oggi marito e moglie, sono stati riconvocati dai carabinieri per un riconoscimento del mezzo, che all’epoca venne indicato come un’Alfa Gt. Vigilanti aveva una Lancia Fulvia, modello abbastanza simile. Il 16 gennaio del 2018, i Ros hanno sottoposto loro l’immagine dei «musi» delle due auto. Lei è stata più vaga; lui, «nonostante il lungo tempo trascorso», ha dichiarato: «Ricordo bene che aveva il frontale con i doppi fari ed era bicolore: carrozzeria rossa e cofano anteriore nero. Dell’uomo alla guida confermo le caratteristiche somatiche a suo tempo descritte. Ribadisco che questi era solo all’interno del veicolo».
L’appunto nel cassetto. Ma la polizia giudiziaria del procuratore aggiunto Luca Turco ha fatto anche un’altra incredibile scoperta: nel fascicolo intestato a Vigilanti, presente nell’archivio della Sam – che oggi si trova al «Magnifico», dove aveva sede anche il Gides di Michele Giuttari – ha trovato un appunto del Sisde – il servizio segreto civile – redatto nel novembre 1985 ma totalmente ignorato. L’autore dell’appunto, firmato M.M., segnala che «si è avuta l’opportunità di rilevare, da più parti, segnali e indicazioni su di un certo Vigilanti Giampiero». L’agente dei servizi, che aveva redatto anche una sorta di ’brutta’ non trasmessa ma rimasta negli archivi, scrive anche che «sarebbe in possesso di altre armi non denunciate e opportunamente ben nascoste»; che «è solito allontanarsi da casa e ritornare a notte fonda»; e che «è sua abitudine spostarsi in autovettura portando con sé due cani».
La zampata. Quest’ultimo particolare, molto suggestivo, fa tornare alle fotografie della scena del delitto di Calenzano sviluppate dai Ros: vicino alla scarpone militare (all’epoca si identificò in una misura 44) ci sono anche i segni «freschi» dei polpastrelli di un animale. Purtroppo, a quei tempi, le tecniche di investigazione erano assai arcaiche. Dalle stesse foto recuperate dai carabinieri (i cadaveri vennero scoperti la mattina), si vede una vera e propria folla di gente ed un maresciallo che cerca di proteggere l’area. Ma quell’impronta, ben definita soltanto oggi, non è una suola «comune».

https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/rullino-impronta-mostro-1.4846842

22 Ottobre 2019 Stampa: La Nazione – In un vecchio rullino l’impronta del Mostro
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