Il 27 Agosto 2010 rilascia testimonianza Francesca Raspati.

Questa la testimonianza: Testimonianza RASPATI Francesca 27 agosto 2010

Questa la trascrizione:

Il giorno 27, il mese di agosto, dell’anno 2010, alle ore 12,25, in Perugia, c/o Procura, in Via Fiorenzo di Lorenzo n. 22/24, dinanzi al Pubblico Ministero Dr. Giuliano Mignini sost. (ufficio sito al terzo piano del palazzo), assistito dall’App. CC. Danilo Paciotti, è comparsa la Signora RASPATI Francesca, la quale, richiesta delle generalità, risponde: ” Sono e mi chiamo : “ RASPATI Francesca, nata a Perugia il 4.10.1969, res. a Corciano (PG), Via Pietro Nenni n. 52. Mi sono presentata di mia iniziativa perché sono venuta a conoscenza di fatti che credo siano importanti e, in ogni caso, sento il dovere di dire tutto quello che so.

Ho conosciuto nell’ottobre 2009 Alessandra Arioti, che è la figlia del Dr. Alfredo Arioti, magistrato ora in servizio ad Ancona. L’ho conosciuta a scuola di mio figlio “Baby Village” di Lacugnano. Lei è madre di Lucrezia di cui ignoro il cognome. Dopo qualche mese, venuta a conoscenza da Alessandra che la stessa sarebbe magistrato ed opera a Foligno e a Gubbio, ho avuto l’occasione di frequentarla e siamo diventate amiche. Nell’ambito di questa amicizia, abbiamo spesso parlato del più e del meno. Nel 2007 era uscito un libro intitolato “La strana morte del Dr. Narducci” che conteneva, tra l’altro, il riferimento a dichiarazioni da me rese in Procura sulla vicenda. Questo fatto mi ha incuriosito anche perché si ha l’impressione che, dietro a questa storia, vi siano ambienti potenti e influenti. Allora, spinta da questa curiosità, ho chiesto ad Alessandra un consiglio su che cosa avrei potuto fare e lei mi apparve stranamente più preoccupata di me. Anzi, preoccupatissima. Mi disse: “Tu non devi assolutamente apparire. Hai un bambino di tre anni. Quelli sono dei pazzi!”. Poi mi esortò a nominare subito un legale e fare in modo che il mio nome venisse rimosso da quel libro. Io non ero così preoccupata, anche perché avevo letto il libro che non diceva cose false e rimasi stupita dalla evidente preoccupazione di Alessandra. Io le dissi che l’indomani sarei venuta da lei, cioè dal Dr. Mignini. In quel momento, Alessandra concordò con me. In quell’occasione aggiunse che quella sera doveva vedere un avvocato che poteva seguire la vicenda. Ma quello che accadde il giorno dopo, mi stupì ancora di più. Io avevo il numero di cellulare di Alessandra ma lei non aveva il mio. La mattina alle 8 circa, comunque prestissimo, mi chiamò la Scuola, in particolare una certa – tata – Viviana che faceva le veci della titolare. Mi disse che Alessandra Arioti doveva parlarmi urgentemente e che dovevo richiamarla subito. Mi fece presente che Alessandra le aveva detto che si trattava di una cosa urgente. Allora io la richiamai subito al suo cellulare che è il numero 347/4449167 e lei mi terrorizzò e mi spaventò. Mi disse: “Non devi andare da Mignini. Assolutamente devi togliere il tuo nome. Hai un bambino di tre anni. Quella è gente pericolosa”. In pratica, dovevo far togliere il mio nome dal libro e dal sito. Quando la rividi verso le 14, perché andai a riprendere il bambino a scuola, Alessandra mi volle subito indicare il nome di un avvocato di sua conoscenza, di Roma, che si chiama 2 Pierpaolo e il cognome che inizia con una V. Si raccomandò che non chiamassi avvocati di Perugia perché disse: “cane non mangia cane”. Qualche tempo dopo, durante una merenda a Città della Domenica, organizzata dalla madre di una bambina, Alessandra cominciò a parlare davanti a tutti della vicenda del “Mostro di Firenze” per arrivare, poi, a spiegare la differenza tra Massoneria e Opus Dei che dominerebbero, secondo lei, Perugia. Alessandra, nel dire questo, aggiungeva: “ Io queste cose le so” ma faceva capire con i gesti che non poteva parlare. Parlò anche del fatto che queste persone si riunissero in un ambiente di Piazza Piccinino. Qualche tempo dopo incontrai questo avvocato all’Holiday inn ” di Perugia e gli portai il libro e gli dissi che era apparso il mio nome. Anche l’avvocato mi spaventò dicendomi che dovevamo fare in modo di rimuovere il mio nome dal libro e soprattutto toglierlo dal sito internet “www.insufficienzadiprove.it” mi garantì che si sarebbe subito attivato per adottare le iniziative più oppurtune. Continuò a contattarmi nei giorni successivi ragguagliandomi sugli sviluppi della situazione. Io non ero convinta di questa iniziativa e non volevo spendere denaro. L’avvocato si raccomandò vivamente che non venissi a parlare in Procura da lei perché ci sarebbe venuto lui. Durante una delle tante telefonate, l’avvocato mi disse anche che, per dare seguito a quanto mi aveva preannunciato, avrebbe dovuto portare a cena certe persone della Polizia Postale e che in più ci sarebbero state spese da sostenere, quindi avrei dovuto anticipargli 1.000,00 euro. Io rifiutai e chiusi i rapporti con lui. Ciò irritò Alessandra Arioti in quanto secondo lei correvo dei rischi notevoli alla incolumità mia e della mia famiglia. Nel corso dei miei colloqui con Alessandra, la stessa mi ha ripetutatmente accennato ad un episodio avvenuto nei giorni della scomparsa del prof. Narducci e più precisamente il giorno in cui trovarono il cadavere. In particolare, Alessandra mi ha detto tante volte che, quando fu trovato il cadavere, Ugo Narducci, padre di Francesco, chiamò suo padre Afredo Arioti. Questo avvenne in un pomeriggio, questo mi ha riferito Alessandra. Lei ha aggiunto che ricorda bene che suo padre Alfredo, nel parlare con Ugo Narducci, faceva riferimento alla lettera ritrovata nella finestra della casa di San Feliciano e al fatto che il cadavere dovesse essere portato non all’obitorio ma a San Feliciano. Lei ha sempre ripetuto di ricordarsi benissimo di questa telefonata. Questo è quello che lei ricorda alla perfezione. In pratica, il padre parlava con Ugo Narducci di queste cose, alla presenza di Alessandra. La stessa mi ha poi confidato che, finita quella telefonata, lei chiese al padre di cosa si trattasse e quest’ultimo le disse che aveva parlato con Ugo Narducci e che era stato ritrovato il cadavere di Francesco, ma le intimò di non farne parola con nessuno. Alessandra mi ha anche detto di essere tornata più volte sull’argomento col padre, ma di essere stata sempre costretta a non parlarne. Non so dirle fino a quando Alessandra rivolse queste domande al padre, so soltanto che lo fece in più occasioni ricevendo sempre le stesse risposte. Queste cose Alessandra me le ha dette all’inizio di quest’anno e me le ha sempre confermate. Alessandra la vedo spesso e penso la rivedrò perché i nostri figli frequentano la stessa scuola. Aggiungo anche che lo scorso mese di luglio, ho avuto modo di incontrare Nazzareno Moretti, che è il titolare del’impresa funebre che opera nella zona di Magione ed Ellera. Nel corso del nostro incontro, incuriosita da questa vicenda, gli ho chiesto se fosse stato mai sentito dal P.M. e lui mi ha risposto di essere stato sentito più volte e che la mattina in cui fu trovato il cadavere a Sant’Arcangelo, lui si raccomandò affinchè venisse presa una bara più grande del solito perché le dimensioni di quel cadavere erano sopra la norma. Di questo si ricorda benissimo, come si ricorda di tutte le stranezze, così le chiamò, che erano avvenute nel trasporto, compreso il fatto che il Questore era nel suo carro funebre durante il trasporto del cadavere verso l’obitorio e che, a un bivio, il carro funebre fu fermato da una persona che lo fece deviare verso la villa di San Feliciano dei Narducci. Nazzareno mi ha anche detto di essere rimasto offeso dal fatto che, portato il cadavere nella villa di San Feliciano, fosse subentrata alla sua un’altra impresa funebre.

Questo è quanto avevo intenzione di dire.

Si dà, altresì, atto che il presente verbale è stato redatto solo in forma riassuntiva, a norma e nel pieno rispetto degli artt. 140, secondo comma e 373 c.p.p., sia perché il contenuto dell’atto non 3 presenta un alto grado di complessità e comunque può essere soltanto riassunto, nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 140, secondo comma c.p.p., sia perché non risulta attualmente disponibile né lo strumento di riproduzione né l’ausiliario tecnico e la mancata riproduzionme fonografica non implica alcuna conseguenza processuale (vds. Cass. Sez. II sent. n. 9663 dell’8.10.1992, cc. del 01°.07.1992, che riguarda addirittura il dibattimento; Cass. Sez. III, sent. n. 3348 del 29.01.2004, ud. Del 13.11.2003, rv 227492). A norma dell’art. 140, secondo comma c.p.p., lo stesso p. verbale dinanzi al giudice può essere redatto anche solo in forma riassuntiva e, a maggior ragione, può esserlo quello dinanzi al PM (vds. art. 373 c.p.p.). Il verbale viene chiuso alle ore 13,10 e si dispone l’allegazione di copia del presente p. v. al fascicolo n. 13238/10/44..

L.C.S.

IL PUBBLICO MINISTERO (Dr. Giuliano Mignini sost.)

APP. CC. Danilo Paciotti

27 Agosto 2010 Testimonianza di Francesca Raspati

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