Il 20 Febbraio 2005 rilascia testimonianza Vittorio Ciardino Ciardi, nato il 17 aprile 1921 a Signa ed ivi residente in via Degli Arrighi nr. 4, ex fattore dei Conti Croff, proprietari dal 1954 al 1982 di villa Castelletti e di tutta la proprietà annessa.

In questa sede, il teste dichiarava che:

– nel 1950, provenendo dalla provincia di Pisa, si era trasferito a Castelletti di Signa lavorando come fattore presso la tenuta di villa Castelletti, che all’epoca apparteneva alla famiglia CABRINI. Nel 1954, nella proprietà era poi subentrata la famiglia dei Conti CROFF per i quali aveva continuato a lavorare;
– la proprietà era composta di circa 220 ettari di terreno, sul quale erano dislocate anche alcune case coloniche, magazzini e stalle per gli animali. In una casa, ubicata al civico 3 di via Castelletti abitava lui con la sua famiglia, ai civici 4, 5 e 6 vi abitavano tre famiglie di operai che si chiamavano NOCI Alfredo, coniugato con tale Giuseppina GALLI Emilio, coniugato con Assunta BARDAZZI, e GALLERINI Ruggero, coniugato con Zeara NOCI, tutti con le rispettive famiglie. Precisava che di costoro adesso non ci abitava più nessuno e che le tre case, dopo il 1985, avevano preso una numerazione unica. Aggiungeva che tutti avevano dei figli che forse abitavano nella zona e di esser certo che l’unico
ancora vivo era il Gallerini Ruggero;
– Villa Castelletti aveva la numerazione civica 7 e 8, e precisamente al civico 7 vi era un istituto fondato dai CROFF, dai quali prendeva anche il nome per bambini orfani. Negli anni 60 ricordava che i bambini oscillavano fra i 40 e 50 bambini più circa 7 o 8 persone addette ai servizi. Al civico numero 8 invece si trovava la residenza dei CROFF.
Al civico numero 9 si trovava un’altra casa, che attualmente era sommersa dal lago, e lì all’inizio ci abitava il giardiniere, ma negli anni 60 vi abitava Dino GIOVANNELLI, coniugato con Giulia GIORGETTI, attualmente entrambi deceduti ed il figlio. La casa era stata sommersa nel 1970/1972. Al civico 10 abitava la famiglia di Guido SARTI, che si componeva di 8 elementi. Al civico 11 vi abitava la famiglia di Luigi PICCINI, che si componeva di 8 persone. Al civico 12, vi abitava la famiglia di Vittorio
SARTI, che si componeva di 3 persone. Al civico 13, vi abitava la famiglia Bruno BANCI, che si componeva di 4 persone. Al civico 14 vi abitava la famiglia Attilio PICCINI, e la casa si trovava dall’altra parte della strada e proprio davanti al luogo ove era avvenuto l’omicidio. Spiegava che dai suoi ricordi l’unica famiglia che era stata interrogata dopo il delitto del 1968 era stata proprio quella del PICCINI
Attilio e che non era stata sentita alcun’altra persona;
– del delitto del 21 agosto 1968 aveva appreso la notizia da un operaio, Piero CAFAGGI, che gli aveva riferito che la mattina mentre transitava in bicicletta dalla strada aveva notato una macchina ferma lungo il Vingone e la presenza vicino all’auto dei Carabinieri. Aggiungeva però di ricordare che, dopo un paio di giorni, erano intervenuti anche i pompieri per effettuare ricerche nel fiume. Per quanto riguardava le due persone uccise, ricordava che non erano stati fatti commenti fra gli operai e che aveva appreso che si trattava di due persone che abitavano a Lastra a Signa e che non erano conosciute, in quanto non native del luogo;
– l’autovettura era rimasta sul posto piantonata dai Carabinieri per un paio di giorni è poi era stata portata via. Ricordava con precisione che l’autovettura era rimasta sul posto forse anche per tre giorni e che sicuramente era lì quando i Vigili del Fuoco avevano effettuato la bonifica del luogo;
– la strada ove era successo l’omicidio era stata fatta costruire dai Conti CROFF nel 1967 e la stessa costeggiava tutto il Vingone, fino a ricongiungersi alla SS 67, chiamata Pistoiese. Precisava che nel 1968 era tutta sterrata a ciottoli di fiume;
– in via della Beccheria (non ricordava il civico preciso ma si dichiarava disponibile a accompagnare personale dipendente) all’epoca vi abitava un colono, che era alle sue dipendenze, tale Egidio LENZI, il quale era coniugato con Ernesta MARRETTI, la quale era conosciuta nella zona in quanto si diceva che fosse capace di levare il malocchio. Aggiungeva che la casa dove abitavano i coniugi LENZI, si trovava, provenendo dal cimitero di Signa, in direzione di Villa Castelletti, prima di arrivare alla villa, subito dopo il calzaturificio sulla destra e che la particolarità di quell’immobile era che anche nel 1968 aveva il tetto a embrici, e un’altra parte in tegole normali, tanto che la cosa certamente colpiva chi la vedeva. La casa prima di arrivare a quella dove
abitavano i LENZI, distante circa 300 metri invece aveva un tetto molto particolare in quanto era composto da più tetti piccoli, dando così una forma particolare al tutto. Quest’ultimo immobile era abitato dalla famiglia di Giovanni BUZZEGOLI, che era vedovo ed aveva tre figli
maschi, Giuseppe, Giampiero e altro di cui non ricordava il nome;
– la famiglia del LENZI Egidio si componeva, oltre che della moglie Ernesta, del figlio Luciano, dello zio Ermindo, di sua moglie Isolina MACARELLI, dalle loro tre figlie Fiorenza, Loredana e Graziella. Fiorenza era deceduta circa dieci anno orsono all’età di 60 anni circa, mentre Loredana, di circa 65 anni, abitava in centro a Signa ed era coniugata
con tale BAMBAGIONI; infine Graziella anch’essa residente a Signa aveva circa 60 anni ed era coniugata. Non ricordava se costoro nel 1968 fossero già sposate. LENZI Egidio, invece, aveva un figlio, di nome Luciano che
all’epoca aveva circa 25/30 anni. Anche lui comunque era deceduto;
– la moglie di Lenzi Egidio, MARRETTI Ernesta, era molto conosciuta da tutti sia come una grande “bacchettona”, in quanto frequentava assiduamente sia la parrocchia di San Miniato di Signa, sia la parrocchia di Signa, sia perché levava il malocchio, sia agli animali che agli uomini. Aggiungeva che capitava che se si trattava di persone della zona,
l’Ernesta andasse a casa loro, altrimenti se si trattava di persone che venivano da fuori li riceveva a casa sua, e che per quanto era a sua conoscenza la stessa per le sue pratiche non percepiva alcun compenso. Precisava che la donna era deceduta circa 15 anni orsono.

Dopo l’assunzione di informazioni, il Ciardi mostrava a personale di quest’ufficio le abitazioni delle famiglie Lenzi e Buzzegoli di cui aveva parlato.

Si è così accertato che:
– in via della Beccheria si trovano ubicati i due immobili in questione, nei quali abitavano all’epoca le famiglie LENZI e BUZZEGOLI;
– a circa 200 metri dall’inizio della via, è situata la villetta dei BUZZEGOLI che é su due piani, con tetti costruiti su livelli diversi, recintata da mura con due cancelli in ferro e dà su un grande cortile. Da quel cortile si accede all’entrata della villetta, che dà su di una sorta di veranda chiusa, al di sopra della quale vi sono due piccole finestre (vedi foto nr. 1 – 4).(MAPS)

Nella porzione di immobile che si affaccia sulla via, si trovano quattro finestre (vedi foto nr. 3) e nella porzione laterale (vedi foto nr. 2) si trovano due piccoli capanni adibito per deposito degli attrezzi. Su tutta la porzione laterale (vedi foto nr. 5), vi sono tre finestre a piano terra, una finestra grande al piano superiore e sullo stesso piano altre due finestre di piccole dimensioni.

A circa 200 metri dalla villa dei BUZZEGOLI è situato l’immobile dei LENZI che si presenta su tre piani (vedi foto nr. 6 – 7 – 8 – 9 -), piano terra con due porte finestra d’ingresso, al piano primo ci sono due finestre a forma d’arco, corredate di due balconcini in ferro ed al piano mansarda, due piccole finestre. La porzione opposta dello stabile (vedi foto nr. 14) presenta nr. 4 finestre di dimensioni ed altezze diverse. (MAPS)

L’immobile sembra che sia composto da tre porzioni distinte con il tetto della porzione centrale e più basso delle due porzioni laterali. Si accertava che i due immobili posti sulla stessa via distano circa 300/400 metri dal luogo dove è avvenuto l’omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco (Foto nr. 10 e 12).

Dal Gides 2 Marzo 2005 Nota riassuntiva Nr.133/05/GIDES Pag.105/116

20 Febbraio 2005 Testimonianza di Vittorio Ciardino Ciardi

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