Il 20 Dicembre 2002 viene consegnata da parte del Prof. Giovanni Pierucci, come da incarico del 28 maggio 2002, la relazione autoptica sul cadavere riesumato di Francesco Narducci.

Questa la perizia autoptica: Autopsia di Francesco Narducci del Prof. Giovanni Pierucci

Il cadavere nella bara era in ottimo stato di conservazione, ancora riconoscibile, il cadavere risultò essere corificato. Questa condizione consentì l’esecuzione di tutti gli esami chiesti dai magistrati (Dna, chimici, istologici, tossicologici).

Ci si sarebbe aspettato che capelli, peli e unghie fossero integri ma distaccati, invece il corpo esaminato a Pavia ha capelli folti castano chiari al capo, unghie e peli integri al loro posto, compresi quelli pubici. In particolare i capelli di aspetto normale sono incompatibili con la descrizione del cadavere del pontile nel quale risultavano asportati e radi.

I vestiti erano in perfetto stato di conservazione ma diversi da quelli scelti dalla moglie. Il corpo indossa pantaloni blu, chiusi, non elasticizzati e taglia 48 small, (assolutamente incompatibili con il cadavere gonfio ripescato al lago Trasimeno nel 1985). Indossava un giubbetto in maglia, di lana, con zip allacciata e una camicia di colore chiaro, impossibile da stabilire se tagliata dietro perché sfaldatasi al primo contatto.

Sui fianchi, sotto i vestiti a contatto con la pelle, presenta uno strano telo ricamato con spighe d’oro. Si tratta di: “un telo rettangolare in lino, con bordi a crochet con motivo ornamentale a cinque fori ripetuti in sequenza e minuziosamente ripiegati“. È posizionato sotto i boxer in cotone e avvolge la salma anche posteriormente. Annota la Carlesi: “Non vi è alcuna agevolazione alle operazioni di vestizione nel posizionare in tale modo un panno di lino libero, non vincolato, mantenendone nel contempo scrupolosamente i bordi ripiegati posteriormente. Tale manovra denota uno sforzo mirato e congiunto di più operatori“. Chi vestì la salma, gli addetti dell’impresa funebre, giurano di non averlo messo. Per chiarire meglio il significato del telo verrà comunque disposta una ulteriore perizia, affidata al professor Massimo Introvigne, uno dei massimi esperti di nuove religioni e culti magico-esoterici ma anche esperto di tradizioni funerarie.

L’encefalo del Narducci è sufficientemente ben conservato, cioè non è andato incontro al processo di degenerazione che la fase cromatico-enfisematosa del cadavere ripescato avrebbe comportato.

La modalità di decesso presunta, l’annegamento, che “potrebbe in via ipotetica trovare tracce di avvenuta applicazione attraverso l’obiettivazione di diatomee negli organi del circolo genitale“, ma di queste microscopiche alghe unicellulari non c’è traccia.

Durante l’autopsia sul corpo riesumato viene eseguita una prudente operazione di dissezione del blocco lingua-faringe-laringe-organi del collo al termine della quale emerge che: “il corno superiore di sinistra è vistosamente fratturato alla sua metà circa, con lussazione del moncone distale e formazione di una sorta di ginocchio al vertice dei due segmenti fratturativi. In corrispondenza di esso, il periostio-pericondrio risulta minutamente lacerato“. La frattura è causata da “asfissia meccanica violenta prodotta mediante costrizione del collo, o di tipo manuale (strozzamento) o mediante laccio (strangolamento), secondo una modalità omicidiaria“.

Viene anche rilevato l’oppiaceo di sintesi meperidina o petidina, ad azione analgesico-narcotica, in estratti acquosi dello stomaco, della colecisti e della vescica, nell’encefalo e nei capelli. A questa sostanza il Narducci evidentemente faceva ricorso negli ultimi mesi di vita ed elevata è stata ritenuta la concentrazione della meperidina nell’encefalo. Va tenuto conto, peraltro, della rilevante riduzione di peso subita dall’encefalo (da 1.400 a 400 grammi), con conseguente perdita della componente di liquidi e proporzionale concentrazione nel tessuto residuo ricco di lipidi. Se si tiene conto di questo e si corregge l’eccesso di concentrazione, il dato conseguente di 2-3 microgrammi, che ne deriverebbe, riflette concentrazioni superiori alla dose terapeutica, indicata in 0,8 microgrammi/ml sino a sfiorare la soglia tossica di 5 microgrammi/ml che è, comunque, inferiore alla soglia letale, che si situa tra gli 8 e i 20 microgrammi/ml. Sarebbe addirittura inferiore e non di poco al valore minimo dell’arco di concentrazione letale.

La mancanza di diatomee esclude l’affogamento e affermato che la rottura del corno superiore sinistro della cartilagine tiroidea è segno inequivocabile di un’azione traumatica di rilievo, attuata in modo concentrato sulla regione laterale sinistra del collo. La letteratura scientifica valuta la rottura di uno o entrambi i corni come tipici dello strozzamento, assai di più della rottura dell’osso ioide o delle altre strutture laringee, quali la lamina tiroidea e la cartilagine cricoide.

L’eventuale osservazione microscopica di proliferazione batterica particolarmente abbondante, favorita da fenomeni microemorragici, potrebbe essere segno indiretto del carattere vitale della lesione fratturativa riscontrata. L’abbondante presenza di miceti è stata effettivamente riscontrata dal professor Pierucci.

Questi i punti salienti della perizia, riconosciuti anche dai consulenti delle parti private:

a) Narducci negli ultimi mesi di vita – sei, secondo la consulenza di parte Spagnoli – faceva uso ripetuto e con una certa continuità di petidina o meperidina, oppiaceo di sintesi ad azione analgesico narcotica, le cui tracce sono state rinvenute nell’encefalo e nei capelli del cadavere nonché nello stomaco, a dimostrazione che l’assunzione avveniva in forma orale e che l’ultima era stata piuttosto recente rispetto al momento del decesso;

b) la lunghezza del cadavere era di un metro e ottanta centimetri, che corrispondeva a quella in vita;

c) sono stati rinvenuti anche gli esiti di una frattura che Narducci aveva contratto da ragazzo, durante una discesa con gli sci, e l’esame radiologico conferma l’età tra i 25 e i 45 anni;

d) nessuna prova dell’annegamento, vista la mancanza di diatomee, anche se si tratta di un dato neutro che non esclude di per sé la possibilità. Il valore di indizio certo di annegamento attribuito alle diatomee è infatti circoscritto ai soli casi di cadavere recente;

e) riguardo la frattura del corno ioideo, che per Pierucci “si ritiene avvenuta in vita”, “rende quantomeno probabile che la causa della morte sia un’asfissia meccanica violenta prodotta mediante costrizione del collo o di tipo manuale (strozzamento) o mediante laccio (strangolamento), secondo una modalità omicidiaria”. Tale scenario, secondo la Procura perugina, non è immaginabile nemmeno con l’impiccagione, la cui azione fratturativa si svolge con la retropulsione dello ioide e della tiroide contro le vertebre, mentre la tendenza delle due formazioni alla divergenza reciproca viene contrastata e impedita dalla membrana e dal legamento tiro-ioideo. Nello strozzamento invece l’azione si svolge direttamente in un area limitata e riguarda un segmento piccolo e protetto, perché esso è raggiunto nella sua relativa profondità da questa specie di sperone durante la presa manuale.

20 Dicembre 2002 Consegna perizia autoptica della salma di Francesco Narducci riesumata
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6 pensieri su “20 Dicembre 2002 Consegna perizia autoptica della salma di Francesco Narducci riesumata

  • 7 Giugno 2021 alle 12:17
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    “si prospettano DUBBI…”

    “le INCERTEZZE in tema di identificazione, si ripercuotono pure sulla valutazione dell’EPOCA DI MORTE…”

    “Non si sono riconosciute tracce di annegamento sotto forma di geo- e fitoplancton nei visceri. Il dato negativo di per sè, comunque, NON ESCLUDE L’ANNEGAMENTO”

    “i DUBBI identificatori si riflettono PURE sulla precisazione della CAUSA della morte…”

    “il rinvenimento di mepedrina in diversi organi-tessuti del cadavere PONE IL PROBLEMA del ruolo letifero di tale oppiaceo, O ANCHE quello dell’EVENTUALE influenzamento di MODALITA’ SUICIDIARIE o ACCIDENTALI o ANCHE OMICIDIARIE…”

    “l’obiettiva frattura del corno superiore sn (parzialemente calcificato/ossificato), che SI RITIENE avvenuta in vita, rende quanto meno PROBABILE che la causa della morte…”

    Insomma, dubbi, incertezze, possibilità, opinioni, non esclusioni, probabilità.

    ehm ehm…
    Sicuri che questa perizia ci possa dire che FN sia stato per certo assassinato?

    Le “conclusioni”, da cui ho estrapolato alcuni passaggi e punti, nei fatti documentali lasciano aperta una vasta gamma di opzioni: annegamento, suicidio e delitto (dato per maggiormente probabile perchè: ad anni di distanza, osservando la rottura di un osso parzialmente calcificato/ossificato lo si è “RITENUTO” rotto in vita in data coerente del delitto, nonostante si sia detto che “esistono INCERTEZZE” circa “l’EPOCA DELLA MORTE”).

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    • 7 Giugno 2021 alle 12:54
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      Dubbi leciti, che denotano una non conoscenza del “linguaggio” medico.

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  • 7 Giugno 2021 alle 14:44
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    quale sarebbe il linguaggio medico a cui far riferimento per una corretta interpretazione? Dove posso trovarne un decalogo, cercando in rete su Google non son riuscito a trovare riferimenti. thx

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    • 7 Giugno 2021 alle 17:01
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      Provi a farsi fare una diagnosi e chieda subito dopo se quella diagnosi è certa al 100%. Vogliamo scommettere che nessun medico scriverà mai che c’è la certezza al 100%? La medicina non è scienza esatta e non esiste medico che non impari al suo primo anno da medico a non pararsi le spalle, specie in una società come l’attuale. Anche chi diagnostica sui morti si comporta alla stessa maniera. Ecco perchè niente di confermativo è espresso con certezza.

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      • 8 Giugno 2021 alle 18:47
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        Ah, ma allora mi state dando ragione; mi era parso che aveste cercato di dirmi l’opposto. Ma vedo che invece stavate spalleggiando ciò che avevo scritto, come si evince dall’applicazione del linguaggio medico (“diagnosi non certa al 100%”, “la medicina non è scienza esatta”, “niente di confermativo è espresso”). Nessuna certezza, nessuna affermazione di morte per motivo o per un altro, come del resto già si leggeva a più riprese in italiano corrente, e medico ed extramedico, nella perizia: e quindi dire morto per causa X è sbagliato.

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        • 9 Giugno 2021 alle 00:12
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          No, diciamo che un medico usa sempre un linguaggio prudente. Se ti viene fatta diagnosi di polmonite e tu chiedi se è certo ti risponde all’80% anche se è certo al 100%. Poi ti prescrive una terapia. Se ti dice 80%, tu la terapia la rifiuti? Se la rifiuti perchè non capisci il suo linguaggio il medico ti prescrive una lastra toracica e ti dice dopo che è certo al 90%. Se ancora non sei soddisfatto ti fa fare una tomografia computerizzata e ti dice che è certo al 95%. Se ancora non sei convinto di manda da uno specialista, ma non ti dirà mai che è certo al 100%. Dalla prima diagnosi ti sei beccato una scarica di raggi e probabilmente la tua polmonite è peggiorata.
          Quindi anche in una perizia autoptica il medico si lascia un margine di possibile di errore, pur essendo certo della sua conclusione. Alcune persone comprendono il linguaggio medico (conseguente alle continue conflittualità che si sono sviluppate negli ultimi 40 anni), altri non lo comprendono e pensano che sia espressa una non certezza.

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