15 Luglio 1994, 30° udienza, processo, Pietro Pacciani

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Arturo Minoliti, Francesco De Fazio, Giovanni Beduschi, Salvatore Luberto, Ivan Galliani, Giovanni Pierini, Francesco Bruno, Riccardo Lamperi con intervento di Pietro Pacciani

Dato che le registrazioni presentano un audio non perfetto possono sussistere errori di trascrizione, nel caso se ne trovino durante la lettura contattateci per la eventuali correzioni: redazione@mostrodifirenze.com

Presidente: Bene, signori buongiorno. L’udienza è aperta. Ci siamo tutti. L’imputato è assistito dall’avvocato Bevacqua, anche in sostituzione dell’avvocato Fioravanti. Benissimo. Molto bene. Allora, diteci che cosa ci aspetta stamani.  
P.M.: Presidente, il P.M. intenderebbe sentire gli ultimi, anzi, l’ultimo teste, che è il maresciallo Minoliti. Dopodiché sono oggi presenti i periti dell’università di Modena, dell’Istituto di Medicina Legale, che hanno provveduto a fare quella perizia che è in atti relativa alla ricostruzione della dinamica in epoca antecedente all’imputazione a carico del Pacciani.  
Presidente: Benissimo. allora, sentiamo il maresciallo Minoliti.  
P.M.: Minoliti, sì.  
Presidente: Maresciallo, buongiorno. Si accomodi. Lei era già stato sentito, vero?  
A.M.: No, Presidente.  
Presidente: No. Nell’ambito…  
P.M.: No, mai sentito.  
Presidente: Lo vediamo sempre. E allora le generalità e poi la formula magica da leggere.



A.M.: Maresciallo Minoliti Arturo, comandante della Stazione di San Casciano Val di Pesa, Firenze. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di guanto a mia conoscenza”.  
Presidente: Benissimo. Allora risponda, per cortesia, alle domande del Pubblico Ministero.  
P.M.: Presidente, così per chiarezza e per metodo, volevo riassumere alla Corte che al maresciallo Minoliti, essendo l’ultimo teste del P.M. come Polizia Giudiziaria e avendo fatto parte il maresciallo Minoliti delle indagini, come componente i Carabinieri e all’interno delle SAM, farò delle domande su argomenti vari che sono già stati trattati, per completezza. Le domande sono diverse. Dicevo, la prima è questa: se il maresciallo Minoliti, se ricorda di aver fatto accertamenti anagrafici sulle vicende appunto anagrafiche della signora Sperduto Maria Antonia. Soprattutto per guanto riguarda il trasferimento di questa signora dalla via Chiantigiana a via Faltignano; e da lì a dove è andata, mi sembra a Poggibonsi, e in che epoca. Perché alcuni testi ci hanno raccontato movimenti di questa signora a seguito prima della morte del marito e altre vicissitudini; mi sembra importante focalizzare, se lei lo ha fatto, attraverso le vicende anagrafiche, per quanto riguarda la via di Faltignano, quando ci andò ad abitare e da quando si trasferì altrove.
A.M.: Sì.  
P.M.: Se lei ha dei documenti, meglio ancora.  
Presidente: Vogliamo dire da quando presta servizio a San Casciano…  
P.M.: Sì, certo.  
Presidente: … e da quanto si occupa di queste indagini, prima?  
P.M.: Certo. È vero, lo avevo dato erroneamente per scontato.  
A.M.: Allora, mi sono interessato delle indagini dal ’91, perché io sono giunto a San Casciano quale Comandante di Stazione esattamente il 25 aprile 1991. E precedentemente alla scarcerazione del Pacciani Pietro, siccome erano… dovevano essere attuati degli accertamenti e delle attività di Polizia Giudiziaria, venni contattato dal dottor Perugini che mi mise al corrente di quanto naturalmente doveva poi successivamente accadere. Cioè, successivamente alla scarcerazione del Pacciani.  
P.M.: Le indagini che intendevano fare. Prima del suo trasferimento a San Casciano, si era mai occupato di queste indagini lei?  
A.M.: Sì, mi ero occupato, perché dal giugno dell’82 fino al 25 aprile 1991, prestavo servizio quale Sottufficiale in sottordine alla Stazione di Scandicci, ragion per cui mi sono interessato di tutte quelle attività di indagine che venivano di volta in volta disposte dall’autorità giudiziaria in merito ai duplici omicidi.  
P.M.: Bene. Allora torniamo alle vicende anagrafiche della signora Sperduto Maria Antonia.  
A.M.: Allora, la signora Sperduto Maria Antonia, come risulta dal cartellino rilevato presso l’ufficio anagrafe del comune di San Casciano Val di Pesa, si è trasferita anagraficamente in via Faltignano, numero 5/A esattamente in data 30/12/1980.  
P.M.: Quindi, mi scusi, per focalizzare, poco dopo la morte del marito.  
A.M.: Esattamente, perché la morte del marito risale al…  
P.M.: Quello che si suicidò… quella vicenda lì.  
A.M.: Esatto. Risale al 24 dicembre del 1980, di quello stesso anno.  
P.M.: Quindi, pochi giorni dopo si trasferisce in via Faltignano.
A.M.: Anagraficamente, sì.  
P.M.: Bene. Quanto rimane in questa…
A.M.: Successivamente lei si trasferisce per il comune di Poggibonsi in data 6 luglio del 1983.
P.M.: ’83. Quindi nell’85, omicidio del 1985, almeno anagraficamente, la signora Sperduto non abita più in via di Faltignano.
A.M.: Esatto.  
P.M.: Ha qui lei con sé i documenti dell’anagrafe?  
A.M.: Ho qui il cartellino originale dell’anagrafe del Comune di San Casciano Val di Pesa, di cui ho anche copia, se la Corte…  
P.M.: Ecco, io chiedo poi che sia acquisito agli atti, perché è un documento importante ai fini, ovviamente, di questo solo punto. Passando ad un altro argomento, Maresciallo, vorrei chiederle questo: lei si è occupato sia delle perquisizioni a carico del Pacciani, sia delle indagini insieme alla SAM?  
A.M.: Sì.  
P.M.: Ecco. Un teste, recentissimamente, ci ha detto di aver visto Pacciani su un auto che gli è sembrata una 132, mi sembra abbia detto.  
Presidente: Cioè una persona che gli è sembrata Pacciani.  
P.M.: Sì, certo, certo. Chiedo scusa, una persona che assomigliava, o almeno a lui. Lei ha mai accertato se Pacciani ha posseduto auto di questo genere?  
A.M.: Sì, abbiamo fatto degli accertamenti, ma non risulta un’autovettura di…  
P.M.: Di questo tipo.  
A.M.: … del tipo che mi dice.  
P.M.: Per caso, fra le persone che nel corso del processo, amici o conoscenti del Pacciani, sono stati, per cosi dire, sottoposti ad accertamenti, c’è qualcuno che risulta dalle vostre indagini già fatte, ovviamente, che possedesse un’auto simile alla 132? O un’auto uguale?  
A.M.: Sì, in effetti abbiamo una persona, ed esattamente il signor Faggi Giovanni…  
P.M.: Che voi avete perquisito, fra l’altro.  
A.M.: … che è stato posto a perquisizione, il quale, nel periodo andante dal 14 gennaio ’83, fino al 30 dicembre del ’92, ha posseduto un’autovettura FIAT Argenta di colore grigio metallizzato.  
P.M.: Fu accertato, all’epoca, che targa aveva quest’auto?  
A.M.: Sì, esattamente. Nel corso della perquisizione che fu effettuata nei suoi confronti, la stessa fu estesa anche all’autovettura, come di prassi nelle operazioni…  
P.M.: Era una FIAT Argenta.  
A.M.: Ed era una FIAT Argenta.  
P.M.: Io non sono molto pratico. L’Arge…  
Presidente: In che anno, Maresciallo, scusi?  
A.M.: Esattamente, Presidente, dal 14 gennaio ’83, al 30 dicembre del ’92.  
P.M.: C’è il documento del PRA?  
A.M.: Abbiamo un documento che praticamente, attraverso le interrogazioni della banca dati posti di Polizia…  
P.M.: Ecco, allora possiamo fornire anche questo… chiediamo che sia acquisito anche questo. Dicevo una cosa, Maresciallo, l’Argenta è un’auto che è il modello della 131, 132, sa niente in proposito?  
A.M.: È un modello che si può confondere abbastanza facilmente, ritengo, per una persona che non sia molto esperta in autovetture.  
P.M.: Con la 131, 132. Auto di questo tipo.  
Presidente: Era una macchina ibrida, che aveva elementi, ricordo, della 132, specie la fiancata. Una macchina fallita come modello, ma che…  
A.M.: Sì, sì. Posso aggiungere che è una macchina di grossa cilindrata, quella…  
Presidente: … che echeggiava la 132.  
P.M.: È una tre volumi.  
A.M.: È una tre volumi, esatto.  
P.M.: Bene, grazie. Un’altra cosa ancora, saltando ovviamente, sono accertamenti che lei ha fatto nel tempo e quindi le chiedo i risultati. Quando la Corte si recò al bivio fra via di Faltignano e via di Scopeti, nel sopralluogo, si ebbe l’impressione che quel bivio… c’era anche lei, se non sbaglio, avesse… fosse stato spostato almeno apparentemente la segnaletica. Mi sembra che lei fu incaricato di fare qualche accertamento, proprio dal Presidente, sul posto. Lei ricorda gli esiti di questi accertamenti?  
A.M.: Sì, ricordo esattamente gli esiti di questi accertamenti, anche se non è stato possibile documentarli, ma ci siamo dovuti avvalere di quello che ci è stato riferito dal Comando locale dei Vigili urbani di San Casciano e presso l’ufficio tecnico del comune di San Casciano. La posizione dei segnali di arresto orizzontale, cioè lo stop, cioè quello che è stato rilevato nel corso del sopralluogo da parte della Corte, effettivamente è più avanzata rispetto alla posizione originaria che si aveva tempo addietro. Questo tipo di cambiamento di segnalazione è stato effettuato nel corrente anno a seguito di una serie di lavori di ripristino e di aggiustamento della segnaletica stradale su tutto il Comune di San Casciano Val di Pesa.  
P.M.: Quindi di questo tipo di accertamento non c’è… non è possibile ottenere documentazione.  
A.M.: Non c’è documentazione. Assolutamente.  
P.M.: Ancora un altro argomento: quando era in atto l’intercettazione ambientale nell’abitazione del Pacciani, noi sappiamo che una certa sera – abbiamo saputo nella ricostruzione fatta da altri testi – la signora Manni rientrava da un interrogatorio come persona informata sui fatti presso l’ufficio del P.M. a Firenze, e, rientrata a casa, ci fu una sorta… noi non sappiamo, perché in casa non c’era nessuno, almeno per quello che ci hanno raccontato, c’è solo intercettazione ambientale, di litigio tra moglie e marito. Lei, a seguito di questo litigio, fu informato dai colleghi che facevano l’intercettazione ambientale, fece qualcosa, ne sa qualcosa del motivo, o cosa successe dopo il litigio?  
A.M.: Sì, esattamente. Io quella sera anzi, posso aggiungere che personalmente accompagnai la signora Manni Angiolina presso gli uffici della Procura per essere interrogata…  
P.M.: Ricorda che giorno era?  
A.M.: Era il 19 maggio dell’anno 1992.  
P.M.: Quindi dopo la cosiddetta maxi-perquisizione.  
A.M.: Esattamente.  
P.M.: Qualche giorno dopo.  
A.M.: E successivamente provvidi a riaccompagnarla a casa. Feci rientro alla Stazione e all’incirca verso le 21.30 fui informato dal personale, dai colleghi che si trovavano presso la base dove c’era tutta la strumentazione per l’intercettazione ambientale, che in casa Pacciani era in corso un diverbio fra la Manni Angiolina e il Pacciani Pietro. A seguito di questo diverbio, verosimilmente si era addivenuti a vie di fatto, tanto che la Manni Angiolina era scappata di casa. Io non ritenni all’epoca di intervenire in quanto… altrimenti avremmo, così, fatto scoprire che eravamo al corrente di quanto avveniva in casa Pacciani. Però successivamente io fui interessato dalla signora Ninci Lucia, presso…  
P.M.: Quindi lei non intervenne di iniziativa…
A.M.: Non intervenni.  
P.M.: Ecco. Ma fu qualcuno… La signora?  
A.M.: La signora Ninci Lucia, presso di cui la signora Manni Angiolina si rivolse per cercare aiuto, che mi avvertì telefonicamente perché aveva dei problemi con la guardia medica.  
P.M.: Cioè, scusi, problemi in che senso?  
A.M.: Problemi perché, siccome la Manni Angiolina accusava di aver ricevuto delle percosse dal marito…
P.M.: Così diceva lei.  
A.M.: Così diceva la signora Manni Angioina, chiese a me di intervenire, affinché la guardia medica si portasse in Mercatale per far visitare la…  
P.M.: Perché l’aveva già contattata questa signora e non era andata? Non lo sa.  
A.M.: Non era andata subito, perché la guardia medica aveva probabilmente dei problemi.  
P.M.: Quindi lei intervenne su sollecitazione di questa signora, non che fu lei a mandare la guardia medica di sua iniziativa.  
A.M.: No, no, assolutamente no.  
P.M.: Ecco, fu la signora, questa vicina presso cui la Manni si era rifugiata, a chiedere la sua collaborazione, per intenderci.  
A.M.: Esatto, esatto. Per chiedere, perché la signora Manni Angiolina era in evidente stato di agitazione…  
P.M.: Così dicevano loro.  
A.M.: Così dicevano…  
P.M.: Lei la vide?  
A.M.: Io no.  
P.M.: Ah. ecco.  
A.M.: Io non intervenni subito perché preferii in quella circostanza far si che le cose andassero per il loro verso. Però…  
P.M.: Perché lei non voleva far scoprire l’intercettazione.  
A.M.: Esattamente. Però rimasi in contatto con la signora Ninci e la pregai naturalmente, anche nel corso della notte, se si fossero verificate altre situazioni…  
P.M.: Perché la Manni rimase a casa di questa signora?
A.M.: No, la Manni dopo andò a casa della figlia Rosanna.  
P.M.: Ah, ecco.  
A.M.: Quindi… Però, nel caso che ci fossero stati dei problemi, di avvisarmi telefonicamente e chiedere il mio intervento, dove necessario.  
P.M.: Lei sa se la signora Manni, successivamente, si è lamentata per quell’episodio, se è stato fatto un rapporto alla Procura Circondariale per quel fatto?  
A.M.: Allora, ricordo che, siccome era mia abitudine, a seguito della maxi-perquisizione, mi portavo molto spesso in Mercatale per poter naturalmente contattare più persone, per cercare di assumere più informazioni possibili sulla vicenda per cui si stava indagando. E quella mattina incontrai la Manni Angiolina con la figlia Rosanna, in piazza, e rivolgendomi a lei le chiesi come stava, se c’erano problemi. Mi disse la Manni, appunto, dell’episodio che era capitato la sera precedente. Io la invitai a proporre, nei termini di legge, querela…  
P.M.: Se aveva intenzione.  
A.M.: Se aveva intenzione di proporre querela. Lei mi disse che non aveva questa intenzione, facendomi chiaramente capire che aveva timore per altre ripercussioni che si potevano verificare in suo danno. Fu fatto…
P.M.: Lei ebbe… Prego, prego.  
A.M.: Feci comunque, siccome mi fu recapitato dalla guardia medica…  
P.M.: D’ufficio.  
A.M.: … d’ufficio, feci…  
P.M.: Come sempre avviene. La guardia, i referti che vengono inviati.  
A.M.: Esatto. Feci la notizia di reato interessandola la Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Firenze.  
P.M.: Lei non ebbe atti di querela.  
A.M.: Non ricevetti mai atti di querela.  
P.M.: Benissimo. Benissimo.

P.M.: Ancora un argomento, ed è questo: lei ricorda, dopo la scarcerazione del Pacciani, se non sbaglio la data siamo al 6 dicembre ’91…  
A.M.: Sì.  
P.M.: O prima o dopo di essere stato a casa Pacciani, di avere visto i luoghi, ovviamente esclusivamente come ricordo suo, se ha fatto delle annotazioni, a me interessa sapere se lei, per caso, ha fatto annotazioni o ha visto il giardino, l’orto del Pacciani in via Sonnino, perché se a quelle date lì lei può aver visto o meno se c’era una acacia nel giardino. Mi riferisco, se lei ci è andato, in date immediatamente successive, o prima, alla scarcerazione del Pacciani. Noi abbiamo dei filmati che ci fanno vedere come nel ’90 c’è una pianta vicino ad un abete che sembra un’acacia, e successivamente no. Lei ha fatto annotazioni sul punto per quanto riguarda una data diversa? Cioè le date immediatamente successive alla scarcerazione?  
A.M.: Esattamente. Ricordo che il mio intervento di cui feci una annotazione, risale al 12 dicembre dell’anno 1991. Esattamente…  
P.M.: 12… mi scusi?  
A.M.: 12 dicembre dell’anno 1991.  
P.M.: Quindi qualche giorno dopo…  
A.M.: Sei giorni dopo la scarcerazione del Pacciani. Questo mio intervento era dovuto al fatto che, essendo in atto le intercettazioni, si sentivano dei rumori nell’abitazione. Quindi, come d’accordo…  
P.M.: Rumori che disturbavano l’intercettazione?  
A.M.: No, non è che disturbavano. Dei rumori, dei rumori che naturalmente…  
P.M.: Non riuscivate ad identificare  
A.M.: Non si riuscivano ad identificare, per cui mi fu detto – erano cosi gli accordi presi anche con il dottor Perugini – di verificare, allorquando c’era la necessità, più o meno di che cosa stava avvenendo. Io, siccome nella circostanza avevo anche degli atti da notificare al signor Pacciani…  
P.M.: Approfittò dell’occasione.  
A.M.: Approfittai della circostanza, però, sempre per non far trasparire che noi eravamo al corrente di quanto avveniva in via Sonnino, siccome il Pacciani anagraficamente ed effettivamente era sempre domiciliato in piazza del Popolo, io mi portai prima in piazza del Popolo…  
P.M.: Pur se sapeva che era in via Sonnino.  
A.M.: Pur se sapevo che…  
P.M.: Bene.  
A.M.: Provvidi a lasciare l’autovettura con il sottufficiale dipendente davanti allo scivolo dell’abitazione del Pacciani, dopodiché chiesi alla signora Manni Angiolina, che mi ricevette…  
P.M.: In piazza del Popolo.  
A.M.: Ecco. Di notificare un atto al marito. La signora Manni mi disse che il marito si trovava in via Sonnino…  
P.M.: Da solo.  
A.M.: Prego?  
P.M.: Era da solo in via Sonnino?  
A.M.: Era da solo in via Sonnino.  
P.M.: Importante questo. Lui era da solo in via Sonnino…  
A.M.: Era da solo in via Sonnino che stava effettuando dei lavori.  
P.M.: E lei, invece, abitava in piazza del Popolo.  
A.M.: Sì.  
P.M.: La donna.  
A.M.: Io mi portai quindi in via Sonnino a portare…  
P.M.: Con la moglie.  
A.M.: Con la moglie, Manni Angiolina; e il marito effettivamente era al civico 28 di via Sonnino e stava effettuando dei lavori. Tant’è che nella annotazione io faccio una distinta…  
P.M.: Lavori in casa?  
A.M.: Dei lavori in casa. Tant’è che io faccio una annotazione descrivendo dettagliatamente l’ambiente in cui fu trovato…  
P.M.: Meno male, perché oggi ci serve questa…  
A.M.: Ecco. Dopodiché, siccome sapevo anche della disponibilità dell’altra abitazione, quella del civico 30, per capirci… quella che si trova dopo il cancelletto con il piccolo corridoio che immette nell’orto, io, discorrendo con il Pacciani che non mi conosceva – era la prima volta che mi vedeva – gli chiesi così varie cose sul suo stato di salute, come stava e come non stava…  
P.M.: Faceva parte dei suoi doveri di un… di controllare l’ex detenuto…  
A.M.: Esattamente.  
P.M.: Bene.  
A.M.: E quindi facemmo anche un giro nell’orto. Dopodiché lui mi fece vedere anche l’altra casa, il civico numero 30. E nell’orto quindi feci, sebbene la stagione era quello che era, dicembre, dissi che aveva un bell’ambiente dove poteva dedicarsi alle sue varie cose perché lui mi diceva che era un agricoltore.  
P.M.: Lei ricorda di aver visto innanzitutto vicino a quell’abete se c’era un albero di acacia?  
A.M.: No, assolutamente.  
P.M.: Se in altri luoghi, specialmente all’inizio, all’entrata, dove ci sono quelle tegole – noi abbiamo visto – se c’erano acacie?  
A.M.: No, asso… cioè, premetto che io non sono…  
P.M.: Un esperto.  
A.M.: … un esperto, per cui… Però, tranne gli alberi da frutto che poi ho avuto modo di vedere anche se…
P.M.: Erano senza foglie, naturalmente.  
A.M.: Erano senza foglie, ovviamente. Fatto eccezione del pino che si trovava proprio alla destra entrando nell’orto, non c’erano praticamente altro tipo di alberi.  
P.M.: Vide, o ebbe modo di notare se erano state fatte… beh, se lei è andato lì il 12, lui è stato scarcerato il 6, delle apparenti buche per togliere qualcosa che dava noia?  
A.M.: Assolutamente no, perché io mi preoccupai anche di vedere lo stato dei luoghi e di fissarlo, per mia memoria, perché sapevo, ero ben conscio che successivamente avrei avuto modo di tornare, avrei avuto necessità di tornare in quei luoghi. Quindi dovevo verificare se qualcosa era cambiato.  
P.M.: Senta una cosa, lei sa come componente delle SAM che successivamente, nel gennaio-febbraio, due agenti della Criminalpol di Roma che erano in un appartamento che si trova in fondo all’orto, notarono Pacciani e fecero delle foto – che ora sono state acquisite dalla Corte – dove lui stava scavando. Apparentemente, dalle foto, si vede che è vicino alle tegole.  
A.M.: Esattamente.  
P.M.: Lei sa dirci, questo punto dove lui era che distanza ha dal pino, per intendersi? O dall’abete.  
A.M.: Sì, la distanza all’incirca è sui tre metri, tre metri e mezzo.  
P.M.: Ecco. Così a occhio, ovviamente.  
A.M.: Ovviamente ad occhio. Le tegole si trovavano posizionate sotto una piccola finestra del civico numero 28 di via Sonnino.  
P.M.: Presidente, la Corte aveva disposto di acquisire le foto relative a quell’accertamento fatto da quei funzionari della Polizia Criminalpol quando fecero quelle relazioni di cui ci hanno parlato, cioè quando il Pacciani stava facendo, secondo quello che hanno raccontato loro, delle buche in quel punto vicino alle tegole. Il fascicolo fotografico è qua e lo metto a disposizione della Corte. Sono foto fatte col teleobiettivo, quindi tutti i problemi delle distanze le vedranno da loro. Fra l’altro, come aveva richiesto, sono state estratte invece dal filmato video del ’90, che loro hanno già visto, le foto relative all’acacia che era presente effettivamente, e abbiamo visto, nel 1990 nell’altro luogo. Sono qua, ora saranno… 
A.B. fuori microfono: …   
P.M.: Sì, si, certo.  
Presidente: Sì, abbiamo disposto anche la visione di tutti i fascicoli fotografici.  
P.M.: Certo, certo. Ora questi approfittavo perché si tratta proprio di quell’argomento lì. Ancora una domanda, Maresciallo: lei ricorda quando e come, ricorda qualcosa sul momento in cui fu sequestrato a Pacciani il blocco Skizzen? Intendo dire, lei l’ha visto quando fu visto la prima volta da lei, quando invece fu sequestrato? Al momento del sequestro il Pacciani disse qualcosa? Ecco, sa qualcosa di questi episodi, o non se n’è occupato lei?  
A.M.: No, io… le perquisizioni ho partecipato sia a quella maxi-perquisizione, cosiddetta, e sia alla successiva. Allora, ho avuto modo di vedere questo blocco di disegni una prima volta, durante la maxi perquisizione.  
P.M.: Lei l’ha visto la prima volta nella maxi-perquisizione, quando non fu preso?  
A.M.: Sì, non fu preso, non conosco il motivo. Fu vagliato naturalmente da altro personale, dal dottor Perugini, se non vado errato. 
P.M.: Dal funzionario più alto in grado, insomma.  
A.M.: Esatto. Successivamente, nella perquisizione invece del 2 giugno…  
P.M.: Scusi, lei lo vide dove era, come era… ebbe modo di vederlo quella prima volta, o no?  
A.M.: Allora, ricordo che quando fu, ebbi modo di vederlo, era insieme ad un plico, all’interno del quale vi erano tutti i libretti, tutti i buoni fruttiferi, cioè tutto quello che interessava l’aspetto patrimoniale del Pacciani. Soldi…  
P.M.: Cioè, era conservato insieme ai valori, per intendersi.  
A.M.: Esatto, insieme ai valori. Poi, successivamente…  
P.M.: E lei, quindi, questo blocco non ebbe modo di vedere se c’erano scritte dentro…  
A.M.: Assolutamente no.  
P.M.: Lei non l’ha visto.  
A.M.: Assolutamente no.  
P.M.: Quindi non ci sa dire niente se in quella prima volta il blocco era con degli appunti dentro o meno. Lei non l’ha visto.  
A.M.: No, era nello stesso ambiente dove si effettuava quella perquisizione…  
P.M.: Pacciani si accorse che veniva guardato il blocco e questi valori? Era presente.  
A.M.: I valori sì, senz’altro, perché mi ricordo che lui disse che si trattava di risparmi naturalmente che lui aveva…  
P.M.: E il blocco era insieme ai valori.  
A.M.: E il blocco era insieme ai valori.  
P.M.: Lui si accorse che guardavate questa roba.  
A.M.: Penso proprio di sì, perché erano tutti insieme. Quindi…  
P.M.: In un’unica busta.  
A.M.: Veniva invitato il signor Pacciani a stare sempre vicino a noi per rilevare personalmente tutte le cose che venivano prelevate nel corso dell’atto di perquisizione.  
P.M.: Il blocco però non fu preso. Non si ritenne da parte di chi dirigeva l’operazione di sequestrarlo.
A.M.: Esattamente.  
P.M.: Bene.  
A.M.: Successivamente, invece, nella perquisizione del 2 giugno rammento che, esaminando, sottoponendo a perquisizione il locale adibito a salottino che si trova a sinistra, entrando dal civico numero 30, fu rinvenuto, ed esattamente fu sottoposto al vaglio del dottor Perugini, un piccolo dizionarietto tascabile di lingua italiano-tedesca, e poi successivamente delle fotografie. Delle fotografie formato a fisarmonica. Io nel corso della…
P.M.: Che fotografie erano, se lo ricorda?  
A.M.: Erano fotografie di paesaggi stranieri. Ritengo o austriaci, o tedeschi.  
P.M.: Bene.  
A.M.: Ora, io non le ho viste particolarmente; ho visto soltanto queste fotografie che venivano aperte, erano del tipo a fisarmonica.  
P.M.: Bene. Ha visto l’oggetto.  
A.M.: Ecco. E io, continuando naturalmente la mia operazione che stavo eseguendo, su un mobile che si trovava sulla parete opposta rispetto all’ingresso nell’ambiente sottoposto alla perquisizione, al margine destro, c’era un mobile e avevo appena finito di esaminare… Cioè, ricordo che c’era un grosso vaso con all’interno dei ceci; ricordo il particolare perché sotto a questo vaso c’era una busta di cellofan del tipo da spesa, ma non del tipo rigido, all’interno del quale…  
P.M.: Quei sacchetti di nylon.  
A.M.: Quei sacchetti di nylon, per l’esattezza. E c’era naturalmente del materiale cartaceo fra cui questo blocco Skizzen. Ora, siccome era stato poco prima ritrovato il dizionario con le fotografie che riguardavano un paese straniero, quindi tedesco, il dizionario, paesaggio austriaco o tedesco, le fotografie, io lessi sul blocco Skizzen. Non conosco la lingua tedesca ma chiaramente…  
P.M.: Ebbe la sensazione che si trattasse…  
A.M.: Ritenni che la cosa, naturalmente, poteva essere interessante. Cominciai ad aprirlo e vidi che alcuni fogli erano scritti. La sua…  
P.M.: Scritti in italiano, però.  
A.M.: Scritti in italiano. Anzi, ricordo che erano scritti, se non vado errato, su tutte e due le parti. Sia nella parte normale in cui si apre, sia nella parte opposta.  
P.M.: Dietro.  
A.M.: In maniera capovolta. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che sia questo. Lo sottoposi al vaglio del dottor Perugini e ricordo che nella circostanza, allorquando naturalmente il dottor Perugini, insieme a me…
P.M.: Cominciò a valutare questo blocco Skizzen…  
A.M.: Cominciò a valutare, c’era sempre il signor Pacciani che era vicino, il quale disse che praticamente si trattava di appunti da lui fatti per dei lavori fatti in casa: acquisto di materiale ed altro, che aveva fatto tempo addietro.  
P.M.: Quindi, per capirsi, quel blocco Skizzen era su un mobile nel 1992, e lui vi fa notare che ci sono appunti che poi abbiamo visto sono quelli dell’80? A.B.: No, no, non è così.  
P.M.: No, è cosi?  
A.B.: No, no Pubblico Ministero…  
P.M.: Sì, Avvocato.  
A.B.: No, mi scusi…  
P.M.: Eh, si scusi, ma…  
A.B.: A domanda… non debba … perché questo non…  
P.M.: Le chiedo… no, le chiedo, fu Pacciani che…  
Presidente: Ricordatevi il 62 del Codice di procedura penale.  
P.M.: Abbiamo già finito, perché ci ricordiamo ora il 62, ci eravamo distratti… C’è il 62, quindi ci fermiamo subito.  
Presidente: Sì, ma io vi lascio un pochino di briglia sciolta…  
P.M.: Bene, bene, Presidente.  
Presidente: … ma non esageriamo, eh.  
P.M.: Fu sequestrato in quella occasione il blocco allora?  
A.M.: Sì.  
P.M.: Eh, benissimo. Io, per il momento, anzi, non ho altre domande. Grazie.  
Presidente: Signori Avvocati di parte civile, avete domande al Maresciallo? Avvocato Colao…  
A.C.: Maresciallo, scusi, ritornando al bivio degli Scopeti con via di Faltignano dove la Corte si recò per esaminare lo stato dei luoghi, lei ha riferito che lo stop, per quanto le hanno detto i vigili urbani, fu avanzato rispetto al precedente, che era più arretrato.  
Presidente: Lo abbiamo visto tutti, no?  
A.C.: Sì, bene. Ma è stato accertato se è stata allargata anche la strada?  
Presidente: La strada di Faltignano.  
A.C.: Cioè, se è stata… Sì, di via di Faltignano. Se fu una necessità conseguente allo sbancamento, perché abbiamo visto… ecco.  
A.M.: Allora, la posizione di quell’incrocio, come hanno potuto notare, è abbastanza problematica, infatti in quel punto avvengono molti sinistri stradali. Non tanto fra le autovetture che percorrono la via Faltignano per portarsi a Spedaletto con quelli che provengono da via Scopeti, ma tanto quanto per quelli che provengono da Spedaletto diretti verso via di Faltignano con l’incrocio con Spedaletto. Questo perché originariamente, il tratto naturalmente di terreno che si trova di fronte allo stop, sembrerebbe che – purtroppo non è stato possibile accertare al momento, perché sono degli accertamenti molto lunghi da fare e bisogna vedere attraverso accertamenti catastali che il tempo non ha concesso a me di poterli operare – sembrerebbe che quello spicchio, quello spigolo fosse leggermente avanzato rispetto alla situazione attuale. Per cui, il tratto di strada che da Faltignano porta a Spedaletto formava maggiormente probabilmente un angolo retto per chi proseguiva per quel tratto di strada.  
A.C.: Grazie. Senta, lei fece degli accertamenti in ordine a una fattura di 90.000 lire per riparazione auto da un certo Giani che era stata riferita dall’ imputato?  
A.M.: Sì. Ricordo questa circostanza. In effetti si tratta di questo…  
A.C.: E di che epoca è?  
A.M.: Dunque… La testimonianza, Avvocato?  
A.C.: Sì, questo accertamento che lei fece.  
A.M.: Se posso vedere. Ci ho il verbale.  
Presidente: Guardi pure.  
A.M.: Le posso dire… Allora, l’accertamento fu dell’8 luglio del ’92. Ricordo la circostanza in quanto noi ci portammo presso il Giani che è titolare di una autofficina e concessionaria FORD posta in Mercatale. Per l’esattezza all’inizio proprio di Mercatale. Ciò si rese necessario in quanto il Pacciani, in epoche diverse, ha fatto delle dichiarazioni. Prima ai Carabinieri nell’anno 1985 – cioè successivamente all’evento delittuoso di via Scopeti – allorché dichiarò di essere stato alla Festa dell’Unità a Cerbaia, e quella sera ritornando a casa lui aveva avuto dei problemi alla sua autovettura, e quindi si era avvalso dell’aiuto di tale…  
A.C.: Quella sera, quando?  
A.M.: La domenica sera.  
A.C.: E cioè?  
A.M.: La domenica 8 settembre. Si era avvalso dell’aiuto di tale Fantoni Marcello, persona a lui conosciuta perché abitava nei pressi della sua abitazione, per verificare il tipo di guasto che aveva la macchina. Preciso che il Fantoni praticamente svolge attività di meccanico presso un’autofficina di San Casciano. Successivamente in quella circostanza, in quel verbale, il Pacciani dichiarò che lui aveva spinto l’autovettura.  
A.B.: Non può… mi dispiace, non può deporre sulle dichiarazioni rese dall’imputato. Abbia pazienza.  
Presidente: Comunque qui parlava dell’accertamento in sé. Via.  
A.C.: Ma corrispose, scusi, la mia domanda è questa: il prezzo di 90.000 lire, corrispondeva o no? L’aveva spese queste 90 mila lire?  
A.M.: No, assolutamente, perché abbiamo verificato che il Giani aveva tutte le fatture, va bene? che risalivano a quel periodo – perché generalmente le fatture vengono distrutte dopo 10 anni – non c’era alcun riscontro che possa avvalorare questo tipo di lavori, di prestazione effettuata sull’autovettura del signor Pacciani.  
A.C.: Bene. Un’altra cosa…  
A.M.: Posso anche aggiungere che…  
A.C.: Prego.  
A.M.: … il Giani riferiva che per sua abitudine è solito riparare le autovetture molto velocemente, perché non ha grossa disponibilità di spazio nella sua autofficina, per cui ha necessità di sgomberare subito l’area che gli serve per esercitare la sua attività. A differenza di quello che diceva…  
A.C.: Non fu riparata. Non ci fu nessuna riparazione da parte di questo meccanico…  
A.M.: Non risulta alcun tipo di riparazione…  
A.C.: … per i guasti che erano stati…  
A.M.: Assolutamente no.  
A.C.: Un’ultima cosa, scusi. Dunque, nella perquisizione che lei effettuò, se non sbaglio, furono sequestrati anche due rasoi Braun di marca tedesca, rasoi elettrici.  
A.M.: Sì.  
A.C.: Lei si ricorda di questo particolare?  
A.M.: Sì, mi ricordo di questo particolare perché furono…  
Presidente: Sono in sequestro, sono due rasoi elettrici.  
A.M.: Due rasoi elettrici, sì.  
Presidente: Di uso normale.  
A.M.: Ricordo di questa circostanza, tant’è vero che si chiese al signor Pacciani come mai due rasoi elettrici in quanto lui asseriva sempre che si radeva con normali… con una normale lametta. Lui asserì che uno lo aveva acquistato e l’altro non sapeva…  
A.C.: E la provenienza non fu accertata, via.  
A.M.: Uno disse che lo aveva acquistato. Non seppe riferire il luogo, quindi non si poté effettuare alcun tipo di accertamento per verificare la circostanza. Dell’altro non seppe dire nulla.  
A.C.: Senta, come si radeva… Lei ebbe modo di sapere se li usava questi rasoi? A.B.: Con un coltello da cucina.  
A.M.: Ma…  
A.C.: I rasoi elettrici, dico.  
A.M.: Stando a quello che diceva, si radeva normalmente con la lametta.  
A.C.: Senta, scusi, un’altra cosa: lei quando ha effettuato queste perquisizioni notò, nel periodo dall’8 maggio al 2 giugno, vale a dire quando ci furono i rilievi ambientali che ci furono tracce di sfregamenti sul pavimento della cucina di casa Pacciani?  
A.M.: Sì, effettivamente ripeto, come ho già detto prima, mi sono portato in più di una circostanza presso l’abitazione del Pacciani, sia per notifica atti, sia per verificare un po’ lo stato dei luoghi, per vedere quello che lui faceva. Anche se cercavo naturalmente, ovviamente, di confonderlo come normale visita di cortesia e un normale controllo su Pacciani.  
A.C.: Faceva parte del suo dovere, no?  
A.M.: Ed ebbi modo di notare, effettivamente, anche perché dalle intercettazioni ogni tanto veniva fuori che si sentivano dei rumori, guardando il pavimento della cucina, a destra, entrando al civico numero 30, laddove è posto in essere il frigorifero su cui si trova il televisore, per terra c’erano delle tracce, dei segni evidenti di spostamento, ritengo dovute allo spostamento del frigorifero.  
A.C.: Grazie, Maresciallo, non ho altre domande. 

Presidente: Avvocato Pellegrini. 
A.P.: Soltanto questo, a proposito di quest’ultima circostanza, Maresciallo: riesce a collocare nel tempo questo momento in cui lei notò queste tracce?  
A.M.: Sicuramente sì, perché… la data esatta no, perché, ripeto… 
A.P.: Va be’…  
A.M.: È nel periodo che va dalla fine della maxiperquisizione, quindi dall’8 maggio, al periodo che precede naturalmente la perquisizione del 2 giugno. 
A.P.: Quindi nel maggio ’92.  
A.M.: Quindi siamo nel maggio del ’92. 
A.P.: Grazie.  
Presidente: Altre domande, signori Avvocati di parte civile? 
A.P.: No, grazie.  
Presidente: Niente, bene. Signori Avvocati della difesa, avvocato Bevacqua, prego.  
A.B.: Grazie. Senta, Maresciallo, lei da quanto tempo era a San Casciano? 
A.M.: Esattamente dal 25 aprile del ’91.  
A.B.: ’91?  
A.M.: Sì, sì, ’91.  
A.B.: E immediatamente ha fatto parte della Squadra Antimostro.  
A.M.: Immediatamente… praticamente no, perché ricordo che alla fine dell’estate ebbi un incontro con il dottor Perugini, il quale mi informò di questa circostanza che in data 6 dicembre veniva scarcerato il signor Pacciani Pietro, e per cui era necessario l’ausilio del Comando Stazione per determinate attività di Polizia.
A.B.: Certo. Senta, e quindi lei nell’estate comincia la sua attività di ricerca di prove a carico… cioè, per vedere un po’ di controllare questo signore.  
A.M.: No.  
A.B.: No? In che senso no?  
A.M.: No, perché le mie attività cominciano successivamente alla scarcerazione del signor Pacciani. Quindi siamo a dicembre.  
A.B.: Senta, però risulta, mi pare abbastanza chiaro, e risulta anche così dagli atti, che prima del 6 dicembre 1991 erano già state disposte, da parte della Procura della Repubblica, attraverso la Polizia Giudiziaria, delle attività indagative relative ad attività di messa in opera di microfoni, di microspie, eccetera, alle quali penso abbia partecipato…  
A.M.: Non ho partecipato.  
A.B.: Non ha partecipato. Ecco, lei conosceva la casa del Pacciani?  
A.M.: La casa del Pacciani, sì.  
A.B.: Dove sono state inserite queste microspie?  
A.M.: Il luogo no. Il luogo esatto di dove erano state collocate…  
A.B.: Ecco, come sono entrati? Com’è entrata la SAM dentro la casa del Pacciani?  
A.M.: Ma, io ritengo naturalmente all’epoca, sia in piazza del Popolo, che c’era la moglie del signor Pacciani, c’era anche la figlia Rosanna, ritengo che con un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria abbiano potuto…  
P.M.: Perquisizione.  
A.B.: Sì, però, dico, sì… mi scusi, Pubblico Ministero, lo posso… posso parlare io?  
P.M.: Sì, ma lei ha gli atti sotto. Lo sa che c’è la perquisizione. Il maresciallo Minoliti non c’era…  
A.B.: Sì, certo, abbia pazienza. Ora sto facendo delle indagini…  
P.M.: Il maresciallo Minoliti non c’era.  
Presidente: Non interrompiamo il difensore.  
A.B.: Per cortesia!  
P.M.: Bene.  
A.B.: Allora, lei sa benissimo che per mettere questi microfoni, allacciare, rimettere a posto, ci vuole del tempo e ci vuole tranquillità. Quindi io non penso… o no?  
A.M.: Non lo so perché tecnicamente non ho mai visto…  
A.B.: Non lo sa.  
A.M.: … un apparato del genere. Ecco.  
A.B.: Lei non ha mai visto nulla. Quindi bisognava entrare in casa del Pacciani senza che nessuno vedesse.
Presidente: Avvocato, ma lui ha partecipato a questa attività, o no?  
P.M.: È questa la domanda…  
A.B.: No…  
P.M.: Ha detto di no…  
Presidente: E allora?  
P.M.: Era questa la mia interruzione.  
Presidente: Se non ha partecipato…  
A.B.: Non ha partecipato.  
P.M.: Sono venuti quelli che l’hanno fatto, è stato chiesto a loro. Non vedo perché…  
A.B.: Va bene.  
P.M.: … lo debba sapere…  
A.B.: Scusi, Pubblico Ministero, mi fa parlare?  
P.M.: No, io ho tutti i diritti…  
A.B.: Va be’, ha tutti i diritti, però mi lasci lavorare.  
P.M.: Sì, ma se la domanda non è pertinente, io ho fatto l’opposizione.  
A.B.: E va be’, se non è pertinente me lo dice il Presidente.  
P.M.: E infatti glielo ha già detto.  
A.B.: Me l’ha detto, io mi cheto.  
Presidente: Secondo me andava fatta, e forse l’avete fatta, ora non mi ricordo…  
A.B.: Signor Presidente, me lo dice lei e mi cheto. 
Presidente: … in particolare, a quelli che… Anzi, mi pare su questo punto ci siano state domande specifiche…  
P.M.: Gliele abbiamo già chieste, Presidente. 
A.B..: Esattamente. Non ho capito…  
Presidente: Il Maresciallo non ha partecipato.  
A.B.: Certamente. Non ho capito come…  
Presidente: Lo sa, lo saprà per sentito dire.  
A.B.: Non ho capito com’erano entrati… va be’, lasciamo fare. Senta, Maresciallo, ho capito lo stesso.  
P.M.: No, ci sono i documenti. Lei ha capito perché ce li ha.  
Presidente: Basta, basta, basta! Andiamo avanti!  
A.B.: Ho capito perché li ho letti. E ho capito…  
P.M.: Ecco. No, siccome qui… sennò si va sulle…  
Presidente: Lasciamo stare quest’argomento.  
P.M.: …illazioni.  
Presidente: Pubblico Ministero, per favore! 
P.M.: Sono illazioni e non le consento.  
Presidente: Non commentiamo!  
P.M.: Io le commento, perché queste sono illazioni vere e proprie.  
A.B.: Lei sta commettendo illazioni sulle mie presunte illazioni che io non sto facendo.  
Presidente: Signori, signori! Vogliamo andare avanti? Ecco, proseguiamo. Chiudiamo questo argomento…  
A.B.: Allora, maresciallo Minoliti, lei entra a far parte di questo gruppo di ricerca di attività di ricerca delle prove, nell’agosto, settembre del 1991. Lei dice che, pare che si sappia, che il signor Pacciani viene scarcerato esattamente il 06/12/1991. Giusto?  
A.M.: Sì.  
A.B.: Oh. Lei per la prima volta quando vede Pacciani?  
A.M.: Pacciani lo vedo per la prima volta esattamente sei giorni dopo. Il 12…  
A.B.: Sei giorni dopo.  
A.M.: Sei giorni dopo.  
A.B.: Ecco, e va da Pacciani per che cosa? Io vorrei che lei me lo ripetesse, scusi.  
A.M.: Io vado da Pacciani perché dalle intercettazioni ambientali che erano in atto risultavano dei rumori che non potevano essere identificati dall’ascoltatore.  
A.B.: Oh.  
A.M.: Di chi era all’ascolto.  
A.B.: Questi rumori erano dentro casa, perché pare che le microstrie, lei… no le microstrie, le microspie – perché ci sono le microstrie e le microspie in questo processo – le microspie fossero state installate, inserite, alloggiate, come vuol chiamare, nella casa dell’imputate. Giusto? Quindi, i rumori erano nella casa, provenivano dalla casa. O no?  
A.M.: Io… Guardi, Avvocato, io le posso dire soltanto questo, che colui il quale, il collega che era all’ascolto, mi telefonò dicendomi di questa circostanze e dicendomi che l’abitazione ove si verificavano questi rumori, c’era questa attività in corso, era l’abitazione di via Sonnino.  
A.B.: Oh, quindi la sua attenzione era rivolta, direi in maniera esclusiva, nei confronti dei locali di casa… quelli chiusi. Giusto?  
A.M.: Io però, non mi fu detto esattamente, perché… Dunque, devo premettere una cosa: successivamente alla perquisizione, proprio… cioè, dopo l’immediata scarcerazione del Pacciani, proprio perché c’era questa attività in atto, la Stazione dei Carabinieri fu rinforzata. Cioè nel senso che, nell’arco delle 24 ore, c’era sempre del personale a disposizione, più unità a disposizione, per eventuali esigenze che si dovessero verificare. Quindi eventuali interventi e quant’altro.  
A.B.: Quindi eventuali interventi… sempre in relazione al Pacciani?  
A.M.: Sempre in relazione a questo specifico. 
A.B.: Ma perché, mi scusi, io sono un pò ‘ così…  
P.M.: Qualcuno lo dispose.  
A.B.: No, permetta, abbia pazienza. Sono un po’ curioso, soltanto… come cittadino. Perché Pacciani con due Carabinieri della sua Stazione non poteva essere preso e portato via? Oppure… che cosa…?  
A.M.: Non capisco quello…  
A.B.: No, io non capisco il rinforzo, mi perdoni.  
A.M.: Il rinforzo serviva perché il lavoro della Stazione Carabinieri non poteva certamente consentire al personale di essere operante sulle 24 ore. Per cui, naturalmente, venne disposto un servizio del genere con del personale esterno capeggiato da…  
A.B.: Ecco, mi vuol chiarire, dato che il processo è pubblico in Corte di Assise, è un processo molto delicato, che cosa avrebbe dovuto fare questo personale?  
A.M.: Eventualmente se ci fossero state delle circostanze che potevano essere utili alla Polizia Giudiziaria.
A.B.: Circostanze di che tipo? Se c’era già la SAM.  
A.M.: Non lo sappiamo, perché poi successivamente non se ne sono verificate. È un sistema che viene posto in essere per prevenire eventuali circostanze.  
A.B.: Quanto tempo è durato, scusi?  
A.M.: È durato fino al momento in cui sono finite le intercettazioni.  
A.B.: Cioè quanto tempo?  
A.M.: Quindi io… La data esatta della cessazione delle intercettazioni non la conosco, però ritengo fino al periodo di giugno del ’92. Ora…  
A.B.: Ecco. Allora lei sei giorni dopo lei viene ad abitare, a stare, quindi anche ad abitare, penso, a San Casciano nell’aprile 1991. Il signor Pacciani viene scarcerato il 6 dicembre ’91, lei il 12 fa questa prima visita al signor Pacciani. Giusto?  
A.M.: Sì. Premetto che già conoscevo…  
A.B.: Il Pacciani.  
A.M.: … gli ambienti, perché prima della scarcerazione l’unica attività che avevo posto in essere, per mia conoscenza, era quella di vedere i luoghi dove eventualmente mi sarei dovuto portare in caso naturalmente…
A.B.: Quindi lei li aveva visitati questi luoghi?  
A.M.: Io sapevo soltanto dov’erano ubicate le abitazioni del Pacciani. Sia quella di piazza del Popolo al civico 7, sia quella…  
A.B.: Però lei si era anche incontrato, sia con le figlie, come con la moglie.  
A.M.: No.  
A.B.: Prima che…  
A.M.: No, no.  
A.B.: … uscisse lui.  
A.M.: Assolutamente no.  
A.B.: Aveva avuto dei rapporti lei?  
A.M.: Assolutamente no.  
A.B.: Allora li avevano avuti gli altri signori della SAM, avevano avuto dei rapporti..  
A.M.: Non ne so…  
A.B.: Tant’è che l’avevano portata a giro la ragazza.  
A.M.: Non ne sono al corrente, perché…  
A.B.: Non è al corrente di questa cosa.  
A.M.: … non ho partecipato a queste attività.  
A.B.: Non era al corrente di questa cosa.  
Presidente: Comunque lui non ce le aveva avute.  
A.B.: Va be’, lei non le aveva avute. Però sapeva che c’era la SAM nel suo territorio, o no?  
A.M.: Certamente.  
A.B.: Oh. E sapendo che c’era la SAM nel suo territorio, dato che lei è comandante della Stazione dei Carabinieri – un pochino me ne intendo anch’io, me ne intendevo, perlomeno – lei sa chi è che gira nell’ambito suo, della Polizia Giudiziaria, anche o Carabinieri, o Finanza, o Polizia? Lei sapeva che c’era, comunque che gravitava e che avevano dei rapporti, questi signori…  
A.M.: Certamente.  
A.B.: … con la signora Manni Angiolina, eccetera. Quindi qualche volta anche lei li ha accompagnati, probabilmente.  
A.M.: No.  
A.B.: Non li ha accompagnati. Benissimo. Lei non li ha accompagnati. Lei il 12 dicembre del 1991 va dal signor Pacciani, ed entra in casa del signor Pacciani.  
A.M.: Non direttamente. Mi porto prima in piazza del Popolo, perché Pacciani a quell’epoca abitava ancora in piazza del Popolo.  
A.B.: In piazza del Popolo. Dopodiché che fa? Mi scusi, lo vorrei capire.  
A.M.: Io?  
A.B.: Sì.  
A.M.: La mia operazione è quella praticamente di parlare con il signor Pacciani, per vedere…  
A.B.: E parla col Pacciani in piazza del Popolo.  
A.M.: No, parlo col Pacciani in via Sonnino, perché…  
A.B.: E via Sonnino quale sarebbe, scusi, perché io sono un po’… non lo… Via Sonnino è quella dove c’è il giardino, o quell’altra?  
A.M.: Il numero 28. Praticamente lui era al civico 28…  
A.B.: Sì.  
A.M.: … era aperto il cancelletto, cosi come era aperta pure l’abitazione del civico numero 30.  
A.B.: Cioè della casa prima.  
A.M.: La casa prima, esatto. Quella che si trova…  
A.B.: E parla col signor Pacciani.  
A.M.: Parlo col signor Pacciani…  
A.B.: Del più e del meno. Lei era in divisa, o in borghese?  
A.M.: Ero in uniforme.  
A.B.: In uniforme. E allora?  
A.M.: Niente, facciamo due chiacchiere e vedo, osservo bene l’abitazione, perché all’interno non ci ero mai stato… 
 A.B.: Sì.  
A.M.: Va bene? Quindi lui si trovava esattamente al civico 28, la descrivo. Vedo che praticamente…  
A.B.: Ecco, mi scusi, la descrizione che lei fa, la fa immediatamente? Lì per lì? Oppure…  
A.M.: No, no, la fisso in memoria, appena rientro…  
A.B.: Ah, la fissa in memoria…  
A.M.: … appena rientro al Comando faccio le debite annotazioni.  
A.B.: La fissa in memoria. Dopodiché che fa? Fissata la prima, che fa?  
A.M.: Niente. Facciamo un giro, dice. ‘Questa è casa sua soltanto’, lui mi dice ‘no, ci ho anche questo, ci ho l’orticello…’. Lui mi accompagna insieme alla moglie, la signora Manni, andiamo nel giardino, ho modo di vedere il giardino, anzi ricordo che ho fatto anche parte del vialetto, quel vialetto che era delimitato dai paletti in cemento; faccio i miei apprezzamenti sul piccolo spazio, bello, all’interno, naturalmente, del fabbricato; lui mi fa vedere anche la casa, dice che ci ha da metterla a posto, che piano piano doveva rimetterla a posto. Dico: come mai tutte quelle tegole, se doveva ricambiare il tetto o quanto meno, le solite cose. Dopo mi congedo e ritorno alla stazione.  
A.B.: E non fissa più nulla, cioè la casa seconda non la fissa?  
A.M.: No, perché…  
A.B.: Cioè lei doveva fissare soltanto la prima.  
A.M.: Io praticamente ho fatto l’attività relativamente ai rumori che mi erano stati segnalati.  
A.B.: Ecco, i rumori che erano all’interno; e lei fissa tutto quello che poteva esserci di spostato oppure no all’interno di quella casa.  
A.M.: Lui stava sistemandola l’abitazione perché doveva andare ad abitarci.  
A.B.: Dopodiché – esattamente – dopodiché lei prende lei prende tutto quello che ha fissato in testa in questa casa e lo trascrive in un verbale. Che lei fa e che è agli atti?  
A.M.: Certo che sì.  
P.M.: È l’annotazione del 12.  
A.B.: L’annotazione, benissimo. Volevo capire questo, lei lo fissa, poi lo fa a casa, benissimo.  
P.M.: Per fortuna è agli atti.  
A.B.: Certo, ma noi siamo tutti fortunati. Allora senta, Maresciallo, lei sa che vi erano delle discariche nella zona di San Casciano, di Montefiridolfi, di Montespertoli, o no?  
A.M.: Ma non erano delle discariche.  
A.B.: No?  
A.M.: No. Sono dei luoghi dove, praticamente, qualche volta, venivano portati da persone degli oggetti che non gli occorrevano. Però erano anche luoghi dove il servizio di nettezza, nell’arco di al massimo di una settimana liberava naturalmente il luogo, non erano delle discariche.  
A.B.: Ecco, senta, però lei ha ricevuto…  
A.M.: Veramente avrei dovuto intervenire.  
A.B.: Mi scusi, mi scusi. Lei credo che abbia ricevuto una lettera dal Comune di San Casciano, se la ricorda?  
A.M.: Sì, me la ricordo.  
A.B.: Del 23 gennaio ’93.  
A.M.: Sì, ricordo.  
A.B.: Dove si diceva che questa amministrazione aveva provveduto a transennare al zona e ad apporre – questo siamo a Montefiridolfi – ed ad apporre i cartelli di divieto di scarico già dal ’90 – ’90, lei ancora non c’era – senza però riuscire ad arginare il fenomeno, va bene? Per porre fine a questo degrado la Giunta Comunale nella seduta del 15/04/91 con propria decisione approvò la perizia di rimozione dei rifiuti e delle terre ad essi mescolate. In precedenza, febbraio ’91 – lei ancora non c’era – aveva provveduto a fare eseguire un fossato sempre… eccetera, eccetera. Se la ricorda questa lettera?  
A.M.: Sì, sì.  
A.B.: Quindi c’era questo fenomeno, piuttosto…  
A.M.: Ripeto, per quello che so io, dal momento in cui sono arrivato, per quello che mi è stato detto, per discarica si intende anche, o almeno…  
A.B.: C’è una legge sulle discariche.  
A.M.: Esattamente. Quindi avremmo dovuto intervenire d’ufficio e provvedere di conseguenza, intimando al proprietario del terreno di rimuoverli se si trattava di rifiuti speciali. Comunque si trattava di questa forma di malcostume che la gente abbandonava questi oggetti, discarica può anche essere un semplice boiler o un…
A.B.: Sì, va bene, Maresciallo, lei deve dire quello che, mi sono spiegato? Lei dice, però, capito? diciamo le cose come stanno, qua c’è questa cosa, questa discarica si chiamava…  
A.M.: C’è quel documento che è stato fatto…  
A.B.: La discarica di Sant’Anna, si chiamava discarica di Sant’Anna.  
A.M.: No, non esiste, non è…  
A.B.: Ma, allora le fu detto che c’era questa discarica di Sant’Anna, o no?  
A.M.: No, c’era un luogo dove la gente era abituata…  
A.B.: Si chiamava Sant’Anna?  
A.M.: Si chiama discarica perché praticamente lì vengono buttati…  
A.B.: Si, ma si chiamava, si chiamava la discarica di Sant’Anna perché là corre la via Sant’Anna?  
A.M.: Non mi risulta.  
A.B.: Non le risulta. Però questa l’ha ricevuta, questa lettera?  
A.M.: Questa l’ho ricevuta.  
A.B.: Si parla di via Sant’Anna?  
A.M.: Si parla senz’altro di via Sant’Anna.  
A.B.: E allora perché non lo dice, scusi?  
A.M.: Perché a me non risulta che…  
A.B.: E non risulta, però risulta che…  
Presidente: Ma cosa cambia, Avvocato, cosa cambia? Perché deve dirlo se non lo sa? Cosa cambia? Assolutamente, c’era una discarica…  
A.B.: Presidente, le chiedo scusa, veda dal dire il si al dire il no, c’è anche il ni, però non si sa se è no, o se è sì. Quindi cambia anche questo, Presidente. 
Presidente: Ma, c’era una discarica, dove la gente…  
A.B.: Certamente…  
Presidente: … scaricava la roba, allegramente.  
A.B.: Però, capito? Siamo abbottonati troppo, perché questo è un documento che esiste, ecco…  
A.M.: No, vede, avvocato, lei mi ha chiesto…  
A.B.: No, no, un documento, Maresciallo, andiamo avanti.  
A.M.: Se esiste, se viene chiamata dai cittadini la discarica di Sant’Anna…  
A.B.: Bene, bene, non ci sono manco le discariche. 

A.B.: Senta, vediamo se c’erano queste cose ora: se è vero che nella zona di San Casciano Val di Pesa, per più tempo, in più periodi dell’anno, gravitavano, sostavano dei circhi equestri?  
A.M.: Esattamente, sì.  
A.B.: Oh. Almeno questo.  
A.M.: Le posso indicare anche le date. 
A.B.: Eh.  
A.M.: E i luoghi.  
A.B.: Ecco.  
A.M.: Lei senz’altro…  
A.B.: Ecco, se me li dice. 
A.M.: Sono nel ’79 e nel capoluogo, esattamente ai macelli, nell’80…  
A.B.: Ma quanti, quanti ne sono, ne sono passati?  
A.M.: Esattamente nel totale di sei, che va nel periodo dal ’79 ali’83.  
A.B.: ’83, oh, totale di sei: Circo Dercos eccetera, eccetera. Va bene.  
A.M.: Ma è vicino.  
A.B.: Sono tutti qua. Senta, volevo dire un’altra cosa, si fa agriturismo nella zona?  
A.M.: Ci sono delle attività di agriturismo, sì.  
A.B.: Parecchie?  
A.M.: Mah, non tante ma ce ne sono. Io almeno che ne conosco personalmente sono due o tre. 
A.B.: Ecco, normalmente, ci sono italiani o ci sono stranieri che vengono?  
A.M.: Mah, è mista. Il Chianti è una zona prediletta anche da stranieri, però non mi risulta che ci sia un fenomeno di una natura particolare.  
A.B.: Guardi, tutti dicono che in Toscana, specialmente nella zona del Chianti, è piena di stranieri.  
A.M.: Sì, questo è vero…  
A.B.: Oh, e allora veda, veda, ecco il sì, il no e il ni.  
A.M.: No, gli ho detto che praticamente vengono stranieri…  
A.B.: Oh, e allora, lo dicono tutti, è un fenomeno direi notissimo…  
P.M.: E allora cosa centra il Maresciallo di San Casciano?  
A.B.: Perché il Maresciallo di San Casciano questo fenomeno lo conosce.  
A.M.: No.  
A.B.: Perché è addirittura un maresciallo dei Carabinieri. E lo deve conoscere.  
Presidente: Non facciamo commenti, proseguiamo con le domande.  
A.M.: Per quanto riguarda l’autorità locale di Pubblica Sicurezza sono il Comando di Polizia Municipale, quindi le varie cedole per le persone che gravitano nel territorio vengono mandate al comando dei Vigili Urbani.  
A.B.: Lei sa benissimo che c’è una legge particolare anche sugli stranieri che, una legge che voi anche dovete far rispettare. La sa meglio di me. E allora, scusi? Senta, Maresciallo, volevo domandarle un’altra cosa: lei ricorda se furono sequestrate al signor Pacciani tante cose? Monili, perle, buccole, cose varie e anche delle giacche teatrali, costumi. E’ vero questo?  
A.M.: Sì.  
A.B.: Ecco.  
A.M.: No, costumi no, delle giacche mi risulta.  
A.B.: Giacche, costumi da teatro, mi perdoni, io ci ho la mente sempre portata ad altre cose, capito? Teatro, capisce, circhi equestri.  
A.M.: Io ho notato, ho visto soltanto due giacche, molto appariscenti, due giacche…  
A.B.: Molto appariscenti, Quindi che lei né io porteremmo a giro, no?  
A.M.: Ma, io no personalmente, poi non so…  
A.B.: Ecco, e neppure io penso. Va bene, dico quindi sono giacche da teatro, giacche da circo equestre, giacche, vestimenti.  
Presidente: Va bene, sono quelle che sappiamo.  
A.B.: Sì, quelle che sappiamo.  
Presidente: Se volete vederle, ci sono.  
A.M.: Anche da persone che hanno un complesso musicale.  
A.B.: Oh, complesso musicale. Quindi, vede, sono delle divise, diciamo cosi, possono essere delle divise. Senta, lei sa che cosa disse in proposito il Pacciani su questa roba che fu trovata?  
P.M.: Non può rispondere; c’è il 62; vale sia per me che per lei.  
A.B.: Certamente. Lei sa se qualcuno, se qualcuno…  
P.M.: Un po’ di equità.  
A.B.: Ha ragione, incasso il colpo.  
Presidente: Chi di spada ferisce, di spada perisce.  
A.B.: Ma Presidente, qua non si ferisce nessuno, qua…  
Presidente: Io non ero d’accordo tanto con questo 62, ma c’è.  
A.B.: Va bene. Senta, lei sa se qualcuno, qualcuno di questi circhi si… non so, qualcuno richiese, disse, domandò, denunziò il fatto che aveva perso qualcosa, oppure non lo sa?  
A.M.: Denunce agli atti non ne…  
A.B.: Non ne esistono.  
A.M.: Non ne esistono.  
A.B.: Senta, lei sa se dall’attività di indagine che fu effettuata – ne parla il dottor Perugini, ne parlano un po’ tutti quelli della SAM; mi pare che uno di questi era anche firmato da lei – che era uso il signor Pacciani girare per queste discariche?  
A.M.: Ma, se mi rilegge l’atto, non mi risulta che io abbia mai fatto un’annotazione…  
A.B.: Firmato, lei non l’ha mai firmato? Io non ce l’ho sotto gli occhi, però mi sembrava che lei l’avesse pure firmato. Senta, un’ultima domanda, ed è questa: lei contò, memorizzando quello che c’era dentro la casa quando andò il 6, il 12/06, il 12/12/91, quanti mobili aveva il signor, dunque contò…  
A.M.: Quella del civico 28.  
A.B.: Li numerò, quella del civico, sì.  
A.M.: Dunque, posso dire, cioè io me la ricordo: c’era l’ingresso con la cucina, con un forno nella parete destra perpendicolare all’entrata; poi c’era il bagno, poi c’era la camera da letto; ricordo che c’era praticamente la finestra dalla parte opposta rispetto all’entrata; c’era il letto sulla destra, spostato dalla parete, messo in posizione mi sembra pressoché trasversale; c’era un altro mobile, un armadio, che non era posizionato lungo la parete, se ben ricordo… 
A.B.: Ecco, quindi lei ricorda questi cinque, sei mobili…  
A.M.: Lei consideri che è passato tanto tempo, poi di situazioni se ne sono riviste tante altre.  
A.B.: Se ne sono riviste. No, no, per la memorizzazione del, cioè lei andò lì soltanto per vedere che cosa era successo, quale mobile sarebbe stato spostato.  
A.M.: Bisogna dire anche che avevo, se la si può così chiamare, una pseudogiustificazione perché ogni tanto c’erano degli atti da notificare al signor Pacciani.  
A.B.: Degli atti da notificare al signor Pacciani. Senta, lei sa che avete fatto degli accertamenti sull’auto del signor Pacciani, che era stata acquistata nuova nel 19.. mi pare ’82, se lo ricorda questo? 
A.M.: Non è un accertamento che ho fatto io…  
A.B.: Non l’ha fatto lei l’accertamento. Lei lo vedeva il signor Pacciani, dopo uscito, a giro per il paese?
A.M.: Dopo la sua scarcerazione? 
A.B.: Sì.  
A.M.: Sì l’ho visto in un paio di circostanze, non occasionali, però.  
A.B.: Non occasionali. Cioè l’andava lei a trovare.  
A.M.: Cioè nel senso che quando lei usciva c’era sempre un’attività di polizia…  
A.B.: E dove andava il signor Pacciani?  
A.M.: Ma lui l’ho sempre visto per, diciamo, la strada principale di San Casciano, via Machiavelli; una volta in Borgo Sacchiani. E ricordo che in quella circostanza incontrò, incrociò anche il Vanni…  
A.B.: Sì, ma questo non c’è dubbio.  
A.M.: E quindi, niente.  
A.B.: Lo incrociò e poi che fece?  
A.M.: Niente, poi, dopo, naturalmente, la mia era soltanto una presenza a supporto di operatori di polizia che stavano effettuando il loro lavoro.  
A.B.: Senta, quella macchina metallizzata, quella Argenta, era grigio chiara, com’era?  
A.M.: Era grigio metallizzato. Ora chiara non glielo posso dire…  
A.B.: Grigio metallizzato dell’Argenta, me lo ricordo, era chiarissimo.  
P.M.: Era metallizzata.  
A.B.: No, era un metallizzato chiarissimo, perché c’era…  
A.M.: È quello che stavo dicendo, perché all’epoca non esisteva ancora il color antracite, canna di fucile, non veniva ancora…  
A.B.: Non esisteva… oh, oh quindi…  
A.M.: Era un grigio metallizzato.  
A.B.: Quindi era chiara, benissimo…  
A.M.: Perché, per quanto riguarda la determinazione dei colori…  
A.B.: No, perché siccome ce la ricordiamo l’Argenta, infatti era Argenta, si chiamava Argenta anche per questo…  
P.M.: Non solo per questo.  
A.B.: Argentata…  
P.M.: Non solo per questo.  
A.B.: Molto, molto d’argento.  
Presidente: Non era solo metallizzata eh, era di tutti i colori.  
A.B.: Ma, certo, era metallizzata…  
Presidente: Ma non si chiamava Argenta perché era argentata, eh.  
A.B.: Sì, va bene. Ma io ricordo che le Argenta, signor Presidente, che poi non furono grandi macchine, perlomeno…  
Presidente: Sì, furono un fallimento.  
A.B.: Erano tutte quante metallizzate di un argento chiaro, molte erano argento chiaro…  
Presidente: Erano di vari colori, Avvocato.  
A.B.: Qualcuna era bianca, cioè non c’era ancora la canna di fucile, eccetera. Io non ho altre domande, grazie.  
P.M.: Ne avrei una sola.  
Presidente: C’è l’avvocato Fioravanti? No, come volete.  
A.F.: Faccia, faccia.  
P.M.: Una sola, Presidente, è questa: se il Maresciallo Minoliti sa qualcosa sui telefoni che erano nelle case del Pacciani. Ieri con l’ispettore Lamperi abbiamo appreso che nella piazza del Popolo fu installato un telefono nell’anno ’83; ci ha parlato… domande fatte prima, ma comunque, divenne operativo nell’83, mi sembra di aver sentito dicembre. Comunque anno ’83. Lei sa se c’era un telefono – e poi questo lo sappiamo dalle intercettazioni nella via Sonnino – sa quando è stato messo il telefono in via Sonnino?  
A.M.: Dunque, so che esiste in via Sonnino, al civico 30 non al 28, esiste un impianto telefonico con relativo apparecchio. Non vorrei sbagliarmi, ma ritengo che sia stato fatto successivamente alla…  
P.M.: Alla scarcerazione.  
A.M.: Alla scarcerazione. Però potrei anche sbagliarmi, non è un accertamento che ho fatto personalmente.
P.M.: Che ha fatto lei. Bene, non ho domande, grazie. 
Presidente: Avvocato Fioravanti, prego. 
A.F.: Maresciallo Minoliti, io volevo tornare un attimo al problema delle discariche. Ecco, vicino a Sant’Anna esiste una discarica, cioè nella zona di Sant’Anna?  
A.M.: Allora, ripeto, Avvocato, non è, almeno esiste un luogo che viene chiamato discarica perché è oggetto di deposito di rifiuti da parte di persone. E secondo quella che è la mia definizione, quale carabiniere, discarica è anche un luogo dove esiste anche soltanto due pezzi che sono nocivi per l’ambiente. Così come ce ne può essere una montagna. 
A.F.: Ma è grande come luogo?  
A.M.: Ripeto, successivamente alla data del mio arrivo a San Casciano, il luogo si presentava come un luogo occasionale di smaltimento, da parte di sconsiderati, di rifiuti. 
A.F.: Ecco, vicino a questa discarica di Sant’Anna, c’è per caso un maneggio? Maneggio, cavalli.  
A.M.: Allora, personalmente… di maneggi ce ne sono tanti. A Montefiridolfi, proprio vicino, no. Diciamo che sulla strada che da San Casciano porta a Mercatale, al bivio per Montefiridolfi, esiste un maneggio, però, insomma, abbastanza distante. 
A.F.: Quello che conosco io…  
A.M.: Saranno due o tre chilometri… 
A.F.: E vicino alla discarica di Sant’Anna esiste un maneggio, per caso, del signor Bini, di Mercatale?  
A.M.: Ed è quello che le stavo parlando io, non è vicino alla discarica di Sant’Anna… 
A.F.: Ma è sulla strada che porta alla discarica.  
A.M.: Il maneggio si trova esattamente all’inizio del bivio per Montefiridolfi, ed è distante dal luogo che viene definito come discarica, per quello che mi risulta, circa tre chilometri, forse anche qualcosa in più. 
A.F.: Cioè vicino a quel distributore di benzina?  
A.M.: Esattamente, il distributore di benzina si trova prima di imboccare il bivio per Montefiridolfi. 
A.F.: Ecco, senta un cosa, in merito, invece, al circo equestre, ai circhi equestri, per caso lei è mai venuto a conoscenza che a Mercatale sostava un circo equestre di nome Giro o Gira Catena? Che era il cognome del proprietario?  
A.M.: Allora, se lei per circo equestre intende proprio come circo equestre, le posso dire che effettivamente a Mercatale c’è stato un circo equestre nell’anno 1980. Unica circostanza in cui un circo equestre è stato posto in essere in via Coffi, di fronte alla scuola media. 
A.F.: Sì. Proprio lì dove veniva identificato mi sembra dall’imputato attuale in un interrogatorio con il dottor Vigna, presente anche lei. Ecco, è per caso arrestato oggi il proprietario di questo circo che lei sappia?  
P.M.: Chiedo scusa, ma la pertinenza della domanda dell’arresto del proprietario del circo, insomma, io mi oppongo alla domanda.  
Presidente: Bah, mi sembra assai leggerino, comunque vediamo se il Maresciallo lo sa, sentiamo un po’.  
A.M.: Non conosco nemmeno il nome. Se lei si riferisce a qualche altra circostanza è possibile. 
A.F.: Ecco, allora no, lasciamo stare. È comunque a Sollicciano, glielo posso dire io. 
Voce fuori microfono: Chissenefrega! 
A.F.: In merito alle figlie di Pacciani, ecco, lei ha fatto vari interventi presso le figlie per la questione garage.  
A.M.: Esattamente. 
A.F.: E mi può dire il motivo per cui iniziò questa questione, cioè di privare Pacciani di quel… dell’uso di quel garage?  
A.M.: Dunque, bisogna prima premettere che il garage è comunicante con l’abitazione di Piazza del Popolo 7 attraverso delle scale che portano all’ingresso dell’abitazione stessa, però… 
A.F.: Sì, questo la Corte l’ha visto anche…  
Presidente: Sì.  
A.M.: Quindi… 
A.F.: Ecco, c’è una porta, comunque che si chiude dall’interno dell’abitazione in quel garage. Non è solo scale e via.  
A.M.: No, c’è una porta. Non so se si può chiudere o meno perché non ho mai verificato, comunque esiste una porta. E ricordo la circostanza che le figlie lamentavano la continua presenza del genitore in quel garage, per cui loro volevano stare tranquille e richiedevano un interessamento perché loro non erano a conoscenza delle modalità di come potevano ovviare all’inconveniente. Avevano, dichiaravano sempre di voler stare tranquille e non gradivano la presenza e la visione del genitore. 
A.F.: Ecco, lei sa come è finita la questione in Pretura, a Firenze, per la disponibilità a Pacciani di quel garage?  
A.M.: Ma, io… 
A.F.: C’è stato un…  
A.M.: …Non ho avuto atti… 
A.F.: Un articolo 700…  
A.M.: Non ho avuto atti ufficiali. So che l’abitazione è stata data alle figliole, con non so se l’uso del garage in disponibilità del signor Pacciani. Però non ho atti su cui ho potuto documentarmi. AW. Fioravanti: Beh, sono…  
A.M.: Si tratta di un processo civile che non era… 
A.F.: Sì, sì, un processo civile con una risoluzione. Ecco, ma il motivo dei suoi interventi, i motivi, il motivo base dei suoi interventi su questo garage, per impedire, o meglio per eseguire un ordine che voleva che Pacciani non ci stesse, era solo questo?  
A.M.: No, non si trattava nessun ordine, a tal proposito, anzi, posso dire che non avevo ricevuto nessuna disposizione in merito. Si trattava del mero compito di un comandante di stazione che deve salvaguardare, naturalmente, deve tutelare l’interesse delle parti che si trovano in discussione. Ripeto, si trattava di un contenzioso fra privati; il nostro buon ufficio viene richiesto molto spesso e noi interveniamo. A tal proposito posso anche rammentare che per accordo fra le parti io mi interessavo affinché l’amministrazione comunale ponesse in essere un qualche cosa, un tramezzo per poter dividere in maniera definitiva, senza nemmeno serrature, il garage dalle scale che portavano all’abitazione. La cosa non fu fatta perché poi si risolse in maniera diversa. 
A.F.: Ecco, lei partecipò ad un interrogatorio il 17 del mese di luglio ’91 e sentì Locci Giovanni in merito ad una costruzione, o meglio ristrutturazione di una casa in via Scopeti, 1, località Tavarnuzze. Lei ricorda questo interrogatorio?  
A.M.: No. 
A.F.: Riguardava, per caso Vanni?  
A.M.: Ma, se è a mia firma… Avvocato, io non lo ricordo, perché di atti di Polizia Giudiziaria ne ho fatti tantissimi, quindi non so se c’è la mia firma lì. 
A.F.: Sì, sì. Minoliti. Minoliti Arturo. 
P.M.: Facciamoglielo vedere su…  
Presidente: È meglio forse se glielo fa vedere, effettivamente.  
A.M.: Alcuni li ho, altri…  
Presidente: Ecco, guardi pure questo verbale, Maresciallo. Lo legga bene. 
A.F.: Si legge male, ma comunque… Ecco, questo verbale di dichiarazioni rese da persona informata era soltanto per identificare Locci Giovanni, oppure per un altro motivo?  
A.M.: Il motivo era per assumere quante più notizie possibili su altre persone che ci interessavano. Tipo, nella circostanza, la persona indicata nel verbale. 
A.F.: Va bene. Lei ha fatto indagini sulla presenza di Faggi Giovanni in San Casciano?  
A.M.: No. 
A.F.: Sulla sua macchina Argenta?  
A.M.: Sulla sua macchina Argenta ho contribuito alle indagini che venivano fatte, naturalmente, da tutto il gruppo di lavoro. 
A.F.: Ecco, noi abbiamo sentito un teste ieri, che ha riferito di un Argenta, di una macchina a tre volumi…  
Presidente: Centotrentuno. 
A.F.: Centotrentuno, meglio. Ecco, si potrebbe sapere…  
Presidente: Centotrentadue. 
A.F.: Sì, centotrenta… sarebbe meglio fosse stata una centotrentadue, sarebbe. Ecco, mi potrebbe dire… però lei non è un tecnico, sicuramente, il fanalino interno alla macchina, la luce dov’è? Vicino allo specchietto? Ne parlava quel teste di questa luce vicino allo specchietto retrovisore.  
A.M.: Vede, Avvocato, per quanto può essere a mia conoscenza, generalmente la luce si trova in quella, nella posizione centrale, in alto, sempre sulle autovetture, al centro dell’autovettura. Se era collocato in maniera diversa, francamente non glielo posso e non glielo so dire. 
A.F.: Era una circostanza se aveva visto la macchina, ecco.  
Presidente: A seconda, perché poi il teste aveva parlato: centotrentuno, centotrentadue, ma tipo è… 
A.F.: No, la centotrentuno ce l’ha normale.  
Presidente: Tipo, tipo, tipo centotrentuno… 
A.F.: Sì, sì…  
Presidente: Mi pare non lo avesse… 
A.F.: Ma la centotrentadue, l’Argenta ce l’ha… 
Presidente: … individuato esattamente. 
A.F.: ce l’ha appunto…  
Presidente: Aveva detto però che era una tre volumi, questo… 
A.F.: Tre volumi.  
Presidente: Tipo centotrentuno, centotrentadue, possiamo riguardare la vernalizzazione, o risentire. 
A.F.: Grazie, per ora nessun’altra domanda, grazie.  
Presidente: Possiamo licenziare il teste?  
A.B.: Signor Presidente, sì, senz’altro.  
Presidente: Grazie Maresciallo, buongiorno, può andare.  
A.B.: Signor Presidente, la difesa deve fare una richiesta: deve produrre ai sensi dell’articolo 234, in riferimento all’articolo 218 presupposti per l’esperimento giudiziale – è una cassetta dove sono riprodotte delle situazioni che sono state descritte da due o tre dei testimoni che si sono sentiti nelle udienze precedenti. Alcuni testimoni, lei ricorderà signor Presidente, la Corte ricorda, dicono di aver visto una torcia elettrica, una torcia, mentre loro facevano i fatti loro, questo un uomo e una donna, e dietro la torcia di avere intravisto, anzi visto bene, il volto del Pacciani. Un altro testimone avrebbe detto, addirittura, che il Pacciani, comunque una persona che poteva assomigliare al Pacciani, avrebbe abbracciato quasi per intero una Passat e avrebbe avuto in una mano una pistola, o qualcosa del genere, e nell’altra mano, l’altra mano era fasciata. Io produco questa cassetta se la Corte ritiene…  
Presidente: Chiede di produrre.  
A.B.: Chiedo di produrre. Se la Corte ritiene di potere farla visionare, perché all’esito di questo documento, essendo i presupposti dell’articolo 218 e quelli relativi a un fatto che si dovrebbe accertare, io chiedo di produrre, ai sensi dell’articolo 234 e 218 questa cassetta. L’articolo 218 è chiaro: “L’esperimento giudiziale è ammesso quando occorre accertare se un fatto sia, o possa essere avvenuto in un determinato modo”. Mi pare che ai sensi anche dell’articolo 507 del Codice di procedura penale, 234 e 218 sia ammissibile questa prova per verificare, per verificare l’attendibilità di questi testimoni, e se fosse certo, se fosse possibile, se fosse stato possibile, sì che quel fatto…  
Presidente: Nella cassetta, da quello che lei dice, c’è un esperimento giudiziale fatto da voi.  
A.B.: Presidente, va be’, ma si rifa…  
Presidente: Che dovrebbe riprodurre le modalità.  
A.B.: Presidente, se ritiene… Certamente questo non se ne tiene conto. E però se è possibile vedere – io non l’ho vista, me l’hanno portata stamattina, io non l’ho vista, quindi non lo so – però io chiedo questo esperimento giudiziario, io chiedo l’esperimento giudiziario.  
Presidente: Chi l’ha fatto?  
A.B.: Presidente, me l’ha portato un collega da Roma, il professor Bruno me l’ha fatto fare. Non lo so, Presidente. 
A.P.: Che rappresenta che cosa? Scusi? 
A.C.: Che oggetto…  
A.B.: Mi pare che sono stato abbastanza chiaro. 
A.P.: Può darsi che fossimo distratti…  
A.B.: Certamente, si tratta di una ripresa, penso cinematografica, all’interno di una macchina da una persona, da un operatore, il quale avrebbe dovuto vedere se si vedeva quello che c’era dentro. 
A.P.: Ho capito, grazie. Presidente fuori microfono: Perché in sostanza loro ti chiedono di fare l’esperimento per illustrarci l’indispensabilità…  
A.B.: Di notte. Se la Corte non dovesse ritenere questa, io mi permetto, fra qualche minuto mi arriveranno le foto relative, fra qualche minuto, fra mezz’ora e produco eventualmente le foto. L’esperimento io lo chiedo. 
Presidente: Quindi intanto chiede l’esperimento giudiziale sulle situazioni in cui si sarebbe trovato lo Iandelli Luca?  
A.B.: Lo Iandelli Luca e quell’altra signora che ha visto gli occhi, si ricorda, così, gli occhi del Pacciani, ha riconosciuto gli occhi la signora oculista.  
P.M.: Presidente, se mi consente due parole.  
Presidente: Allora, il Pubblico Ministero.  
P.M.: Allora, andrei per ordine. Direi produzioni di esperimenti privati a questo punto non vedo proprio come si possano introdurre, quindi mi oppongo a queste produzioni sia fotografiche che filmate. Verrei invece alla richiesta di esperimento sulla quale direi questo: mi sembra che ogni mezzo di prova andava chiesto al momento opportuno nel caso in cui si dovesse, invece, valutare ex 507, mi sembra che si debba fare un giudizio sulla utilità o meno in questo momento di un esperimento giudiziale di questo tipo. Direi che la Corte ha già tutti gli elementi per valutare o meno l’attendibilità del teste e mi sembra che un esperimento in cui si dovrebbe far dei testi sentiti… in un esperimento in cui si dovrebbe riprendere, ricostruire una situazione raccontataci da una teste o da un altro teste in condizioni praticamente irripetibili. È oggi impossibile. Come si fa a ritrovare la situazione esatta di luce in cui si operò, o il teste ricorda siano avvenuti certi avvenimenti, riprodurlo oggi è praticamente impossibile. Ritengo quindi che la Corte abbia la possibilità di valutare le deposizioni dei testi al di là degli esperimenti. Mi oppongo perché, non solo, non è possibile rifarlo allo stesso modo, ma comunque sono richieste tardive.  
A.B.: Presidente, io insisto per il semplice motivo che questi due accertamenti hanno coinvolto tre, quattro, cinque persone, cinque persone in particolare lo Iandelli per i riflessi che ha avuto in ordine alla attendibilità di alcune dichiarazioni rese dallo zio, di altre dichiarazioni rese da un’altra persona; e per quanto riguarda quell’altro, io non ricordo esattamente i nomi – credo la Lapini – per quello che ha detto quel signore che è venuto che avrebbe visto addirittura la pila, e dietro la pila, la persona. Credo che le condizioni possano essere più che ripetibili…  
P.M.: Sì, no, non abbiamo la pila, perché lo sconosciuto…  
A.B.: Ne facciamo con facciamo con quaranta pile…  
P.M.: Chissà che pila aveva…  
A.B.: Facciamo con mille pile: pila piccola, pila grande, pila media.  
P.M.: L’esperimento, l’esperimento, l’esperimento va fatto con le stesse condizioni, siccome era…
Presidente: Va bene, comunque lei…  
P.M.: Io sono stato chiaro, mi oppongo.  
A.B.: Io insisto.  
A.C.: Le parti civili…  
Presidente: Signori avvocati di parte civile?  
A.C.: Le parti civili si oppongono all’acquisizione della prova che si vuol produrre, però sono remissive all’eventuale esperimento che la Corre voglia disporre.  
Presidente: Allora la Corte si ritira.

Presidente: Bene, diamo lettura della seguente ordinanza. “La Corte, sulla richiesta della difesa dell’imputato, sentite le altre parti, rilevato che alla luce degli elementi acquisiti nel corso del dibattimento non appare assolutamente necessario procedere agli esperimenti giudiziari richiesti dalla difesa e conseguentemente, a prescindere da ogni questione di rito, non può essere accolta la richiesta di produzione del nastro videoregistrato; Per questi motivi respinge le richieste della difesa dell’imputato”. Alleghiamola al verbale. Bene, allora mi pare che abbiamo il professor De Fazio.  
P.M.: Sì, il professor De Fazio. Sono…  
Presidente: Sono più di uno.  
P.M.: Sì.  
Presidente: Io dico De Fazio per dire…  
P.M.: De Fazio, Galliani, Luberto. Ora ci diranno esattamente. Sono i periti che nel corso delle indagini hanno fatto quello studio comparativo sugli otto duplici omicidi e il P.M., nella sua richiesta di prove, ha chiesto proprio di sentirli su questo punto.  
Presidente: Benissimo. Facciamoli accomodare, allora. Qui bisognerà probabilmente, Romano, staccare il microfono.  
P.M.: Stavamo già preparando. 
Presidente: Ah, si, va bene. 
P.M.: Il professor De Fazio, allora.  
Presidente: Buongiorno, Professore. Prego, accomodatevi, sistematevi meglio che potete. Buongiorno. Allora, Romano, lei ci presti assistenza, perché abbiamo, purtroppo, un microfono solo.  
A.B.: Quanti sono? Galliani, Pierini, Beduschi, De Fazio, Luberto?  
Presidente: Sono periti, vero?  
P.M.: Sono i periti del giudice, sì. Esatto.  
Presidente: Per ribadire la loro qualità. Allora, il nome di ciascuno.  
F.D.F.: Francesco De Fazio.



Presidente: Professor De Fazio. Le generalità, Professore, mi scusi, e basta. Le generalità.  
F.D.F.: Nato a Serrata, XX/XX/XX.  
Presidente: Ecco, aspetti: la formula non dei periti, dei testimoni – perché sono in qualità di testimoni. Si osservano per quanto compatibili.  
F.D.F.: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”.  
Presidente: Benissimo. State pure comodi, eh, nel parlare. Ecco, lo stesso: generalità e leggere quella formula.  
G.B.: Giovanni Beduschi, nato a Casalmaggiore, XX/XX/XX. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”.  
S.L.: Salvatore Luberto, nato a Cosenza il XX/XX/XX. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”. 
I.G.: Ivan Galliani, nato a Carpi di Modena il XX/XX/XX. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”.  
G.P.: Giovanni Pierini, nato a Firenze il XX/XX/XX. “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”.
Presidente: Bene. Allora, il Pubblico Ministero vi formulerà, e poi le altre parti, formuleranno delle domande. E quindi direi che, per rispondere, diciamo che risponderà il professor De Fazio e poi, a seconda delle necessità lei, Professore, passerà il microfono agli altri. Prego, allora. 
P.M.: Ecco la mia domanda, la più semplice, iniziale, è questa: se vuole, professor De Fazio, spiegare alla Corte qual è la loro professione e qual è il ramo, la disciplina di cui loro si occupano, innanzitutto. 
F.D.F.: Sissignore. Questo Collegio peritale è stato composto in base alla individuazione di competenze. Personalmente, io sono direttore dell’Istituto di Medicina Legale di Modena. Ero, all’epoca della perizia, direttore della Scuola di specializzazione di Medicina Legale, nonché di Criminologia e il Collegio peritale è costituito dal professor Beduschi, anch’egli medico legale di formazione e, come me, interessato alle problematiche criminalistiche; dal professor Luberto e dal professor Galliani, entrambi criminologi e psicopatologi forensi; e dal professor Giovanni Pierini che è titolare della cattedra di Tossicologia Forense, ma per una impostazione eclettica del suo sapere, si occupa molto di problematiche di informatizzazione, anche relativamente all’ immagine.  
P.M.: Grazie, Professore. Io farei, ho due domande che le sembreranno ovvie, ma servono a far capire alla Corte qual è stato il loro lavoro. La prima domanda è questa. Il lavoro porta la data… è in due tempi: 1984, 1985. Io chiedo, loro conoscono l’imputato, l’hanno mai visto? Lo hanno mai esaminato? Lo so che è una domanda ovvia, ma vorrei che fosse ben chiaro questo. 
F.D.F.: Certamente no. 
P.M.: Nessuno di loro?  
F.D.F.: No.
P.M.: Io guardo, vedo l’oggetto di quello che era l’incarico dato a suo tempo, e voi l’avete titolata riassuntivamente come “Indagine peritale, criminalistica e criminologica, in tema di ricostruzione della dinamica materiale e psicologica dei delitti”. Vorrei che lei, innanzitutto, spiegasse alla Corte cosa è stata, innanzitutto parlerei della ricostruzione della dinamica materiale: qual è stato l’oggetto del loro lavoro e, dal punto di vista della dinamica materiale, qual è stato il risultato. 
F.D.F.: Sissignore. Il titolo che noi abbiamo dato alla relazione riflette i quesiti che la Procura della Repubblica ci ha posto. Cioè se… I quesiti erano una ricostruzione della dinamica materiale e psicologica, sottesa alle azioni dell’aggressore o degli aggressori e il secondo quesito – che era poi il quesito principale – se presumibilmente si trattasse dell’opera di un solo aggressore. E quindi le modalità delle azioni lesive e quant’altro.  
P.M.: Io rimarrei a questo primo punto. 
F.D.F.: Ecco, allora, nel titolo noi abbiamo dato la preminenza “Ricostruzione della dinamica materiale e poi psicologica”, per un fatto molto semplice. Perché praticamente la prima parte, la ricostruzione della dinamica materiale, risponde in realtà ad una ricostruzione basata su dati non acquisiti direttamente da noi, tranne che nell’ultimo duplice omicidio. Ma, nei primi sette, dati documentali, verbali di sopralluogo, verbali di autopsia e dati circostanziali, cioè tutti i dati che potevano essere asseriti e comparati per valutare le singole azioni omicidiarie, ma le connessioni anche fra l’una e l’altra. E questo diventava una base documentale che poteva dare alla nostra perizia, o almeno nelle nostre intenzioni, la validità di strumento di prova. Quando passiamo, invece…
P.M.: La parte materiale. 
F.D.F.: La parte materiale. Quando passiamo alla valutazione della dinamica psicologica, evidentemente questa volta si tratta di una dinamica psicologica non dedotta da un rapporto con il possibile autore, ma dedotta in astratto in base a valutazioni desunte dalla dinamica materiale. È chiaro che, a questo punto, si passa da valutazioni che hanno dei punti di riferimento su dati obiettivi in valutazioni che tengono conto della nostra personale esperienza e, soprattutto, della esperienza di studiosi di altri paesi. Non per nulla per questa seconda parte ci siamo documentati presso fonti straniere anche, quando abbiamo assunto l’incarico, perché si trattava non di fonti bibliografiche che conoscevamo, fonti esperienziali oltre che bibliografiche. E quindi abbiamo messo prima “dinamica materiale” e poi “dinamica psicologica”. Evidentemente, nel fare questo, noi abbiamo utilizzato un metodo – e io ci terrei a chiarire questo punto – . Non in sede giudiziaria ma in sede di mass media, si sono fatte delle confusioni parlando di identikit. Noi non abbiamo fatto nessun identikit. 
P.M.: Ecco, ci vuole spiegare…  
F.D.F.: Certo.  
P.M.: … il limite o la portata o lo scopo di questo secondo lavoro? Questa seconda parte. 
F.D.F.: Un identikit è un lavoro sintetico, che si basa sull’esistenza di dati che vengono correlati per riferirli ad un possibile autore. Noi abbiamo svolto un lavoro analitico sulla base dell’analisi dei singoli casi, sul piano medico-legale e criminalistico, per desumere la dinamica materiale. Poi, una voi…  
P.M.: E quello per lei è un elemento di prova, dice.  
F.D.F.: Certo. E poi abbiamo svolto un lavoro interpretativo che, essendo interpretativo, può essere un elemento di convincimento, può essere un elemento che può essere accolto o meno dal giudice, in base al suo vaglio non tecnico. Ma abbiamo svolto un lavoro interpretativo sul secondo punto – la dinamica psicologica – che non è che sia infondato o fantasioso.  
P.M.: Certo.  
F.D.F.: Non tiene conto di elementi di riferimento obiettivi. 
P.M.: Che voi non conoscevate, non conoscete.  
F.D.F.: Allora, a questo punto, noi abbiamo fatto una perizia che, a quello che mi risulta, è la prima che sia stata disposta in Italia in questo settore, per risalire – in questo settore o anche in altri settori delittuosi – per risalire dalla dinamica delle azioni delittuose alle tipologie degli autori.  
P.M.: Al fine di indagine, quindi.  
F.D.F.: Questa perizia serviva a fine di indagini per indirizzare l’indagine in un versante o in un altro. Non faceva riferimento… faceva riferimento a prototipi, al plurale, non ad un prototipo. Ecco perché non era un identikit. È praticamente una perizia che è basata sul metodo analitico piuttosto che sul metodo sintetico. D’altra parte, la perizia basata sul metodo sintetico avrebbe validato arbitrariamente una nostra prevalente opinione, del Collegio Peritale, rispetto ad altre, mentre noi abbiamo esposto dei dati che poi abbiamo riportato a sintesi, ma che l’uno e l’altro possono essere anche in parte contraddittori, facendo un’analisi dei casi sul piano della dinamica materiale e sul piano della dinamica psicologica. 
P.M.: Credo di aver capito, e la Corte pure. Lei è stato chiarissimo su questo punto. Allora vorrei esaminare con lei i risultati di quella che è la parte che lei ci ha indicato che ha più un contenuto di prova, in quanto si basa su elementi oggettivi, cioè la parte della ricostruzione della dinamica materiale, per vedere se voi siete arrivati a delle conclusioni in tema di identità, o meglio di e/o di unicità di autore. Mi sembra un lavoro molto complesso il vostro. Vorrei che prima di spiegarci le conclusioni, come e attraverso quali mezzi e attraverso quali elementi siete arrivati a conclusioni sul punto.  
F.D.F.: Ecco, siccome la sua domanda innesca un discorso difficile, io lo introdurrei sinteticamente e darei la parola, poi, al professor Beduschi per…  
P.M.: Come crede.  
F.D.F.: Ecco, allora io direi che l’analisi seriata degli episodi delittuosi, con riferimento specifico in questo momento alla lesività riscontrata nei singoli casi, avalla l’ipotesi, concretamente, che tutti gli omicidi sono stati commessi dalla stessa persona. A ciò si arriva prescindendo, diciamo, dall’elemento cerniera che ha guidato l’indagine: stessa arma, stesse…  
P.M.: Bene, indipendentemente da questo. 
F.D.F.: Si arriva sulla base di una valutazione che tiene conto anche delle apparenti difformità e della discontinuità della serialità lesiva che caratterizza i casi dal primo all’ottavo. Dico dal primo all’ottavo, non dal secondo. Perché dal primo? Perché il primo è un caso spurio, che è spurio per la distanza di tempo rispetto alla sequenza dei delitti successivi; per la mancanza di armi da taglio nella dinamica del delitto; per la mancanza di riferimenti tipici dei delitti sessuali. E così anche il caso numero sei, Horst Meyer e Jens Rusch, è spurio per la mancanza di armi da taglio nella dinamica del delitto, per la mancanza di riferimenti tipici dei delitti sessuali nella modalità lesiva. Si tratta, in sostanza, del caso della Locci e del caso dei due tedeschi. Ma il problema è che, a cominciare dal secondo caso, noi notiamo una prevalente lesione da arma da fuoco nel maschio, che ha per i caratteri, per le sedi – nuca, fronte, eccetera – lo scopo di mettere fuori gioco la figura maschile. Salvo caso di spreco dei proiettili nell’uso, nell’azione delittuosa. Una lesività spuria da taglio nel maschio, non ben interpretabile comunque, di volta in volta diversificata; tranne, per esempio, diversificata… Prendiamo l’ultimo caso: la lesività da arma da taglio riguarda la fuga dell’uomo e quindi, praticamente, l’uomo che veniva rincorso e, man mano che veniva rincorso, veniva colpito. Poi abbiamo una lesività da taglio che comincia a diventare elettiva come finalismo nel secondo caso – nel secondo caso, cioè la Stefania Pettini – e si definisce in modo chiaro il senso sadico-sessuale nei casi successivi. Ora, cominciamo con… Faccio solo qualche flash su determinati casi. Ad esempio il caso Mainardi. Il caso Mainardi è tale che presenta delle differenze rispetto agli altri casi, perché l’uomo è andato lì, l’aggressore è andato li per compiere un delitto avente valenze sadico-sessuali come gli altri poi però, il ragazzo ha messo in moto la macchina, stava per scappare e lì l’omicidio che probabilmente nasce, sul piano dell’ideazione, come omicidio sessuale, diventa un omicidio da rapporto interpersonale con quello che fuggiva. Cioè lì si è cimentato con una persona che gli sfuggiva. Ecco che lì noi abbiamo, in questo caso, un tipo di delitto reso diverso rispetto agli altri da un fattore circostanziale: uomo che fugge e necessità dell’aggressore di cimentarsi con quest’uomo che fugge. Dopodiché infierisce sulla donna con 96 o 98 coltellate e… No, questo è il secondo caso, questo è il secondo caso. Dopodiché praticamente infierisce sulla donna con… non c’è lesività da arma da fuoco. L’esposizione dei singoli casi la facciamo dopo.  
P.M.: Sì, può darsi che i singoli casi, come ricostruzione, l’abbiamo già fatta abbondantemente. Quindi possiamo essere anche sintetici. 
F.D.F.: Ecco, io concluderei dicendo questo: che in tutti i casi, tenendo conto delle variabilità circostanziali come nel caso Mainardi, in tutti i casi noi abbiamo una ideazione, programmazione razionale, fredda, del delitto e questo, in aggiunta a determinate scelte, scelte di notti di novilunio; a determinati calcoli o opportunità, giorni prefestivi o come tali; scelta dei luoghi; sistematicità e metodicità, sovente di stampo ritualistico, delle lesioni; portano praticamente a convalidare che si è trattato di una stessa mano ma su questo punto interverrà poi il professor Pierini, in riferimento all’analisi elettronica di immagini che ci dà dei dati molto interessanti.  
P.M.: Ecco, voi avete dedotto qualcosa sul fatto che sia una sola mano, nel senso non più mani? 
F.D.F.: Noi abbiamo dedotto e in base alla ricostruzione e alla tipologia dei singoli delitti e poi, in sede di elaborazione elettronica dell’immagine, in base a comparazioni computerizzate. 
P.M.: Allora vogliamo vedere questo punto?  
F.D.F.: No, io passere all’illustrazione velocissima dei singoli casi. Io ho sintetizzato…  
P.M.: Ecco. Possiamo essere senz’altro sintetici, perché l’abbiamo fatta abbondantemente. Quindi possiamo senz’altro farla, ma in sintesi.  
F.D.F.: Si possono proiettare, signor Presidente, questi nostri… ? 
Presidente: Questi grafici?  
F.D.F.: Sì.  
Presidente: Credo di sì.  
P.M.: Non so, può darsi che sia un… Come crede, Presidente. Noi l’abbiamo già fatto, quindi…  
A.B.: Ma io…Fallo velocemente.  
G.B.: Comunque, molto brevemente, il caso numero uno Lo Bianco-Locci vede una lesività esclusivamente da arma da fuoco e, in assoluto, è il più spurio. Spurio perché è il primo della serie e spurio perché non è ancora inquadrabile con valenze tipo lust murder, tipo omicidio sessuale, a sfondo sessuale. Il caso due diventa immediatamente più significativo in rapporto alla assoluta singolarità delle 96 lesioni da taglio sul corpo della Pettini.  
P.M.: Che noi abbiamo visto proprio sui corpi, quindi…  
G.B.: Ecco, lesioni da taglio, alcune profonde e quindi espressive di una pacifica volontà negatoria; ma altre, invece, assolutamente superficiali e apparentemente fuori da ogni economia delittuosa, se non quella di poter costituire un saggio, perché il coltello non si è approfondito oltre che qualche millimetro sulla superficie cutanea. In questo caso…  
P.M.: Quindi non sono mortali?  
G.B.: Non mortali.  
P.M.: Ecco.  
G.B.: O, addirittura, “in limine vitae” o forse post-mortali. Ecco, in questo caso di significativo è sembrato rilevarsi in una lettura a posteriori cioè in epicrisi con i successivi, una delimitazione dell’area del pube e una delimitazione dell’area del seno, precordiale, attraverso delle punteggiature di lesioni da arma e taglio come se se ne delimitasse il perimetro. È chiaro che ciò è stato una lettura suggestiva e interpretativa, però, di fatto, sul pube sono sei lesioni o sette che ne delimitano l’arco superiore e in regione precordiale viene quasi ad essere circoscritta… solo le fotografie potranno…  
P.M.: Le abbiamo viste.  
G.B.: Ecco.  
P.M.: Quindi la Corte le conosce già, quindi va bene una sua sintesi.  
G.B.: Ecco, altrettanto – sempre caso numero due, Gentilcore – c’è una prevalenza di lesioni da arma da fuoco finalizzata al torace, torace-addome, finalizzata quindi al cosiddetto effetto letale, più ancora che non all’effetto d’arresto. Nel caso tre Foggi-Di Nuccio compare per la prima volta l’escissione del pube. Un’escissione estremamente disordinata a livello di lesività, di morfologia della lesività.  
P.M.: Ecco, questo è importante per capire.  
G.B.: Assolutamente incongrua, per guanto possa concepirla, ad esempio, chi fa una autopsia o chi effettui un prelievo o chi abbia pratica chirurgica.  
P.M.: Ecco, ci può spiegare il disordine, proprio?
G.B.: Perché è un’escissione che si spinge in modo irregolare a estirpare anche l’ano, si spinge anche in zona anale, e presenta dei margini estremamente irregolari come per ripetuti tentativi di immissione dello strumento da punta e taglio e di irregolarità nella escissione rispetto ai tessuti profondi.
 P.M.: Quindi apparentemente, mi scusi, una conoscenza anatomica scarsa? 
G.B.: Una conoscenza anatomica, ovvero, più che una conoscenza, una pratica di manualità.  
P.M.: Pratica, si, scusi, scusi. 
G.B.: È una pratica di manualità, tutto sommato, estemporanea. Soprattutto in riferimento alla diversa durezza dei piani tissutali profondi, per cui…  
P.M.: Nessuna esperienza.  
G.B.: Può esprimere una certa sorpresa nell’avere, ad esempio, incontrato l’osso pubico e quindi nell’aver dovuto modulare il taglio in un modo diverso da come lo si poteva concepire inizialmente. È un discorso che poi, invece, non si ritroverà nei casi successivi, dove si è…  
P.M.: Questo è il primo in cui c’è un’escissione del pube e la caratteristica è questa: di una scarsa capacità di…  
G.B.: Sì, un certo… 
P.M.: Una certa meraviglia.  
G.B.: Un certo impaccio.  
P.M.: Ecco, impaccio.  
G.B.: Un certo impaccio nella nettezza del taglio e nell’uso sicuro dello strumento. Anche qui poi ci sono lesività da arma da fuoco nell’uomo, assolutamente tipiche di colpo di grazia, colpi alla nuca. Si passa poi al caso quarto, se sono eccessivamente sintetico, me lo dica. 
Presidente: No, no, va bene. 
P.M.: Va benissimo così, penso. Grazie.

G.B.: Si passa poi al caso quarto, dove si rinnova il rituale di asportazione del pube nella donna e qui abbiamo un taglio peri-pubico, perivaginale, più netto, più preciso. Da anticipare che tutti questi tagli, come quelli che vedremo nei casi sette e otto, di escissione della mammella sinistra, hanno una incisura, nella continuità del loro perimetro, sulle ore 11.00. Ore 11.00 rispetto a un ipotetico quadrante di orologio…
P.M.: Questa considerazione o questo dato di fatto vi ha portato a delle…?  
G.B.: Questo dato di fatto ci ha portato a ritenere che l’azione sia stata fatta almeno in due tempi, come atto di taglio. E che, quindi, abbia interrotto un primo perimetro con un’azione tagliente e poi ne abbia iniziata una successiva con…  
P.M.: È sempre uguale in tutti i casi? Cioè denota una certa uguaglianza questo tipo di…? 
G.B.: È sempre fissa alle ore 11.00.  
P.M.: È uno degli elementi che vi ha portato a parlare di identità?  
F.D.F.: Introdurrei una variabile banale. Cioè, ognuno di noi – salvo patologie, vecchiaia che interviene e via di seguito – ha un certo tipo di psicomotricità. Per cui io taglio la bistecca, tranne che non voglia tagliarla in modo diverso, più o meno allo stesso modo, con lo stesso tipo di inclinazione. Abbiamo tenuto conto di questo, di questo dato elementare. Poi, in indagini sulle quali riferirà il professor Pierini, le abbiamo validate prima, facendo fare dei tagli a studenti, a campioni vari, per valutare…  
P.M.: A riprova.  
F.D.F.: … a distanza di tempo la loro… Che, ripeto, salvo l’intervento di fattori patologici, la nostra psicomotricità porta a un certo punto a fare un taglio in un determinato modo.  
G.B.: E quindi, riprendendo il caso numero quattro, conferma per la seconda volta l’escissione della zona sessuale, in particolare della zona genitale; e conferma anche numerose lesioni da punta e taglio sul maschio, sul Baldi, sul Baldi Stefano. Nel caso numero cinque manca assolutamente lesività da punta e taglio, ma è quello in cui, come noto, c’è stato il fattore sorpresa e quindi è atipico rispetto ai primi due, ma incernierato tra i primi due e i successivi per i motivi che ha detto il professor De Fazio. Anche il caso numero sei, quello dei due tedeschi, presenta lesività da arma da fuoco e minima lesività da taglio. Al limite, per quelli che sono i verbali che noi abbiamo esaminato, al limite da confermare la lesività da taglio.  
P.M.: È così, ne abbiamo avuto conferma dai periti settori.  
G.B.: E anche qui però veniva meno il fattore circostanziale del sesso, della mancanza tra le due vittime di soggetto di sesso femminile.  
P.M.: Possiamo passare agli ultimi due.  
G.B.: Ecco.  
P.M.: Che sono, invece… 
G.B.: Il settimo e l’ottavo sono i più significativi, oltre che per la conferma – e sarebbe la terza e la quarta volta – di asportazione del pube e della vagina.  
P.M.: In questo caso come è?  
G.B.: Pube e vagina che questa volta sembrano asportati con grande proprietà di atto e di taglio, e con rispetto e previsione delle componenti tessutali profonde, della diversa durezza e consistenza di queste componenti tessutali. La linea di demarcazione superiore è anche molto netta a prelevare proprio esclusivamente l’organo sessuale. 
P.M.: Questo depone, mi scusi, su una circostanza di un autore diverso? O è solo una maggiore esperienza?
G.B.: No, lo si è interpretato come un fattore di migliore esperienza e di raffinamento della tecnica. Anche perché, ripeto, i perimetri delle superfici di taglio, come poi potrà illustrare il professor Pierini, hanno mostrato effettivamente una sorta di identico, di identica azione.  
P.M.: Percorso. 
G.B.: Di identico percorso, ecco. Quindi, in riferimento alla psicomotricità, ha un percorso identico a quello degli altri due.  
P.M.: Bene. Quindi migliorata la qualità, ma nello stesso percorso.  
G.B.: Ultimo particolare è che compare nel settimo caso, Rontini, l’asportazione del seno sinistro. Un’asportazione di seno che noi si è suggestivamente preconizzata già nel caso numero due, in quanto perimetralmente delimitata dalle ferite del caso Pettini attorno al seno. 
P.M.: Quindi è una continuità, è un’evoluzione, dite voi. 
G.B.: Una continuità, un’evoluzione forse avente radici fino da allora, e non sviluppata nei casi intermedi. E nel caso numero otto, quello dei francesi, si riconfermano più o meno le tipologie lesive del caso numero sette. Sto parlando sempre del soggetto di sesso femminile. E si è ipotizzato, in virtù di una serie di segni seriati in corrispondenza del prelievo sul seno, il fatto che ci potesse essere una difficoltà di filo nel taglio della lama.  
P.M.: In quel momento. 
G.B.: E che quindi ci siano stati anche vari tentativi, risoltisi poi in escoriazioni superficiali…  
P.M.: Ecco, è interessante perché non eravamo riusciti finora con gli altri periti a fare delle ipotesi. Questa è una: il filo della lama, quindi.  
G.B.: Ecco, una sorta di lama che avesse nel frattempo perso il filo per le operazioni precedenti. Per quanto riguarda il maschio… 
P.M.: O per usi diversi. 
G.B.: Eh?  
P.M.: O per usi diversi. Noi non lo sappiamo, ovviamente.  
G.B.: Sì. Per quanto riguarda il maschio, concluderei…  
A.B.: Questo lo dice lei, Pubblico Ministero.  
P.M.: Glielo chiedo, glielo chiedo. È una domanda.  
A.B.: No, non glielo dica “per usi diversi”. Lo dicano loro, scusi.  
P.M.: È una domanda. È un’ipotesi cioè.  
G.B.: No, va be’… 
Presidente: Sono ipotesi diverse.  
G.B.: Noi possiamo… 
Presidente: Sono ipotesi, sono tutte ipotesi. 
G.B.: … un’eventuale alterazione del filo della lama. Che poi a questo abbiano concorso usi diversi, è possibile, ma non lo sappiamo.  
P.M.: È ovvio. 
A.B.: Ecco, non lo sappiamo.  
F.D.F.: Noi non lo sappiamo. Io direi però che su questo punto, se non ti dispiace, facciamo parlare il professor Pierini perché…  
G.B.: Sì, concludevo.  
P.M.: Concludiamo.  
G.B.: … a conclusione dei casi quindi sette e otto, per quanto riguarda l’uomo, c’è un incremento della lesività da punta e taglio anche sul cadavere dello Stefanacci e Kraveichvili. Lesività da punta e taglio tutta molto profonda, tutta potenzialmente mortale e quindi c’è una sorta di accanimento diretto, non più con colpi di arma da fuoco, colpi di grazia; c’è una sorta di accanimento diretto sui soggetti di sesso maschile che, nel caso ottavo, si spiegano in rapporto al documentato tentativo di fuga che può avere esasperato quindi il reo. Nel caso settimo, comunque, di fatto ci sono varie ferite profonde in zona toraco-addominale e anche all’inguine sinistro.  
P.M.: Prego, prego. Se lei ci può dire qualcosa in più, sotto un aspetto diverso di indagine, su questa conclusione relativa all’identità o meno dell’autore. 
G.P.: Sì, introduco brevemente anche il metodo di analisi di immagini.  
P.M.: Sì, ci fa capire meglio. 
G.P.: Allora, molto brevemente, l’analisi di immagini consiste in questo: introdurre nella memoria di un calcolatore un’immagine fotografica. In questo modo il calcolatore attribuisce ad ogni punto che forma l’immagine una coordinata. La stessa cosa la fa il nostro cervello con le immagini che provengono dall’occhio. La differenza però è questa: è che la nostra retina è molto più sensibile dell’immagine di un calcolatore; al tempo stesso, però, il nostro cervello non è in grado di fare operazioni matematiche di area, perimetro, profondità, eccetera, sen non in maniera abbastanza approssimativa. Invece il calcolatore può farle in maniera estremamente precisa. Allora abbiamo integrato le due cose. È stata integrata la misura soggettiva legata all’esame visivo delle immagini, da atti, con la misura oggettiva delle stesse immagini passate con un programma apposito al calcolatore. Per quanto riguarda questo specifico settore, cioè il passaggio delle immagini al calcolatore, ho potuto determinare alcuni parametri base, cercando di sceglierli fra quelli più semplici in quanto non tutte le fotografie erano state fatte nelle stesse condizioni e quindi occorreva cercare di non porre al calcolatore domande troppo difficili, perché avremmo avuto errori troppo difficili da gestire. Voce fuori microfono: …  
G.P.: Sì. Sono state prese tutte le fotografie presenti in atti; le fotografie sono state tutte parametrizzate, cioè rese uniformi per quanto possibile in base agli indici anatomici, di modo da avere la stessa scala di ingrandimento. 
P.M.: Per la lettura omogenea.  
G.P.: Per la lettura. Poi sono state tutte filtrate in bianco e nero, anche quelle a colori, con una scala di 256 punti di grigio in modo che potessero essere lette anche le foto anche di più vecchia data. A questo punto tutti i conteggi sono stati fatti su una scala di 256 livelli, in bianco e nero.  
P.M.: Quindi omogenea.
G.P.: Valida per tutti. Ovvio che su una scala del genere certe inclinazioni non sono precise come su una scala, per esempio, di 50.000 punti.  
P.M.: Certo. 
G.P.: Però, ovvio che su una scala del genere, così sensibile, il primo caso non poteva entrare. Allora, visto… se è sufficiente questo tipo di impostazione… 
P.M.: Sì, sì, chiarissima, chiarissima.  
G.P.: … passerei ai risultati. Le domande poste al calcolatore quali erano? Calcolare in quale posizione del corpo si situava la lesione, soprattutto quella pubica, perché quella mammellare, essendo limitata a due casi, non permetteva poi di avere informazioni significative. Quindi i casi erano 4: le 4 escissioni pubiche sono state localizzate come posizione rispetto alla radice delle cosce e rispetto alla linea dell’ombelico. Ne è stato verificato l’andamento del perimetro per vedere la forma geometrica risultante. Poi è stata calcolata l’area e la profondità della lesione. In ultimo è stato calcolato, rispetto al perimetro, dove probabilmente iniziava il taglio, l’azione di taglio. I risultati sono questi: per quanto riguarda il perimetro, a parte il secondo caso, i perimetri sono pressoché equivalenti. I numeri che vengono citati in perizia non sono centimetri o millimetri, cioè non sono unità di misura, ma sono unità del video – cioè pixel 1 – contate. Però possono essere, in buona approssimazione, essere considerati misura quando i casi vengono associati fra di loro; cioè sono lo stesso un elemento di confronto. II secondo caso era un po’ particolare, perché siccome c’erano elementi di sfondamento, anche il computer ha avuto alcune difficoltà a localizzare il perimetro, ma non la forma del perimetro, cioè l’immagine geometrica risultante. Quindi, mentre per quanto riguarda l’area… il perimetro, posso dire che si tratta di 4 ellissoidi con 4 aree perfettamente paragonabili – tranne il caso 2, Susanna Cambi, per i motivi di sfondamento, quindi difficoltà di parametrizzazione. La cosa più interessante è che per quanto riguarda, invece, il livello di schiacciamento dell’ellissoide, questo è perfettamente equivalente in tutti e 4 i casi. Livello di schiacciamento cosa si intende? Il calcolatore assegna con “0” l’immagine del cerchio, “1” l’immagine della retta. Quindi praticamente questo numero, che in tutti i casi oscilla fra 0,6 e 0,71, significa che si tratta di un’immagine tipo pallone da rugby vista lungo l’asse maggiore. D’accordo? 
P.M.: Benissimo, chiarissimo finora.  
G.P.: Per quanto riguarda l’elemento profondità di taglio, visto che le immagini sono ovviamente piane, ho sentito anche i miei colleghi e pensato di fare così, cioè di calcolare il livello di luminosità del fondo della lesione della ferita. Infatti il muscolo, in tutte le fotografie, anche in bianco e nero, appare in scuro, e il tessuto adiposo in giallo. E quindi in chiaro. A questo punto il livello fra chiaro e scuro poteva dare una misura del livello al quale l’azione veniva portata avanti, l’azione di taglio.  
P.M.: Quindi il coltello quanto era inserito dentro.  
G.P.: Esatto. Quindi l’angolo di parallasse dell’azione di taglio.  
P.M.: Benissimo.  
G.P.: Questo parametro è costante in tutti e quattro i casi. Quindi la profondità di discesa del coltello durante l’escissione è uniforme. Per quanto riguarda l’ultimo elemento, cioè l’angolo di incisura, questo si colloca all’incirca a ore 11.00 guardando un quadrante da orologio. Sostanzialmente la posizione è equivalente anche all’analisi elettronica, tranne il caso due, fatte salve le difficoltà ricordate prima. E anche l’area di questo piccolo bottone di inizio è praticamente dello stesso indice. Questo per quanto riguarda le lesioni. Per quanto riguarda, invece, un reperto molto interessante, e cioè quello del seno sinistro, nel caso di Nadine Mauriot e della lesione da punta sull’omero del soggetto di sesso maschile dello stesso caso, l’analisi ha dato qualche inferenza in più. Infatti, come diceva il collega professor Beduschi, sul seno sinistro sono stati notati dei segni di attacco. Una alternativa potrebbe essere anche quella di un coltello con un doppio filo di lama.  
P.M.: In questo caso.  
G.P.: In questo caso. Un filo monotagliente e liscio, uniforme, e un filo zigrinato. Quando nell’azione di taglio si passa i 180° c’è una adduzione di ulna sul radio che esita in un blocco fisiologico del polso e tende quindi a strisciare il filo opposto a quello di taglio.  
P.M.: Benissimo. Verso l’esterno.  
G.P.: Verso l’esterno. Però a livello ipotetico. Una misura un po’ più precisa si ricava dalla ferita da punta a stampo sul radio del ragazzo, perché è una ferita a sezione triangolare. Questa sezione triangolare ha angoli di 20° circa e fanno pensare, quindi, ad un coltello con una carena di rinforzo. Altre misure non è stato possibile inferirne.  
P.M.: Va bene, è già qualcosa. 
A.B.: Posso fare una domanda su questo punto?  
P.M.: Scusi un secondo, se cortesemente se le può annotare sennò… è un po’ già complesso di suo. 
A.B.: Grazie.  
P.M.: Volevo chiedere, allora, ancora questo. Non so se… forse il professor De Fazio. Quella domanda che avevo già fatto relativa alla possibilità, come avete scritto nella vostra relazione, di dire qualcosa sul fatto che si possa escludere che si tratti di azione di più soggetti. È una conseguenza di questo che… Lo possiamo escludere per questo o ci sono altri parametri?  
F.D.F.: No, no, ci sono anche altre… abbiamo detto che la nostra affermazione, la nostra conclusione, sulla quale ci giochiamo la nostra professionalità, che si tratti di una sola mano, è basata su un quesito: se presumibilmente si tratta di una sola mano. Noi diciamo che è più che presumibilmente, perché a un certo punto qui abbiamo degli elementi di ancoraggio che possono – io ritengo, lo valuterà la Corte – assumere proprio il valore di prove. Poi ci sono un sacco di altri elementi. Nella storia criminale dei “lust murder”, dei serial killer, non abbiamo la persona che sceglie le coppie. Sceglie la donna, dove gli capita: per strada, in ascensore. Qui abbiamo una scelta fissa, quindi abbiamo elementi, che verranno illustrati fra poco, e una dinamica psicologica che concorrono anch’essi. Ma abbiamo anche altri elementi, “ex adiuvanti bus”. Quali sono gli altri elementi? Ma nel delitto Mainardi, quando Mainardi cercava di scappare, se ci fosse stato un complice, sarebbe costretto da uno spettatore, un complice o uno che interveniva anche lui con un’arma. Abbiamo cioè espresso… 
P.M.: Elementi circostanziali. 
F.D.F.: … gli elementi adesso che possono avere significato di prova. Ma poi ci sono un sacco di altri elementi che concorrono a far ritenere che si tratta di un solo soggetto. 
P.M.: Allora, rimaniamo ancora un attimo alla dinamica materiale. Voi avete cercato di spiegare come apparentemente, dalla ricostruzione della dinamica materiale, sia possibile ricavare, dite voi, che si tratti di un soggetto non esperto di armi, ma più esperto dell’arma bianca. Vogliamo spiegare meglio perché, da cosa si deduce?  
G.P.: Allora, l’ultima cosa che mi rimaneva, e si aggancia alla sua domanda, da dire, dopo aver esposto i risultati, era appunto che i valori ottenuti dalle analisi di retorica in immagini fanno pensare ad una uniformità del “modus operandi” che si riflette nei risultati; che l’azione di taglio è orientata da sinistra a destra, quindi soggetto destrimane; e che, per quanto riguarda la posizione, c’è da dire che tutto questo tipo di attività fa pensare ad un soggetto che possa avere una certa dimestichezza con le azioni da taglio. Altrimenti avremmo avuto dei risultati ancorché confrontabili fra di loro, però con delle variazioni percentuali molto elevate. Ricordo che soprattutto il parametro luminosità è quello che mi ha colpito di più, perché l’azione di taglio portata da una radice della coscia all’altra lungo tutta l’arcata pubica, seguendo il filo fra piano muscolare e piano del tessuto adiposo, è operazione tutt’altro che agevole. 
P.M.: Ecco, mentre qualche deduzione sulle capacità dell’uso dell’arma da sparo? Voi avete scritto, non so se ricorda, dove l’ar… grossomodo mi sembra di poter sintetizzare che l’arma da sparo è l’arma che serve per fermare e non – dalla ricostruzione della dinamica materiale – non richiede una particolare abilità dell’uso dell’arma.  
F.D.F.: Premesso che sull’arma da taglio… sull’arma bianca la risposta nasce dai rilievi che sono stati esposti, quindi dai rilievi obiettivi; sull’arma da fuoco noi non possiamo altro che interpretare. Noi vediamo un costante, un progressivo, un certo progressivo miglioramento nell’uso, nel buon uso, nel minor spreco nell’uso dell’arma da fuoco. Evidentemente, però, bisogna tener conto di volta in volta di fattori circostanziali. Quindi riteniamo di poter affermare che l’uso dell’arma da fuoco non è espressione di un esperto tiratore.  
P.M.: Ecco. Era questo che… Una domanda ancora, che si fonda più che altro per cercare di capire come siete arrivati a delle valutazioni voi. È quelle due occasioni in cui voi parlate della altezza probabile o possibile dell’esecutore. E volevo capire, innanzitutto, come e sulla base di quali dati siete arrivati a quelle conclusioni, per vedere se i dati che vi avevamo fornito erano sufficienti a dirvi qualcosa in proposito. E quindi quali sono le vostre conclusioni, ma su cosa si basano. 
F.D.F.: Io, salvo a dare poi la parola a tutti i miei colleghi che vogliono rispondere su questo punto, ci tengo a dire una cosa…  
P.M.: Forse le occorre il microfono.  
Presidente: Il microfono, Professore, perché sennò non sentiamo.  
F.D.F.: Noi abbiamo valutato delle impronte su autovetture desunte da fotografie. E abbiamo presunto che queste impronte, fossero di una mano – sul tetto dell’autovettura – o di un ginocchio, si trattasse di impronte dell’aggressore. Il che è tutto da stabilire. 
P.M.: Non ci sono però.. . voi non sapevate se non ci sono prove. 
F.D.F.: Esatto. Ora, è questo un primo elemento che abbiamo valutato. Per esempio, per l’impronta, per la possibile impronta di un ginocchio – che impronta significa detersione della polvere che si poggia sulle autovetture – noi abbiamo utilizzato le tabelle antropometriche in uso. Dirò Leden, Manuvrieri, eccetera, ma sia ben chiaro che le tabelle antropometriche stabiliscono delle medie, perché uno può avere le gambe, gli arti inferiori tozzi, il tronco sviluppato o viceversa. Quindi abbiamo dato dei parametri, per determinate impronte, basati su tabelle antropometriche che danno dei valori medi. Peraltro aggiungo, per dovere di obiettività scientifica, che sono tabelle antropometriche fatte nel secolo scorso e agli inizi di questo secolo con una popolazione che è anche variata rispetto ai dati staturali. Altra cosa che aggiungo per l’altezza, la presumibile altezza dell’aggressore basata sui fori trovati sul camper dei ragazzi tedeschi, è che data questa altezza, quindi sempre a 130 centimetri/ 135 – adesso poi entreremo nel merito – siccome noi abbiamo detto foto a distanza ravvicinata, le ipotesi sono tre. Foro a distanza ravvicinata può significare che uno spari col braccio addotto e allora se troviamo un foro a una certa altezza e uno ha sparato a distanza ravvicinata col braccio addotto, questa è una valutazione. Distanza meno ravvicinata con l’arto esteso, ed ha un’altra valutazione; o, terza ipotesi, che uno possa sparare del tutto…  
P.M.: Braccia alzate. 
F.D.F.: Devo anche chiarire che, per ciò che riguarda il camper, noi abbiamo tenuto conto non solo dei fori sui finestrini, rispettivamente che è sparato con arto addotto, con arto esteso o con arto innalzato, ed avendo preso come prima ipotesi l’arto addotto, perché a distanza molto ravvicinata uno spara con l’arto addotto…
P.M.: Avete ipotizzato… 
F.D.F.: … abbiamo tenuto conto anche del fatto che questa traiettoria è iniziata con il foro è poi finita con il proiettile che ha colpito il soggetto. Soggetto che noi abbiamo, secondo i verbali di Polizia, considerato situato nel pianale. 
P.M.: Cioè voi credevate che fossero sul pianale in basso. 
F.D.F.: Per forza, c’è scritto nel verbale di Polizia che “i cadaveri giacciono sul pianale”. Allora, se questo è il vetro del camper e questo il pianale, noi dobbiamo ipotizzare un’inclinazione così.  
P.M.: Dall’alto verso il basso.  
F.D.F.: E un’inclinazione cosi ci porta ad un determinato soggetto, rispetto ad un’inclinazione così. Cioè, in poche parole, in questa posizione, arto addotto, o in posizione arto esteso o del tutto innalzato, io posso prevedere una traiettoria di tipo orizzontale che mi comporta un’altezza. Ma se devo prevedere una traiettoria che mi va verso il basso, devo presupporre un altro tipo di altezza.  
P.M.: E invece avete…  
F.D.F.: Noi abbiamo fatto il calcolo in base a cadaveri poggiati sul pianale dell’automezzo.  
P.M.: E invece non sono – lei l’ha visto nelle fotografie, le possiamo riguardare, Presidente – non sono sul pianale, ma sono all’altezza…  
F.D.F.: È un’emergenza processuale della quale io… che apprendiamo questa mattina. 
P.M.: Che non conoscevate. Bene. Se qualcuno sul punto può dire qualche altra cosa, perché è stato oggetto di analisi. 
G.B.: No, va be’, quel problema, ribadendo un attimo quello che ha detto il professor De Fazio in apertura e adesso: la valutazione e i numeri che sono stati dati riguardo alla possibile altezza del reo, innanzi tutto erano in un ambito ricognitivo e di indagine inteso a formulare ipotesi e i parametri assunti sono stati, segnalando preventivamente le dovute cautele nell’assumere il dato, quello di un’impronta al suolo che si è esplicitato anche potesse essere di chicchessia, compreso degli inquirenti. Un’impronta al suolo relativa a un numero di scarpa piuttosto… 
P.M.: Li non c’è nessuna prova, quindi… 
G.B.: Quella dell’impronta sulla portiera della Panda, prospettata perché era doveroso prospettarla, in quanto era un reperto di sopralluogo che sarebbe stato colpevole dimenticare ed escludere. E il problema invece della traiettoria dei colpi nel caso dei due tedeschi, che è stato fatto su un erroneo presupposto che i tedeschi giacessero a un metro… più basso almeno di un metro, di 70-80 centimetri più in basso di dove, in realtà, le fotografie che ci sono state mostrate hanno dimostrato essere.  
P.M.: Ho capito.  
G.B.: Per cui se questi giacevano sul fondo del furgone, si imponeva un’azione di questo genere e ci si poteva ipotizzare un’altezza, che noi abbiamo definito superiore al metro e ottanta. Viceversa, se questi, come le fotografie del sopralluogo hanno dimostrato, si collocavano su un piano pari ai vetri del… era sufficiente anche, diciamo, un’esplosione e una statura…  
P.M.: Va bene, è stato chiarissimo. 
P.M.: Professor De Fazio, vorrei passare un attimo – ma molto in sintesi, perché lei ci ha detto subito che per guanto riguarda la dinamica psicologica è stato un insieme di dati forniti più che altro ai fini delle indagini e ci ha spiegato chiaramente che non si tratta di prove. Io le chiedo questo: è stato possibile valutare qualcosa innanzi tutto, sulla base dei dati che avete avuto voi, sulla possibilità che il soggetto autore, che voi ricostruivate come tipologia nel modo che ci ha detto, avesse o meno delle patologie mentali? Avete potuto dire qualcosa in proposito?  
F.D.F.: Sì, io direi che questo…  
P.M.: Ovviamente nei limiti della vostra…  
F.D.F.: Che l’autore, da noi supposto unico sulla base di quanto ho già detto, rientri per dati di personalità in campo psicopatologico, quindi abbia delle connotazioni psicopatologiche che si riflettono su tante cose, sessualità compresa, questo è fuori discussione. Ma che questo autore, organizzato, capace di gestirsi fra un delitto e un altro, possa essere un malato di mente lo abbiamo sempre escluso. Anche dopo, quando, una volta depositata la perizia, sono venute fuori ipotesi da parte di esperti, psichiatri, che hanno dichiarato che si trattava di un malato con questa o quest’altra caratteristica, l’abbiamo sempre tranquillamente escluso perché era ideazione, programmazione, gestione dei delitti, ma gestione soprattutto del suo modo di essere fra un delitto e l’altro, esclude che possa essere un malato di mente.  
P.M.: Io passerei a un’ultima domanda, almeno per quel che mi riguarda al momento. In questa ottica ricostruttiva ipotetica, secondo voi la condotta tenuta, e che voi conoscete dai delitti, è compatibile con una personalità che ha una particolare attrazione per una sessualità protratta svolta sulle figlie? Cioè intendo: un soggetto che sia portato a una sessualità rivolta all’incesto, oppure a prostitute, è compatibile con il nostro soggetto? Voi avete concluso per una iposessualità. Potrebbe essere una… È la vostra conclusione. È compatibile questa vostra conclusione con un soggetto che abbia una sessualità apparentemente deviata, rivolta nel modo che le ho detto?  
F.D.F.: Se il signor Pubblico Ministero me lo consente, invece di dare risposta subito alla sua domanda, io penso… perché abbiamo detto che la valutazione della dinamica psicologica è per forza di cose meno probabile.  
P.M.: Certo.  
F.D.F.: Però ci abbiamo lavorato tanto. E allora, a un certo punto, io penso che la risposta su questo problema della sessualità non può astrarre da una valutazione della dinamica psicologica dei reati. Per cui penserei…
P.M.: Certamente. Era solo per capire quale era la mia domanda.  
F.D.F.: O forse vedrà… oppure ne parla il professor Luberto delle dinamiche psicologiche dei singoli delitti; e poi il professor Galliani fa una sintesi generale del problema, nel cui contesto verrà trattato questo argomento.  
P.M.: Bene.  
F.F.: Diversamente trattiamo la sessualità come se fosse una variabile indipendente da…  
P.M.: No, no, Professore, era solo per capire qual era la domanda. A loro il modo di spiegare.  
F.D.F.: Prego i colleghi di tener conto di questa domanda parcellamente nel rispondere, salvo poi a rispondere sinteticamente. Be’, la domanda è se…  
S.L.: La dinamica psicologica, l’analisi dei 7 casi in rapporto alla dinamica psicologica, cioè la ricerca dei punti di identità e dei punti di differenza, conferma pienamente i dati che sono emersi dalla dinamica, dall’analisi della dinamica materiale. Il primo elemento che è emerso esaminando tutti i delitti insieme, prescindendo un momento dal primo che si discosta, è che questi episodi delittuosi nascano piuttosto che da una conflittualità interpersonale, che in genere genera… da una conflittualità intrapsichica. Cioè infatti la mancata scelta delle vittime, eccetera; cioè piuttosto che da un rapporto conflittuale tra “a” e “b” per cui “a” uccide “b”, questo nasce da una specie – almeno la prima considerazione che abbiamo fatto – da una specie di “impulso a”. È confermato questo dato gradatamente, man mano che siamo andati avanti nell’analisi, dal “modus operandi” nei vari casi, che si ripropone con una costanza che ha del rituale. Cioè c’è sempre, c’è l’uso dell’arma da fuoco in un certo modo, di cui parlerò fra un attimo; poi l’uso dell’arma da taglio; poi la ricerca del feticcio. Ed è costante. Negli unici due casi in cui questo “modus operandi” si discosta dagli altri, intervengono degli elementi circostanziali diversi: lo spostamento dell’auto in una strada trafficata, quindi una situazione ad altissimo rischio; e che, evidentemente, lascia veramente perplessi del mancato intervento dell’eventuale complice. Perché, ripeto, la strada ci risulta dagli atti che la si è dovuta chiudere perché era una strada molto trafficata. Era su una piazzola e la macchina va da un punto all’altro. E, la seconda volta, quando sono due uomini, due maschi: i tedeschi. In tutti gli altri casi il “modus operandi” è sempre uguale. Noi, per quanto concerne l’uso dell’arma da fuoco e dell’arma bianca, abbiamo fatto anche l’esperie… valutato anche i colpi sparati a segno, cioè la dispersione, no? dei colpi che sono sparati a distanza ravvicinata. E soprattutto nei primi casi c’è una notevole dispersione di colpi, cioè tra i colpi sparati e i colpi andati a segno. E tutte le volte l’uso dell’arma da fuoco… Tra l’altro nei primi casi è preso di mira prevalentemente il torace. Solo dopo il secondo caso, che costrinse all’uso dell’arma bianca per ottenere l’effetto letale, con ben 96 coltellate di cui solo le prime… pur essendoci un miglioramento, c’è sempre questa dispersione. Il che dal punto di vista della dinamica psicologica fa pensare ad uno stato di relativa eccitazione mentre l’individuo usa l’arma da fuoco che, invece, contrasta nettamente con la relativa, almeno da quello che… con la relativa freddezza, la relativa precisione -l’analisi di immagine l’ha documentato poi ampiamente – che invece si ottiene quando successivamente viene usata l’arma bianca. E questa successione, cioè questa maggiore, io penso, situazione di eccitamento, no? nella prima parte quando usa l’arma da fuoco e questa strana calma, freddezza quando usa l’arma da taglio, quando la usa per i rituali sadici, non quando la usa per finire la vittima o per ucciderla o per finire di… Perché vorrei ricordare che nelle 96 coltellate, la prima, quelle che hanno riguardato la parte superiore del torace erano di una violenza tale che sono penetrate nello sterno, quindi lasciano supporre un certo stato d’animo, una certa modalità. Mentre quando usa l’arma bianca per i rituali sadici c’è una precisione, una cosa che richiama una certa freddezza. Ora, e questa situazione si ripropone in tutti i casi. E non è assolutamente contraddetta dai due casi anomali in cui, ripeto, la successione globale è identica, ma l’assenza di alcuni elementi è legata ad elementi circostanziali imprevisti e imprevedibili. Allora tutto questo, sul piano della dinamica psicologica, ci ha confermato: uno, che le motivazioni, più che i moventi – cioè ci siamo mossi più sul piano motivazionale che sul piano del moventi – dell’agire, nasca da una conflittualità intrapsichica piuttosto che da una conflittualità relazionale, no? Il secondo punto, la ritualità: cioè è la assoluta costanza del “modus operandi” ci ha fatto ritenere, anche sotto il profilo della dinamica psicologica, altamente improbabile che almeno 6, almeno eccetto il primo, ripeto, che ha una sua… presenta dei problemi ad essere interpretato in questi termini, almeno dal punto di vista psicologico, siano opera tutti dello stesso soggetto all’interno di una pulsione che richiama le caratteristiche tipiche del delitto sessuale di un certo tipo, di cui abbiamo parlato. Io…  
F.D.F.: Senti, vuoi prospettare tu la digressione criminogenetica, oltre che alla dinamica…  
I.G.: Sì, ecco, è già stato puntualizzato che, quando noi abbiamo fatto questa indagine, avevamo a disposizione in pratica del materiale che riguardava le scene dei delitti e le modalità con cui erano stati effettuati. Quindi avevamo a disposizione soltanto questo materiale di repertazione. E da questo dovevamo partire per fare delle ipotesi su delle caratteristiche di personalità dell’autore del reato. Per questo, dal momento che eravamo consapevoli del fatto che entrando nell’ambito psicologico-motivazionale si era nell’ambito delle ipotesi, abbiamo scelto, anche concordato con gli inquirenti, appunto, di effettuare ipotesi su singole caratteristiche che potessero indirizzare le indagini in determinate direzioni. E si sta parlando invece di quelle potevano essere le caratteristiche comuni alla maggior parte dei delitti, che potevano essere considerate invece come caratteristiche stabili di identità dell’autore. E quindi come ipotesi più accreditate. Per quanto riguarda la sessualità dell’autore del reato, di questi reati, noi avevamo a disposizione soltanto questi delitti. È evidente come la sessualità non può essere indagata nella sua compiutezza partendo soltanto da questa fattispecie specifica.  
P.M.: Non conoscendo il soggetto.
I.G.: Prego?  
P.M.: Non conoscendo il soggetto.  
I.G.: Non conoscendo il soggetto. E si era nell’84 e ’85. E quindi le ipotesi che sono state formulate, sono state evidentemente desunte soltanto da quegli elementi che avevamo a disposizione, che erano la specificità e la ritualità soprattutto di questi delitti e, soprattutto, degli ultimi delitti. Questi, confrontando ovviamente questa tipologia delittuosa con la letteratura scientifica… Quella italiana è molto avara: non ci sono, non c’erano casi di questo genere descritti in precedenza, se non alcuni che corrispondevano all’ambito della patologia di mente oppure della oligofrenia, e che venivano descritti per epoche abbastanza remote, fine ‘800 inizio del ‘900 sostanzialmente. La letteratura invece di lingua germanica, e parlo di letteratura scientifica, è molto ricca di casistica e abbiamo attinto soprattutto a quella per comparare questi delitti a quelli. E soprattutto ha una casistica di autori noti. E, in effetti, la letteratura scientifica germanica ce ne presentava tantissimi. Partendo da questa classificazione germanica abbiamo detto, abbiamo desunto che gli ultimi delitti per la modalità con cui erano effettuati, per l’assenza di una sessualità agita nella scena del delitto, per l’assenza di interesse anche per una sessualità agita, per la freddezza e il distacco con cui vennero trattati i corpi delle vittime, o le vittime in vita, doveva corrispondere a quella tipologia d’autore che medici legali e criminologi di lingua germanica classificano come delitto, autori che commettono il delitto come equivalente sadico dell’atto sessuale. Cioè degli autori di reato per cui il delitto in sé rappresenta fonte di gratificazione sessuale, al di là di ogni sessualità agita direttamente nell’ambito della scena del delitto e dell’azione delittuosa. Di casi come questo la letteratura germanica ne riporta tanti. Sono tutti omicidi che avvengono su singole… non tutti su singole persone a dir la verità, mai su coppie però, se non casi sporadici e occasionali di omicidio su coppie da parte di un autore di reato che, invece, prevalentemente uccideva singole persone. E la scelta, diciamo, dell’oggetto di interesse è orientata spesso negli autori di reati sessuali-sadici, di omicidi sadici dal tipo prevalente di perversione. Quindi c’è l’omicidio pedofilo, c’è l’omicidio sessuale pedofilo e omosessuale, c’è l’omicidio omosessuale. Nell’omicidio, anche nell’omicidio come equivalente sadico dell’atto sessuale si può avere una predilezione specifica. Però si può avere anche soltanto – ma questo… cioè con, diciamo, col progressivo, col progredire delle fantasie sadiche della spinta compulsiva ad agire – si può avere anche, invece, un interesse prevalente per il tipo di azione che si commette indipendentemente dal tipo di delitti. Quindi, partendo da queste premesse, si può dire che tutte le ipotesi potevano essere formulate a tutto tondo. Noi dovevamo limitarci, per dare delle indicazioni alle indagini, a quelle ipotesi che potevano essere accreditate dalle scelte del modo, della modalità operativa dell’autore del reato. E da quelle più specifiche in modo particolare. Quindi abbiamo appuntato l’attenzione sul fatto che si trattasse di coppie e sul fatto, appunto, che non c’era una sessualità agita. Abbiamo visto anche che per motivi diversi, legati non soltanto al fatto che si trattasse di una stessa arma da fuoco come ci dicevano le perizie balistiche, ma anche al fatto che le scelte dei luoghi, dei tempi, la scelta delle coppiette eccetera, ci diceva che si trattava di uno stesso autore. Anche la freddezza con cui, la cautela con cui venivano operate le scelte e la freddezza con cui veniva attuata l’azione, in tutti i casi ci indirizzava verso uno stesso autore. Abbiamo cercato di fare ipotesi che legassero tutti gli omicidi. Anche se, a parte il quinto e sesto in cui erano accaduti forse dei fatti che avevano tolto la possibilità all’omicida di proseguire la sua azione, il primo e il secondo avevano caratteristiche diverse. Il primo, per i motivi che sono stati detti, non ha delle connotazioni sadico-sessuali specifiche se non questo tenue fatto che si trattasse di una coppia in atteggiamento amoroso. E il secondo delitto in particolare aveva delle caratteristiche molto diverse dagli altri. Cioè mentre negli ultimi quattro casi che abbiamo detto si tratta di un “lust murder” che è indirizzato da fantasie sadiche specifiche, mirate all’uccisione, all’interruzione probabilmente del rapporto sessuale della coppia, all’uccisione di entrambi i partners e all’escissione di parte del corpo della partner femminile; nel secondo caso evidentemente questa fantasia così perfezionata non c’era ancora. Nel secondo caso c’era soltanto una fantasia sadica legata all’uccisione, legata probabilmente all’interruzione del rapporto sessuale; e legata, forse, a fantasie di tipo sadico o predatorio nei confronti della donna, come dimostra tutta la dinamica, cosi come è stata esplicitata. Quindi abbiamo ipotizzato che ci sia stato una evoluzione anche nelle fantasie sottese alla esecuzione, poi, dei delitti. Un’evoluzione che va dalla semplice fantasia di interrompere, di uccidere interrompendo così l’atto sessuale fino alla fantasia di escindere parti del corpo della donna. Perché do tanta rilevanza alle fantasie? Perché in tutti i casi noti in letteratura, questi comportamenti, questi omicidi a scopo sessuale, specialmente se del tipo che abbiamo detto, sono legati a delle fantasie che vengono coltivate ed elaborate molto a lungo prima che si arrivi alla messa in atto, cioè all’attuazione di quelle fantasie secondo una determinata modalità. Non solo, ma le fantasie si perfezionano e anche il “modus operandi” si perfeziona e si affina allo stesso modo. Per venire in modo più specifico alla domanda…  
P.M.: Al quesito, sì.  
I.G.: … che è stata posta dal Pubblico Ministero, posso citare ad esempio di questa casistica che è portata dagli autori germanici due casi che apparentemente sono molto diversi. E che paradigmatici da questo punto di vista sono il “caso Kurten” e il “caso Manfred”, che viene trattato come “caso Manfred”. Nel “caso Manfred” abbiamo un soggetto che era un soggetto inibito, un soggetto timido, un soggetto riservato, un soggetto che non aveva mai avuto un rapporto sessuale, un soggetto in giovane età, un soggetto che conduceva una vita apparentemente del tutto nella norma. Nessuno sapeva che coltivava da tempo fantasie sadiche, che erano nate, dal punto di vista psicogenetico, diciamo da un punto di vista ontologico è difficile dirlo perché non l’ha mai saputo dire o non l’ha mai confessato. Da un punto di vista, diciamo, dei rapporti con la realtà erano nati attraverso l’osservazione dell’uccisione di animali, come spesso avviene, che ha innescato in lui la consapevolezza che ciò dava dapprima uno stato di tensione e di eccitazione e poi di piacere, come il piacere sessuale. Da queste… elaborando queste fantasie, è arrivato ad elaborare fantasie di uccisione, di sevizie di donne, di ragazze e quindi è arrivato alla uccisione di ragazze dopo averle seviziate. In questo soggetto non c’era altra fantasia, altra sessualità – mi scuso – agita se non questa che avveniva, è avvenuta nel corso di – mi pare, se ricordo bene – tre omicidi e un tentato omicidio nell’arco di alcuni anni. Al lato opposto abbiamo il “caso Kurten”, un caso in cui c’era apparentemente una sessualità agita in modo aperto, in modo che si trovavano tracce nella scena del delitto. E nella vita corrente una sessualità agita in modo che poteva anche far pensare a un’ipersessualità. In realtà l’espressione della sessualità e il raggiungimento della soddisfazione sessuale passava solo ed esclusivamente attraverso degli atti di tipo sadico. E raggiungevano il loro culmine soltanto con l’omicidio. In questo caso, nel caso di Kurten, aveva avuto nell’arco di una intera vita una sessualità agita, cioè quella di cui si viene a conoscenza per i dati fenomenici che lui stesso ha confessato – e che erano dati poi noti anche prima che lui confessasse a chi lo conosceva – che iniziava fin dall’adolescenza con una sessualità perversa di tipo polimorfo.  
P.M.: Di tipo?  
I.G.: Con una situazione incestuosa nei confronti delle sorelle e con anche zooerastia, cioè anche rapporti sessuali con animali, nell’ambito della sessualità adolescenziale. A poco alla volta, però, la sua sessualità si è perfezionata soltanto nella direzione che gli imponevano le sue fantasie sadiche. Non nel senso che aveva una sessualità agita solo ed esclusivamente nell’ambito degli omicidi. Nel senso che tutta la sessualità agita includeva solo ed esclusivamente delle azioni sadiche rivolte a persone. Quindi in questo caso, ripercorrendo dal punto di vista nostro, cioè dell’esame che abbiamo fatto allora, dell’84-85, ripercorrendo le scene dei vari delitti abbiamo ipotizzato che la sessualità che ci veniva esibita attraverso quella documentazione, era una sessualità che era arrivata progressivamente ad affinarsi nel senso sadico-sessuale, nel senso di fantasie indirizzate a colpire soprattutto coppie con quelle modalità che ci indicavano gli ultimi omicidi. Per quanto riguarda invece l’omicidio del ’74 c’erano delle differenze molto significative. Se io avessi dovuto, per dire se dovessi rispondere alla domanda a chi somiglia di più l’autore di quei reati? Dall’81 all’85, direi a Kurten, a Kurten. Se dovessi dire a chi somiglia di più l’autore del reato del ’74, direi a Manfred. E quindi c’è stata una evoluzione, che può spiegare anche lo stacco che c’è stato tra il ’74 e l’81 nell’ambito dei delitti. Manfred si pentiva dei delitti che commetteva, Kurten no. Manfred aveva un atteggiamento molto conflittuale nei confronti di questa sua sessualità e dei suoi omicidi, soprattutto; Kurten no. E per questo abbiamo ipotizzato che il delitto del ’74 sia stato un delitto che è avvenuto in modo molto meno premeditato che non i delitti tra l’81 e l’85 che ormai erano indirizzati da fantasie molto elaborate sul piano della possibilità di attuazione. E per questo abbiamo pensato che la emotività che è stata, che è visibile nell’azione, la scompostezza dell’azione corrispondesse anche a una non precisa finalità delle fantasie fino allora elaborate. Cioè non fino all’atto dell’escissione, e quindi non elaborate fino al “lust murder” vero e proprio come equivalente sadico dell’atto sessuale. Anche se di “lust murder” pur sempre si tratta, in guanto la motivazione sessuale è ben visibile anche nel secondo delitto. Per questo io dico la sessualità agita, noi potevamo ipotizzare nell’84-85 che una sessualità agita potesse essere, sì, di tipo polimorfo, ma noi potevamo soltanto immaginare, fare ipotesi sulla sessualità che poteva sottostare a quelle evidenze che noi vedevamo nella repertazione delle scene del delitto, nella documentazione della scena del delitto.  
P.M.: Professore, ecco forse lei, professor De Fazio, rispetto alla mia domanda ci può essere ancora più sintetico. La mia domanda era quella se una sessualità protratta svolta sulle figlie poteva – incestuosa o un altro tipo di sessualità anomala – poteva essere compatibile con l’autore di questi delitti.  
F.F.: Io cercherò di essere quanto mai sintetico e sottoscrivendo tutto quello che ha detto il mio collega, voglio decodificare una cosa. Quando si riferisce a Kurten, si è riferito ad una sessualità che appariva “icto oculi” una sessualità, una ipersessualità ma che, in realtà, si esprimeva solo sotto forma di una sessualità sadica. Dimentichiamoci questo esempio, Kurten, consacrato nella letteratura criminologica tedesca, per dire che nel nostro caso noi abbiamo, nel caso che noi abbiamo esaminato, un inquadramento nell’ambito delle perversioni sessuali e non della patologia mentale. Perversioni sessuali che però, in base alla ricostruzione fatta, qui esposta da Galliani, dal 1981 in poi si è definita come di tipo altamente sadico. E però che riconosce, che rende presumibile e probabile prima dell’81, che l’autore dei delitti avesse comportamenti perversi, polimorfi. Vuoi spiegare in due parole il concetto di comportamenti perversi, polimorfi?  
I.G.: Sì. Nel senso che si è abituati generalmente, e anche la letteratura specifica di stampo psico-dinamico o psicologico-psichiatrico ci indirizza in questa direzione, a pensare alla perversione come monoperversione. L’esibizionista è colui che commette solo ed esclusivamente atti di esibizionismo. Il feticista è colui che soddisfa la gratif… ha la gratificazione sessuale solo ed esclusivamente attraverso il comportamento di appropriazione feticistica di quello che è il suo feticcio. Invece, in realtà, non è cosi. In realtà esistono casi in cui vari tipi di parafilia, ossia di perversione, si assommano nello stesso caso, nello stesso soggetto e esistono, e poi si sa, la casistica dei singoli casi ci dice che in moltissimi casi chi arriva ad una perversione specifica ci arriva sperimentando varie forme di perversione. Attraverso, cioè, un polimorfismo della perv…  
F.D.F.: Ecco, io mi ricollego a quanto ha detto il collega adesso sulla verosimiglianza, affermata già in perizia di allora, di comportamenti polimorfi, sessuali polimorfi che hanno preceduto una evoluzione in senso sadico e che, poi, trovano nei delitti – perché c’è una componente voyeuristica, c’è una componente sadica, tutte componenti che abbiamo indicato – per arrivare ad una prima premessa di risposta al Pubblico Ministero. Quando noi parliamo di perversione sessuale, noi vogliamo, a un certo punto facciamo delle valutazioni sul piano qualitativo della sessualità. Quando parliamo di ipo-sessualità o ipersessualità, siamo portati a fare delle valutazioni, intendiamo fare delle valutazioni di tipo quantitativo della sessualità.  
P.M.: Invero non è cosi.  
F.D.F.: Esatto. Ebbene, pervenendo alla sua domanda che riguarda in astratto, non in concreto, l’attuale imputato che noi non conosciamo…  
P.M.: Che voi non conoscete.  
F.D.F.: … se il comportamento, se avere rapporti con le figlie è espressione di ipersessualità, io le rispondo senza proprio nessun travaglio intellettuale che assolutamente no: è la riprova del contrario in via generale. Cioè non si può discutere la sessualità di una persona se non attraverso uno studio clinico di una persona. Ma se la domanda scolastica che lei fa, come se io fossi uno studente che dà un esame in tema di sessuologia, se avere rapporti con le figlie è espressione di ipersessualità, la mia risposta scolasticamente pertinente è che no…  
P.M.: Al contrario.  
F.D.F.: … perché a un cerno punto, se si va a vedere tutta la problematica dei delitti incestuosi, io ne ho visti tanti. Operando a Modena in una zona abbastanza vicina al Trentino-Alto Adige, quando non c’erano gli istituti di medicina legale, a Verona ho fatto tante di quelle perizie in tema di incesto che riguardavano personaggi vari, senili, alcolisti e via di seguito. Perché si fa l’incesto? Si fa l’incesto per problematiche che lascio perdere sul piano psicodinamico, che riguardano il procreare, ma poi su un piano terra, terra è perché si ha e si vuole avere un possesso totale della figlia, ma perché si fa l’incesto con la stessa dinamica con cui il vecchio va con la minore o va con la prostituta. Perché? Perché non vuole essere giudicato sessualmente.  
P.M.: Non vuole essere?  
F.D.F.: Non vuole essere giudicato sessualmente.  
P.M.: Dal partner.  
F.D.F.: Né vuole che poi la minore vada con altri per avere dei termini di paragone. Cioè senza nulla incidere questa mia risposta nel caso concreto – perché sarebbe assurdo, nel senso che nessuno di noi conosce.  
P.M.: No no, una compatibilità astratta.  
F.D.F.: … questo soggetto, nessuno di noi ha fatto un esame clinico. Però la domanda se avere rapporti con le figlie è prova di ipersessualità, quindi di un surplus di sessualità, la risposta è no. Di massima è il contrario. 
P.M.: È al contrario. Quindi il soggetto che avete studiato voi, come tipo di autore, è perfettamente – quel soggetto ipotetico – compatibile con una persona che abbia questo tipo di attività sessuale incestuosa. È compatibile o meno?  
F.D.F.: No, questa è una domanda diversa.  
P.M.: A cui lei non sa rispondere.  
F.D.F.: No, no, è una domanda diversa che pone una comparazione.  
P.M.: Conoscenza.  
F.D.F.: Potrei forse rispondere in un senso: che il perverso, il parafilico non è necessariamente incestuoso, mi spiego?  
P.M.: Certo.  
F.D.F.: Non c’è una correlazione diretta. Ma potrei dire che una cosa non esclude in via assoluta l’altra.  
P.M.: Ho capito.  
F.D.F.: Non so se…  
P.M.: No, no.  
F.D.F.: Siccome la domanda è vergine, non so se la pensate allo stesso modo o se volete aggiungere qualcosa. 
P.M.: Al momento non ho domande, grazie. Io non ho consulenti di parte, quindi…  
Presidente: Bene, signori.

Presidente: In maniera, raccomando, possibilmente succinta, anche perché qui è una materia molto astratta, come avete visto.  
A.P.: Avvocato Pellegrini. Vorrei domandare a lorsignori, rifacendomi alla considerazione testé svolta circa l’ansietà che si denota, che si avverte nel vibrare le coltellate che “in limine litis” o “post mortem” rispetto alla freddezza che invece si avverte nell’operare le scissioni anatomiche del pube e del seno, se questo potrebbe portare ad apprezzare la possibilità che gli autori dell’un fatto e dell’altro, siano persona diversa. Oppure se loro ritengono che l’autore degli atti delittuosi, degli atti di morte, sparare e uccidere, o comunque completare l’evento morte attraverso le coltellate, rispetto all’operazione escissoria, hanno un filo conduttore unico. Anche fra loro sono legati da una mano unica, se ho… Sono stato chiaro, sennò ripeto pure la domanda…  
F.D.F.: No, no, è stato chiaro.  
A.P.: Grazie.  
F.D.F.: Ed io con altrettanta, spero, chiarezza, le rispondo che le distinzioni che sono state esposte dal professor Luberto circa la dinamica dell’azione nello sparare, e la dinamica dell’azione nell’escindere, non sono assolutamente tali da poter autorizzare l’ipotesi di due persone diverse. La sua domanda è pertinente, giusto, ma la risposta è no. Perché si tratta di una deduzione che riguarda, primo, le possibilità e le modalità e le capacità dell’uso dell’arma da fuoco e alternativamente dell’arma da taglio, di cui è stato detto, da parte della stessa persona che può avere una diversa consuetudine di rapporti con l’una o con l’altra arma; secondo, perché si ricollega questo alla dinamica psicologica. Sparare, in questo caso, significava innescare un’azione che era preliminare rispetto al fine dell’azione tutta. Il fine dell’azione tutta era un fine di equivalente sadico di un atto sessuale, ha detto prima Galliani. Quindi uccidere significava i preliminari del fine di quell’azione e quindi i preliminari del fine di quell’azione erano preliminari che necessariamente passavano attraverso un minimo di vaglio critico, la paura, quello lì scappa, mi vede qualcuno, e via di seguito; mentre l’azione di escissione riguardava la realizzazione dell’idea fantasticata: la realizzazione cioè dell’equivalente sadico dell’atto sessuale. Allora la sua domanda ha una sua logica, ma spero che la mia risposta abbia altrettanto logica. Non è tale, questa differenziazione di proiezioni, da consentire di far presumere due mani diverse. Ma sono due tempi diversi motivate in modo diverso dalla stessa mano.  
A.P.: La ringrazio.  
Presidente: Avvocato Santoni.  
A.S.F.: Una domanda prima per quanto riguarda le ricostruzioni del delitto dei francesi. Furono usati due coltelli secondo voi, o no? Dalla vostra perizia risulta questo, o meno?  
F.D.F.: Dalla nostra perizia risulta testualmente… perché questo è un punto…  
A.S.F.: Pigliamo le pagine.  
F.D.F.: Pagina? Che pagina?  
A.S.F.: Pagina 27. Per noi è un punto molto importante.  
F.D.F.: L’avvocato Santoni è stato anche nostro allievo, quindi c’incastra pure. Vediamo un pochino “Prima il seno, con eccitata difficoltà di affilatura del mezzo tagliente, quindi il pube. Due tagli di difficoltà di taglio non appaiono documentabili, il che rende possibile l’ipotesi che disponesse di un secondo coltello”. Esatto.  
A.S.F.: Cioè, lo confermate questo?  
F.D.F.: Eh si, ma… cioè, non è che abbiamo fatto… non è che abbiamo la prova del secondo coltello. Diciamo che questo tipo di lesione che abbiamo trovato nello stato… rende possibile l’azione…  
G.B.: Aggiungo solo un fatto, che a pagina 27 della perizia, c’è scritto: “Prima il seno con le difficoltà citate di affilatura del mezzo tagliente; quindi il pube dove tali difficoltà di taglio non appaiono documentabili, perché l’analisi elettronica fa vedere un margine più netto, e non ci sono quelle striature che appaiono sopra il seno sinistro. Il che rende…  
A.S.F.: Perché avete usato lo scansore elettronico, in questo caso.  
G.B.: Sì, sì, sempre. “Il che rende possibile l’ipotesi che disponesse di un secondo coltello (o di uno strumento affilalame)”. Cioè, non è stata mai fatta, perché non è possibile farlo, una discussione sul fatto che possedesse uno o più coltelli. 
F.D.F.: Ipotesi che però non si è prospettata negli altri delitti. 
G.B.: Esatto. Perché negli altri delitti, sul materiale documentario che avevamo a disposizione, è stato fatto un esame accurato delle ferite, come caratteri del continuo. E quindi si diceva, pagina 111 della prima perizia: “Lo strumento tagliente impiegato è probabilmente ad un solo filo di taglio”. D’accordo?  
A.S.F.: Certo.  
G.B.: Perché? Perché le ferite che abbiamo esaminato erano di quel genere. Nel secondo caso, la pagina 27 della seconda perizia, quello che soprattutto porta l’attenzione ad una maggior caratterizzazione dello strumento tagliente, è la ferita da punta a stampo, sul radio del maschio. D’accordo?  
A.S.F.: Certamente. Bene.  
Presidente: Altra domanda?  
A.S.F.: Sì. Sì, Presidente. Avete parlato della differenza macroscopica tra il delitto del 1968: non vi è rituale. Dopo sei anni, di un altro delitto completamente diverso, il 1974, delitto d’impeto, quasi. E fra l’altro, ecco la prima domanda, dice “probabilmente conosceva la vittima”. Ecco, io vorrei sapere perché voi arrivate a questa affermazione, nel ’74. Poi passiamo alla domanda conclusiva. Questa è una domanda interlocutoria, parziale.  
I.G.: Sì.  
A.S.F.: È importante, perché sarebbe un’ipotesi di lavoro certamente interessante. 
I.G.: Abbiamo già detto che l’omicidio del ’74 si differenzia dagli altri dal punto di vista dell’esecuzione materiale e anche dal punto di vista della motivazione sottesa, almeno quella che si poteva leggere all’epoca, esaminando i dati della scena del delitto. È un delitto che viene compiuto con molta più immediatezza, molta più emotività degli ultimi delitti. Quindi è un delitto che non è mirato da intenzionalità sadiche, prefigurate e premeditate, come invece gli altri. È la espressione scomposta di un bisogno di infierire sadicamente sulla vittima. E rappresenta anche, ci sono degli elementi che rappresentano anche, da un lato, il tentativo di esprimere una sessualità sulla scena del delitto. Come per esempio il ramo di tralcio di vite che è stato trovato infisso in vagina: è un atto evidentemente di carattere sadico che esprime in qualche modo una fantasia di tipo predatorio, no? Che non troviamo più negli altri delitti. Da un lato può prefigurare, tuttavia, già una fantasia legata al pube, o ai peli del pube, come feticcio corporeo. Ed esistono casi, è inutile che mi dilunghi, di feticismo di parte del corpo che sono ampiamente descritti dalla letteratura semiologica che non, e questo è un caso, e quindi si può legare in questo modo agli altri. Il primo delitto, quello del ’68, abbiamo detto che, per quanto riguardava la nostra osservazione, per noi non aveva nessuna caratteristica in comune con gli altri delitti perché non lo potevamo trattare come un delitto a motivazione sessuale. Quindi tolto il fatto che si trattasse di una coppia in atteggiamento amoroso e che, come ci dicevano, l’arma era la stessa, non potevamo trovare nessun elemento di ricongiungimento con gli altri. Però, volendo ipotizzare, partendo dal particolare dell’arma da fuoco, arma da fuoco e poi abbiamo saputo successivamente anche proiettili, probabilmente, utilizzati sempre nella stessa partita, allora non lo sapevamo, allora abbiamo ipotizzato che, dal momento che anche negli ultimi delitti si evidenziava che l’arma da fuoco era un oggetto molto importante e l’utilizzazione dell’arma da fuoco era un oggetto, da un punto di vista del feticismo sadico, era molto importante, l’omicida fosse venuto in qualche modo in possesso di questa arma e l’avesse integrata nelle sue fantasie sadiche.  
A.S.F.: Certo.
I.G.: Integrata nel rituale sadico e utilizzata poi successivamente come parte integrante della sua gratificazione sadica. Per guanto riguarda la seconda domanda, noi ci siamo rifatti, nel tentativo di fornire degli elementi di indagine, anche se generici, abbiamo attinto sia alla letteratura germanica, che a quella statunitense. Quella statunitense costituiva soprattutto, com’è ampiamente illustrato in perizia, dal metodo di stampo criminalistico comparativo utilizzato dalla FBI, che asserendo vari casi di lust murder con autori noti, è arrivato a determinare per via puramente statistica, delle caratteristiche che si possono statisticamente mettere in relazione. Comparando alcuni aspetti della scena del delitto e altri aspetti che la…  
A.S.F.: Prima ho chiesto se la ragazza… perché doveva… ecco.
I.G.: … caratteristiche degli autori. Infatti. Allora, in questi casi, l’FBI dà delle indicazioni che sono però molto generiche. Tipo, va be’, concretezze di questo tipo, l’autore è di colore oppure bianco. Più spesso bianco, più spesso di colore, ecco. Una di queste indicazioni che dà è che, se c’è un rapporto personalizzato con la vittima, se si può desumere un rapporto personalizzato con la vittima, allora si tratta di un autore di reato che molto spesso abita vicino al luogo della vittima.  
A.S.F.: Oh…
I.G.: Nel senso che allora quel reato vuol dire che non è stato tanto premeditato da suggerire la cautela di farlo eseguire lontano dal luogo di residenza e di abitazione, su vittima sconosciuta. Noi come siamo arrivati a questa ipotesi? Che è solo un’ipotesi. Da alcune lesioni che sono state inferte nel viso. È l’unico caso in cui sono inferte delle lesioni nel viso, oltre al fatto che è l’unico caso in cui c’è una emotività così prorompente nell’omicidio della partner di sesso femminile della coppia e al fatto che è l’unico caso in cui è documentata la ricerca di effetti personali all’interno dell’auto, nella borsetta, eccetera. E anche l’asportazione degli effetti personali. Quindi abbiamo pensato, potrebbe essere un rapporto personalizzato con la vittima. Può essere un rapporto personalizzato con la vittima che si è determinato in quel momento per una particolare emotività scatenata dalla reazione della vittima per il fatto che la vittima non era morta; ma può essere anche un rapporto personalizzato da una conoscenza precedente. Conoscenza che potrebbe essere anche unilaterale. Cioè l’omicida che conosceva la vittima e non viceversa. Però, sulla base di questa ipotesi – è possibile che conoscesse la vittima – l’abbiamo detto, in questo caso non è detto che abbia utilizzato cautela di andare lontano dal suo luogo di residenza. E quindi è possibile che abitasse, in quell’epoca, vicino al luogo del delitto.
A.S.F.: Ecco, ’68, quindi ha detto, sei anni, ’74, due omicidi completamente diversi. Altri sei anni: 1981, omicidio ancora diverso. Quindi noi abbiamo altri sei omicidi. Poi l’autore o gli autori interrompono la propria opera. Si può parlare, abbiamo delle statistiche, o casi di serial killer che si interrompono in questo modo? Cioè, è un fatto anomalo, si può definire questa persona un serial killer, o no? Visto la cadenza di questi omicidi, così diversa e cosi anomala. Perché sicuramente, io ve lo chiedo a voi, ma mi sembra di ricordare che non vi sono cadenze tali in nessun serial killer. Se si parla da Milwalkee o ai delitti recentemente avvenuti in Russia, noi vediamo una sequenzialità ben precisa, una cadenza precisa. In questo caso questa cadenza non c’è. Mi sembra di aver capito che avete detto: ‘ma vi può essere un’evoluzione psicotica’, partendo proprio dal ’68. Allora io vi domando: ma è vero questo? Può… queste cadenze così… questi intervalli così anomali e che lo rendono così unico, possono far pensare a un serial killer, o no? E soprattutto, nel 1968, pagina 17 della vostra perizia, voi dite che questo sviluppo – io a volte dico psicotico, sbaglierò, sarò un pessimo allievo; voi dite che vi può essere un altro modo di evoluzione – avviene comunque partendo da due direttrici: o avere assistito al fatto del ’68, o aver avuto l’arma del ’68 che lo ricollega al fatto. Escludete quindi “tertium non datur”, però. Allora io vorrei sapere queste due cose: se confermate, visto che non c’è stata una conferma della ipo-sessualità affermata nella perizia, circa l’autore di questi fatti: “Abbiamo già sottolineato gli aspetti relativi alle dinamiche omicidiarie che fanno propendere il giudizio sull’omicida più nel senso di una ipo-sessualità, che non di una ipersessualità”. Certamente. Ecco, io vorrei sapere come si può spiegare, partendo da queste affermazioni, avere assistito nel ’68 all’omicidio, o avere avuto l’arma, va bene? D’accordo? Pagina 17, con queste cadenze particolarissime, molto caratteristiche. E che quindi, alla fine, se si può definirlo comunque un serial killer o meno, e perché. In sintesi.  
F.D.F.: Io spero di ricordarmi le 12 domande comprese nella domanda dell’avvocato Santoni. La prima è… richiede una premessa. Che serial killer si diventa, come avvocato, come un’altra cosa. Cioè, non è che uno è un serial killer… serial killer si diventa. Se mi è consentito fare un riferimento italiano esperienziale e personale, il caso di Torino che alcuni di noi qui presenti hanno dovuto periziare, – il caso del camionista che ha ucciso nove prostitute – non è che, poveretto, era un serial killer. Lui è diventato serial killer. Ci ha preso…   
A.S.F.: La mano.  
F.D.F.: … la mano, o fra virgolette, gusto… Cioè, è diventato…  
Presidente: ha fatto un po’ di allenamento… ha visto che gli riusciva bene…  
F.D.F.: È diventato serial killer. Non è… ora, ognuno ci diventa secondo le cadenze e le sfortune di ogni carriera. Anche la carriera criminale è una carriera. Ora, il problema è che – cominciamo con la prima domanda che sottende poi anche l’ultima con quelle di mezzo – è che la distanza di tempo fra un delitto e un altro, è certamente inusuale e improponibile per un individuo che ha un’impostazione psicotica, che è un malato di mente e che non controlla la propria impulsività. È esattamente l’opposto che noi abbiamo detto. Che qui non è proponibile la chiave di lettura psichiatrica. Abbiamo detto anche quando, al di fuori delle aule giudiziarie ma in sede giornalistiche, determinati colleghi psichiatri di chiarissima fama, dicevano: sei un malato, vieni che ti curiamo. Ma che malato! Cioè, ad un certo punto l’individuo che riesce a gestire le problematiche dell’esecuzione, di reazione all’esecuzione dei delitti e poi, nell’intervallo, fra un delitto e l’altro, per anni, non può essere un malato di mente. Non… sarebbe da firmare, adesso…  
F.D.F.: Non clinicamente. Non che non abbia connotazioni ultrapsicopatologiche di personalità. Ma venendo al dunque. E poi la domanda dell’Avvocato presuppone anche un fatto, che il secondo delitto non abbia nulla… Mentre per il primo veramente manca ogni connotazione di delitto in senso sadico-sessuale, e quindi non è ricollegabile criminologicamente agli altri, però bisogna dire, per onestà di risposta, che, non essendo ricollegabile, non esiste nessuna risposta fruibile in termine peritale. Una non fruibile in termine peritale perché non si può escludere e non può essere utilizzato in una sede giudiziaria, non si può escludere che un primo delitto non avente caratteri sadico-sessuali, non possa costituire un elemento spurio in rapporto al fatto che c’era il figlio della Locci e via di seguito. Però il primo delitto noi non possiamo ricollegarlo. Il secondo delitto no. In un certo senso, anche avendo caratteristiche diverse, anche essendo un omicidio di impulso, in cui ha dato 96 o 98 coltellate alla vittima che erano decisamente ossessive…
A.S.F.: 96, sì.  
F.D.F.: 96. Con tutto questo però, abbiamo anche detto prima, è che in qualche misura una prefigurazione dei successivi. In un soggetto che ha praticamente cominciato a fochettare col coltello le proprie fantasie intorno a un seno, e poi è andato avanti dopo. Quindi abbiamo… non abbiamo escluso, mentre escludiamo qui il primo per noi la possibilità di ricollegarlo, il secondo delitto lo abbiamo poi ricollegato in una visione ricostruttiva. E non mi ricordo le altre domande.  
A.S.F.: Ecco, Professore, allora una precisazione su questo: secondo voi, visto questa cadenza di tempi, va bene? quindi un’evoluzione, ovviamente, un’evoluzione c’è stata perché dal ’74 all’81, da un atteggiamento sadico, improvvisato, istintivo, si passa a qualche cosa di premeditato, se nella vita comune, cioè di tutti i giorni, vi possono essere, vi possono essere significativi cambiamenti nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni. Cioè, questa persona che cambia il suo approccio al delitto, dall’esecuzione all’atto primordiale, istintivo, violento, 96 coltellate, una fatica fra l’altro enorme; poi, altri sei anni, a una concezione più premeditata, diversa, più feticistica; se nella vita di tutti i giorni lui può essere cambiato. Cioè, visivamente, nei suoi comportamenti, nei suoi rapporti col prossimo, vi può essere una modificazione, oppure questo suo cambiamento criminale rimane soltanto all’interno o si esterna in quel campo e basta. Ecco, la domanda mi sembra chiara. Se vi è casistica, casi che possono far capire se vi è un cambiamento all’esterno, o soltanto, come si diceva una volta, nella faces interna dell’uomo, e non in quella esterna vi è il cambiamento, che poi si esterna nel delitto.  
F.D.F.: Mah, io salvo a dare poi la parola ai colleghi, dico che, se stiamo parlando di perversioni sessuali – e di questo stiamo parlando – le perversioni sessuali non possono essere correlate direttamente ad un comportamento agito nei rispetti del prossimo. Cioè c’è l’impiegato che va in ufficio con un comportamento normale, c’è chi fa il… determinati mestieri insospettabili, ed ha delle perversioni sessuali. Ora, il comportamento che dovrebbe cambiare nei rapporti con gli altri, non è quel comport… praticamente è un comportamento che, in qualche misura, che ha dei collegamenti anche con la personalità e con la perversione, ma che non si traduce in espressioni comportamentali. Non riesco a spiegarlo meglio. Spero che gli altri…
A.S.F.: No, chiarissimo. Non si produce cambiamenti nel… cioè non vi è una differenziazione nelle azioni nel prossimo.  
I.G.: Colui che ha perversioni sessuali non è che ha un comportamento tale che si modifica modificandosi o progredendo la perversione sessuale, perché siamo in un comportamento che riguarda una sfera ben distinta che viene dissimulato tranquillamente, o può essere dissimulato nelle altre attività. Perché non ha deficit di critica, perché non ha dei disturbi della mentalizzazione e di altro, e di altri settori nel modo di essere psichico tali da… Cioè, non è che uno ci ha la perversione e ci ha le allucinazioni, ci ha le illusioni, ci ha i deliri… No, no, no.  
A.S.F.: Avete notato atteggiamenti…
I.G.: Anzi, anzi, sovente mette in atto dei comportamenti perfettamente dissimulatori. Può emettere in atto comportamenti perfettamente dissimulatori.  
Presidente: Bene.  
A.S.F.: Perfetto.  
Presidente: Stringiamo però, eh.  
A.S.F.: Certo. Avete notato dei comportamenti, al di là dell’escissione del pube, feticistici? Per esempio alla Locci fu strappata la catenina, lo stesso alla Rontini, alla Di Nuccio… Fu ritrovata, non si sa se volontariamente, in bocca questa catenina…. Questi possono essere comportamenti criminologicamente interessanti, o no? Rilevanti, o no?
F.D.F.: Oggi mi sembra che abbiamo detto che non riusciamo a capire come la Locci avesse la… cos’era? La parte dell’orologio… Non ricordo.  
A.S.F.: Non vi ricordate questi…  
I.G.: No. Abbiamo parlato di aspetti feticistici…  
A.S.F.: Sì, appunto.
I.G.: Abbiamo cercato aspetti feticistici.  
A.S.F.: Sì, appunto. Al di là della escissione e dell’asportazione del pube.  
I.G.: Sì, infatti nelle… nei verbali, abbiamo cercato per vedere se c’erano o meno. In realtà abbiamo trovato che un interesse di tipo feticistico, come c’è spesso in questi casi in cui l’autore del delitto, poi, prende qualcosa di personale della vittima, un oggetto personale per lo più, che gli ricordi direttamente la vittima, o la situazione delittuosa, per poi riproporre in fantasia stessa, in questo caso non abbiamo trovato un interesse feticistico, se non quello per quella parte del corpo che si è perfezionato soltanto nell’81. Nel ’74 invece c’era, c’è stato questo tipo di interesse. Quindi l’abbiamo interpretato nel senso di un interesse feticistico già presente, ma non ancora focalizzato sull’oggetto ben preciso. E che poi tra il ’74 e l’81 si è perfezionato con questo feticismo di parti del corpo che era già presente nel ’74, come dimostrano le ferite, l’interesse per il pube, ma non era ancora presente l’ideazione della tecnica per escinderlo.  
A.S.F.: Non ho altre domande.  
Presidente: Bene.  
A.S.F.: Vi ringrazio.  
Presidente: Signori, a quest’ora sospenderei, però, va bene? Se siete d’accordo..  
A.B.: Sì, grazie, Presidente.  
Presidente: Quindi alle 15.30, ci vediamo. Ci vediamo alle 15.30 anche con voi signori professori. Ci dispiace ma… 

Presidente: Allora, avvocato Colao, una domanda. Prego.  
A.C.: L’azione di sparo che il professor Luberto – e anche gli altri, ma in particolare il professor Luberto – ha diviso dall’azione degli accoltellamenti, proprio nettamente diviso, e si è riferito anche a questa domanda il mio collega avvocato Pellegrini di parte civile…  
F.D.F.: Può parlare più forte, per favore?  
A.C.: Sì, grazie. E scusi, anzi. Dicevo, l’azione di sparo che è nettamente divisa dalla susseguente azione di accoltellamento, è stata definita da lei come azione frenetica rispetto all’azione fredda e direi calcolata, successiva dell’accoltellamento, con i rituali. Bene, io chiedo: in quest’azione di sparo frenetica, l’autore può raggiungere l’orgasmo, e quindi avere una soddisfazione tale da avere poi nettamente soddisfatto quei bisogni primari ed incontenibili che lo spingevano a questo gesto? Il che, in un certo senso, giustificherebbe, anche, forse, l’azione di sparo che c’è stata senza accoltellamento nell’omicidio dei tedeschi. Sarebbe limitata alla sparatoria, anche perché quest’azione è stata frenetica da entrambi i versanti del furgone, spostamenti rapidi, come cercare di mirare l’uomo, gli uomini dentro, no? Questo è il punto.  
S.L.: Posso rispondere, Presidente? Eh, allora, innanzitutto io nel mio intervento ho detto che tutta l’azione omicidiaria, ricostruendo la dinamica psicologica, ha il carattere di una ritualità – cioè, quindi è tutta l’azione rituale – dal secondo omicidio, almeno, fino alla fine, sicuramente. All’interno di questa azione rituale, che si ripete grossomodo sempre la stessa, ci sono due momenti: un momento in cui utilizza l’arma da fuoco, in cui si hanno degli elementi – accennavo al rapporto tra colpi sparati e colpi andati a segno – che fanno pensare non ad una freneticità, ad uno stato d’animo di maggiore tensione, che d’altro canto troviamo anche nel secondo caso -nel caso della Pettini – nella prima parte in cui viene usata l’arma da taglio con una notevole violenza. Ora, l’effetto violento, l’effetto disordinato, dal punto di vista psicologico può significare che il soggetto è in un certo stato d’animo. La azione successiva dell’utilizzo dell’arma bianca, invece, per i rituali sadici, nella sua regolare, regolarità, nella sua sistematicità, lascia pensare ad una situazione di, non dico di calma, ma di freddezza, che può richiamare, addirittura, se non vengo frainteso, una freddezza di tipo quasi psicotica. Questo senza nulla avere a che fare con la malattia mentale vera e propria, cioè richiamare una struttura di personalità di un certo tipo. Quanto alla seconda parte, circa l’esito orgasmico di una certa situazione, ovviamente il problema ce lo siamo posto ed è possibile. Non solo nel momento in cui viene agita l’azione, ma addirittura anche nella fase di preparazione. Sono capitati casi in un certo senso. Non si è assolutamente documentato nulla di tutto questo perché tutte le ricerche che sono state fatte nei delitti precedenti, e negli ultimi due nei quali abbiamo avuto la possibilità di intervenire direttamente, sono state ricercati segni chiari di questo tipo e non sono stati trovati. Però l’esito orgasmo è indifferente ai fini delle due possibilità perché quando usa l’arma da fuoco, l’arma da fuoco la usa con intento letale, tant’è vero che la vittima di sesso maschile è uccisa e poi trascurata completamente. Quando usa l’arma da taglio, invece, per i rituali sadici, allora cambia proprio la finalizzazione della… e quindi, è a questa diversa finalità, all’interno di un’unica azione che è legato – in via ipotetica, ma a mio avviso è un’ipotesi molto fondata – il diverso stato d’animo del soggetto.  
A.C.: Professore, scusi, sempre l’asporto dei feticci, è chiaro che aveva lo scopo di rievocare le sensazioni forti, no? Talché ci fu anche il messaggio inviato alla dottoressa Silvia Della Monica e quello voleva essere più che un messaggio al magistrato, una rievocazione di quella forte sensazione, il pezzo di seno profondo inviato alla donna, alla donna. Bene. Sono stati asportati anche molti oggetti, alle volte, soprattutto laddove… non credo che, non so, pensa lei che sia stato un errore l’omicidio dei tedeschi? Voce fuori microfono: Bah, non so, io direi di no, forse, e perché un soggetto del genere mira e…  
A.C.: Comunque sia, sono stati asportati molti oggetti, questi oggetti, che sono stati asportati, hanno un significato feticistico per l’autore di questi omicidi? Cioè, il volere conservarli, non so, oggetti vari che sono stati asportati, il volerli conservare a tutti i costi, pur essendo futili e banali all’apparenza, no? hanno un significato feticistico?  
S.L.: Mah, poi dopo… L’asportazione del pube, del coso, sembra aver un chiaro significato feticista. Quanto per gli altri oggetti, a parte il fatto che l’evenienza si verifica solo nel secondo caso e in un altro caso, quello delle chiavi della macchina, e sono state buttate sul posto, non è che… non c’è una ricorrenza nella ricerca, o nella conservazione di oggetti. Quindi, secondo me, gli oggetti e l’asportazione di parte di organo, sono due problemi che, a mio avviso, sotto il profilo della dinamica dell’azione hanno un significato molto diverso. Non so se… 
F.D.F.: Ma, insomma, in campo clinico, quando si esamina un soggetto si conferisce, il significato feticistico all’asportazione di un determinato oggetto proprio in rapporto alla relazione con quell’oggetto, noi prescindiamo da questo perché non abbiamo operato un osservazione di una persona. Diciamo però, che per ciò che riguarda l’asportazione del pube o del seno è fuori discussione il significato feticistico. Per ciò che riguarda oggetti, ipotetici oggetti che possono essere stati asportati, è verosimile che l’asportazione di un oggetto può aver praticamente stimolato il soggetto a portarlo via perché quell’oggetto l’ha colpito, perché quell’oggetto gli interessava ed è sempre un ricordo, un souvenir, un qualche cosa; però non mi spingerei a parlare di feticismo in rapporto ad oggetti indeterminati che quella persona aveva portato via, perché diventerebbe veramente un’affermazione aprioristica, cosa che non è per il feticcio corporeo.  
A.C.: Ecco, una cosa ancora: nell’Omicidio Mainardi-Migliorini ci fu un gesto estraneo al fine della dinamica avventurosa di tutto l’iter no? che fu veramente strano…  
F.D.F.: Buttare la chiave.  
A.C.: Sì. Bene, delle chiavi, no? che vennero prese e gettate via. Voi, naturalmente, dite – ed è un’ipotesi logica – che furono gettate per gesto di sfida e di disprezzo, però, può essere, può rappresentare un gesto di ira rabbiosa e di sfogo di rabbia, perché il soggetto aveva adocchiato in quel caso la donna e quindi si era visto sfuggire la preda?  
G.B.: Direi di sì, Avvocato. Noi questo, in fondo, fra le righe l’abbiamo detto, cioè nel caso Migliorini non è andato tutto secondo copione, secondo le sue intenzioni, per cui a un certo punto, a quelle che erano le motivazioni di tipo sadico sessuale, sono subentrate motivazioni di un delitto comune, cioè lui si è cimentato con il Migliarini si chiamava il ragazzo, no? Come? Col Mainardi, chiedo scusa. Si è cimentato col Mainardi che tentava di sfuggirgli e alla fine ha buttato queste chiavi, sprecando sia pure un attimo di tempo, e non verificando che il Mainardi fosse realmente morto. E non era morto, tant’è vero che è stato ricoverato per poco tempo in ospedale. Quindi è chiaro che è subentrata nell’aggressore, cosi, una situazione un po’ confusionaria perché tutto non è andato secondo copione e allora lui… diciamo, abbiamo anche detto che questo delitto che nasce, e forse si conclude all’insegna del delitto sessuale, ha avuto questo intermezzo di rapporto agonistico con la vittima che cercava di sfuggirgli. E quindi con rabbia e con tutto quello che lei…  
A.C.: Un’ultima cosa: la separazione dell’uomo dalla donna, indipendentemente dall’iter aberrante di tutta la serie di omicidi, però rappresenta il temperamento geloso e possessivo di un individuo? Il dividere l’uomo… ammazza l’uomo per poi avere la donna a disposizione, in ultima analisi, e fare i suoi riti. Però li divide, li separa sempre, no? Porta la donna dietro la macchina, porta la donna lungo un borro e lì esegue. Quindi chiedo: rappresenta, questo, un temperamento geloso al massimo che vuole naturalmente, esasperatamente dividere due persone e immettersi fra di queste?  
G.B.: Beh, sotto il termine geloso che lei ha utilizzato possono, attraverso questo termine possono passare diverse ipotesi. È certo che lui elimina, che l’aggressore elimina l’uomo e il suo problema è eliminarlo, per poi accentrare la sua attenzione sulla donna, nelle… secondo le modalità che abbiamo già detto questa mattina. Però è altrettanto certo che la presenza dell’uomo non è casuale, cioè non è un aggressore che aggredisce una volta una donna da sola, un’altra volta in coppia, un’altra volta a passeggio con la madre. No, aggredisce sempre… punta la donna, ma punta la donna in una situazione di coppia. Allora, puntando la donna in una situazione di coppia, quello che lei dice può essere vero e attendibile, cioè questo voler separare. Tutto questo è detto da lei in un’osservazione che è sottesa al termine gelosia, potrebbero esserci altri tipi di valutazione…  
A.C.: Certo, certo ci potrebbero essere, però rende l’idea nel senso comune.  
G.B.: … noi per esempio abbiamo adombrato quello che può essere stato il luogo e il significato della cosiddetta scena primaria nell’esecuzione di questi delitti.  
A.C.: Grazie, non ho altre domande.  
Presidente: Allora la difesa, avvocato Bevacqua.  
A.B.: Professor Pierini, lei stamani, quando il signor Pubblico Ministero le ha chiesto di ricordare come aveva eseguito questa attività di taglio del pube, ha parlato di un coltello, o comunque di un arnese che era sicuramente affilato e che poi, dall’altra parte – cosi ho cercato di capire io – poteva essere anche seghettato. Va bene così?
G.P.: Sì.  
A.B.: Ecco, mi dà l’idea di un coltello da sub. O no?  
G.P.: Sì, diciamo: sì per analogia a quella che è la forma… 
Presidente: Non potrebbe essere un coltello da caccia? Mi inserisco io. 
A.B.: O da caccia, o da caccia.  
Presidente: Professore?  
G.P.: Diciamo di tipo sportivo.  
A.B.: Di tipo sportivo.  
Presidente: Non potrebbe essere un coltello da caccia? Con l’estrattore per esempio?  
G.P.: Se finisce la domanda, così riesco a seguire poi tutti i vari punti.  
A.B.: Presidente, scusi, va bene, dico, no, io mi sto inserendo, può essere da sub, può essere da caccia. Lei è cacciatore, io sono subacqueo, quindi ognuno vede il coltello dalla parte sua, chiedo scusa. 
Presidente: Io sono sopracqueo, comunque.  
A.B.: Grazie. Allora…  
G.P.: Dunque, per quanto riguarda il tipo di coltello, ho detto anche che l’unico caso in cui è stata possibile fare un po’ di modellistica, cioè una… per modellistica si intende il recupero della forma tridimensionale dell’oggetto, perché normalmente durante l’esame delle lesioni da taglio si hanno soltanto dei piani bidimensionali, d’accordo? Però nel caso della impronta stampo sul radio del ragazzo francese, il piano osseo permette di mantenere la forma proprio per mancanza di elasticità, quindi certe misure sono precise. Infatti è l’unico caso per il quale mi sono spinto a fare una misura angolare del filo di taglio, cioè venti gradi, ammettendo, quindi che l’osso abbia funzionato da calco. Dalla parte opposta all’angolo di venti gradi c’è l’altro angolo acuto, che però è frammentato, scheggiato. Come si spiega questa differenza? Se noi immaginiamo una piramide in sezione, quindi un triangolo, con la base molto lunga, e l’altezza abbastanza breve, rimangono due angoli di venti gradi. Quello di destra corrisponde al filo liscio, uniforme, del coltello. Quello di sinistra, l’incognito, dà luogo ad un angolo con delle microfratture di accompagnamento. Questo farebbe pensare ad un tagliente che, essendo ondulato, percuote, non percuote, percuote, non percuote, ad intermittenza la zona e lascia questo tipo di breccia. In più, la piccola altezza starebbe per lo spessore del coltello: tutta la forma ha sezione triangolare, quindi un coltello a sezione triangolare è un coltello carenato.  
A.B.: Sì.  
G.P.: D’accordo? La carena non è tagliente ma fa da rinforzo, da ossatura. Ho fatto un po’ una ricerca dei vari tipi di coltello che potessero assomigliare a questo e in effetti ho visto che sono in genere coltelli di tipo sportivo ad avere questa struttura di sezione e di rinforzo; però ne ho trovati anche di vari…  
A.B.: Domestico. 
G.P.: Varissimi tipi e alcuni sono un po’ tipo gladio romano come forma, cioè tendono ad essere molto appesantiti nella punta. E questo non mi tornerebbe, diciamo per i conti di dinamica. Quindi non ho espresso nessun parere sulla identificazione ulteriore del coltello al di là del fatto di citare i parametri di sezione.  
A.B.: Grazie. Professor De Fazio, mi scusi, lei stamani su domanda del Pubblico Ministero, ha parlato di iper sessualità incompatibile con la fissazione sessuale sadica di un tipo come quello che loro in astratto avevano esaminato, quello…  
F.D.F.: Non ho capito, incompatibile?  
A.B.: Con una fissazione sessuale, sadica, io scusi la terminologia non sono come il collega che è stato loro allievo, io sono solo un modestissimo avvocato quindi non… Cioè come un uomo fissato, quello che ha commesso questo tipo di reato. Cioè, lei a un certo punto, per quel che ricordo, nella sua relazione peritale parla di una persona che potrebbe essere non molto dotata sessualmente ma ipodotata e addirittura un uomo che non ha queste grandi capacità amatorie, eccetera. E stamattina avete fatto una sorta di distinguo, per quel che ho capito, che dal 1981 questa persona non doveva essere una persona ipe-rsessuale, va bene? poteva non essere una persona che aveva attività erotica, attività sessuale piuttosto elevata, piuttosto continua…  
F.D.F.: Se lei si ferma io rispondo fino ad adesso, sennò non riesco a ritenere più.  
A.B.: Certo.  
F.D.F.: Perché non… Dunque io, questa distinzione non l’abbiamo fatta, abbiamo detto che nel 1981 i delitti acquistano una connotazione sadico sessuale pacifica.  
A.B.: Certo. 
F.D.F.: A questo non abbiamo legato l’affermazione che la connotazione sadico sessuale pacifica significhi ipersessualità o ipo-sessualità, anzi ho fatto la distinzione fra perversione sessuale, perversione di cui è espressione in questo caso il sadismo, come alterazione qualitativa del modo di essere sessuale, e ipo, e iper come alterazioni…  
A.B.: Quantitative.  
F.D.F.: Quantitative. Ho detto che sono due cose che non necessariamente, che possono andare di pari passo, ma non necessariamente. Quindi non ho, nessuno di noi ha detto che dall’81 in poi l’individuo si è rivelato ipo-sessuale, come lei ha detto, non… 
A.B.: Lo avete indicato voi, avete fatto…  
F.D.F.: No, abbiamo indicato che dal 1981 in poi i delitti si sono connotati inequivocabilmente in senso sadico sessuale.  
A.B.: E avete dato l’immagine, per quel che ricordo, Professore, di una persona che avesse dei problemi sessuali, nel vostro elaborato. Avete indicato una persona che aveva un’altezza di un certo tipo, e comunque questo, anche se oggi poi ci si riduce, mi perdoni, e poi avete anche indicato una persona che sicuramente aveva dei grossi problemi sessuali. È vero o non è vero?  
F.D.F.: Sì.  
A.B.: Oh, i problemi…  
F.D.F.: Ma non questa mattina… 
A.B.: … sessuali di questa persona che voi avete indicato, erano problemi negativi, nel senso che quest’uomo non andava, non aveva dei… capito? Non so se mi sono spiegato.  
P.M.: Ma non si deve spiegare lei, si deve fare spiegare.  
A.B.: No, no, io sto facendo il controesame, abbia pazienza, signor Pubblico Ministero.  
P.M.: Sì, ma non può dirgli: mi sono spiegato.  
A.B.: Io l’ho lasciato lavorare, lasci lavorare anche me.  
P.M.: Stia tranquillo. 
Presidente: Sentiamo i periti.  
A.B.: Insomma ho capito, mi sono spiegato? No, non mi sono spiegato.  
F.D.F.: Io rivorrei la domanda, perché sennò non riesco a capire. 
A.B.: La domanda è questa: lei…  
F.D.F.: Sì, perché c’è l’interpolazione dell’altezza, cioè una domanda per volta e io le rispondo, Avvocato.  
A.B.: Certo, no, l’altezza poi ne parliamo.  
F.D.F.: No, no, non interpoli, lei mi faccia le domande, io le rispondo perché sennò se lei fa un discorso…  
Presidente: Allora, parli di problemi sessuali di questo…  
A.B.: Professore, i problemi sessuali di quest’uomo da voi sono stati indicati in maniera abbastanza pacifica, espressa, ben delineata nel vostro elaborato. Va bene? Quale era, secondo lei, il tipo di persona che poteva aver commesso questi delitti, se lo ricorda quello che disse allora? 
F.D.F.: Benissimo.  
A.B.: Ecco, me lo dica, me lo vuol ripetere?  
F.D.F.: Ecco, quello che noi abbiamo spiegato nella relazione che abbiamo riferito stamattina e che ribadiamo adesso è che la persona si connota sul piano sessuale soprattutto e inequivocabilmente per quella che sono le perversioni sessuali.  
A.B.: Sì.  
F.D.F.: Aspetto di tipo qualitativo. Nel sintetizzare, ed è stato detto, nel sintetizzare le conclusioni della perizia, e quindi in una prospettiva sintetica, abbiamo indicato, abbiamo dato una opzione verso l’ipotesi di una persona ipodotata sul piano sessuale, cioè di ipo-sessualità piuttosto che di ipersessualità, questa volta utilizzando una variabile di tipo quantitativo, mi rendo… sono chiaro?  
A.B.: Quantitativo, cioè… 
F.D.F.: Cioè che nulla toglie, che nulla toglie alla variabile qualitativa. La prima acclarata da una ricostruzione, la seconda riferita ad una tipologia d’autore, dico bene o no? 
A.B.: Quantitativa, cioè se capisco, una persona che fa poco all’amore, o no?  
F.D.F.: No.  
A.B.: Allora mi dica quale è.
F.D.F.: fuori microfono: …  
A.B.: Eh no, Professore, me lo dica lei, quantitativa.  
S.L.: Ecco nel parlare di ipo-sessualità e non di iper sessualità, questo non è legato al numero delle volte che quella persona è capace di fare all’amore, ma per esempio, l’iposessuale ha necessità di stimolazione particolare per poter raggiungere un livello di eccitatoria, eccetera…  
A.B.: Oh, esatto.
S.L.: Quindi, iposessuale in questo senso, non nel senso quantitativo, se fa l’amore tre volte, o quattro volte alla settimana.  
A.B.: Oh, ecco, quindi, colui il quale fa l’amore con moglie, con figlie e compagnia bella non potrebbe essere un iposessuale?  
S.L.: Ecco, un momento, lì…  
A.B.: O anche questo è iposessuale?  
S.L.: No, no lì si è detto, lì si è detto stamattina a proposito di questa specifica domanda, che, se una persona nell’avere un rapporto sessuale con una persona di sesso diverso, anziché andare alla ricerca di un rapporto simmetrico, cioè di una persona alla pari con la quale confrontarsi direttamente, cerca un rapporto asimmetrico, cioè con una persona meno dotata e sulla quale può avere un certo ascendente, evidentemente anche questo, questa difficoltà di confrontarsi di cercare un partner è espressione, a nostro parere, in rapporto alle letterature, di ipo e non di ipersessualità. Questo era il problema. 
A.B.: Soprattutto ipo. Ecco, e se una persona oltre ad avere la moglie, oltre avere le figlie va anche dalle prostitute, e ci va normalmente, anche questo è iposessuale?  
S.L.: No, Avvocato…  
A.B.: No, no, me lo dica lei, scusi Professore.  
S.L.: No, io le ho chiarito solo il concetto di iposessuale dal nostro punto di vista.  
A.B.: Ah, ho capito.  
S.L.: Questo può essere, questo può essere poi applicato alle persone e alle situazioni più diverse. Se parliamo di una situazione specifica le posso rispondere sulla situazione specifica. In generale non posso che risponderle così.  
A.B.: Ecco, la situazione specifica…  
F.D.F.: Posso parlare liberamente, signor Presidente?  
Presidente: Certo.  
F.D.F.: Avvocato, lei mi mette, ci mette in imbarazzo, perché quello che noi diciamo, non può essere riferito a situazioni che non conosciamo e a persone che non conosciamo.  
A.B.: Oh, ecco…  
F.D.F.: Allora, il nostro discorso era e resta un discorso che se in questa sede potrà servire a qualcuno, servirà in termini di compatibilità o di incompatibilità, ma non certo per tipolocizzare. Il discorso è quello che ha fatto il mio collega circa l’espressione quantitativa. Ma se in astratto, prescindendo dalle esigenze di questo processo, si chiede a un qualsiasi, anche medio, anche mediocre studioso di criminologia, se l’andar con le figlie è espressione di ipersessualità, la risposta è no. Questo non toglie che in un determinato caso possa essere anche sì… 
A.B.: Certamente, ma io non voglio sapere…  
F.D.F.: … ma la risposta in linea di massima, cioè non è un elemento, mi scusi, lo dico… non è un elemento che possa essere addotto a prova di ipersessualità, casomai potrebbe essere il contrario, ma tutto questo prescinde completamente dalla fattispecie… 

A.B.: Veda, Professore, veda, Professore, io sono un difensore e io purtroppo mi accorgo, cosi, è una mia sensazione, forse sbagliata, che voi avete fatto un certo tipo di indagine senza avere nessun imputato, va bene?  
F.D.F.: Certo.  
A.B.: Avete fatto un’indagine scientificamente, a mio avviso corretta, io non sono un esperto, ma ho chiesto, molto ben fatta, tenendo conto di alcuni elementi oggettivi, cioè i reperti che vi sono stati forniti. Lo avete fatto, avete guardato, avete esaminato, avete controllato e avete dato una determinata, cosi, conclusione alle vostre indagini che oggi sono un po’, mi scusi, leggermente, un po’ ridimensionate e adattate, o adattabili. Questo volevo dire.  
Presidente: Adattabili.  
A.B.: Adattabili, signor Presidente, adattabili.  
F.D.F.: Dire adattate è un po’ grave.  
Presidente: Ma vede che si adattano male in certi momenti.  
A.B.: Allora io vorrei che si ritornasse ad essere, dal punto di vista scientifico – chiedo scusa, perché tutti possiamo essere suggestionati – dal punto di vista scientifico, essere rigorosi, perché qua, ancora la nostra legge dice, la nostra Costituzione lo sostiene, grazie a Dio…  
P.M.: Non so che bisogno c’è di dirlo ai periti. 
A.B.: … lo dice, che l’imputato fino a sentenza definitiva…  
P.M.: Non lo conoscono.  
A.B.: … di condanna, si presume innocente.  
P.M.: Le hanno già detto che non lo conoscono.  
A.B.: Allora io volevo fare… 
A.F.: Perché deve intervenire, Pubblico Ministero?  
Presidente: Avvocato, Avvocato! Pubblico Ministero, lei non interrompa.  
A.B.: Voglio fare doman…  
Presidente: Avvocato, per favore, Avvocato!  
P.M.: Volevo le domande.  
A.B.: Certamente.  
P.M.: Perché la suggestione…  
Presidente: Lei ha fatto una domanda ai periti, gli hanno risposto? Non so se la risposta che le hanno dato è di loro gradimento…  
A.B.: Egregio Professore, egregio Professore…  
Presidente: Ma non è che si possa svilire il lavoro dei periti per questo.  
P.M.: Per carità! Sennò…  
A.B.: Io non svilisco, io credo di non svilire nulla, io voglio capire, Presidente… 
P.M.: Sì.  
A.B.: Tutto: uomini e cose.  
Presidente: Bene.  
A.B.: E elaborati degli uomini in momenti assolutamente asettici.  
Presidente: Poi faccio anch’io una domanda.  
A.B.: Allora, non sono chiari i risultati, mi scusi, Professore, quali sono i risultati del vostro studio? I risultati del vostro studio, lo studio di questo, di questa serie di fatti, di episodi…  
P.M.: Ne abbiamo parlato da stamattina.  
Presidente: Per carità, quello lì…  
P.M.: È da stamattina che non si parla d’altro.  
Presidente: Eh, ma ne riparliamo…  
F.D.F.: È una domanda, Avvocato?  
Presidente: Questa è una domanda generica, Avvocato. Quali sono le conclusioni i periti l’hanno illustrato. Qualcosa di più specifico.  
A.B.: Allora, dalla sua analisi viene fuori un dato profilo psicopatologico dell’autore della serie omicidiaria. Conferma il profilo descritto nella sua perizia? O no?  
F.D.F.: Dunque, Avvocato, io credo di aver detto – e proprio ho il dovere in coscienza di ripeterlo – credo di aver detto questa mattina che l’indagine che noi abbiamo fatto e il contributo che possiamo apportare oggi è lo stesso dei presupposti delle indagini che abbiamo fatto, è un indagine che tentava di risalire dalla tipologia delle azioni delittuose alla tipologia degli autori, o dell’autore. Cosa ben diversa dall’identikit. Non abbiamo tenuto presente, non c’erano quattro, cinque, sei sospetti, per cui dire quale era l’identikit nei riguardi dei possibili sospetti.  
A.B.: No.  
F.D.F.: No, era sospettata tutta l’umanità intera.  
A.B.: Quindi scientificamente era cosi.  
F.D.F.: Ora, restando valido questo presupposto, e quindi non entrando minimamente in valutazioni che riguardino fattispecie attuali che non conosciamo e persone che non conosciamo, per ciò, proprio per chiarire un punto, per ciò che riguarda la ricostruzione dell’altezza c’è una variabile che è venuta fuori oggi e che noi non… della quale noi abbiamo tenuto conto, un conto diverso, in perizia. La variabile è che il soggetto è stato considerato da noi in perizia, il soggetto nel camper, sul pianale, cioè sul pianale significa sul fondo del camper, oggi ci si dice: no, non era sul pianale, ma era su un letto rialzate. E caspita! cambia notevolmente la cosa, perché, poiché una traiettoria è una traiettoria che comincia dal punto in cui c’è stato il foro, cioè il vetro, ma si perfeziona, quel punto in cui c’è stato il foro e il punto geometrico iniziale, si perfeziona dove attinge il proiettile, evidentemente cambiano le cose se il cadavere era, se il cadavere, se il soggetto era in questa posizione rispetto al vetro o in questa posizione. Quindi non è cambiato nient’altro che questo aspetto. Per ciò che riguarda i problemi di ipo-sessualità o ipersessualità, noi abbiano dedicato la maggior parte delle pagine della nostra perizia a parlare di perversione sessuale, e l’abbiamo confermato. Per ciò che riguarda queste benedette conclusioni che non si trovano e la parte conclusiva della perizia, nel dare una definizione – ecco qua: “Si tratta…”  
A.B.: Opzione, opzione.  
F.D.F.: “… di un soggetto con sicure connotazioni psicopatologiche della personalità, ma ciò non significa affatto la presenza di una forma di patologia mentale grave già diagnosticata – anzi l’abbiamo esclusa -. Le turbe della sfera sessuale possono accompagnarsi a screzi nevrotici o essere sintomo acuto di una patologia più grave di per sé altrimenti e/o non macroscopicamente evidente.” E siamo alla penultima pagina, conclusione. “La personalità implicata in azioni… non è esprimibile sul piano anosografico, cioè non si può catalogarla secondo gli schemi della psichiatria, se non tautologicamente in termini di parafilia, di parafilia e di devianza sessuale.” Poi quanto alla ipo-sessualità è solo nella conclusione che dovendo fare un’opzione fra soggetti, e quindi questa volta con un risvolto quantitativo della sessualità, dei soggetti ipo e ipersessuali abbiamo fatto un’opzione tipologica verso soggetti iposessuali. Sia ben chiaro, però che mentre la perversione e l’affermazione della perversione trova un elemento documentale importante nelle azioni sadico sessuali compiute sulle vittime, la valutazione dell’ipo o dell’ipersessualità da noi espressa – almeno io la penso così, chiunque la pensi diversamente lo dica – era un orientamento, un’opzione fra le une e le altre…  
A.B.: Va bene, questo nuovo orientamento di oggi, caro Professore, volevo sapere se si concilia oppure no, con quelle affermazioni che lei ha fatto a proposito di questa indagine. Si può ipotizzare che questo modo di pensare presupponga una conoscenza, una esperienza diretta del comportamento amoroso, del coito, sempre nei confronti di questa persona, delle sue varie fasi e delle relative sensazioni che forse l’omicida non ha…  
P.M.: Chiedo scusa, dove sta leggendo? Perché non ho la pagina.  
A.B.: Sto leggendo una frase del Professore. Sto leggendo una frase del professore.  
P.M.: Mi può dire la pagina?  
A.B.: Sì, ora gliela dico. Ora…  
P.M.: Siccome la sta leggendo…  
A.B.: No, la sto leggendo, il Professore se la ricorda, se l’ha scritta lui se la ricorda.  
P.M.: Mi può dire la pagina, per cortesia?  
A.B.: Me lo dice lui, non lei, abbia pazienza!  
P.M.: No, lo deve dire lei, è lei che sta leggendo, o gliela fa dire al Professore…  
Presidente: Signori, a che pagina è? Via!  
P.M.: Lei non la può leggere.  
A.B.: Io sto domandando…  
P.M.: No, lei sta leggendo una pagina…  
Presidente: Allora lei sta facendo una domanda.  
P.M.: Eccoci. Io vorrei la pagina dove il Professore parla di coito…  
Presidente: Lei sta facendo una domanda?  
A.B.: Presidente, io sto facendo una domanda al Professore.  
P.M.: No, lei sta leggendo la relazione.  
A.B.: Se il Professore ricorda questo che ha scritto.  
Presidente: Ecco, allora.  
P.M.: Dove l’ha scritto?  
A.B.: Ora gli ricordo se ha scritto questo.  
Presidente: Attenzione, però, Avvocato, non confonda la domanda suggestiva…  
A.B.: Io Presidente, mi scusi, guardi, siamo agli sgoccioli di questo processo…  
Presidente: Questa non sarebbe una domanda suggestiva se non l’avesse scritta lui.  
A.B.: Presidente, io non faccio domande suggestive a nessuno, questi non sono signori…  
Presidente: No, ha diritto di farle, ha diritto di farle.  
A.B.: Sì, ho diritto, fra l’altro avrei anche diritto di farle, però…  
Presidente: Di farle con attenzione, non si può dire: lei ha detto questo, ha scritto questo, se non è vero.  
A.B.: Presidente, lei continuamente mi dice che devo fare attenzione, ma che devo stare attento…
Presidente: Io uso lo stesso metro nei confronti suoi o del Pubblico Ministero.  
A.B.: Io non sono un bambino, io sto facendo il mio dovere.  
P.M.: Io pure.  
Presidente: Avvocato…  
A.B.: E no, io sto facendo il mio dovere!  
P.M.: Non è un bambino!  
Presidente: Silenzio, o sospendo l’udienza.  
P.M.: Non ho capito, eh!  
Presidente: Avvocato, la domanda suggestiva…  
P.M.: Mi sembra proprio fuori luogo questa volta.  
A.B.: Mi scusi, Presidente, ma è impossibile…  
Presidente: Non è, non è quella che lei vorrebbe fare se il Professore non ha scritto quello che lei sta dicendo.  
A.B.: Certamente.  
Presidente: Ecco, ecco.  
A.B.: Certamente, certamente, caro Presidente, egregio Presidente.  
Presidente: Dopodiché lei faccia tutte le domande che vuole.  
A.B.: Io non credo di fare delle cose, io nella mia vita ho sempre tenuto un comportamento molto ortodosso, quindi…  
Presidente: Lo sappiamo.  
A.B.: E quindi se io…  
Presidente: Gliene diamo atto ora e sempre.  
A.B.: La ringrazio per questo. Ma evidentemente la mia cosiddetta bontà…  
Presidente: No, no, Avvocato, invece guardi che proprio le persone per bene, come lei, sono quelle che hanno maggior credito presso la Corte.  
A.B.: La ringrazio, signor Presidente, ma io credo…  
Presidente: Sono quelli che credono di fare i furbi e gli arroganti, che non ce l’hanno e prima o poi la pagano.  
A.B.: Certamente.  
Presidente: Ma le persone come lei…  
A.B.: Ma io il mio credito me lo sono conquistato quotidianamente in trentasei anni di professione.  
Presidente: … avranno sempre credito presso i Giudici, ecco. E lei è stimato da noi tutti e lo sa.  
A.B.: Io sto cercando di fare il mio dovere.  
Presidente: Però, naturalmente, io le devo ricordare certe cose.  
A.B.: Certamente, certamente.  
Presidente: Bene.  
A.B.: Le regole ci sono, io credo di fare il mio dovere…  
Presidente: Dopodiché chiudiamo questa brevissima parentesi, signori, sono le quattro e dieci.  
A.B.: Bene, grazie, e io domani c’ho anche un altro processo da fare.  
Presidente: No, quattro e venti.  
A.B.: Quindi si immagini come sto. Io ricordo se, lei a un certo punto della sua, ora gliela trovo, avete fatto tutta una serie di affermazioni che io le leggo, per guanto riguarda la posizione Pettini, non è stata prestata alcuna attenzione agli indumenti mentre è stato rovesciato il contenuto della borsetta senza che si possa dire con certezza che qualcosa è stato asportato. È vero, se lo ricorda questo?  
F.D.F.: Sì.  
A.B.: Quindi, voi cercavate di trovare un qualche cosa, il feticcio o un qualche cosa che costui, l’assassino, voleva cercare e trovare. Pare che in tutti quanti i delitti, in tutti quanti i delitti, nonostante queste coppie facessero l’amore, non fosse trovato – non fossero marito e moglie ma fossero fidanzati, quindi con dei problemi anche di procreazione, va bene? – non è mai stato trovato un profilattico, giusto? Tranne una volta – certamente, e a questo volevo arrivare – tranne una volta, nel quinto delitto, Migliorini-Mainardi, giusto?  
F.D.F.: Sì.  
A.B.: Migliorini-Mainardi, Baccaiano, dove vi era un preservativo, profilattico pieno di sperma e anche un fazzoletto pieno di sperma. È quel famoso omicidio nel quale il signor killer spara, vuole uccidere anche la macchina, tant’è che spara ai fari, vuole fermare questa macchina, e la ferma buttando via le chiavi. O no? Giusto?  
F.D.F.: Mainardi.  
A.B.: Mainardi. Ecco, la domanda che io le faccio è una domanda che presuppone anche una risposta intuitiva: è possibile che quest’uomo, questo signore cercasse il preservativo perché non si è mai trovato il preservativo? Sono stati uccisi dei ragazzi e nei corpi del maschio non è mai stato trovato, nonostante…  
F.D.F.: Negli altri delitti, dice.  
A.B.: – negli altri delitti – e che questo preservativo rimasto lì, perché o avevano già fatto, evidentemente avevano già consumato l’atto amoroso, e quindi questo signore è dovuto scappare, fuggire, perché ha dovuto cosi reagire anche lui alla reazione dell’autista. È possibile che l’unica cosa, o una delle cose che costui cercasse poteva essere il preservativo? Le domando, cosi.  
F.D.F.: Avvocato, noi ci siamo…  
A.B.: Perché ecco, scusi, non è stato… è stata rovistata la borsetta, sono state, eccetera, tante cose, però non è mai stato…  
F.D.F.: Le dico con estrema franchezza proprio ieri, l’altro ieri, nel metterci insieme per riguardare, cercare di ricordarci un po’ la perizia, perché è passato del tempo, abbiamo parlato un attimo di questo reperto, di questo preservativo legato e di un fazzolettino di carta trovato nel caso Mainardi…  
A.B.: Esattamente.  
F.D.F.: E non siamo riusciti a darci delle spiegazioni. Una cosa però è certa: che Barbara Locci non coito, perché a un certo punto…  
A.B.: Perché è il primo…  
F.D.F.: No, aspetti, in tutti questi casi, nella maggior parte: Barbara Locci non coito; Di Nuccio: non coito, perché sono tutte state trovate con le mutande, e gli uomini vestiti; Cambi Susanna: non coito…  
A.B.: Qualcuno aveva il membro fuori, però.  
F.D.F.: E Migliorini-Mainardi : coito, punto interrogativo. Le dico gli appunti che ho fatto io. Cioè, in sostanza, in tutti questi delitti, c’è una prova circostanziale che il coito che si trattava di persone – anche Pia Rontini: non coito – si trattava di persone in una fase iniziale di effusioni amorose con i loro partners, mentre per il caso Migliorini-Mainardi abbiamo messo un punto interrogativo, perché questo benedetto profilattico, “nell’auto un fazzoletto di carta usata per pulire liquido seminale e un profilattico annodato contenente liquido seminale”. Ora questo è stato o avrebbe dovuto essere oggetto di indagine da parte dei periti che hanno visto, che hanno proceduto a indagini necroscopiche. Adesso io, qualunque cosa dicessimo, sarebbe un’illazione.  
A.B.: No, certamente.  
F.D.F.: Era un preservativo che riguardava un coito avvenuto prima che arrivasse l’aggressore, era un preservativo che aveva lasciato in macchina lì… Non so. 

A.B.: Va bene, comunque la domanda è questa: non furono neppure trovati dei preservativi, non usati, nulla. Ogni volta, no, scusi, e difatti mi sovviene quest’idea, perché due ragazzi vanno a fare all’amore, normalmente, credo almeno, che si cerca di evitare, a meno che la ragazza non…  
Presidente: C’è la pillola, Avvocato, eh? 
A.B.: Siamo d’accordo, Presidente. Lei trova sempre un elemento per, insomma, per trovarmi… però è possibile che anche che ci sia…  
Presidente: La informavo.  
A.B.: Sì, certo, Presidente, ma lei non è il Pubblico Ministero, scusi Presidente. Allora lei deve, a questo punto, ci sono, c’è questa situazione: non si trova né nella borsetta della ragazza, né nel portafoglio del ragazzo, né nelle tasche dei ragazzi, non si trovano mai questi preservativi. La domanda che faccio io a me stesso, ma la rivolgo a loro: è possibile, è possibile che questo serial killer che vuole uccidere, che uccidere, che tenta di uccidere, uccide prima che si abbia l’atto sessuale, vuole, è legato in qualche modo, la sua idea è legata a questo, a questo profilattico, nel senso che questo profilattico, non consente la procreazione normale, come dovrebbe essere secondo Santa Romana Chiesa, oppure no?  
F.D.F.: Se lo facesse secondo Santa Romana Chiesa avremmo non la configurazione del feticcio, ma altre ipotesi.  
A.B.: Certo, io questo voglio andare avanti.  
F.D.F.: Esatto, altre ipotesi che non sono… Io, il problema è questo: lei, in fondo la sua domanda presuppone una cosa che i ragazzi che erano in coppia dovevano avere dei preservativi, questa è la sua, diciamo…  
A.B.: Secondo me, normalmente “id quod” secondo i latini “accidit perunque”. 
F.D.F.: Allora, se i ragazzi che erano in coppia avevano dei preservativi e non sono stati mai trovati, preservativi dalla Polizia Giudiziaria, se la Polizia Giudiziaria è andata a cercarli, e li ha notati, allora nasce il problema che pone lei, che si pone per noi in questo momento in termini nuovi e chiedo a tutti di rispondere ognuno come crede…  
A.B.: Oh, si può anche perché…  
F.D.F.: Bene, io dico che il preservativo, il preservativo, in specie il preservativo non utilizzato ancora, perché si tratterebbe di asportazioni di preservativi non utilizzati, come feticcio personalmente mi sta stretto, però tutto può essere feticcio.  
A.B.: Bisogna vedere, bisogna vedere che tipo di preservativo… Va bene, Professore. Va bene, andiamo avanti.  
F.D.F.: No, chiedo scusa del gioco di parole…  
A.B.: No, mi scusi, Professore. Però siccome, mi perdoni, siccome è stato anche, è certo che è stato rovistato nella borsa di una delle vittime, di una donna, è stato rovistato per cercare qualcosa che poi non è stata trovata, questo qualcosa, non si sa cosa sia stato rovistato.  
F.D.F.: Chiedo scusa per l’espressione: come feticcio mi sta stretto, cioè se visto che l’uomo feticista lo era, e lo ha dimostrato poi con l’asportazioni di pubi e di seno, uno porta via la carta d’identità con la fotografia, porta via un indumento femminile…  
A.B.: Ma non sono stati portate queste cose…  
F.D.F.: No, no voglio dire, è feticismo di oggetti…  
Presidente: Potrebbe portare via.  
F.D.F.: Potrebbe portar via. Lei mi pone una domanda, che io non posso certo escludere che uno porti via scatole intonse, non toccate di preservativi, perché poi quello che lei dice, ci fa pensare, mi fa pensare che non solo non sarebbero stati trovati preservativi, ma nemmeno…  
A.B.: Le buste.  
F.D.F.: Le buste…  
A.B.: Certamente, certamente.  
F.D.F.: Però erano persone, donne con mutande, donne che evidentemente… 
A.B.: Scusi, dico, con mutande, poi le mutande probabilmente se le sarebbero tolte.  
F.D.F.: No, ho capito.  
A.B.: penso eh…  
A.B.: Cioè lui è arrivato prima del coito.  
A.B.: Sì, appunto.  
F.D.F.: Però non avevano, lei dice avrebbero dovuto avere dei preservativi.  
A.B.: No, è una mia ipotesi, senta lei…  
G.B.: Avvocato, se posso aggiungere qualcosa…  
A.B.: Prego.  
G.B.: Lei lo sa che c’eravamo posta la domanda se si trattasse di omicidio a sfondo moralistico, c’eravamo posti in un caso in cui accanto all’automobile era stato trovato un giornaletto pornografico stracciato, abbiamo anche detto che è possibile che reati di questo genere abbiano anche come componente motivazionale questa, però che in realtà, dalle evidenze documentarie non emergevano altri elementi a prova di questo. Per quanto riguarda i profilattici, c’eravamo posti il problema, ma l’abbiamo accantonato, non abbiamo proseguito in alcuna ipotesi in merito in quanto non, nell’evidenza documentale, non emergevano poi descrizioni mai, neanche di residui di contenitori di un profilattico usato. E quindi abbiamo fatto i conti come se non ci fossero. D’altra parte io penso che, se una persona ce l’ha con un determinato oggetto, non lo prende per tenerselo come feticcio, ma lo distrugge, quindi come l’ipotesi che noi abbiamo fatto, di possibile sfondo moralistico motivazionale, l’abbiamo fatta per il giornaletto stracciato, che poi chissà chi l’ha stracciato, così l’avremmo fatta se avessimo trovato dei profilattici distrutti.  
A.B.: Va bene. Senta Professore, stamattina ho sentito da loro, su domanda del Pubblico Ministero, se questa persona nel momento in cui commetteva questa sorta di delitti poteva essere, oppur no, imputabile, cioè in pieno stato, in piena capacità di intendere e di volere. Io non ho capito bene se si o se no, però certamente una persona che commette questi fatti, reati cosi efferati, così strani, così abnormi, secondo me, ma io non sono un esperto in materia, non dovrebbe essere totalmente capace di intendere e di volere, comunque razionale… Sì, è capace? Benissimo. Allora, comunque allora, se è capace, se lei mi dice che è capace, benissimo. Allora vorrei capire, a proposito della chiave gettata, quando si parla della chiave gettata nel processo Migliorini del fatto relativo alla morte di Migliorini-Mainardi, lei ha fatto questo, ha detto questa frase: “Sentimenti di grandezza incrementati dai successi, tratti di personalità di tipo paranoicale, un gesto sprezzante di vittoria e di trionfo”, quando cioè lui butta via la chiave, uccidendo anche la macchina – fra virgolette – cioè la macchina, tu ti sei messa in moto io ti tolgo, ti tolgo la chiave, ti tolgo la vita, ti uccido, uccido i tuoi occhi perché sparo ai fari. Dopodiché ti tolgo la chiave perché tu non possa più andare avanti perché tu possa morire, in quel momento, e io me ne vado. Ecco, lei conferma questa frase? “Sentimenti di grandezza incrementati dai successi, tratti di personalità di tipo paranoicale, un gesto sprezzante di vittoria e di trionfo”?  
G.B.: Avvocato, io più che confermare vorrei interpretarla. Innanzitutto rispondo alla sua prima domanda: non si è mai trattato, nella nostra perizia, né stamattina mi sembra che sia stato richiesto da qualcuno, il problema della imputabilità.  
A.B.: Oh, gliela chiedo io.  
G.B.: No, desidero rispondere per essere chiaro, alla domanda, il Presidente ha consentito la domanda, allora io devo dare la risposta. Il problema, se si pone un problema in termini scolastici, cioè un delitto come epifenomeno di una patologia mentale, la risposta è no, come qualcuno deve aver già detto. Va bene? Cioè, non è… questi delitti non sono epifenomenici di una patologia mentale. Non è una schizofrenia paranoide che si può accompagnare a delitti contratti che non solo sono sadici, ma possono arrivare fino alla antropofagia, in cui si direbbe: si, un momento, allora sono delitti epifenomenici, una schizofrenia paranoide, ed è ultra-presumibile che il soggetto non sia imputabile. Non siamo in questo campo. Quando dovesse esserci una persona concreta da esaminare, il problema sarebbe l’eventuale, ma del tutto eventuale valore di malattia di quell’atto in rapporto a quell’atto. Cioè un qualche cosa che si lega ad un concetto di infermità e non di patologia. Però in questo tipo di delitti, questo tipo di discorso varrebbe se fosse un delitto. Ma se noi abbiamo un soggetto che a distanza di cinque, sei anni, quattro anni uno dall’altro, ha commesso questi tipi di… questo tipo di delitto, con questa distinzione, allora non verrebbe validata a priori nemmeno l’ipotesi di un vizio totale o parziale evidente che si ricolleghi ad un valore di malattia dell’atto. Non so se sono stato chiaro.  
A.B.: Cioè, se fosse uno solo, no.  
G.B.: No.  
A.B.: Ma essendo tanti…  
G.B.: Se fosse uno solo non sarebbe comunque una, in un vizio totale o parziale che riguarda una conseguenza…  
A.B.: È un fenomeno…  
G.B.: … epifenomenica di una malattia mentale. Però ci sarebbe da interpretare… 
A.B.: E se…  
G.B.: … perché se io ho un disturbo narcisistico di personalità e sono perfetto in tutto, e poi ad un certo punto ad una ferita narcisistica reagisco con una cosa spropositata, può darsi che quindi un atto spropositato assuma un valore di malattia in rapporto ad un disturbo narcisistico di personalità che costituisce un’infermità, ma non una patologia.  
A.B.: Certo.  
G.B.: Allora, però, quando i delitti si ripetono, e abbiamo avuto anche l’ipotesi di giudice Rancato, quando i delitti si ripetono e allora il problema riguarderebbe casomai il primo delitto. Non so se mi spiego.  
A.B.: Quindi, il primo, il secondo, o il terzo…  
G.B.: Eh no, no, Avvocato, abbia pazienza. Riguarda il primo delitto, perché il primo delitto, sto parlando di un altro caso… il primo delitto può avere avuto… può essere stato una risposta personologica avente valori di malattia in un malato mentale. Ma la ripetizione e la programmazione di delitti a tempi di questo delitto o di altri delitti, non ci sta col concetto, in linea di massima, col concetto di non imputabilità. Io credo di essermi spinto già troppo in una risposta che è teorica, che non riguarda niente e nessuno.  
A.B.: Sì, certo.  
G.B.: Ma per ciò che riguarda invece la seconda domanda che lei mi ha fatto, e riguarda, che cosa? ecco, questa affermazione qua, il gesto di togliere le chiavi dall’auto del cruscotto, e gettarle nel campo…  
A.B.: Paranoicale.  
G.B.: Sì. “Evidentemente è privo di significato e di finalità materiale. Erano già stati colpiti, non potevano scappare più. Ed ha un valore puramente psicologico. Quasi fosse un gesto sprezzante di vittoria o di trionfo. Tutta l’azione, in questo caso, benché probabilmente non abbia seguito le primitive intenzioni dell’omicida, a causa di una serie di imprevisti, acquista così un valore ed un significato a sé che condurrà alla sua ripetizione – come si dirà nel commento del caso successivo – quasi fosse stata vissuta come un sadico gioco persecutorio, un macabro rituale di caccia fra gatto e topo, di per sé stesso soddisfacente, culminante in un gesto di vittoria e di altre affermazioni” 
A.B.: Ecco, secondo lei, queste…  
G.B.: Questo, con la patologia mentale non ha nulla a che fare.  
A.B.: Niente.  
G.B.: No. Questa ha a che fare con tutte quelle che sono le reazioni di chiunque, anche di uno di noi, il quale, ad un certo punto, fa un atto inutile, perché buttar via le chiavi non era un atto economico, perché i due non potevano scappare, erano stati colpiti, ma fa un atto che ha un valore simbolico, di sprezzo, di rabbia, tutto quello che vuole, e anche di onnipotenza.  
A.B.: Ecco, secondo lei, uno che fa un atto inutile nei confronti di una macchina, è un normale?  
G.B.: Uno che fa?  
A.B.: Che fa un atto del genere nei confronti di una macchina, che uccide la macchina, è normale?  
G.B.: Io non ho nessun…  
F.D.F.: Nessuno ha detto che ha ucciso la macchina, eh.  
A.B.: Va be’, insomma.  
F.D.F.: Non l’abbiamo neanche pensato.  
A.B.: Va bene.  
F.D.F.: Per dir la verità non l’abbiamo neanche pensato.  
A.B.: Benissimo. Senta, io questa mattina…  
F.D.F.: Abbiamo pensato che abbia ucciso i fari. Nel senso che ha spento i fari.  
A.B.: I fari, certamente gli occhi, la vista… Va bene. Butta via… Va bene, è una mia idea. Sbaglio, non sono professore… Non sono professore…  
G.B.: No, io non sono professore, sono solo un cristiano. Mi capita, se mi arrabbio, di sbattere una porta, di andarmene via…  
A.B.: Si arrabbia non dopo aver ammazzato, però, Professore…  
G.B.: No, però voglio dire, l’atto di sbattere una porta, e casomai poi si rompe anche il vetro, e può capitare persino in casa propria.  
A.B.: Sì, sì, capita anche a me, guardi.  
G.B.: … non è mica un atto che porta dallo psichiatra, eh.  
A.B.: Certamente. Però, scusi, questa è una ripetizione costante, con dei riti particolari che, così, mi sembrano, tant’è che questo è un caso unico, pare, uno dei pochi casi al mondo, mi sembra che questo signore che ha colpito, che ha fatto queste cose, sia diverso dai miliardi di altri individui che per ora vivono in questa terra.  
G.B.: Ma non perché ha buttato le chiavi.  
A.B.: No, ma non sto dicendo buttar le chiavi, sto dicendo il tipico comportamento di questo tizio. Secondo voi, con questo tipo di condotta, di comportamento, ogni otto anni, ogni tre anni, ogni anno, ogni sei mesi – perché c’è stato anche qualche omicidio nell’ambito di un anno soltanto, due omicidi – secondo voi è indice di una normalità di carattere? Che non vi sia una patologia? Assolutamente? Basta. Volevo sapere questo da voi. 
I.G.: Noi abbiamo parlato di tratti psicopatologici…  
A.B.: Il mondo vuole sapere da voi questo. 
I.G.: Abbiamo parlato di dati psicopatologici rilevanti, che tuttavia non si incanalano nell’ambito di una diagnosi psichiatrica. Cioè, per intenderci, il modo… per intenderci, la patologia mentale vera e propria è un’alterazione di tipo qualitativo del modo di essere psichico.  
A.B.: Oh! 
I.G.: Io sento qua, dico ‘la Madonna mi sta parlando’. Siamo in cento, sono solo io che sento la Madonna che mi sta parlando. Ho delle allucinazioni… Quindi l’alterazione mentale, la patologia mentale vera e propria, è un’alterazione qualitativa del modo di essere psichico. Poi ci sono le alterazioni quantitative del modo di essere psichico, cioè, chi è irascibile, che è fatto in un modo, chi è fatto in un altro. E poi ci sono le situazioni limite che si realizzano nell’ambito dei cosiddetti disturbi di personalità, che sono sempre queste alterazioni di tipo quantitativo al modo di essere psichico tutte di rilevanza psicopatologica, cioè tutte hanno a che fare con alterazioni dello psichismo, ma che non, se non diventano alterazioni qualitative, cioè se non si tingono di…  
A.B.: Rosso. 
I.G.: … propria della psicosi, non sono patologicità.  
A.B.: Oh, allora scusi… 
I.G.: È come nel campo fisico. C’è chi ci ha…  
A.B.: Certamente, Professore, guardi, io vorrei andare… 
I.G.: … un po’ di mal di testa…  
A.B.: … in soldoni, Professore, in soldoni. Mi perdoni, io sono un uomo… 
I.G.: Sì.  
A.B.: … cosi, un uomo della strada, molto della strada. Lei ebbe modo di avere questo incarico dal Procuratore della Repubblica di Firenze. In quel periodo si disse tante cose. Lo stesso Procuratore della Repubblica di Firenze, invocò che questo signore venisse a lui, perché sicuramente uno che commetteva questo tipo di reati…  
P.M.: No, no…  
A.B.: Un momento!  
P.M.: Non fu il Procuratore. Non fu il Procuratore. 
A.B.: … questo tipo di reati… Così ho letto sul giornale.  
P.M.: Non fu il Procuratore della Repubblica, ha letto male.  
A.B.: Va bene. O qualcuno, o lei stesso. Era sicuramente un malato di mente. Fu lei? 
I.G.: No.  
A.B.: No. Poteva essere un malato di mente. 
I.G.: C’era un professore che dava interviste e diceva: sei malato di mente, vieni da me che ti curo.  
A.B.: Oh! Allora ipotizzo… 
I.G.: Non mi sono mai illuso che andasse da lui per farsi curare.  
P.M.: Nemmeno il Procuratore della Repubblica.  
A.B.: Oh, ma il problema è questo. Mi scusi, Professore, perché qua lo sentono tutti, lo sentiamo tutti noi. L’autore di questi delitti, secondo lei e secondo i suoi illustri colleghi, è un uomo normale.  
A.B.: No. E mi dica questo.  
Presidente: Mi sembra che stiano dicendo tutto l’incontrario.  
A.B.: Cioè…  
F.D.F.: Avvocato, è una domanda cattiva, perché…  
A.B.: Non è una domanda cattiva.  
F.D.F.: No, no, mi scusi…  
Presidente: Non può essere una persona normale, certamente.  
F.D.F.: Posso…  
A.B.: Quando commette quei fatti è un uomo nomale. Allora, secondo il Codice, quando commette quei fatti è un uomo normale, sì o no?  
Presidente: Avvocato, le ha già risposto.  
A.B.: No, io la domanda…  
Presidente: Le ha già risposto.  
A.B.: Non mi ha risposto.  
Presidente: Le ha già risposto.  
A.B.: Non l’ho capito, allora.  
Presidente: Abbondantemente.  
A.B.: Non l’ho capita, Presidente, scusi, eh. Se me lo ripete, tanto…  
F.D.F.: Se il Presidente vuole che risponda rispondo, sennò non rispondo. Io so di aver risposto.  
A.B.: Non credo che si perda nulla…  
F.D.F.: Però sono disponibile a rispondere ancora.  
A.B.: Ecco. Quando commette questi fatti, quando ha questo, che poi dite prima, conflittualità interna, questo signore è un uomo normale. Mi spieghi se è cosi, oppure se no.  
F.D.F.: La domanda è cattiva, perché…  
A.B.: Non è cattiva, è una domanda di un difensore che difende un cittadino italiano che è imputato di una serie di delitti e domanda a lei, per poter fare eventualmente qualche cosa, se una persona che commette queste cose, se dovesse essere ritenuto responsabile, è oppure no, nel momento in cui commette questi omicidi, normale come lei e come me? Oppure no?  
F.D.F.: Avvocato, cattiva sul piano scientifico, non sul piano…  
A.B.: No, sul piano scientifico no. Lei è uno scienziato e me lo deve dire.  
F.D.F.: No, scientifico perché nel momento in cui dico che l’uomo che poi si porta via pubi e seni è un uomo normale in manicomio mandano me, e mi dispiacerebbe. Allora…  
A.B.: Allora vuol dire che non è normale.  
F.D.F.: Questo è il consenso comune.  
Presidente: Avvocato, io l’avevo già detto io tempo fa, quando c’era Maurri. Se questo è normale, figuriamoci uno anormale!  
F.D.F.: Questo è il consenso comune, Avvocato. Abbiamo detto, scritto, e sosteniamo e ripetiamo adesso e poi non più, se il Presidente non ci impone di ripetere ancora, che il soggetto che ha commesso tutti questi delitti è, non per gli atti che ha commesso, ma in una ricostruzione storiografica, perché ha cominciato a commettere gli atti dal secondo delitto in poi, fino a… per un arco di anni molto lungo, con evidentemente delle fasi fra un delitto e un altro, in cui si è controllato, in cui ha saputo mantenere completamente nascosta la… questa persona non è un soggetto affetto da patologia psichiatrica. Però è una personalità con grossi tratti psicopatologici. Ma personalità con grossi tratti psicologici non significa malato mentale. Va bene?  
A.B.: Quindi è un normale.  
F.D.F.: Normale lo dice lei, Avvocato. Io non…  
A.B.: Sì, è un carattere opatico. Va bene? Carattere opatico.  
F.D.F.: Questo l’ha detto lei, Avvocato.  
A.B.: Non lo so. Che cos’è?  
F.D.F.: Io le ho detto: persona con tratti psicopatologici che si realizzano, che si manifestano nei suoi delitti attraverso attività sadico-sessuali, e può darsi invece che sia un impiegato, l’impiegato modello, che sia un camionista che non crea incidenti stradali, quindi voglio dire… le altre cose le sta aggiungendo lei. Io mi fermo a questo punto. 
A.B.: Io non sto aggiungendo nulla. Lei, Professore, sa benissimo che la Giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, sul punto, ha detto che non c’è necessità soltanto… 
Presidente: Avvocato, lasciano la Corte Suprema di Cassazione.  
A.B.: Mi scusi, no è il Professore, scusi.  
Presidente: O lei gli formula un’altra domanda…  
A.B.: No, la domanda è questa.  
Presidente: Sennò per me ha già risposto.  
A.B.: Sì, certo Presidente. Però la domanda è questa.  
Presidente: Aveva già risposto prima.  
A.B.: Mi perdoni, Presidente. Mi perdoni, vorremmo fare un po’ chiarezza. Mi scusi tanto, perché il processo non è un processo di incidente stradale…  
Presidente: Sottoponiamo Pacciani ad una perizia psichiatrica…  
A.B.: No, io non voglio fare nulla. Voglio sapere, sulla base di quello che questi signori sostengono, che cosa è possibile ipotizzare. Allora, siccome la Corte Suprema di Cassazione…  
Presidente: Gliel’ho già detto, questo può essere un impiegato modello, il primo della classe. Poi….  
A.B.: Però il primo modello può essere…  
Presidente: Poi, cala la sera e quello che succede, succede.  
A.B.: Ma può essere anche pazzo, perché se ha le conflittualità interne, è un impiegato modello che è un pazzo.  
Presidente: Il professore dice che può essere anche non affetto da patologie mentali.  
A.B.: Patologie. Allora le domando…  
Presidente: Siccome poi non è uno psichiatra, il Professore, ma un criminologo…  
A.B.: Però c’è uno psichiatra fra loro, mi pare, no?  
Presidente: Capito?  
A.B.: Sono tutti psichiatri, qua, Professori.  
Presidente: Allora meglio che mai.  
A.B.: Allora, se una affezione della personalità, una patologia della personalità…  
P.M.: E facciamo anche una perizia psichiatrica, sennò…  
A.B.: Se una patologia della personalità che può avere rilevanza penale, anche sul piano psichiatrico… o no? Può essere quella patologia di cui poteva essere affetto, sarebbe affetto l’autore di questi misfatti. Io lo domando a chi loro vogliono parlare…
F.D.F.: Io ho già risposto, vuoi rispondere tu a questa domanda?
I.G.: Ecco, io mi trovo molto in imbarazzo a dover rispondere a queste domande, perché già è difficile. Quando si valuta l’imputabilità di una persona. Già è difficile farlo quando si esamina una persona vedendola due, quattro, cinque volte…  
Presidente: Professore, lei è psichiatra?
I.G.: Sono psichiatra a Faenza.  
Presidente: Ecco, benissimo. Scusi se glielo domando. Può parlare leggermente più forte e tenere più vicino il microfono? Le dispiace? Grazie.
I.G.: Sì. Ecco, già è difficile farla, questa valutazione, quando si esamina più volte una persona. Farla poi alla cieca in questo modo, mi sembra che sia ancora più difficile. Se poi riportiamo i termini della valutazione al vizio di mente, o meno, allora siamo ancora più nell’astratto, perché il problema del vizio di mente è il problema di una convinzione giuridica. E questo problema è difficile da affrontare adesso. Era ancora più difficile da affrontare nell’84, ’85, quando abbiamo scritto quelle cose che ci viene chiesto di spiegare. Allora, il problema era quello di poter dire agli inquirenti se era una ipotesi accreditabile, quella di una patologia di mente, perché avrebbe indirizzato l’indagine, ovviamente, verso una categoria di persone abbastanza ristretta. E noi allora abbiamo detto: no, sarebbe un errore restringere a quella categoria di persone la ricerca, perché probabilmente la persona che commette questi delitti non ha ancora ricevuto, e forse non lo riceverà neanche in futuro, una diagnosi psicopatologica, e non è sotto cura, probabilmente, e forse non lo sarà neanche in futuro di sua spontanea volontà, da servizi psichiatrici o da psichiatri. Si tratta di una persona che agisce in modo troppo organizzato per essere una persona, e purtroppo egosintonico, agisce in modo troppo egosintonico, per essere una persona che sente il bisogno di rivolgersi a psichiatri. Può essere una persona che è riconosciuta da altri come avente bisogno di terapie psichiatriche.
A.B.: Questo siamo d’accordo.
I.G.: Ecco, da questo poi a poter dire se… scusi un attimo, da poter dire se effettivamente la persona che si poteva ipotizzare allora, che la persona fosse affetta da una grave turba di mente o meno, un po’ ce ne passa. Quello che posso dire è che, guardando la rassegna casistica di tutti i casi che siamo riusciti a trovare, sono stati pochi i casi che a livello di valutazione in sede giudiziaria, sono stati giudicati affetti da un vizio di mente e da un vizio totale di mente, in particolare. E molti di più i casi che sono stati giudicati completamente imputabili. Questo lo posso dire perché ho fatto delle conoscenze…
A.B.: Questa è casistica.
I.G.: … scientifiche.  
F.D.F.: Prima di passare… dunque, per un attimo, adesso vediamo…  
A.B.: No, io faccio una sola domanda a lei, poi basta.
I.G.: No. Parlare col professor Galliani che è psichiatra, anch’io sono professore in psichiatria, le passo il professor Luberto che, prima di essere professore ordinario di criminologia, ha percorso tutti i gradi della carriera psichiatrica…  
Presidente: Anche il professor Luberto è uno psichiatra, quindi.
I.G.: Sì, carriera psichiatrica nei centri di igiene mentale. Però, mi consenta, forse eccedo nel parlare e mi dispiace signor Presidente, mi tolga la parola, ma mi consenta una cosa. È la prima volta che mi trovo a valutare la categoria dell’imputabilità o della non imputabilità in riferimento alla tipologia di delitti e non ad una persona. E francamente mi trovo molto a disagio.  
A.B.: Ecco, professore, lei che si trova…
I.G.: Cioè, la categoria di imputabilità…  
A.B.: Siamo d’accordo.
I.G.: … in rapporto a una categoria…  
A.B.: Professore, siamo perfettamente d’accordo. Lei ha l’umiltà riconosciuta. Le domando anche questo: è la prima volta che lei vedeva un quadro e ha fatto, ha tracciato lei quella… così quell’analisi di quel quadro che gli ha mandato il dottor Perugini? Scusi.
I.G.: Le rispondo subito.  
A.B.: Lo ha fatto lei? Sì… le domando… prima domanda: l’ha fatto lei?
I.G.: Scusi Avvocato, io rispondo soltanto se mi consente di rispondere in un contesto che non sia proprio “sì”,” no”, perché questo mortificherebbe chiunque. Il dottor Perugini mi ha portato un quadro e nell’ambito delle prestazioni ausiliarie di polizia Giudiziaria, nessun incarico peritale, mi ha chiesto un parere.  
A.B.: benissimo.
I.G.: Questo quadro non me lo ha attribuito… non gli ha dato un nome, un cognome, eccetera, e io ho dato parere. Però nel parere che ho qua, sa cosa ho scritto? Nel parere: “un quadro si può interpretare conoscendo una persona, e riferire – poi torniamo però all’imputabilità – e riferire quell’espressione pittorica ad una persona nota”. Cioè, quando in campo psicopatologico la produzione pittorica viene utilizzata a corredo della conoscenza di una personalità. Invece la valutazione in astratto ha tutti i limiti che ha la valutazione in astratto e che… perché non fa altro che valutare la figurazione in rapporto a schematiche di patologia. Se vuole, questo parere glielo posso dare.  
A.B.: No, l’ho già letto, Professore, il parere suo.
I.G.: Allora…  
A.B.: È un parere che ha condizionato anche il Pubblico Ministero che ha emesso un provvedimento di cattura, guardi.  
P.M.: Non soltanto…  
A.B.: Anche quello, anche quello.  
P.M.: No, no, no, e no.  
A.B.: E sì, sì, sì e sì.  
Presidente: Lasciamo stare il quadro.  
P.M.: No. Sul provvedimento non si indica neppure come indizio.  
A.B.: No, sul provvedimento no.  
Presidente: Signori, smettetela!  
A.B.: Ma si ispira.  
P.M.: No, no, per carità!  
A.B.: Certamente, l’ho già denunziato anche al dottor Perugini.  
Presidente: Smettiamo col quadro. Non c’entra niente, non c’entra…
I.G.: Se vuole io leggo le premesse di quello che ho scritto.  
A.B.: No, grazie, ha già…  
Presidente: Allora, allora…  
A.B.: Non ho altre domande, Presidente.  
Presidente: Invece ne ho una io. Ah, no, scusi avvocato Fioravanti. Prego.
A.F.: Grazie.  
S.L.: Presidente, posso puntualizzare una…  
Presidente: No, guardi, mi sembra che quello… Mi scusi Professore, ma quello che ha detto il professor… che non si può tracciare sulla base di fatti e non di persone, un quadro psicopatologico di un soggetto. Questa è la verità. Oh, allora avvocato Fioravanti, prego.
A.F.: Io non so a chi rivolgere la domanda, comunque mi riporto alle conclusioni della perizia firmata da quattro, cinque illustri professori, e precisamente alla pagina 163. Alla domanda numero otto: “l’omicida è un malato di mente?”. Io rivolgo di nuovo, e voglio continuare il discorso del collega…  
Presidente: Avvocato…
A.F.: Prego.  
Presidente: Guardi, lei, per carità! può fare tutte le domande che vuole, ma o formula una domanda nuova, anche sotto questo profilo, o sennò di questo argomento non parliamo più. Se lei mi formula una domanda sotto un diverso profilo, gliela ammetto. Quindi la formuli e se…
A.F.: Presidente, io, prima di formulare la domanda, faccio un’istanza alla Corte di Assise. L’istanza è questa: siccome il Pubblico Ministero poco fa ha detto che nessun Magistrato e nessun Pubblico Ministero ha mai ritenuto che l’omicida, l’autore di questi 16 omicidi potesse essere un pazzo, io chiedo l’acquisizione di una cassetta di trasmissione televisiva, telefono giallo, di febbraio 1987 che ho io, e se la Corte chiede di acquisirla io la depositerò, dove il dottor Vigna, unitamente al Vicequestore allora – ora non ricordo come si chiami – che accompagnava il dottor Vigna a quella trasmissione, e da quella trasmissione fu rilevato quell’identikit famoso, che voi avete in deposito, dove il dottor Vigna affermava che l’autore di questi 16 duplici omicidi, o meglio diceva: sette duplici omicidi, è sicuramente un pazzo.  
Presidente: Ho la massima stima del dottor Vigna…
A.F.: Ecco… No, no, no, siccome il Pubblico Ministero diceva…  
Presidente: … però non è che il suo parere ci influenzi né poco né molto…
A.F.: No, io…  
Presidente: E tanto meno può avere…  
P.M.: Figuriamoci poi dire “pazzo”, se dire “pazzo” di uno, ha qualche valenza giuridica.
A.F.: No, ma io rispondevo ad una affermazione negatoria…  
Presidente: Va bene, questa è la sua richiesta.
A.F.: Ecco, questa è la mia richiesta. E ora io faccio la domanda…  
Presidente: Il Pubblico Ministero si oppone?  
P.M.: No, remissivo, remissivo, per carità!  
Presidente: Remissivo. Signori della difesa di parte civile? Remissivi anche loro.
A.P.: Siamo remissivi, sì, Presidente.  
Presidente: Prego.
A.F.: L’omicida studiato da voi, io poi chi mi risponderà non lo so, è un pazzo o è un malato di mente? Questa è la mia domanda. È un pazzo, oppu…  
Presidente: Non gliela ammetto per i motivi che ho già detto. Mi dispiace.
A.F.: Non me l’ammette. Allora… Grazie della non ammissione.  
F.D.F.: In precedenza non abbiamo studiato nessun omicida, noi.
A.F.: Ah, perché chi li ha fatti… quei morti chi li ha fatti?  
A.B.: Non hanno periziato nessun omicida.  
F.D.F.: Non abbiamo studiato nessun omicidio, Avvocato. Abbiamo fatto un altro tipo di perizia.
Presidente: Non hanno il soggetto, Avvocato.
A.F.: Ma voi avete scritto…  
Presidente: Hanno studiato il caso.  
A.B.: Hanno studiato il caso, oggettivamente.
A.F.: Ecco, il caso. A pagina 163 è scritto: “l’omicida, è un malato di mente?”. De Fazio: L’ipotetico omicida.
A.F.: Ma voi state trattando, questi casi, nell’85, eh.  
Presidente: E mi pare avranno risposto, come hanno detto prima. Non lo so.
A.F.: Eh, ma non era un’ombra l’omicida. Comunque…  
Presidente: Era una domanda quella che lei ha detto, no?
A.F.: Era una domanda…  
Presidente: Va bene.
A.F.: Non è stata ammessa. Ecco, io…  
F.D.F.: Il capitoletto “l’omicida è un malato di mente” con un punto interrogativo…
A.F.: Sì.
F.D.F.: … è praticamente un capitoletto finale, dove, dopo quando abbiamo detto che si tratta di un solo aggressore, di un solo autore, ci siamo posti il problema in astratto, di stabilire… in astratto, non in campo clinico, perché non ce l’avevamo lì per visitarlo, stabilire se era un malato di mente, o meno. Non di stabilire se fosse imputabile o meno. Posto che, come è noto a tutti e certamente a lei più che a me, l’imputabilità o meno si ricollega al concetto di infermità, è una cosa un po’ diversa. E abbiamo risposto che l’omicida non è un malato di mente. Però la valutazione dell’omicida non riguarda l’atto dell’asportare il pube, riguarda una storia di delitti che è andato avanti 16 anni con i… di non delitti. Quindi abbiamo risposto: a nostro avviso non è un malato di mente.  
Presidente: Forse la risposta più precisa sarebbe stata “può non essere un malato di mente”.  
F.D.F.: No, no.  
Presidente: Non è.  
F.D.F.: Qualcosa di più, signor Presidente, cioè doveva.. un malato di mente… 
Presidente: Comunque il soggetto voi non l’avete, non l’avevate.  
F.D.F.: … che commette un delitto e che riesce a gestire con tutta l’opinione pubblica e con tutta la città alla ricerca dell’autore, che riesce a gestire la problematica del delitto e magari ad organizzarne un altro, eh, vivaddio! se un malato di mente ha queste capacità di controllo emozionale…  
S.L.: Signor Presidente, mi perdoni, volevo puntualizzare sul piano della comprensibilità, proprio. Una perversione sessuale, anche molto grave, non è necessariamente legata a patologia. È sicuramente qualcosa di normale. Se vogliano usare il termine in…  
Presidente: Però mi pare che abbiamo approfondito.  
S.L.: Però la perversione non è sempre patologia, e solo patologia.  
Presidente: Grazie, Professore. Basta con questo. Proseguiamo sotto altri aspetti, se ne avete.
A.F.: Dunque, io chiedevo una spiegazione sotto forma di domanda, ve la chiedo. Voi parlate di macabro rituale dell’escissione. Può avere un significato dell’inconscio, in questi casi? Cioè di vita non regolare vissuta da bambino? Inibizioni, sopraffazioni della madre o del padre da altre persone o tra loro, può avere questa fenomenologia? La spiegazione che voi qui non mi date. Mi parlate di: “macabro rituale dell’escissione con un significato dell’inconscio di una castrazione simbolica”. Ecco, io vorrei una spiegazione.   
F.D.F.: La spiegazione gliela diamo perché la sua domanda è “se può avere”, non “se ha” in questo caso. Allora praticamente si può dare una visione psicodinamica che però resta in astratto, perché non possiamo applicare in concreto ad un determinato uomo.
I.G.: Sì. Quindi la domanda è se può avere questo significato, la risposta è sì, può averlo. Per quanto riguarda…
A.F.: Quindi… Scusi, scusi.
I.G.: Per quanto riguarda…
A.F.: No, stavo allungando leggermente. È una distorsione di una sessualità infantile, insita, o provocata?
I.G.: Può essere, può essere. Sicuramente indica che ci siano state distorsioni della psico-sessualità, io non lo so, della sessualità infantile, poi, perché per sessualità, parlando di sessualità in generale, in senso colloquiale, si intende la sessualità agita. Parlando di psico-sessualità si intende quello che uno immagina, quello che uno fantastica… Cerca la sessualità. Sono due cose diverse. Uno cresce con entrambe, attraverso entrambe. La parte visibile non sempre è tutta la parte della sessualità. Sicuramente non rispecchia completamente la psicosessualità. Per quanto riguarda i riferimenti alle teorie psicodinamiche abbiamo dovuto doverosamente fare riferimento alla teoria psicoanalitica, soprattutto per dire che, dal punto di vista delle indicazioni alla indagine, non andavano oltre, in quanto questa teoria esplora soprattutto, e la pratica psicanalitica che è connessa a questa teoria, esplora soprattutto gli aspetti soggettivi inconsci. Una parte cioè di realtà che ora è tutta soggettiva, e che a volte non ha nessun correlato con la realtà esterna. Mentre le indagini si rivolgono soprattutto alla realtà esterna, a quello che si può percepire e verificare. Abbiamo fatto riferimento e abbiamo sintetizzato la posizione attraverso mi pare nelle definizioni di (incomprensibile) che si è occupato più degli altri recentemente della… del sadismo, soprattutto e di (incomprensibile) di Fennichel, e abbiamo sintetizzato tutto con questa interpretazione psicodinamica sul complesso di castrazione, per fare soltanto un riferimento alla teoria psicodinamica.
A.F.: Va bene. Grazie.  
A.B.: Ecco, signor Presidente, qua c’è il consulente tecnico della difesa. Si potrebbe mettere anche lì, cosi, davanti a loro. Non ci sono problemi.
Presidente: Ma può stare anche lì eh. Non c’è mica nessun problema.  
A.B.: No, perché deve parlare. Io devo fargli delle domande…  
Presidente: Ah, lo vuole sentire. No, credevo…  
A.B.: Io devo fargli delle domande, lui dovrebbe rispondere…  
Presidente: Va bene. No, può farlo, può farlo anche stare a sedere lì. Dove sta più comodo.  
P.M.: Forse è meglio trovare  
Presidente: Dove sta più comodo, perché lì non ha da appoggiarsi, Avvocato.  
P.M.: È il solo fatto che lo interroga come teste. E quindi… Così abbiamo la possibilità di farlo….
Presidente: Non è come teste. È un consulente…  
A.B.: Consulente tecnico.  
P.M.: Come consulente, chiedo scusa. Chiedo scusa…  
Presidente: Per carità! Se lo vogliamo fare mettere qui. Non c’è nessun problema.  
P.M.: Sì, forse è meglio, forse è meglio, Presidente.  
Presidente: Sennò può restare tranquillamente.  
P.M.: È meglio, Presidente. Abbiamo più possibilità di…  
Presidente: Allora cerchiamo… Ora qui abbiamo un problema tecnico.  
P.M.: No, no…  
Presidente: Il microfono…  
P.M.: No, no, è facile.  
Presidente: Aspettate. Allora un momentino di pazienza, cosi…  
A.B.: Presidente, possiamo fare un break di due minuti… No?  
Presidente: Avvocato, no.  
A.B.: Benissimo. Volevo fare una telefonata perché domani ci ho un processo, devo dire se si poteva rinviare. No, no, per carità!  
Presidente: Allora Avvocato, per carità, io…  
A.B.: No, no…  
Presidente: Vada a fare la telefonata, noi l’aspettiamo qui.
A.B.: No, no, va bene, va bene. Vado… la farò dopo.  
Presidente: Se è urgente, la faccia, noi la aspettiamo. Però se…  
A.B.: Devo telefonare ad un Giudice se mi consente di rinviare invece di domani mattina, di fare lunedì, martedì, non lo so.  
Presidente: Vada.  
A.B.: No, no, va bene, la faccio dopo, Presidente.  
Presidente: Ma se è urgente, Avvocato, vada a farla.  
A.B.: Devo trovare il Giudice.  
Presidente: Semmai, Avvocato Fioravanti, se lei voleva fare domande al suo consulente… Non so come vi siete divisi i compiti tra di voi.  
A.B.: Era lui che doveva iniziare.

Presidente: Benissimo. Non ci sono mica problemi. Intanto facciamo… Prego. Si vuole accomodare? nel frattempo noi… Ecco, si accomodi, prego. Vuole cortesemente fornire le sue generalità?



F.B.: Mi chiamo Francesco Bruno e sono nato il XX/XX/19XX a Xxxxxxx, provincia di Cosenza.  
Presidente: Risiede?  
F.B.: Risiedo a Roma…  
Presidente: Si accomodi il microfono come le viene meglio.  
F.B.: Risiedo a Roma, via Xxxxxxxxx, XXX.  
Presidente: Ed è consulente della difesa. Non pronunzia nessuna formula. Allora aspettiamo l’Avvocato…  
A.F.: Posso iniziare anch’io se…  
Presidente: Può fare una domanda, certo.  
A.F.: Una domanda. 
Presidente: Tanto penso che… no?  
A.F.: Professor Bruno, vuole dire alla Corte quale è la sua professione? 
Presidente: Ecco, questa è ciò che dovevo domandargli io. 
F.B.: La mia professione è di psichiatra criminologo. Sono professore associato di Psicopatologia Forense all’Università di Roma, La Sapienza. 
A.F.: Ecco. Durante la sua attività scientifica, lei si è interessato di serial killers? 
F.B.: Sì, mi sono interessato diverse volte di questo tipo di problematica, sia in generale, sia in casi concreti, in quanto, al di là dell’attività scientifica, ho svolto un’attività di collaborazione presso… per degli anni, in particolare fino al 1987, presso il Servizio Informazioni per la Sicurezza Democratica, e poi, successivamente sono stato consulente della Polizia di Stato per una serie di delitti compiuti da serial killer.  
A.F.: Ecco. Quali sono le sue competenze specifiche in materia?  
F.B.: Competenze specifiche appunto sono queste che le dicevo, e poi naturalmente gli studi che sto portando avanti su questo, in particolare la… sono anche per queste cose consulente delle Nazioni Unite della Organizzazione Mondiale della Sanità.  
A.F.: Se vuole, può fornire alla Corte la definizione scientifica, certamente non per il Presidente e i Giudici togati, ma per la Corte, e per i giudici popolari, la definizione scientifica di questo termine, quanti e quali tipi di serial killer conosce ed in cosa questi criminali differiscono dai criminali comuni, anche efferati. 
F.B.: Dunque, intanto bisogna precisare che non esiste una definizione scientifica di serial killer. Si tratta di una definizione su basi compartimentali che è stata proposta dalla ormai famosa unità di scienze comportamentali dell’FBI, e che poi ha avuto una vasta eco e un certo successo da parte di tutti coloro che si occupano di questa materia, perché effettivamente definisce in modo abbastanza soddisfacente una tipologia criminale che prima, cosi, sembrava sotto il nome generico di mostri e cosi via. In particolare, il serial killer è un assassino, un omicida, come dice il termine stesso della definizione, che colpisce ripetutamente, e che quindi commette in tempi diversi e in luoghi diversi, numerosi omicidi e normalmente più di quattro omicidi, almeno più di quattro omicidi. Quando si hanno delle modalità diverse naturalmente si parla di altri tipi di killer, in particolare per esempio lo “spree killer” che ha, colpisce con… un numero minore di casi, oppure il “mass murder” che per esempio è un soggetto che uccide una grande quantità di individui, però nello stesso tempo, nella stessa situazione, non so, la persona che all’improvviso si munisce di un fucile e comincia a sparare indiscriminatamente, colpendo non so, le automobili sul l’autostrada… In particolare, per quanto riguarda i serial killer, ci sono diverse classificazioni. Ci sono i così detti serial killer organizzati e i serial killer disorganizzati. I serial killer psicopatici e i serial killer psicotici; i serial killer che poi possono definirsi anche a seconda delle tipologie delle azioni criminose da essi compiute. Così abbiamo, per esempio, serial killer antropofagi; abbiamo i serial killer che… gli squartatori. Ecco, per esempio il famoso Jack lo squartatore; gli strangolatori, e il caso del mostro di Firenze è un caso molto particolare, perché abbiamo come elemento distintivo la mutilazione del corpo femminile. Ma poi abbiamo anche il caso particolare della uccisione di una coppia, e questo è un elemento unico, per quanto io abbia analizzato la letteratura e per quanto ho visto che anche i colleghi hanno fatto prima di me e tutti allorche si sono interessati, non hanno mai trovato precedenti di questo tipo. Cioè, non esiste nella storia del crimine che noi conosciamo, un killer che abbia indirizzato la sua azione delittuosa su coppie e soprattutto poi su un numero cosi elevato di coppie, ed esclusivamente su coppie. C’è da dire che se il soggetto avesse voluto colpire l’elemento femminile avrebbe avuto maggiori facilità nell’utilizzare vittime più semplici. Quindi è evidente che pur prestando una particolare attenzione nell’elemento femminile, il suo obiettivo principale sia rappresentato dalla coppia, altrimenti non correrebbe i rischi molteplici di dover affrontare ed uccidere due persone invece che una. Direi quindi che ci sono molte differenze, e in particolare riguardo alla questione che definisce i serial killer in organizzati e disorganizzati, su questo si è detto molto. Diciamo che il così detto mostro di Firenze, rappresenta tipicamente l’esempio di un serial killer organizzato, ovverosia capace di prevedere, di pianificare la sua azione criminale, e in questo caso di pianificarla molto bene, quindi se potessimo dire diremmo organizzatissimo, rispetto anche ad altri soggetti organizzati che conosciamo. Al contrario, il soggetto disorganizzato, preso talmente dall’eccitazione di compiere l’atto omicidiario, che di solito lo compie così in seguito ad un impulso e non tiene conto delle conseguenze, o non ne tiene conto sufficientemente. E in questi casi, naturalmente, le Forze dell’Ordine hanno facile gioco a individuare il soggetto. Per quanto riguarda la distinzione in psicotici e psicopatici, anche in questo io sono estremamente d’accordo con le conclusioni della perizia del professor De Fazio e gli altri Professori che l’hanno firmata, perché ritengo che il mostro con cui noi abbiamo a che fare, appartenga appunto alla categoria degli psicopatici che è un po’ una vecchia definizione per indicare disturbi di personalità. I disturbi di personalità in psichiatria sono delle categorie nosografiche che possono avere valore di malattia, ma possono anche non averlo. Dipende dalla qualità, dalla qualità e naturalmente tutta una serie di altri elementi che non è possibile valutare in teoria, ma bisogna valutare nella pratica. Certamente il soggetto non sembra essere di tipo psicotico, perché le… con il termine “psicosi” si intendono invece della malattie psichiatriche che hanno un normale decorso, con un inizio e una fine, che non durano questo lasso di tempo, e soprattutto portano il soggetto ad una condizione di perdita dell’autonomia, quindi non sono compatibili con le azioni che il mostro ha compiuto. Quindi, in altri termini, abbiamo a che fare con una persona che, una volta disponibile, cui possiamo interrogarla o parlarci, probabilmente potremmo anche riscontrare inferma, e quindi potremo anche valutarne l’imputabilità o meno. A priori, certamente, possiamo dire che è una persona molto ben organizzata e quindi che presenti al massimo un disturbo di personalità. Per quanto riguarda il concetto sulle perversioni sessuali direi che le perversioni… con questo termine, questo è un termine ambiguo che dà luogo a molte confusioni, perché scientificamente, per perversioni sessuali intendiamo delle patologie che sono tali, perché considerate tali dalle classificazioni nosografiche più importanti, quindi sia da quella organizzazione mondiale della sanità, sia da quella cosiddetta DSM 3, terzo, o quarto, che consistono nella deviazione dell’impulso sessuale, deviazione obbligata qualitativa dell’impulso sessuale, verso oggetti che non sono gli oggetti del normale rapporto sessuale, o verso l’ottenimento di un piacere che si ha con mezzi diversi rispetto a quelli che sono…
Presidente: Vogliamo tenere chiusa quella porta là, per favore? Quella lì. Deve sempre stare chiusa. Scusi, Professore.  
F.B.: Rispetto a quelli che sono i normali mezzi del conseguimento del piacere in una coppia eterosessuale. C’è solo un caso in cui una perversione sessuale non ha valore di malattia, ed è la omosessualità egosintonica, cioè la omosessualità vissuta bene dal soggetto che ne è portatore. In questo caso si parla di un differente atteggiamento sessuale, ma non di una patologia. Per perversione sessuale invece, in caso volgare, intendiamo spesso delle deviazioni dell’istinto sessuale che però non rivestono il carattere di necessità, di confusione che è tipico invece delle perversioni stesse. In altri termini, ciascuno di noi esperimenta nel suo vissuto personale delle preferenze sul piano sessuale che possono essere anche talvolta molto spiccate. Ecco, in questo caso, volgarmente si può anche parlare di perversioni. Allora queste sono quelle perversioni che sono compatibili fra loro. Sono compatibili in diversi… in uno stesso soggetto, proprio perché non compulsive. Cioè il soggetto, per esempio, non ha il piacere sessuale soltanto con i bambini, come nel caso della pederastia, ma anche con gli omosessuali, e allora ecco abbiamo la partecipazione di perversioni che però non sono obbligate. Quindi non sarebbero le vere e proprie perversioni sessuali che hanno invece valori di malattia. Quando esiste la compulsione, quando non esiste la possibilità di avere un rapporto sessuale normale. Quindi, nel caso in cui la perversione sessuale è malattia, quindi è obbligata, il soggetto non ha la possibilità di avere altri rapporti, di avere rapporti sessuali normali, o anche altre perversioni sessuali contemporanee. È molto difficile. Nel caso in particolare dei serial killer, tutti i serial killer fin qui noti, e non mi riferisco soltanto a quelli di (incomprensibile) ma a tutti diciamo i casi anche più noti, più moderni. Basta pensare al cannibale di Rostov, Cikatilo oppure il Dahmer, Jeffrey Dahmer il mostro di Milwaukee, eccetera, ecco, tutti questi hanno un atteggiamento sessuale in cui sono presenti in modo più o meno sfumato, numerose perversioni. Ma nessuna di queste è assolutamente obbligata. In particolare nei serial killer troviamo l’omosessualità, troviamo la necrofilia, troviamo la antropofagia, il vampirismo, e cosi via. Abbiamo una serie notevole di perversioni sessuali.  
A.B.: Senta Professore, lei… 
P.M.: Presidente, chiedo scusa. Chiedo scusa, interrompo, approfitto…  
Presidente: Comunque lei ha un elaborato, vero Professore?  
P.M.: Ecco, ecco.  
A.B.: però volevo fargli due domande, scusi.  
P.M.: Sì, no, no, volevo parlare proprio dell’elaborato, perché mi mette un attimo in difficoltà. Mi spiego subito in cosa consiste. Io non ho consulente tecnico, quindi il professor Bruno, stamani molto gentilmente, mi ha dato copia dell’elaborato per consentirmi il mio controesame. Ora io sono in imbarazzo a dire quel che sto per dire alla Corte, ma l’elaborato che mi è stato dato, contiene chi l’ha fatto, nome e cognome, di cosa si tratta e poi mi ci scrive, cioè c’è scritto: “attenzione”, io prendo attenzione su un elaborato, e mi si dice: “i capitoli 7, 7-1, 7-2, 7-3, 8, di questo studio, sono riservati”. Io dico che l’ho aperto, non vorrei aver commesso un qualcosa che non dovevo. “Non possono essere…” eccetera, eccetera. Io dico, ma allora è un elaborato per la Corte… F.B.: Non possono essere pubblicati.  
Presidente: Pubblicabile nel senso dati alle stampe.  
F.B.: Ecco, o resi pubblici.  
P.M.: Sì, ho capito, ma… 
A.B.: Ma vede, oggi danno tutti alle stampe, certe volte. 
P.M.: No, no, mi chiedo, è riservato… attenzione, riservato, di un elaborato che si produce alla Corte…  
Presidente: Va bene, va bene.  
P.M.: Mi chiedo, si tratta…  
Presidente: Va bene, va bene.  
P.M.: Si tratta di una…  
A.B.: No, lo spiega il Professore.  
Presidente: Va bene, va bene.  
P.M.: Ma il 233 non prevede attenzioni né riserve, quindi lo possiamo leggere tutti. 
Presidente: Ma si, certamente.  
P.M.: Bene, grazie.  
Presidente: Allora, invece, dato che… 
P.M.: Allora vorrei…  
Presidente: … la parte teorica, a parte che ce l’ha già illustrata bene.  
F.B.: Le spiego però il motivo di questa eccezione che giustamente il Pubblico Ministero… 
Presidente: Non vuole che sia pubblicata, oggetto di…  
F.B.: No, no, ma non è un mio…  
A.B.: Ma non c’è la Mondadori qui, non c’è.  
F.B.: No, no, non, non è questo, non è questa preoccupazione. In altri termini, il mio mestiere, in particolare, è un mestiere che dovrebbe essere svolto come è stato svolto correttamente dai Professori che ho di fronte, nella fase della investigazione, perché le cose che noi diciamo non hanno un valore di prova, se non nei termini in cui si riferiscono a degli elementi materiali e questo può essere per determinati ragionamenti medico-legali, ma hanno però un valore importante di tipo di indirizzo, eventualmente, di comprensione di quello che avviene, e di indirizzo delle indagini. Questo studio che io ho già cominciato nel 1985 e portato avanti, contiene delle indicazioni di luoghi, di nomi, di situazioni che potrebbero essere utili ai fini delle indagini, e che potrebbero coinvolgere terze persone che non sono, diciamo nei confronti delle quali, io non ho assolutamente nessun elemento di prova. Ecco, per questo motivo la mia posizione è un pochino difficile e sono stato molto in dubbio su questo. E volevo chiedere al Presidente della Corte di Assise se sono autorizzato a parlare di queste cose o se io…  
P.M.: A me sembra di essere nella stratosfera. Qui non è un procedimento a carico di una persona nota? Cosa c’entrano tutti questi discorsi su indagini, eccetera?  
A.B.: Certo.  
P.M.: Un consulente tecnico deve parlare di fatti concernenti questo processo. Se ha intenzione o di fare studi per le indagini, ci sono talmente tante strade, tante Procure della Repubblica… 
Presidente: Se lei ha perplessità può non produrre nulla.  
A.B.: Ecco, non produce quei documenti.  
P.M.: Eh, non ho capito.  
A.B.: Allora non produce quei documenti dove il Professore ritiene che vi possono essere degli atti…  
Presidente: È liberissimo di non farlo.  
A.B.: … coperti. 
P.M.: Certo. 
Presidente: … noi glieli ridiamo subito. 
A.B.: Ci dica qual è, ecco. 
 P.M.: Coperti da…  
Presidente: Invece, signori, cerchiamo di accelerare perché proprio qui non se ne può più! 
 A.B.: Presidente, certamente, cercherò di accelerare. 
Presidente: No, no.  
A.B.: Le domande sono velocissime. 
Presidente: Ecco, bravo, Avvocato.  
A.B.: Certamente Presidente.  
Presidente: Lei mi ha capito.  
A.B.: Lei ha fatto, ha preso visione, Professore, del lavoro peritale dei professori De Fazio, Luberto, Galli ani, eccetera, e ne condivide le conclusioni? Sì o no? 
F.B.: Sì, le condivido in pieno queste conclusioni, perché riflettono pienamente quello che…  
A.B.: In che cosa si differenziano? 
F.B.: Eh? 
A.B.: Cerco di stringere. In che cosa si differenzia la sua…  
F.B.: Ovviamente condivido le conclusioni dell’elaborato peritale che loro hanno presentato; mentre condivido un po’ meno il discorso fatto stamani.  
A.B.: Cioè?  
F.B.: Soprattutto riguardo al concetto, al discorso sulla ipersessualità, e via discorrendo.  
A.B.: E ce lo vuole spiegare qual è il suo concetto?  
F.B.: Cioè, in altri termini, sia da quello che emerge nel loro studio, ma anche da quello che emerge dalle mie osservazioni, abbiamo a che fare con una persona, cioè il cosiddetto… l’autore, diciamo, l’autore di questi omicidi, è una persona che dimostra di avere una sessualità assolutamente coartata ed inibita. È una persona che dimostra di avere paura del corpo femminile e di non conoscere il corpo femminile adeguatamente. Tant’è che tutta la dinamica del secondo omicidio è una dinamica che riguarda proprio l’esplorazione, la conoscenza di questo corpo. In più parliamo di un soggetto che ha una… esprime nel suo atto omicidiario un equivalente sadico – come giustamente è stato definito – e quindi sostituisce l’azione omicidiaria, e ancora di più la repertazione di questi feticci, che però non è sicuro che siano feticci, ecco. Potrebbero… giustamente sono stati chiamati con un termine assolutamente inadeguato: souvenirs, diciamo, delle cose che porta via. E non sappiamo poi per quale fine e quale ne sarà il destino successivo. Gli elementi che abbiamo a disposizione dimostrano che intende conservare a lungo, certamente conservare, sa come anche conservare bene questi reperti. Quindi probabilmente li conserverà. E, dicevo, quindi è una persona che esaurisce la sua spinta sessuale innanzitutto nell’uccisione e poi, successivamente, con ciò che farà di questi reperti che porta a casa. Questo tipo di perversione sessuale non è compatibile con comportamento sessuale normale ed adeguato; né tanto meno con un comportamento sessuale eccitato, quale quello dell’imputato. Nel modo più assoluto. Non perché l’imputato abbia anche svolto atti di incesto. Vedremo che la personalità che emerge dall’analisi degli atti che l’omicida fa, è una personalità assolutamente opposta a quella del genitore incestuoso, in quanto normalmente il genitore incestuoso è una persona che, nella sua infanzia, è stata maltrattata dalla figura paterna e ha avuto una figura materna non particolarmente sensibile, e comunque non seduttiva. Tant’è che poi lui non ha alcun tabù, alcuna remora a utilizzare sessualmente persone che hanno a che fare con la sua stessa famiglia, e che quindi sono di solito protette da un tabù che è molto profondo nell’uomo e che si acquisisce da bambini innanzitutto con il tabù nei confronti della propria madre. Quindi è lo stesso tabù che protegge la madre come protegge le figlie. Quindi, al contrario, l’omicida dimostra di avere questa angoscia nei confronti della figura femminile che lo porta a togliere alla figura femminile gli elementi che la rendono tale. Ecco perché poi il risultato ultimo delle sue mutilazioni è anche quello di impedire a questa figura di essere tale, di essere ben distinguibile. E quindi è presumibile che nella sua infanzia non abbia avuto un padre maltrattante, ma al contrario una figura paterna assente, una figura paterna lontana e, al contrario, una madre molto seduttiva, molto dominante. Tale da togliere…  
P.M.: Scusi, ma stiamo parlando del tipo di autore o del delitto ne…  
A.B.: Ha parlato lei fin dall’inizio del tipo di autore. Fin dall’inizio di questo processo ci ha fat…  
Presidente: Signori, secondo me stiamo parlando troppo di questa cosa.  
P.M.: Esatto. 
A.B.: Certo. Però “tipo di autore”, non me ne parli il Pubblico Ministero del tipo di autore, Presidente.  
P.M.: Io no, no, per carità.  
Presidente: Comunque guardi, Professore… 
A.B.: Proprio lei no, mi scusi.  
P.M.: No, proprio io  
Presidente: Professore, mi scusi, capisce? Possiamo dissertare…  
A.B.: Allora, secondo… 
F.B.: Ma io non sto dissertando.  
Presidente: Stringiamo, anche perché io ho da fare un paio di domande – o una sola.  
F.B.: Io non sto dissertando sulla Luna.  
Presidente: Nooo, ho capito. 
F.B.: Io sto dissertando su elementi concreti che sono gli stessi elementi su cui è stata attivata una perizia ai Professori che ho di fronte. 
Presidente: Cerchiamo però di stringere per favore, eh? Cerchiamo di stringere.  
F.B.: Non credo di meritare meno tempo di quanto ne è riservato a loro.  
Presidente: No, io non lo dico nemmeno. Però la invito a essere più conciso. 
A.B.: Certamente, Presidente.  
Presidente: Questo sì.  
A.B.: Mi dispiace che l’ora è tarda, però il processo è anche delicato, difficile.  
Presidente: Certo, Avvocato, certo, naturale. 

A.B.: Presidente, mi scusi. Allora, professor Bruno, secondo lei quindi la… Lei ha visitato Pacciani?  
F.B.: Ho parlato con Pacciani, non l’ho…  
A.B.: Ecco, secondo lei, da quello che lei, cosi, dalla sua analisi, dalla sua indagine, dalla sua attività di ricerca della personalità, di esame della personalità, questa personalità dell’attuale imputato è compatibile con quella, con il profilo che i Professori, Luberto, i Professori, i periti di ufficio hanno fatto del cosiddetto “mostro”? 
Avvocato: C’è opposizione su questa domanda, Presidente.  
A.B.: Perché? 
Avvocato: Perché è una domanda che tende a introdurre come valutazione personologica una violazione dell’articolo 220, II comma del Codice penale.  
A.B.: 220, II comma, parla soltanto di che cosa? 
Avvocato: Di perizie criminologiche.  
A.B.: Perizie criminologiche: ma difatti questa è una perizia criminologica che ha fatto…  
P.M.: No, no. 
Avvocato: No, non sull’imputato però.  
A.B.: La personalità dell’imputato, la persona dell’imputato secondo lei è compatibile con la idea che si sono fatti, che ci hanno reso i signori consulenti di ufficio, i periti d’ufficio?  
F.B.: Guardi, da quello che io conosco…  
P.M.: C’è opposizione, Presidente.  
Presidente: L’opposizione non la ammetto.  
P.M.: Bene. Grazie  
Presidente: Perché chiaramente in violazione del 220, II comma.  
A.B.: Benissimo. 
Avvocato: Non ammette la domanda?  
Presidente: … ci dica.  
A.B.: Come spiega lei, Professore, se lo spiega, se riesce a spiegarlo scientificamente, il fatto… Veda, Presidente, però si poteva anche non ammettere… Mi scusi, Presidente. Siamo d’accordo. Ma veda, si poteva anche non ammettere, per carità! Lei lo ha fatto, io mi volevo togliere la toga. Si poteva anche non…  
Presidente: Noo, Avvocato, per l’amor di Dio.  
A.B.: No, Presidente, si poteva anche non ammettere per esempio che le ragazze, le figlie ci venissero a dire tutto quello che hanno detto del padre.  
P.M.: Quelle sono…  
A.B.: Si è fatto un altro processo!  
Presidente: Quelle sono circostanze di fatto.  
A.B.: Va bene, lasciamo stare.  
P.M.: … sull’imputato, poi.  
A.B.: Lasciamo stare.  
P.M.: Sull’imputato!  
Presidente: Sono circostanze di fatto.  
A.B.: Sull’imputato.  
P.M.: Ah no, non hanno parlato…  
Presidente: Che hanno evidentemente attinenza all’oggetto del processo.  
P.M.: Oh, meno male!  
A.B.: Perché questo non ha attinenza, Presidente?  
Presidente: C’è il 220, II comma.  
A.B.: Sì, certo.  
P.M.: Ma non lo conosce.  
A.B.: Ma anche l’altro.  
P.M.: Non lo conosce l’imputato.  
Presidente: Non l’ho fatto io il 220 II comma.  
A.B.: No, no. Ma, Presidente, si fanno quando… va bene.  
Presidente: Non mi farete carico, io lo spero, di avere applicato con rigore la procedura in questo processo. Ho cercato sempre di lasciarvi un pochino la briglia sciolta. Però oltre certi limiti non si può andare; se poi c’è un’opposizione formale, figuriamoci.  
A.B.: Va bene. Come spiega scientificamente il fatto che il mostro non colpisca… La posso fare questa domanda o no?  
Presidente: Via, Avvocato, su!  
P.M.: Vedremo se può farla.  
A.B.: La posso fare? Non colpisca più dal 1985? Se lei lo spiega, Professore. Tanto a questo punto non spiega più nulla.  
Presidente: Va bene, è una domanda pertinente.  
P.M.: … siamo contenti che risponda, chiunque sa dire qualcosa.  
A.B.: Ecco.  
A.F.: Meno male!  
F.B.: Benissimo. Anche perché quello che io ho detto l’ho detto già nel 1985, l’ho anche mandato a dire alla Questura di Firenze, perché l’ho detto nell’ambito di un’attività istituzionale da me svolta. E quindi dovrebbe esserci prova, da qualche parte, di quello che ho detto.  
P.M.: Sarà negli atti.  
F.B.: Perché ho detto nel 1985 che quello sarebbe stato l’ultimo delitto. E l’ho detto sulla base di un’analisi precisa che è stata compiuta su tutti i delitti. In quanto, se uno chiede, se uno fa un piccolo sforzo mentale e si chiede il perché di questi delitti e non se lo chiede soltanto perché sono elucubrazioni mentali di uno psichiatra, ma perché sono gli strumenti moderni con cui si fanno le indagini. Che, tra l’altro, il dottor Perugini conosce benissimo, anche se applica male probabilmente.  
Presidente: Quindi perché, Professore? Lei l’aveva già detto allora, perché?  
F.B.: Ecco, esatto, questo perché? Perché è possibile prevedere il comportamento di una persona – e questo lo sanno tutti coloro che si occupano di psicologia applicata alle esigenze dell’investigazione criminale o alle esigenze della Polizia. Quindi è possibile prevedere. E la mia previsione fu assolutamente negativa in questo senso per il semplice motivo che gli 8 delitti rappresentano un ciclo con delle motivazioni psicologiche precise. Che probabilmente non sono quelle che io immagino che siano, ma che però probabilmente sono molto vicine, visto che comunque questa previsione è risultata azzeccata. Dico anche che, qualora l’attuale imputato di questo processo venisse condannato, probabilmente questo potrebbe essere un elemento utile perché l’assassino, l’omicida…  
P.M.: No, scusi, questa è una valutazione.  
A.B.: Questa è una valutazione…  
P.M.: Per carità, per carità!  
A.B.: È una valutazione? Non è una valutazione.  
P.M.: Per carità!  
A.B.: Non è nulla. Valutazione. È il mio consulente tecnico.  
Presidente: Sentiamola fino in fondo.  
P.M.: Deve dare una valutazione sui fatti.  
A.B.: E certo!  
Presidente: Sentiamola fino in fondo.  
P.M.: Per carità.  
A.B.: Tanto una cosa l’ha azzeccata.  
P.M.: È una prognosi di innocenza.  
Presidente: Ma non avrete mica paura di…  
A.B.: Una cosa l’ha azzeccata.  
P.M.: Per carità!  
Presidente: E allora, lasciamo…  
P.M.: Siamo qui…  
A.B.: Che ha paura di questo?  
P.M.: … leggere il messaggio che legge sulla consulenza…  
Presidente: Fate silenzio! Fate silenzio tutti e due. Professore, vuole continuare? Prego. 
P.M. fuori microfono: …  
Presidente: Vi tolgo la parola a tutti e due in questo momento, eh? Vuole, vuole…  
F.B.: No, io dicevo come atto di previsione che se il… È ovvio che io ritenga Pacciani innocente, altrimenti non starei qui. Ma in ogni caso, qualora questo attuale imputato venisse condannato, probabilmente questo sarebbe un motivo sufficiente a dare a quello che io ritengo essere l’omicida, e che ovviamente non conosco, uno stimolo psicologico a sentirsi in qualche modo defraudato di una posizione. E per cui è possibile che questo stimolo prevalga su altre considerazioni e lo riporti…  
Presidente: E che ritorni a farsi vivo.  
F.B.: Lo riporti a farsi vivo. Non è che si debba far vivo necessariamente con omicidi, né con omicidi simili a quelli finora compiuti.  
Presidente: Bene, va bene. Questa è una sua previsione, una sua valutazione.  
A.B.: Senta, mi scusi, un’altra domanda. Credo sia pertinente.  
Presidente: Certo.  
A.B.: In questo processo si è parlato molto del seno sinistro perché in realtà, purtroppo, i seni sinistri di alcune ragazze sono stati asportati. E vi è stata anche una teoria, si è innestata una teoria del seno sinistro. Ecco, lei ci può dire qualcosa su questo seno sinistro? Della Miranda, seno sinistro di Miranda; seno sinistro di queste ragazze, eccetera.  
F.B.: Vede…  
A.B.: Le sue deduzioni scientifiche in merito, se ce le dice, se lei crede di dircele.  
F.B.: Si pensa, sentivo prima oggi anche i Professori – per cui ho la massima stima, soprattutto del professor De Fazio che considero un caposcuola in questa disciplina – quasi offendersi al nome di “identikit”. L’identikit psicologico è una realtà, una realtà che si fa, si compie e che viene fatta appunto dalle migliori polizie del mondo. Quando si fa un identikit però bisogna seguire delle regole molto precise, perché altrimenti naturalmente si dicono fischi per fiaschi, e così si prendono, si fanno degli errori grossolani. E una delle regole fondamentali è quella di non fare elucubrazioni, di non fare interpretazioni laddove esiste un motivo pratico, un motivo obiettivo e un motivo semplice per spiegare il comportamento di una persona. Quindi noi possiamo fare delle interpretazioni laddove troviamo dei fatti che sono inspiegabili, che possiamo spiegarci solo attraverso delle interpretazioni. Mentre non possiamo fare interpretazioni quando ci sono delle situazioni obiettive che sono alla portata di tutti. Nel caso specifico, tutti sanno che la maggior parte delle persone, e quindi anche delle donne, è destrimane. E per questo motivo il seno che più facilmente si scopre nell’operazione dell’allattamento materno è innanzitutto il seno sinistro, poi verrà quello destro, poi nuovamente quello sinistro, secondo l’alternanza. Non perché ci sia una scelta, cosi, razionale, sotto, ma perché viene più comodo. È un fatto banale. Così come è evidente che c’è un altro fatto banale, che è quello che una persona destrimane che deve operare togliendo, tagliando un seno – che non è un’operazione molto semplice – cerchi di posizionarsi nel modo più semplice: il modo più semplice consiste nell’operare il seno sinistro perché è quello che viene più facilmente a mano. Detto questo, non c’è nessun’altra interpretazione.  
A.B.: Un’altra domanda, scusi. Qua si è parlato di voyeurismo: cioè secondo lei il voyeurismo, il guardone è compatibile anche con l’omicida?  
F.B.: Se noi per voyeurismo intendiamo la perversione sessuale, voyeurismo vero e proprio, dobbiamo dire che è una delle perversioni sessuali meno associate ad atti di criminalità. Quindi è molto difficile pensare che un voyeurista sia anche un criminale di questa fatta, perché di solito il voyeurista ha tale paura della coppia, degli altri, da addirittura neanche avvicinarsi ma guardare, cercare di guardare da lontano. Sostituendo l’atto del guardare all’atro fisiologico del rapporto eterosessuale.  
A.B.: Senta…  
F.B.: Quindi, no, volevo dire che però in questa vicenda del “mostro di Firenze” si è molto equivocato sul voyeurismo, perché naturalmente il fatto di colpire delle coppiette ha subito fatto pensare che l’autore potesse essere un voyeurista. Io escludo che sia tale. Ritengo, viceversa, che il soggetto che ha deciso di uccidere delle coppie in atteggiamento amoroso sia costretto per forza a essere anche voyeurista, cioè a guardare, a vedere. Anche perché tutti coloro che si sono occupati di questo hanno visto e hanno constatato che lui non uccide a caso, sia uccide prima che questi possano avere il rapporto sessuale, come ad impedire loro di averlo. Quindi deve per forza “osservare”, ma questa osservazione ancora una volta non dobbiamo interpretarla come una perversione sessuale, ma come un fatto facilitante quello che poi sarà l’azione omicidiaria successiva.  
A.B.: Senta, nel 1974 vi è stato l’omicidio Stefania Pettini. Questa povera ragazza fu trovata, oltre che uccisa, con un tralcio di vite lei sa dove. Ci può spiegare? E c’è stata la prima escissione pubica di questa… in questo cadavere. P.M.: No no.  
A.B.: No?  
Presidente: No, Avvocato.  
A.B.: No, ah no, no.  
A.F.: Il disegno.  
A.B.: Il tralc… È stato disegnato, chiedo scusa.  
Presidente: Aveva preso…  
A.B.: Però è disegnato. C’è stato un tralcio di vite.  
F.B.: Mah, dunque, io, tra le altre cose, non ho ancora capito, quindi non ho una risposta, del perché l’omicida porti via, cominci a portar via il pube e poi il seno. In quanto mi sarei aspettato psicologicamente un comportamento diverso. E anche sotto il profilo chirurgico un’escalation dalla cosa più facile, cioè portar via il seno, alla cosa un po’ più difficile, portar via un qualche cosa che è più difficile sicuramente, sotto questo profilo. Ma, per quanto riguarda la domanda specifica, direi che il tralcio di vite ha avuto un duplice significato: da una parte il significato della utilizzazione di uno strumento atto a esplorare una parte del corpo che, evidentemente, il “mostro” non conosce, o conosce molto poco. Tant’è che fra l’altro si limiterà a una introduzione abbastanza poco approfondita, tant’è che produce delle lievi ecchimosi e certamente non raggiunge il fondo…  
A.B.: Uterino.  
F.B.: Il collo dell’utero. Quindi questo è un primo significato. Rimane da capire perché il “mostro”, avendo a disposizione il coltello, abbia invece deciso di utilizzare uno strumento abbastanza improprio come un tralcio di vite. Tra l’altro dovendo prenderlo, strapparlo, perdendo del tempo, eccetera. La mia spiegazione è che il tralcio di vite ha un significato simbolico, di natura religiosa. Il soggetto getta questo tralcio di vite a significare e ricordando una parabola contenuta nel Vangelo secondo San Giovanni, che dice esattamente: Io sono il Signore, rivolto ai suoi allievi, dice, io sono la vigna e coloro che resteranno attaccati a me saranno premiati e daranno frutti. Coloro che invece si allontaneranno da me saranno dei tralci cattivi che l’agricoltore, cioè il Padre mio, strapperà via e getterà nel fuoco e nella perdizione. Ed è per questo che ritengo che, se il significato della uccisione di queste coppie è un significato paranoicale-religioso, probabilmente il tralcio di vita è un preannuncio di quello che avverrà dopo. Ed è proprio analizzando in questa chiave i delitti che sono arrivato a comprenderne che il numero massimo sarebbe stato di 8, 7 diciamo a partire da quello.  
A.B.: Altre due domande e poi dovrei chetarmi. Senta, qua vi è stata una intuizione indagativa -non del Pubblico Ministero, ma credo della Polizia – nell’accostare la figura della Venere del Botticelli e quella della povera Carmela Di Nuccio. Lei ha visto queste fotografie: sono state accostate; addirittura il capo della SAM ha fatto un riferimento ben preciso, tant’è che è illustrato anche un suo libro. Va bene. Ecco, che cosa ne pensa lei? Aveva una collana in bocca, eccetera.  
F.B.: Eh, questo apre il grosso problema, cioè il grosso problema dell’analisi psicodinamica o psicologica dei quadri. I quadri non possono essere sottoposti ad analisi psicologica atta a valutare le, diciamo, le caratteristiche dell’autore che li ha fatti, perché nei quadri prevale spesso un aspetto razionale, cognitivo, per cui l’autore vuol dare un significato preciso a quello che sta facendo. E questo qualunque autore. Tanto più i grandi autori. Naturalmente ciò non toglie che, se si hanno notizie particolareggiate sulla persona dell’autore, si possa anche esprimere qualche elemento sul perché una determinata situazione sia stata simbolizzata in un modo piuttosto che in un altro. Per quanto riguarda in particolare, noi parliamo della Venere del Botticelli, cioè de “La Primavera” del Botticelli…  
A.B.: Sandro Filipeti si chiamava.  
F.B.: Ecco, che è una delle opere più alte dell’umanità e che è stata mal interpretata da chi l’ha guardata, perché chi l’ha guardata probabilmente ha proiettato un suo bisogno interiore che non corrisponde minimamente al quadro. Il quadro rappresenta, come tutti sanno, l’affermazione del regno di Venere sulla terra che è in linea con quella che era la filosofia dell’epoca, in particolare la filosofia del Poliziano. D’altro canto siamo qui a Firenze e credo che il signor Presidente conosce meglio di me questa parte. In ogni caso una filosofia che…  
A.B.: Tutta la Corte.  
F.B.: Che riguardava, diciamo, la bellezza, il mito della bellezza, il mito dell’amore e della capacità di godere di questi sentimenti nella naturalità, ecco, a contatto con la natura, nel gioco della natura. Questo in particolare nella scena che si vede, non è quella una scena di violenza, ma è una scena d’amore di grande rilievo. D’altro canto basta guardare l’espressione dei due innamorati che sono: uno è il vento, Zephiro, e l’altra la ninfa Flora che proprio dall’amore, dal contatto erotico con il vento Zephiro, diventerà primavera e come tale farà diventare fiori tutto ciò che tocca e entrerà nel regno di Venere. Ma se le cose stanno così e coloro che tutti i grandi, diciamo, studiosi della storia dell’arte concordano con questa interpretazione, è evidente che questo è esattamente l’opposto del “mostro”. Il “mostro” è contro questo tipo di realtà e uccide delle giovani vite, delle giovani coppie per impedire loro di avere dei contatti d’amore. Quindi siamo esattamente al contrario. D’altro canto mi pare, sempre per la solita regola che dicevo prima, la collana fra le labbra della povera vittima non rappresenta altro che il naturale risultato di un’azione di trascinamento a cui il cadavere è stato sottoposto.  
A.B.: L’ultima domanda, ed è questa. Lei ha tracciato un identikit, se cosi si può… – posso parlare? no, vedo che sorride – del “mostro”, del presumibile assassino. Ecco, questo tipo di persona è compatibile con una persona che piange, si dispera, si incavola al dibattimento, eccetera, tipo il Pacciani?  
F.B.: Assolutamente no. Assolutamente no, perché da quello che noi abbiamo e che ritengo sia condivisibile da tutti coloro che hanno studiato questi omicidi, se c’è una cosa che distingue il mostro è la sua freddezza e la sua capacità notevolissima di reagire, di controllare e di dominare tutti gli imprevisti che gli succedono. Anche quelli gravi, quelli gravissimi, come una macchina che si mette in moto e se ne va, o un giovane di 20 anni che gli scappa dalle mani. Ecco, lui riesce tutte le volte a controllare il suo comportamento e a portare a fine l’atto. Quindi è un tipo di carattere, un tipo di personalità che non ha assolutamente nulla a che vedere con quella che conosciamo.  
A.B.: Grazie, Professore. Io non ho domande, per ora
P.M.: Presidente, se mi consente, ho una domanda sola.  
Presidente: Prego, Pubblico Ministero.  
P.M.: Poi magari una al professor De Fazio. Ma al consulente professor Bruno una sola, perché effettivamente io, da quando ha cominciato a parlare di parabola religiosa…  
Presidente: Devo fare una domanda, scusate, io…  
P.M.: Una sola.  
Presidente: … la volevo fare prima, ai periti. La faccio in fondo.  
P.M.: Dopo si, anch’io, grazie.  
Presidente: Quando voi avrete terminato tutto l’esame,.  
P.M.: No, da quando… dicevo questo, è una domanda sola. Perché da quando il professor Bruno ha cominciato a parlare di parabola religiosa e da cui 7 si fermano, io effettivamente ho perso la capacità di capirlo. Quindi è un mio limite, non ho consulente e mi fermo. Volevo solo capire questo. Nel suo elaborato….  
A.F.: Queste sono considerazioni.  
P.M.: … il professor Bruno dà una spiegazione al messaggio alla dottoressa Silvia Della Monica, e dice testualmente: “Silvia Della Monica. Traduzione: luogo clinico della monaca o delle suore o della santa suora”. Poi aggiunge: “In effetti a Bagno a Ripoli esistono ben due cliniche di estremo interesse, una intitolata a Santa Monica e l’altra a Santa Teresa”. Volevo capire: cioè la busta alla dottoressa Della Monica ha a che vedere con una clinica di Bagno a Ripoli? Io sinceramente, avendo i limiti che ho detto nella capacità di capire questo tipo di consulenze, e soprattutto il professor Bruno, chiedo ausilio a lui perché sennò veramente io non ci riesco. Perché la dottoressa Della Monica: clinica Santa Monica, Bagno a a Ripoli; scusate, ma io proprio ho bisogno di… 
Presidente: I passaggi saranno spiegati lì.  
P.M.: No, proprio perché non sono spiegati, Presidente.  
F.B.: No, no, sono spiegati, i passaggi sono spiegati.  
P.M.: Non sono spiegati per me.  
A.B.: Li spiega… 
F.B.: Lì sono…  
P.M.: C’è scritto “decrittazione dei messaggi” 
F.B.: Lei lì sta facendo riferimento…  
P.M.: Scusi, eh! Allora gliele faccio insieme, l’altro è questo. Dice: “Proiettile sotto la casella uguale deporre le armi; pezzetto di seno, sacrificio alla madre; mancanza di una ‘B’ nel messaggio, località o nome con iniziale ‘B’, Bagno a Ripoli”. Io effettivamente, cioè…  
F.B.: Ecco, glielo spiego subito.  
P.M.: In Procura della Repubblica manca una “B” perché la località è Bagno a Ripoli? O nell’elaborato si spiega oppure ce lo spiega il professor Bruno perché, effettivamente, come è difficile a me sarà difficile, penso, poi alla Corte. Non vorrei poi la Corte si trovasse in difficoltà. Potrei continuare, perché ce ne sono talmente tante che io sono veramente…  
Presidente: Pubblico Ministero…  
P.M.: “Dito di guanto di proiettile” 
Presidente: Lei perché pensa che la Corte si trovi in difficoltà?  
P.M.: No, io dico per me. No, no, eh, certo.  
Presidente: Lei parli per sé.  
P.M.: Posso? La Corte  
Presidente: Lei faccia, lei ha fatto questa domanda.  
P.M.: Sì, aggiungo l’ultima. “Dito di guanto con proiettile, deporre le armi, castrazione”. La Corte capirà. Io non capisco, chiedo che me lo spieghi a me. 
Presidente: La Corte leggerà l’intero elaborato del professore.  
P.M.: Bene. No, ma è una pagina intera.  
A.B.: Se lo spiega è meglio, Presidente, lo capisco anch’io.  
P.M.: Eh, certo. È la mia domanda.  
Presidente: No, no, niente. Andiamo avanti, facciamo domande più concludenti.  
F.B.: Ecco, se mi autorizza a rispondere…  
Presidente: No, no, non l’autorizzo, Professore. 

P.M.: Bene, allora la domanda è questa. La faccio al professor De Fazio. Professore, su quello che ha detto il professor Bruno a me i punti che interessano sono le considerazioni sul voyeurismo e l’incompatibilità con l’autore di questi delitti. Innanzitutto, può dire qualcosa lei oppure prima ci vuol dire qualcosa in generale sulle…  
Presidente: No, no, in generale no.  
P.M.: No, no.  
Presidente: Ormai in generale non parliamo più, per carità!  
P.M.: Benissimo. A me interessa…  
Presidente: Facciamo domande sintetiche su punti precisi.  
P.M.: … quello che ha detto il professor Bruno sul voyeurismo, quanto sul tralcio di vite. Che ha natura religiosa. Cominciamo dal voyeurismo.  
F.D.F.: Io non so se lo posso dire, perché io, benché dovrei essere intimorito dalla dichiarata competenza, esperienza del professor Bruno posso dirlo perché sono un vecchio docente che occupa posizioni di rilievo nella criminologia a livello nazionale e internazionale da quando il professor Bruno aveva i pantaloni corti – che il discorso è che lui fa… Per ciò che riguarda compatibilità Pacciani-non Pacciani io assolutamente non sono in grado di entrare e non posso entrare come perito, perché, non lo so, lui conosce Pacciani e io no. Ma ci sono tre cose che vorrei dire. Poi vengo anche alla sua. La prima cosa, quando ha parlato di, ha introdotto il valore di concetto di malattia. È un valore che… cioè, cosa sta a significare? Significa che di fronte a determinate infermità, che non sono patologie mentali, può ricorrere o meno la non imputabilità o il vizio parziale, ma in funzione degli esami di determinati fatti, di determinate persone, non per categorie. Mentre quello che lui ha detto può far pensare che le perversioni reggono, non reggono. Tutti i disturbi, i cosiddetti disturbi dell’asse secondo del DSM3, per esempio, sono disturbi di personalità che possono, in quel caso, rivestire valore di malattia. Quindi non può essere applicato in funzione di categorie nosografiche, non di tipo psicotico: non può essere applicato. Quindi non riesco a capire perché il discorso sul non valore di malattia delle perversioni sessuali. Le perversioni sessuali non hanno, aprioristicamente, né valore né non valore di malattia. È solo nel singolo caso, nella singola perizia che possono eventualmente avercelo. Siamo d’accordo su questo?  
F.B.: Scusi, Professore, non è vero. Perché le perversioni sessuali, se sono perversioni sessuali, sono scritte sui libri, sono scritte sui libri che sono delle malattie, sono delle patologie, sono dei “disorders”, dei disturbi mentali.  
F.D.F.: Certo.  
F.B.: La metta come vuole, ma cosi sono. Se poi vogliamo inventarci le cose clinicamente…  
F.D.F.: Ma caro Bruno, se fosse così allora una truffa da parte di uno che ha compiuto una perversione sessuale finirebbe con l’avere valore di malattia. Ma stiamo scherzando? Cioè è sempre l’esame della persona e del caso concreto che porta a individuare l’esistenza o meno del valore di malattia.  
F.B.: Su questo sono perfettamente d’accordo.  
F.D.F.: Allora, per non confondere le idee, non è lecito di collegare il valore di malattia ad una etichetta. Siamo d’accordo su questo?  
F.B.: Su questo siamo d’accordo, su questo siamo d ‘ accordo.  
F.D.F.: Perché è scolastico, è elementare. Meno male che siamo d’accordo, allora.  
Presidente: Se siete d’accordo, allora siamo…  
F.D.F.: E continuiamo con le cose scolastiche e elementari. Secondo punto. Il professor Bruno ha introdotto così il discorso del valore dell’identikit. Io mi sono trovato, signor Pubblico Ministero, con una perizia che vale poco, vale niente, ma che ci è costata fatica. Mi sono trovato con una… ho visto una relazione dell’FBI, della quale ho il massimo rispetto, che fa riferimento a questa perizia che noi abbiamo depositato. L’ho letta e l’ho meditata con una certa preoccupazione, perché si tratta dell’applicazione di un metodo sbrigativo e semplicistico relativo alla valutazione delle personalità in-organizzate e disorganizzate. E peraltro l’organizzato è riferito, come ha detto poi il professor Bruno, al termine psicopatico, che è un termine per molti versi superato e inglobato in altre… Cioè si tratta di uno strumento di orientamento agito dalla unità… sulla base di riferimenti comportamentistici. Qui siamo in tutt’altra materia, in tutt’altro tipo di impostazione. Magari più fallibile, ma meno grossolana. Quindi non vedo… il secondo punto di riferimento. Il terzo punto sul quale vorrei intervenire, e questo ha a che fare in qualche misura con quanto ha chiesto il Pubblico Ministero, è il discorso della ipo e ipersessualità. Noi non siamo in grado, e quindi non entro in discussione col professor Bruno in questo caso, di dire se l’attuale imputato è iposessuale, ipersessuale: non l’abbiamo mai visto, non conosciamo niente, non siamo in grado di dire nulla. E non diciamo nulla. Però l’affermazione che ho fatto, correttiva, e che il professor Bruno vive come correttiva dell’iniziale perizia scritta che dice che condivide, non incide sulla sua valutazione della personalità del suo cliente. Io dico solo che il fatto che si dica che una persona ha avuto rapporti con le figlie non può – ed è una domanda che faccio a lui – non può essere addotto come prova di ipersessualità. Siamo d’accordo su questo o no?  
F.B.: Sì.  
F.D.F.: Cioè non parliamo di Pacciani. Parliamo se a un certo momento… perché su questo abbiamo chiarito.  
F.B.: Su questo siamo d’accordo.  
Presidente: Siete d’accordo su questo.  
F.D.F.: Ecco, siamo d’accordo.  
F.B.: Bene.  
A.B.: Però deve spiegare lui qual è la differenza…  
F.D.F.: Ma lui! Io non posso, io non conosco la persona. Lui qua può dire quello che vuole, non…  
A.B.: In linea astratta, mi scusi, Professore. Anche se lui aveva i pantaloni corti e lei era più grande, quindi gli ha voluto dare… è una questione di stile, Professore, mi scusi tanto.  
F.D.F.: Sì, certo.  
A.B.: Lo devo dire, perché è una questione di stile…  
F.D.F.: Di età, se mi consente.  
Presidente: Solo di età.  
A.B.: … questione di stile, Professore.  
F.D.F.: Avvocato, mi perdona…  
A.B.: Mi perdoni, è stile. Le style c’est l’homme dicono i francesi, abbia pazienza.  
Presidente: Lasciamo stare i commenti, veniamo ai fatti.  
A.B.: Mi scusi, Presidente.  
Presidente: Signori, è tardi!  
A.B.: Allora, siccome lei fa un discorso di questo tipo, e cioè lei dice che non è possibile sapere se, oppur no, colui che ha avuto rapporti con la figlia, eccetera… Vogliamo far spiegare…  
Presidente: Io non gliel’ho tolto, Avvocato. È successo qualche… c’è un gap al microfono di Rosario Bevacqua.  
A.B.: Purtroppo erano…  
Presidente: Sa, abbiamo degli impianti qui…  
A.B.: Grazie, Presidente. Vuole fare spiegare al professor Bruno dove si differenzia lui, va bene? rispetto a lei in questa analisi? Cioè, pur essendo questo signore, così come è stato ritenuto da una sentenza del Tribunale, un incestuoso, qual è la differenza sua, di questo signore, rispetto a quello che dice lei.  
F.D.F.: A questo non rispondo perché non conosco…  
A.B.: Ecco, glielo possiamo far dire? Perché sennò resta cosi, in aria, questo discorso. Grazie.  
F.B.: Io premetto che il professor De Fazio può dire di me tranquillamente dei calzoni corti, perché è stato lui che mi ha elevato alle soglie, quindi ho un rispetto filiale nei suoi confronti e quindi può dire qualunque cosa, sicuramente non mi offenderà, tutt’altro.  
Presidente: Ma il Professore non voleva mancare di riguardo a lei, assolutamente. È escluso.  
F.B.: Ecco, detto questo, io ritengo una cosa particolare. Io sono d’accordo con l’affermazione che il fatto, il rapporto incestuoso non sia di per sé segno di ipersessualità; anzi, vado anche di più. Spesso, diciamo nella maggior parte dei casi, può essere un segno di ipo-sessualità o comunque di problemi riguardanti… Questo in generale, ecco. Dove mi discosto da quello che dice il professor De Fazio? Mi discosto, fondamentalmente, in questo punto: negli anni che vanno dal 1981 al 1985 il “mostro” uccide sei volte, ecco. E in quegli anni dimostra il massimo di “furor” sessuale nei suoi atti. Quindi che negli stessi anni questa persona, oltre a soddisfarsi psicologicamente per gli atti che sta compiendo, sia anche violentatore in senso incestuoso delle proprie figlie e, nello stesso tempo, frequenti prostitute e abbia normali rapporti sessuali con la propria moglie, e così via, è per parte mia assolutamente da escludere. Questo è il punto.  
A.B.: Grazie.  
P.M.: E questo alla barba dell’articolo 220.  
A.B.: Per la barba ci sono anche i rasoi.  
Presidente: Questo lo dice lei, questo lo dice lei. Dunque, signori, avete altre domande da fare?  
A.F.: Ci sono stati tanti… del Pubblico Ministero. Tante barbe…  
Presidente: Perché sennò vorrei fare io una domanda o due ai periti e a lei, Professore. Allora, abbiamo parlato prima di questo unico soggetto, secondo voi che spara, accoltella, uccide, squarta, e via dicendo. Ma questo fatto che il soggetto agente, che uccide, fa tutte queste belle cose, sia uno solo implica anche, secondo voi, che abbia potuto agire anche da solo? Che cioè ci potesse essere o non essere un altro soggetto, con funzioni che ovviamente non sono quelle che compie quel soggetto là, che possono essere di appoggio, di altro tipo?  
F.D.F.: Per ciò che riguarda…  
Presidente: Se siete in grado di rispondere.  
F.D.F.: Per ciò che mi riguarda, sì, no, ci siamo posti il problema del concorso di più persone nel…  
Presidente: Una o più persone.  
F.D.F.: Nello svolgere i delitti. Lei ci chiede se una specie di…  
Presidente: In uno o più delitti.  
F.D.F.: … una specie di accompagnatore fantasmatico, che non partecipa ai delitti…  
Presidente: Certo, ma gli fa da appoggio.  
F.D.F.: Ecco, e io dico subito quello che intuitivamente mi viene, sulla base proprio delle mie…  
Presidente: Certo, certo.  
F.D.F.: E questo toglierebbe ogni sapore all’autore di delitti, che noi abbiamo definito su base sadico-sessuale. Non so cosa ne pensano gli altri.  
I.G.: Sì, noi ci siamo posti il problema, appunto, se fossero un autore solo o più autori, sia in senso longitudinale che…  
Presidente: Autori però, ha capito, Professore?
I.G.: … che nell’ambito dello stesso delitto.  
Presidente: L’autore è uno solo, ma ci poteva essere la presenza concomitante di un’altra persona, che so, che gli teneva la macchina, che gli reggeva la lampadina, che gli faceva da palo.  
A.B.: Specialmente la macchina.  
I.G.: Ecco, veramente sarebbe stranissimo, sarebbe una cosa che…  
Presidente: Insomma, capito? gli faceva da palo.  
I.G.: Sarebbe difficilmente ipotizzabile, in quanto gli omicidi a sfondo sessuale commessi da più persone, due persone o più persone, vedono praticamente sempre la partecipazione di tutti i presenti, in una misura maggiore o minore. E questo lo si deduce anche dalla scena del delitto, in quanto il tipo di lesioni che si trovano, il tipo di tracce che si trovano nella scena del delitto sono evidentemente lasciate da mani diverse, da passaggi di persone diverse che hanno un diverso “modus operandi”, che hanno diverse modalità di esprimere la loro aggressività e la loro sessualità. Inoltre, i delitti in cui – omicidi a sfondo sessuale – in cui vi sono più partecipanti, anche due partecipanti, generalmente non sono ritualizzati. Nel senso che sono, nell’ambito di una dinamica a sfondo sessuale, un esito in genere non premeditato di un’azione predatoria, di tipo predatorio, anche di tipo sadico e sessuale, e che poi viene spinta fino all’eccesso per motivi per lo più situazionali; oppure per coprire i reati a sfondo sessuale. L’omicidio viene commesso in modo funzionale. Invece la ritualizzazione di questo tipo generalmente non prevede la presenza di nessun’altro.  
Presidente: Bene, bene. Volete aggiungere niente? Comunque il concetto è chiaro. Va bene. Un’altra cosa volevo domandare, ma questa è proprio… L’uso da parte di determinati soggetti di vibratori, falli artificiali, su se stesso o sui partners eccetera, è un indice di ipersessualità o di ipo-sessualità? Oppure, a seconda dei casi? 
F.D.F.: Cioè l’uso di vibratori su terzi o su se stessi?  
Presidente: Sì, anche su se stessi, nel corso di un rapporto che uno può avere con un altro soggetto.
F.D.F.: Dunque, dico subito che è la prima volta in vita mia…  
Presidente: È una domanda che vi pongo, ma…  
F.D.F.: … si, c’è sempre una prima volta – che mi si pone.  
Presidente: Eh, infatti…  
F.D.F.: Cioè l’uso di vibratori su terzi…  
Presidente: D’altra parte, in questo processo ci siamo imbattuti in vari oggetti di questo genere, in mano alle più disparate persone.  
F.D.F.: Ecco, una prima risposta che abbozzo è questa, cioè sulla base proprio… su una base che penso possa essere logico-deduttiva: l’uso del vibratore su se stesso in connessione con altri atti sessuali…  
Presidente: Presumibilmente.  
F.D.F.: … potrebbe aver valore di stimolazione. Non so, ha valore di stimolo, di concorso a stimoli facilitanti l’erezione o cose di questo genere. Francamente non lo so. Cioè…  
Presidente: No, nemmeno noi lo sappiamo.  
F.D.F.: Cioè è un problema che la mia esperienza non si è mai posto. Si è posto il problema dell’uso di vibratori su terze persone.  
Presidente: E in questo caso? Ha un significato particolare o no? Scusate, è una domanda apparentemente strana.  
S.L.: È difficile dirlo. Però un…  
F.D.F.: … l’uomo che utilizza il vibratore per una donna, si che ha un significato.  
Presidente: Ammettiamolo nel caso, chiamiamolo cosi, normale. Almeno penso, io non lo so.  
F.D.F.: … compensatorio della propria ipo-sessualità e in più può avere anche altri…  
Presidente: Lo ri vuol dire dall’inizio? Nel caso in cui sia usato con un partner, su un partner femminile, dall’uomo naturalmente.  
F.D.F.: Nel caso in cui venga utilizzato con una partner femminile dall’uomo, allora questo uso può assumere tanti significati. Il vibratore dovrebbe essere una specie di protesi del pene, in qualche misura. Quindi può avere questo significato: che può essere una protesi sostitutiva o aggiuntiva. Chiamiamola come vogliamo. Ma l’uso su se stesso, francamente, mi coglie un pò ‘… Perché può far pensare o a elemento eccitatorio o del tutto a delle valenze di omosessualità passiva, magari non agita.  
Presidente: Professor Luberto.  
S.L.: No, io solo una considerazione, che può apparire anche banale. Nella espressione della sessualità normale o nella ipersessualità è difficile che si abbia bisogno di stimolazione particolare situazionali, oggettuali, eccetera. Il dover ricorrere a stimolazioni aggiuntive per poter esprimere una sessualità normale, a me fa pensare più a dei problemi, nel senso di una ipo-sessualità, comunque sicuramente di una distorsione della sessualità, piuttosto che una condizione di…  
Presidente: Nel caso di un uso, chiamiamolo così, fisiologico sull’altro partner?  
S.L.: Beh, già quello mi rientra in una deviazione. Giustamente, come si diceva prima, per poter parlare di perversione è necessaria una obbligatorietà nella soddisfazione del bisogno sessuale esclusivamente in quella direzione. Però, all’interno di un rapporto – cioè andrebbe valutato caso per caso – di un rapporto articolato, se quello fa parte di un gioco, diciamo cosi, e quantitativamente non ha un aspetto rilevante, può non avere un significato particolare. Laddove fosse esclusivo, preclusivo, compulsivo evidentemente avrebbe un significato diverso.  
Presidente: Quindi andrebbe valutato caso per caso. Va bene, era questo che volevo sapere.  
A.B.: Cosa dice il Professore su questo punto?  
F.B.: Se vuole, posso aggiungere una cosa.  
Presidente: Aggiunga, aggiunga, Professore.  
F.B.: Io sono d’accordo con quello che diceva prima il professor De Fazio, il significato di stimolazione. Ritengo tuttavia che sia molto importante valutare l’età dei soggetti, perché una cosa è che lo faccia il giovane di 20 anni, una cosa che lo faccia il signore oltre i 50 anni. Bisogna tener conto che l’introduzione di un corpo di tipo falliforme, diciamo, nel retto, nell’ano, produce una stimolazione diretta della prostata e delle vescicole seminali, che può aiutare l’erezione in persone che hanno problemi di questo tipo. Per quanto riguarda invece il contrario, cioè l’utilizzazione su un partner femminile, è un… è, come dire? Praticamente è una cosa che si fa al posto, anche perché è un surrogato, ecco, se vogliamo, di quella che è una perversione abbastanza tipica che consiste nel voler o nel desiderare che il proprio partner sessuale, la propria donna, sia posseduta da un altro. Ecco, allora non avendo il coraggio, non riuscendo ad arrivare fino in fondo, si utilizzano questi strumenti.  
Presidente: Va bene.  
A.B.: Professore… Presidente, mi scusi, una domanda a lorsignori di questo tipo. Pare che nella serie dei vari omicidi il killer cerchi di separare, di allontanare sempre la donna, ve lo ricordate? Ecco, avete dato un significato, se si può dare, così? Proprio se, pare che stesse… un rituale…
F.D.F.: Portarla fuori dall’auto.  
A.B.: Sì, fuori dall’auto e poi allontanarla addirittura dal luogo? Avete, così… Mi è venuta in mente questa cosa, così.  
F.D.F.: Dunque, dobbiamo dire che l’ha trasportata poi nell’auto…  
Presidente: È la domanda che aveva già fatto l’avvocato Colao.  
F.D.F.: … e fuori dell’auto operava.  
Presidente: L’avvocato Colao le aveva fatto la stessa domanda.
F.D.F.: L’omicida la trasporta fuori dall’auto, ma è un fatto funzionale a quello che fa…  
A.B.: Per lavorarci sopra.
F.D.F.: Eh, certo.  
A.B.: Anche lei è uguale, Professore?  
F.D.F.: Che possa avere anche dei significati aggiuntivi può anche darsi, ma certamente il fine è quello di poter lavorare, di creare il campo operatorio.  
F.B.: Io posso aggiungere una cosa che è derivata dall’esperienza di aver fatto dei sopralluoghi su questi luoghi, andando a vedere anche, ricostruendo dove l’omicida ha messo il corpo femminile. La prima esigenza, ovviamente, è quella di operare, quindi non si può fare in macchina un lavoro di quel genere. La seconda esigenza che il mostro sembra tenere molto presente, è quella di collocare questo corpo se il luogo è un luogo in pianura, aperto, dietro la macchina, in un posto che non possa essere visto, o in un avvallamento; se viceversa il luogo è un luogo in cui – tipo gli Scopeti, per esempio – in cui ci sono diversi anfratti, allora il cadavere è posto in una situazione in cui il soggetto può guardare la strada principale da cui può pensare… Quindi, mentre opera lui ha anche la possibilità di controllare, ecco. Quindi, la prima esigenza è di tipo operatorio, ma la seconda è anche questa di tipo pratico. Se uno va a vedere bene si rende conto che sono gli unici luoghi, certe volte basta spostarsi di venti centimetri per vedere la strada.  
Presidente: Signori, Avvocato, se ha domande…  
 A.C.: Presidente, una sola cosa, un attimo solo, dico. Ritornando sul concetto della separazione dell’uomo dalla donna, è chiaro che…  
Presidente: Gliela aveva già fatta questa domanda.  
A.C.: … era già morto, quindi poteva tranquillamente lavorare in pace anche lì sul posto. L’ha spostato perché doveva avere una sua…  
Presidente: Queste sono considerazioni, comunque è già stato risposto su questo punto, credo. Signori, non abbiamo altro da aggiungere, vero? Quindi possiamo licenziare i periti, il consulente. Grazie, grazie molto a tutti. Grazie, Professore. Buonasera. Scusate se vi abbiamo fatto fare tardi con noi. Buonasera a tutti.

Presidente: Vogliamo concludere, signori?  
P.M.: Presidente, a me occorre un minuto per l’ultimo teste.  
Presidente: Un altro teste?  
P.M.: Un minuto.  
Presidente: E chi è?  
P.M.: L’ispettore Lamperi. In quanto stamattina una domanda fatta al maresciallo Minoliti su un telefono non ha avuto risposta perché non lo sapeva. Si tratta…  
Presidente: Non lo sapeva perché non aveva fatto lui l’accertamento.  
P.M.: Non lo sapeva perché non l’aveva fatto; e siccome l’ha fatto l’ispettore Lamperi…  
Presidente: Perché non gliel’abbiamo chiesto l’altro giorno?  
P.M.: Perché è un dato che è nato su domanda del difensore, fatta all’ispettore Lamperi.  
Presidente: Una domanda sola, però.  
P.M.: Una domanda che la posso fare prima a lei, Presidente, così sa che è una sola.  
A.F.: Presidente, ma viene rimesso nei termini… non lo so io.  
Presidente: Avvocato, non è una remissione dei termini.  
A.F.: Eh.  
Presidente: È una domanda che si vuol fare all’ispettore Lamperi su una circostanza di cui stamani il maresciallo Minoliti non era al corrente: i telefoni del Pacciani. P.M.: Nata su domanda dell’avvocato Bevacqua.  
Presidente: Signori, che sia però una domanda e una sola.  
A.B.: Presidente, la domanda… ha risposto a questa domanda l’ispettore Lamperi.  
A.F.: C’è una risposta chiarissima.  
A.B.: Non so che tipo di domanda…  
P.M.: No, no. Sul telefono non ha risposto.  
A.F.: Come no!  
Presidente: Non ci posso giurare su questo. Se ve lo ricordate tanto meglio. 
A.F.: È registrato.  
P.M.: Presidente, se ora lei sente la domanda e la risposta dell’ispettore Lamperi, vedono che non ha risposto nessuno su questo.  
Presidente: Sentiamo Lamperi. Una domanda sola, però.  
P.M.: Grazie. Se è una è una, Presidente.  
Presidente: Sieda pure.



R.L.: Grazie.  
Presidente: Allora sentiamo la domanda.  
P.M.: Ispettore, quante utenze telefoniche aveva il Pacciani, in quali luoghi e in che date sono state installate?
R.L.: Da un accertamento che ho effettuato – ne ho parlato ieri parzialmente; l’annotazione è del 17 dicembre del ’93 – ho verificato che alla SIP risultano due forniture per allaccio telefonico. Una – ne ho parlato ieri – è quella che riguarda l’abitazione di piazza del Popolo; e la seconda utenza…  
P.M.: E di che anno è? Ci ha detto ieri è dell’83.  
R.L.: Fatta domanda nel dicembre…  
P.M.: L’allacciamento.  
R.L.: Domanda nel dicembre ’81; di fatto attivazione nel dicembre ’83.  
P.M.: La seconda utenza?  
R.L.: La seconda utenza, la domanda è stata, l’istruttoria è stata fatta nel 13 gennaio del ’92 e la installazione dell’apparecchio e l’attivazione è stata effettuata il 30 gennaio del’92.  
P.M.: Non ho altre domande, grazie, mi basta.
A.B.: Mi scusi, Presidente…  
Presidente: Prego.  
A.B.: Io le ho domandato, e lei ieri mi ha risposto, bene? E mi ha risposto anche oggi. La domanda che le ho fatto io era questa, in relazione a quello che era scritto in questo blocco. In questo blocco, senza data, c’è una data superiore : “Oggi, 13 luglio ’81 prendo dal Bruci Franco una portiera per il gas, lire 18.000″. Lei ha detto che 18.00 erano troppe. Sotto c’è scritto: “Per mettere il telefono chiamare la mattina il numero 187″. “Per mettere il telefono”, cioè significa: avere l’utenza telefonica. “Ufficio Commerciale SIP; nome, cognome e indirizzo”, senza altro. Giusto?  
R.L.: Sì, la domanda che mi è stata fatta è diversa, però, eh!  
A.B.: Aspetti. Lei poi ha fatto questa relazione il 17/12/93 dove dice esattamente: “Pacciani Pietro ha fatto domanda per il telefono nella sua abitazione di Mercatale, piazza del Popolo, 7, in data 1/12/81”. È vero questo? 
R.L.: Sì, ma non ha nulla a che vedere con quello che mi ha chiesto… 
P.M.: Ma lo ha detto ieri.  
A.B.: No, no, ma io volevo che lei ripetesse questo.  
R.L.: Ieri, si, per…  
A.B.: Siccome non volevo che lo ripetesse anche oggi, la ringrazio.  
R.L.: Sì, va be’. Questo è l’appartamento di piazza del Popolo e il telefono…  
A.B.: Non mi interessa.  
P.M.: Aveva due telefoni o no?  
R.L.: Aveva due telefoni, sì.  
P.M.: Bene, grazie.  
A.B.: Aveva due telefoni…  
R.L.: Certo.  
A.B.: … però questo qua, però veda, se avesse due telefoni – sarà oggetto di discussione dopo – non faceva questo, per il secondo telefono…  
P.M.: Cosa c’entra…  
A.B.: … perché l’avrebbe già fatto. Invece questa è la prima volta che lui mette il telefono. 
P.M.: Ma che ne sa!  
R.L.: Sì, ma io non entro nel merito… Confermo ciò che ho detto ieri…  
A.B.: Grazie, ispettore Lamperi.
R.L.:  … confermo ciò che ho detto oggi.  
A.B.: Grazie.  
P.M.: Sono due fatti diversi.  
A.B.: Certamente.  
Presidente: Può andare, Ispettore.  
R.L.: Grazie.  
A.F.: No, signor Presidente, abbia pazienza, dovrei fare una domanda, se me lo consente.  
Presidente: Certo, Avvocato.  
A.F.: Ecco, volevo chiedere, giacché c’è a disposizione l’ispettore Lamperi che è al corrente di questo, quando sono iniziate le intercettazioni telefoniche in via Sonnino, 30?  
R.L.: Le intercettazioni telefoniche…  
P.M.: Ambientali.  
A.F.: Telefoniche.  
R.L.: Telefoniche, sono…  
Presidente: Telefoniche, non le ambientali.  
A.F.: Le telefoniche.  
R.L.: Le telefoniche, Avvocato, saranno iniziate dal momento che c’era l’apparato telefonico installato, quelle telefoniche. Quelle ambientali, se lei tiene alla risposta completa…  
A.F.: Quelle erano già pronte, quelle ambientali, il 3 dicembre, prima che uscisse.  
R.L.: Sì. No, c’è un fatto di interesse, se lei vuole.  
A.F.: Sì.  
R.L.: Allora, Pacciani abita, dopo la scarcerazione, in piazza del Popolo fino alle ore 16-16.20 del giorno 24 dicembre. Quando poi la figlia Rosanna esce dall’ospedale e va a Mercatale, Pacciani quel pomeriggio è già trasferito in via Sonnino al 28. Quasi subito il signor Pacciani si accorge che c’è una microspia che lui riesce ad individuare, e allora decide di spostarsi al numero civico 30. Quando fu installato poi l’apparecchio telefonico in via Sonnino, 30, era un apparecchio già preordinato, fuso nella presa c’era un’altra microspia, eccetera, e quindi sentimmo…  
A.F.: Quindi dalla fine di gennaio ’92…  
R.L.: Sì.  
A.F.: … iniziano le intercettazioni.  
R.L.: Sì. La cosa importante è che lui smette di stare al numero 28 nel momento che si accorge che c’è quella microspia.  
A.F.: No, diceva il Pacciani…  
R.L.: Ho capito.  
A.F.: … come fa ad accorgersi che c’è la microspia?  
R.L.: Si rileva dall’ambientale. Fu individuata dal signor Pacciani questa microspia vicino a una trave posta nei pressi del contatore del civico 28.  
A.F.: Quella esterna.  
R.L.: Sì, esatto, esatto.  
A.F.: Sul corridoio. Pacciani, via!  
A.B.: Lascialo parlare. Ha diritto di parlare.  
A.F.: Se il Presidente permette, può spiegare?  
Presidente: Chi dice che gliel’ho vietato?  
A.B.: Ha diritto di parlare, Presidente.
Presidente: Sentiamo.
P.P.: Se permette, io gliene spiego, non c’è mica nulla di inconveniente.  
Presidente: Chiarisce.
P.P.: Io andai in questa soffitta a mettere a posto della roba che si butta, insomma, su…  
Presidente: Certo. E si, perché c’è una specie di soppalco, no? una scala.
P.P.: … vidi un filo ciondoloni che andava nel muro. Tiro questo filo e mi viene una ciambelletta in mano – io non me ne intendo di questa roba.  
Presidente: Neanch’io, neanch’io.
P.P.: … e andai dalla moglie di Iandelli, da quello che mi messe il telefono, la gliene può domandare…  
Presidente: Sì, è vero.
P.P.: … e gli domandai cos’era questo aggeggio. La mi disse: “L’è un microfono”. “Ah, ho capito!” Io, siccome avevo affittato la casa a dei sonatori, allora pensai che questi ragazzi per amplificare gli avevano messo dei tubi, tutti strumenti, no?…  
P.M.: Però cambiò casa!
P.P.: Pensavo fosse sua. Come infatti ne feci un rotolino e la messi nel cassetto della scrivania.  
Presidente: Dove fu poi trovata.
P.P.: E poi fu trovata. Io non riferii nulla e non dissi nulla, pensando sempre fosse…  
P.M.: Cambiò casa e basta.
P.P.: Se poi si parla questo telefono, che ne avevano messo un’altra al telefono io non so, io non me ne intendo di questi aggeggi, l’ho sentito qui in aula. Allora io, siccome telefonavano la notte, che ero sorvegliato, mi toccava arzarmi e via. Io pensai di mettere un altro telefono in camera, collegato al medesimo telefono e feci un forellino nel muro – c’è ancora – un foro ni’ muro e il telefono ce l’ho già, un telefono da applicare. Ecco, li volevo mette’ da me, perché, insomma, un po’ me ne intendo di questi aggeggi. E feci un buco ni’ muro e attaccai questo filo e l’ho messi su questo comodino. Ma non funzionava. ‘Un funzionava perché ‘un mi intendo di questa pratica. Ecco, è tutto lì.  
P.M.: Forse non c’era linee.
P.P.: Grazie, signor Presidente.  
Presidente: Va bene.  
P.M.: Nessuna domanda, Presidente.  
Presidente: Ovviamente. Può andare l’Ispettore?  
P.M.: Senz’altro, senz’altro.  
Presidente: Benissimo. Allora, la Corte si ritira un minuto per sciogliere queste riservine che ancora ci sono. 
P.M.: Bene, grazie.  
A.B.: Presidente io…  
A.F.: Presidente…  
Presidente: Allora la faccia subito, Avvocato.  
P.M.: Anche il P.M., allora.  
Presidente: Allora fermi tutti.  
A.B.: La faccia prima lei poi…  
P.M.: Presidente, la mia è di una…  
Presidente: La facciamo fare al Pubblico Ministero per primo?  
P.M.: Grazie. È semplicissima, perché in fondo è un problema…  
Presidente: Si ricordi il Pubblico Ministero, non so se materialmente lo ha fatto, di versare i fascicoli fotografici e quant’altro e metterli a disposizione…  
P.M.: Tutti quelli che avevo… se qualcuno manca li mettiamo in Cancelleria.  
Presidente: In Cancelleria a disposizione dei difensori e della Corte, ovviamente.  
P.M.: Certo, certo. La mia istanza è questa, considerando che in fondo siamo al termine dell’istruttoria dibattimentale, mi sono accorto solo ora, nei giorni scorsi…  
Presidente: Male, male.  
P.M.: Male. Che per quanto riguarda il rapporto giudiziario del ’51, del delitto del ’51, di cui nelle precedenti udienze avevo chiesto l’acquisizione, il problema è in realtà superato perché era stato lo stesso avvocato Bevacqua che l’aveva prodotto, e io non me ne ero accorto. In quanto, nella sua richiesta di prove per l’udienza del 19 aprile ’94, aveva versato lui copia: “Allegato B, numero 2, copia rapporto Carabinieri Firenze del 12 aprile ’51, circa l’omicidio del Bonini Severino”. Quindi c’era una volontà di versare questo rapporto. Allora io faccio questa istanza, che in fondo è solo un’integrazione: se c’era il rapporto giudiziario che era quello richiesto dal difensore e che avevo chiesto anch’io, mi sembra che a questo rapporto giudiziario la Corte lo possa vedere completo; intendo con l’album fotografico, dei rilievi fotografici, e l’autopsia. A questo punto, dato che questa è solo un’integrazione, io chiedo che sia integrato quel rapporto, che è già stato fornito addirittura dalla difesa, con elementi che c’erano già allora; e oltre questo, dato che si dà atto, anzi lo stesso difensore fa presente che si tratta della sentenza della Corte di Assise di Appello del 18/12/52, chiedo come ho già chiesto che oltre la sentenza di Appello, per completezza, a questo punto – c’è il rapporto giudiziario – chiedo che sia prodotta e acquisita agli atti anche la sentenza di I grado.  
A.B.: Signor Presidente, già la Corte…  
Presidente: Vedo l’avvocato Colao.  
A.B.: Prego.  
A.C.: Le parti civili si associano al P.M.  
Presidente: Avvocato Bevacqua, prego.  
A.B.: Signor Presidente, già la Corte di Assise su questo punto e sulla ritualità e sulla utilizzabilità del rapporto, ha deciso con ordinanza respingendo la richiesta della difesa. Quindi, così come ha respinto la richiesta della difesa di utilizzare a fini probatori questo rapporto, mi pare che ci sia stata la prima delle ordinanze della Corte di Assise, ha respinto sia la utilizzabilità di questo rapporto, sia di quel rapporto di Osnabruck, cioè di quel signore…
P.M.: No, no, non mi sembra che sia proprio cosi.  
A.B.: Sì, sì, certo.  
P.M.: Questa è la udienza del 19 aprile 1994.  
A.B.: No, no.  
P.M.: Sono i documenti chiesti dalla difesa il primo giorno.  
A.B.: Certamente, sul punto la Corte di Assise ha già deciso dicendo che questo rapporto non è utilizzabile: né questo, né quell’altro.  
P.M.: Chiedo scusa, chiedo scusa, sono i documenti.  
Presidente: Riprendiamo la nostra ordinanza.  
P.M.: Ecco, esatto.  
A.B.: Io mi oppongo in ogni caso alla richiesta del Pubblico Ministero.  
P.M.: E allora la mia, ovviamente, oggi, al di là della utilizzabilità o meno, è una richiesta ex 507 Codice di procedura, in quanto siamo al termine dell’istruttoria e quindi è valutabile dalla Corte che si tratta di atti utili per la ricostruzione dei fatti.  
A.B.: Di quali fatti non lo so, signor Presidente.  
P.M.: L’ha chiesto lei il rapporto, Avvocato.  
A.B.: No, io l’ho chiesto ma mi è stato respinto. Basta. Chiuso.  
P.M.: Quindi per lo stesso motivo per cui lo chiedeva lei.  
A.B.: Ma questa è una cosa…  
Presidente: Signori, scusate, possiamo guardarlo sul computer. Ma siccome abbiamo la copia dell’ordinanza, ce l’andiamo a vedere.  
A.B.: Certamente, me la ricordo questa.  
Presidente: Quindi… Le posizioni sono chiare: chi propone, chi si oppone.  
P.M.: Benissimo.  
A.B.: Io ho una richiesta di un altro tipo, signor Presidente. Oggi abbiamo letto su “Il Sole 24 ore” che il Governo ha emesso dei provvedimenti. Eh, Presidente, io ho il dovere…  
Presidente: Ah, va bene, certo, Avvocato.  
A.B.: … di fare queste cose. Lei conosce…  
Presidente: No, no pensavo aveste letto qualche altra cosa riguardo questo processo. Invece è il decreto.  
A.B.: Io non leggo, guardi; non ho letto neanche quel libro famoso, famosissimo. Ho chiesto soltanto il sequestro. Punto e basta.  
Presidente: Non leggete.  
A.B.: Ma l’ho chiesto con ritardo.  
Presidente: Non leggete, non leggete!  
A.B.: No, io non lo leggo neppure. Veda, Presidente, io chiedo, ai sensi dell’articolo 275, rinovellato, perché è un’articolo che è stato novellato più volte, invecchiato, poi rinovellato, eccetera, dell’ultimo comma, secondo cui può essere, può essere eventualmente modificato lo stato attuale di cautela processuale nei confronti dell’imputato se non sussistono esigenze cautelari diverse…  
Presidente: E questo è il problema.  
A.B.: Quindi se sussistono esigenze cautelari che possono essere soddisfatte con altre misure – e questo mi pare che sia il caso di specie – l’imputato Pacciani nonostante la imputazione che grava su di lui, ma questa norma consente comunque in una situazione di patologia sicuramente diffusa di cui lui è affetto, varie patologie; in relazione anche all’età non più giovanile di questo signore; in relazione al fatto che certamente non vi è pericolo di fuga, nonostante quel nuovo inciso normativo secondo cui si debba dare alla fuga, ma questo non c’entra nulla. Io credo che possa essere, e faccio una richiesta in tal senso, che possa essere sostituita l’attuale stato di detenzione in carcere con gli arresti domiciliari, perché la nuova normativa, entrata in vigore, credo, ieri o stanotte o stamattina, lo consente. Per le considerazioni di ogni natura che ho già espresso a suo tempo e che trovavano un limite normativo ben preciso, limite che è stato ora rimosso con questo nuovo decreto legge. Quindi io chiedo alla Corte eccellentissima di dover sostituire l’attuale stato di detenzione in carcere con quello degli arresti domiciliari, con tutte le cautele che l’articolo 284 eventualmente può imporre e possono essere imposte all’imputato. Grazie.  
Presidente: Avvocato, lei si associa?  
A.F.: Si associa il difensore Fioravanti.  
Presidente: Pubblico Ministero, ha qualcosa da dire?  
P.M.: Due parole. Ovviamente è contrario. La norma non è cambiata per quanto riguarda la misura cautelare nel caso concreto, in quanto è pacifico, è stato già oggetto di un’ordinanza della Corte che, stante la personalità dell’imputato, la gravità dei fatti, il fatto che si tratti di omicidi fatti con un’arma mai ritrovata, si pone il caso come uno di quelli nel quale soltanto la misura in carcere è adeguata, e ogni altra, stante i motivi che ho detto, è palesemente inadeguata. Quindi mi oppongo.  
Presidente: Le parti civili hanno qualcosa da dire sul punto?  
A.C.: Siamo remissivi. 
A.B.: Oh! Finalmente un po’ di remissività…

DOPO LA SOSPENSIONE  

Presidente: Diamo lettura della seguente ordinanza: “La Corte, provvedendo sulla richiesta della difesa di produrre una videocassetta che rappresenta una simulazione di esperimento giudiziario, e sulle richieste di effettuazione di esperimento giudiziario tendente a ricostruire i fatti descritti dai testi Iandelli Luca e Lapini, rileva: Quanto alla cassetta, che non si tratta di produzione documentale in quanto il documento nasce in funzione processuale, e viene qui utilizzato solo occasionalmente e quanto alle richieste di esperimento giudiziale, che le stesse sono tardive perché non dedotte nei termini di cui all’articolo 493,Codice di procedura penale; e comunque non sono assolutamente necessarie. Provvedendo poi sull’odierna richiesta del Pubblico Ministero di acquisizione di atti relativi al processo subito dal Pacciani nel 1951, rileva che è infondato il presupposto dedotto dal Pubblico Ministero istante, non avendo questa Corte autorizzato il difensore a produrre rapporto dei Carabinieri 12/04/51. Ed osserva inoltre l’acquisizione dell’imputato alla documentazione ai sensi dell’articolo 507 Codice di procedura penale, non può trovare accoglimento perché non assolutamente necessario. Inoltre, sciogliendo la riserva sull’istanza della difesa dell’imputato di sentire nuovamente il teste dottor Ruggero Perugini, rileva che le circostanze sulle quali il teste sarebbe chiamato a deporre, appaiono ininfluenti e comunque già più che ampiamente accertate dalla rogatoria internazionale svolta. Provvedendo infine sulla odierna istanza difensiva di sostituzione della custodia cautelare in carcere dell’imputato con la misura degli arresti domiciliari, rileva come nessuna nuova emergenza valga in alcun modo ad inficiare le considerazioni svolte nell’ordinanza 22 aprile ’94, reiettiva di una precedente istanza di revoca della custodia in carcere. Ordinanza che merita riconferma anche alla luce delle innovazioni apportate al Codice di Rito dal decreto legge 14 luglio ’94. E che deve perciò intendersi qui integralmente richiamato. Conservando essa, in particolare, integrale attualità riguardo alla sussistenza di gravissime esigenze cautelari non fronteggiabili con misure diverse dalla custodia carceraria, data la limitatezza dei controlli diretti che anche gli arresti domiciliari consentirebbero di compiere sull’imputato. Per questi motivi respinge tutte le istanze come sopra proposte”. E quindi alleghiamo questa al verbale. Dunque, a questo punto, finito l’esame e tutti i testimoni, eccetera, ci sarebbe l’esame dell’imputato Pacciani Pietro, se è disposto a renderlo.  
A.B.: L’imputato Pacciani non è disposto a rendere l’esame, ma renderà, quando la Corte riterrà opportuno, delle dichiarazioni spontanee.  
Presidente: Bene. Lei, Pacciani, ha sentito le dichiarazioni del suo difensore, ovviamente parla per lei. È d’accordo. È d’accordo, vero?  
A.B.: No, io non la posso interrogare. O la interroga il Pubblico Ministero, e la interroghiamo anche noi; oppure parla da sé, tutto quello che vuol dire.  
Presidente: Se lei deve rispondere, deve rispondere a tutti, non solo al suo difensore. Se invece vuole rendere dichiarazioni spontanee, può farlo quando crede, nei limiti in cui naturalmente la cosa è possibile. Bene, signori, a questo punto…  
A.B.: Farà dichiarazioni spontanee, signor Presidente. Va bene?  
Presidente: Sì, dichiarazioni spontanee. Le renderà quando crede naturalmente.
 P.M.: Presidente, ex articolo 513, Codice di procedura penale, chiedo la utilizzazione dei verbali d’interrogatorio e delle memorie.  
Presidente: Ma io credo, signori, che sull’accordo delle parti si dichiarino utilizzabili tutti gli atti comunque acquisiti.  
P.M.: Sì, gli interrogatori non li ho ancora prodotti.
Presidente: Non li aveva prodotti?  
P.M.: No, il 513 è invocabile solo quando…  
Presidente: Ah, no, dell’imputato, scusi, scusi.  
P.M.: È invocabile solo quando…  
Presidente: Va bene, va bene. Stavo già passando ad una fase ulteriore.  
P.M.: Quindi interrogatori dell’imputato e memorie difensive.  
Presidente: Ovviamente.  
A.B.: Soltanto gli interrogatori credo che possono essere utilizzabili.  
P.M.: Va be’, sono già negli atti le memorie difensive emesse dal Gip.  
Presidente: Le memorie?
 P.M.: I memoriali, chiedo scusa. Allora io chiedo…  
Presidente: Gli interrogatori, e non c’è problema.  
P.M.: E non c’è problema. Chiedo anche che oltre i memoriali intesi come dichiarazioni scritte, fatte al giudice…  
Presidente: Ah, i memoriali!  
P.M.: Esatto. Che sono già agli atti del dibattimento, siano utilizzabili tutte quelle che il Pacciani ha inviato al giudice nel corso delle indagini. Le ha inviate, penso, e siano utilizzabili…  
Presidente: Sono già agli atti, no?  
P.M.: … e sono già agli atti. Ex 120.  
Presidente: Naturalmente quelle memorie che sono agli atti.  
P.M.: Esclusivamente quelle…  
Presidente: Che erano già fin dall’inizio nel fascicolo del dibattimento.  
P.M.: Mi sembra che ne abbia prodotta qualchedun altra, no?  
Presidente: Ne ha prodotto uno, si, due giorni fa, mi pare. Si, lo abbiamo, lo abbiamo. Gli altri erano già acquisiti, quindi non c’è nessuna discussione.  
P.M.: Esatto. Ci sono già nel fascicolo del dibattimento. Quelli nel corso delle indagini…  
Presidente: Benissimo, e a questo punto allora, signori… Li ha già prodotti gli interrogatori dell’imputato?  
P.M.: Ce li ho qui. Li devo produrre, sono le fotocopie.  
Presidente: Materialmente consegnate.  
P.M.: Senz’altro. Io l’importante che a verbale ci sia la produzione. Li deposito in Cancelleria. Tanto le parti li hanno già.  
Presidente: Va bene.  
P.M.: Si tratta di fare delle fotocopie, Presidente.  
Presidente: Sì, sì, ma noi dichiariamo l’utilizzabilità non solo di questi interrogatori, ma di tutti gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento.  
P.M.: Questa era la mia richiesta.  
Presidente: Ricordo naturalmente che se materialmente ci fosse qualcosa non ancora materialmente depositato, deve essere fatto in Cancelleria, messo a disposizione dei difensori, eccetera.  
P.M.: Senz’altro. Mi riferivo proprio a questa ipotesi.  
Presidente: Signori, a questo punto possiamo dichiarare chiusa l’istruttoria dibattimentale.  
P.M.: Senz’altro, Presidente.  
Presidente: Per la discussione dopo varie tergiversazioni, e perché abbiamo problemi vari un po’ tutti e il tribunale per primo. Perché come sapete ci sono concomitanze di processi, anche gravi, la data, l’unica data adeguata a meno che non si voglia andare a settembre, ma ci sono vari problemi, è il 18 ottobre. È un martedì.  
P.M.: Bene, Presidente, grazie.  
Presidente: Abbiamo davanti a noi circa due settimane, una decina di giorni, che credo saranno sufficienti per la discussione, le repliche e tutto quanto.  
P.M.: Bene. Grazie.  
Presidente: Ne prendete atto. E allora il processo è rinviato per la discussione al 18 ottobre ’94, ore 09.00, in questa stessa aula bunker. Disponiamo per tale data la traduzione dell’imputato: 18 ottobre, e naturalmente udienze successive.  
P.M.: Grazie.  
Presidente: D’accordo? Signori, buonasera a tutti, arrivederci.

15 Luglio 1994 30° udienza processo Pietro Pacciani

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