Il superteste discolpa Vinci la moglie morì per disgrazia

CAGLIARI L’avvocato di parte civile ha detto che non esistono elementi per sostenere l’accusa, il pubblico ministero ha rinunciato a pronunciare la requisitoria, il supertestimone s’ è rimangiato tutto. E oggi se non ci saranno sorprese davvero clamorose Salvatore Vinci sarà assolto dall’ imputazione d’ aver assassinato, ventotto anni fa, sua moglie Barbarina Steri. Su di lui resterà, chissà per quanto tempo, l’ombra d’ una catena di feroci omicidi. Ma di certo, chi aveva sperato di poter utilizzare questo processo che si celebra a Cagliari come uno strumento indiretto per colpire il mostro di Firenze è rimasto deluso. Il fantasma del maniaco omicida è sempre stato presente nell’ aula della Corte d’ assise, ma non è emerso alcun elemento perchè prendesse le sembianze e le generalità di Salvatore Vinci. L’ attesissimo confronto tra l’ imputato e Stefano Mele, suo ex amico, divenuto poi il principale accusatore, non ha dato alcun risultato. Mele la prima persona a essere stata sospettata dei delitti del mostro è il marito di Barbara Locci. La donna assieme al suo amante Antonio Lo Bianco fu uccisa nel 1968 con la stessa calibro 22 poi utilizzata negli altri duplici omicidi. Per questa ragione Stefano Mele, quando improvvisamente confessò d’ aver ucciso la moglie, fu sospettato anche degli altri delitti. Ma quando il mostro tornò a colpire, l’ intera ipotesi crollò. Mele allora riprese ad accusare Vinci dell’ uccisione della Locci (l’ aveva già fatto anni prima) e aggiunse che un giorno gli aveva confidato di aver assassinato col gas Barbarina Steri. E’ per quella testimonianza che Vinci è processato a Cagliari. Nel confronto Stefano Mele un vecchio che da anni vive in uno ospizio ha sempre parlato dell’ uccisione di Barbarina Steri come di una disgrazia. Per un attimo si è tradito quando, rispondendo al presidente ha accennato alla confidenza avuta da Vinci. Ma subito s’ è corretto e ha ripreso a parlare di disgrazia, avallando così la tesi del suicidio con la quale, ventotto anni fa, il caso fu archiviato. A questo punto l’ accusa ha giocato la sua ultima carta, quella della perizia psichiatrica. Una carta preparata nella precedente udienza con la testimonianza del colonnello dei carabinieri Nunziato Torrisi, un investigatore convinto del fatto che Vinci e il mostro sono la stessa persona. La teoria dell’ ufficiale si fonda su un sillogismo: il mostro è un pervertito, Vinci è un pervertito, Vinci è probabilmente il mostro. Le 173 pagine del rapporto giudiziario predisposto da Torrisi parlano degli oggetti da pornoshop trovati durante una perquisizione nella casa di Vinci, di un pedinamento a conclusione del quale l’ imputato fu sorpreso mentre si intratteneva in un rapporto omosessuale con un camionista. Poi ricordano le testimonianze della ex seconda moglie e di una convivente, che dissero d’ essere state indotte da Vinci ad avere, in sua presenza, rapporti sessuali con altri uomini. Emerge appunto il ritratto di un pervertito. Ma le inclinazioni sessuali di un individuo non sono da sole sufficienti a renderlo colpevole di 16 omicidi, nè a farlo qualificare come malato di mente. Alla richiesta di perizia psichiatrica avanzata dal Pm Enrico Altieri, l’ avvocato Aldo Marongiu, uno dei difensori di Vinci, è insorto. Il legale ha illustrato alla Corte documenti dai quali risulta che il suo assistito è effettivamente colpito da gravi crisi depressive, che però dipendono esclusivamente dallo stato di carcerazione. Dopo una breve camera di consiglio, il presidente della Corte d’ Assise Carlo Piana ha comunicato che la richiesta del Pm non era stata accolta. E’ stato questo che poi ha indotto il rappresentante della pubblica accusa a rinunciare alla requisitoria. I difensori di Vinci hanno lanciato un durissimo attacco alla conduzione dell’ indagine. Marongiu, parlando contro la richiesta di perizia psichiatrica, ha ricordato che il rinvio a giudizio di Vinci fu presentato nell’ ultimo giorno utile. Ciò fu fatto con lo scopo ha detto di prolungare in modo ingiusto una ingiusta carcerazione. Nell’ arringa, l’ avvocato Giuseppe Madia ha definito inaccettabile l’ operazione fatta dalla pattuglia di giudici fiorentini e ha parlato di uno stretto giro di telefonate tra Firenze e Cagliari. I legali non potevano essere più espliciti nell’ esporre la loro tesi: non ci sono elementi per accusare Vinci dell’ omicidio di 28 anni fa, quella vicenda è stata riesumata con lo scopo esclusivo di tenere dentro un presunto mostro di Firenze sul quale, però, ci sono alcuni indizi ma nessuna prova. Salvatore Vinci, dunque, deve essere assolto con formula piena dall’ accusa di uxoricidio: Non siate vassalli di nessuno ha detto Madia rivolto ai giudici popolari la vostra sentenza dovrà essere indipendente dalle convinzioni della magistratura fiorentina. Stamane parlerà l’ avvocato Marongiu, quindi la Corte d’ Assise si ritirerà in camera di consiglio.

di GIOVANNI MARIA BELLU

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19 Aprile 1988 Stampa: La Repubblica – Il superteste discolpa Vinci la moglie morì per disgrazia
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